Il passeggero
Il passeggero
A quell'ora del mattino d'inverno era ancora buio, si intravedevano appena le luci dell'alba ; il sole faceva capolino colorando i finestrini del treno di una luce gialla lattiginosa foriera del nuovo giorno che stava per nascere inesorabilmente. Le ombre che prima si stagliavano nel buio lentamente svanivano lasciando il posto al chiarore mattutino.
Lo trovavo già seduto accanto al finestrino, sempre allo stesso posto dello stesso vagone, probabilmente saliva alla stazione principale e si sceglieva il posto, sempre lo stesso. L'avevo notato perché a quell'ora i viaggiatori non erano molti, in genere sempre gli stessi visi, frettolosi, schivi, ancora quasi addormentati.
Lui però sembrava diverso, così taciturno e triste, era sempre vigile e attento a quello che succedeva intorno nonostante avesse davanti agli occhi quel giornale che veniva distribuito gratuitamente nelle stazioni. Il volto nascosto dal cappuccio della felpa ogni tanto fuoriusciva guardandosi intorno e mostrando occhi attenti e scrutatori ma discreti e riservati. Qualche volta i nostri sguardi si sono incrociati per poi distogliersi velocemente, ebbi il tempo solo per scoprire degli occhi liquidi e nerissimi.
Non si capiva bene di quale etnia fosse, la pelle sembrava scura, forse olivastra, la forma degli occhi leggermente allungata, ma da quale paese veniva e che lavoro faceva, ma soprattutto "dove andava?", mi chiedevo.
È normale per chi viaggia tutti i giorni osservare con interesse i compagni di percorso, chi sono, che lavoro svolgono, da dove vengono, dove vanno, si passa il tempo; si osservano le facce, il modo di muoversi, gli abiti che indossano, sono felici, sono tristi, e perché saranno tristi? Quello è uno studente, quell'altra sicuramente è una signora che svolge lavori domiciliari, ma quello non è troppo vecchio per viaggiare a quest'ora? Laggiù, vicino alla porta che automaticamente si apre e si chiude, sicuramente è seduto un professionista, magari un avvocato, ha una borsa piena di documenti che ogni tanto rilegge inforcando gli occhiali; dietro di me invece c'erano due colleghe che salivano sempre insieme e parlavano tutto il tempo di ciò che succedeva nel loro ufficio, le loro chiacchiere allegre mi facevano sempre compagnia, mi sembrava di conoscere personalmente le persone che nominavano tutti i giorni.
Quel passeggiero sedeva tranquillo e composto, ogni tanto sollevava il capo dal suo giornale e si guardava intorno. Sembrava, come me, osservare tutto. Chi scendeva e chi saliva, chi parlava al telefono, chi sussurrava qualcosa nell'orecchio della propria amica, chi contemplava il buio fuori dal finestrino che pian piano si schiariva. E perché non mostrava mai pienamente il viso? Si voleva nascondere? Proprio per questo mi interessava, perché non riuscivo a classificarlo, a catalogarlo, mi incuriosiva quel suo fare sfuggente che contrastava con la sua presenza quotidiana su quel treno, era una certezza.
Eppure lo avrei riconosciuto tra tantissima gente, forse per il suo sguardo triste e straniero, per le sue mani forti ma delicate, per la sua felpa blu con una striscia gialla sul davanti e una verde dietro, sempre la stessa.
Notavo che anche gli altri passeggeri lo osservavano, forse pensavano "chi sarà quel tipo silenzioso, assorto ma vigile, certamente non italiano, e dove andrà tutti i giorni?" Non sembrava un operario o un edile, aveva le mani ben curate, l'abbigliamento e anche le scarpe da ginnastica erano puliti ed in buono stato. Non so… aveva uno stile, un modo aggraziato di porsi che si palesava allo sguardo.
"Non può essere un commesso di negozio o un venditore ambulante, non pare il tipo, non parla mai al telefono, non avrà neanche il cellulare", pensavo tra me e me. Appena finito di leggere il giornale, lo piegava e lo appoggiava sul sedile vicino, se libero, altrimenti lo metteva in grembo fino alla discesa dal treno, almeno credo, perché in realtà non l'ho mai visto scendere, considerato che io scendevo prima di lui, peccato perché forse vedendolo scendere dal treno e camminare avrei capito di più su di lui.
Un pomeriggio di pioggia, guardando pigramente la TV, mi apparse nel video un ragazzo con indosso una felpa blu con una striscia gialla sul davanti e una verde dietro, il cappuccio velava il viso, ma io l'ho subito riconosciuto! Mi avvicinai allo schermo, come se così avessi potuto vedere più da vicino. Era lui, erano i suoi occhi, erano le sue scarpe bianche da ginnastica, ma che avrà fatto? Era tra due esponenti delle forze dell'ordine. Sicuramente avrà fatto una rapina, un furto, uno scippo? O magari qualcosa di più grave! "Oddio mio, cosa rischio tutti i giorni prendendo quel treno!" La mia mente correva di qua e di là, balenavano in testa sequenze di rapimenti, omicidi, violenze…. "Da domani vado in macchina, basta con il treno, a quell'ora così solitaria e buia si incontra di tutto!",
Alzai il volume e dal servizio televisivo appresi che quel ragazzo, nella mattinata ( l'orario corrispondeva più o meno alla sua discesa dal treno) aveva salvato la vita ad un uomo anziano che stava sbadatamente attraversando i binari mentre in lontananza si udiva il sibilo di un treno in arrivo. Lo aveva letteralmente sollevato e depositato sulla banchina al sicuro rischiando di essere anche lui travolto dal treno in arrivo.
Era circondato da tanta gente, da giornalisti, da curiosi, lo speaker pronunciò il suo nome, non riuscii a comprenderlo; lui restava impassibile senza dire una parola, sembrava smarrito, perso nella confusione generale, come appariva tutti i giorni su quel treno.
Rimasi turbata tutto il resto della giornata, il mio pensiero era sempre centrato su di lui, su quell'episodio, volevo saperne di più, capire chi fosse, cosa facesse…Ma la mattina seguente, come se nulla fosse successo, alle ore 6, 18, lo trovai seduto al solito posto del solito vagone, con il giornale in mano, come sempre silenzioso e assorto, mentre il treno percorreva il suo tragitto con lentezza ed indifferenza.
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Mi soffermo invece sulla storia e sulla narrazione. Il racconto è partito benissimo, mi sono piaciute le belle descrizioni del treno che sembra bucare la notte per entrare nel giorno. Poi si è un po' ingarbugliato, a mio parere; le cose hanno iniziato a non filare lisce come all'inizio (e come il treno… ). Mi è sembrato, ad esempio, che la parte centrale, quella della descrizione del personaggio, abbia preso troppa parte rispetto a tutto il resto del racconto, quasi un ripetere le stesse cose.
Comunque, nel complesso, l'ho letto con piacere.
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ci sono tantissime ripetizioni. per esempio qui "Lo trovavo già seduto accanto al finestrino, sempre allo stesso posto dello stesso vagone, probabilmente saliva alla stazione principale e si sceglieva il posto, sempre lo stesso. L'avevo notato perché a quell'ora i viaggiatori non erano molti, in genere sempre gli stessi visi" la parola stesso.stessi è ripetuta 4 volte.
poi ci sono tempi verbali da rivedere.
insomma, ripeto, da rivedere in toto.
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Re: Il passeggero
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Infettato dalle teorie della "scrittura immersiva" preferisco che mi venga mostrato piuttosto che descritto il tema del racconto. Qui c'è molta descrizione e poi il titolo, che subito sono entrato in modalità R. Matheson. E allora il passeggero doveva essere un viaggiatore temporale che con informazioni non precise deve trovare una persona e salvarle la vita per correggere il continuum spazio temporale.
Ma l'altra metà delle mi passioni si chiama Carver e allora sì, via le descrizione e fammi vedere le passioni dei vari personaggi e come risolvi l'equivoco terrorista/eroe e che effetto fa su di te.
Sopportata la pappardella delle mie considerazioni in sintesi direi che il racconto è buono che quasi te lo ruberei.
- Marino Maiorino
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Cosa avrei fatto diversamente? Sei un po' incerta su alcuni punti, e alle volte usi un'ortografia desueta o quanto meno non più comune: "lavori domiciliari" o "domestici"? "passeggIero" andrebbe meglio senza "i"; "da quale paese veniSSE e che lavoro faceSSE" (e io sono uno che detesta i congiuntivi se non in caso di vita o di morte); "nuovo giorno che stava per nascere INESORABILMENTE" (addirittura!); "operaRio" meglio senza "r".
Infine, "Ma la mattina seguente": quel "Ma" non l'avrei usato. Per carità, questo è un momento di gusto, nulla più: la sillaba "ma" predispone il lettore a un capovolgimento, e quando tu spieghi che il ragazzo è lì, la sorpresa che vuoi presentare è in parte già sfumata, il "ma" l'ha già "spoilerata". Non usare il "ma", al contrario, fa sbattere il lettore contro la situazione inaspettata, acuendo la curiosità che gli hai acceso mediante la curiosità della protagonista.
Ricordo che in autunno avevi proposto la telefonata di Oscar Wilde. Sono contento che abbia proposto qualcosa di più sentito, il risultato per me ne è valsa la pena.
Racconti alla Luce della Luna
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Re: Il passeggero
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Il mio voto è 3, lo dico subito e con dispiacere, per il semplice motivo che la storia andrebbe rivista e ricorretta. Avrei voluto dare un voto più alto visto che mi è piaciuta. L'atmosfera c'è e i personaggi sono vivi e dinamici.
- Roberto Bonfanti
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Trovo che il racconto sia interessante, soprattutto quando evidenzia i preconcetti che emergono verso il diverso e, in parte, per la dose di mistero che rimane sulla figura del ragazzo; penso che gran parte delle persone che incontriamo mantengano questa linea sfumata fra ciò che sono in realtà e l'immagine che noi ci facciamo di loro.
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La seconda è quella di una buona occasione non del tutto sfruttata: spesso la lettura non scorre come dovrebbe, ci sono imprecisioni sintattiche e ortografiche e qualche ripetizione, tutte cose gia' rilevate anche da altri e ovviabili con una buona operazione di editing.
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La brevità va a pari passo con la modernità, basti pensare all'estrema sintesi dei messaggini telefonici o a quelli usati in internet da talune piattaforme sociali per l'interazione tra utenti. La pubblicità stessa ha fatto della brevità la sua arma più vincente, tentando (e spesso riuscendo) in pochi attimi di convincerci, di emozionarci e di farci sognare.
Ma gli estremismi non ci piacciono. Il nostro concetto di brevità è un po' più elastico di un SMS o di un aforisma: è un racconto scritto con cura in appena 2500 battute (sì, spazi inclusi).
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Contiene opere di: Fausto Scatoli. Giorgio Leone, Annamaria Vernuccio, Luca Franceschini, Alphaorg, Daniel Carrubba, Francesco Gallina, Serena Barsottelli, Alberto Tivoli, Giuseppe C. Budetta, Luca Volpi, Teresa Regna, Brenda Bonomelli, Liliana Tuozzo, Daniela Rossi, Tania Mignani, Enrico Teodorani, Francesca Paolucci, Umberto Pasqui, Ida Dainese, Marco Bertoli, Eliseo Palumbo, Francesco Zanni Bertelli, Isabella Galeotti, Sandra Ludovici, Thomas M. Pitt, Stefania Fiorin, Cristina Giuntini, Giuseppe Gallato, Marco Vecchi, Maria Lipartiti, Roberta Eman, Lucia Amorosi, Salvatore Di Sante, Valentina Iuvara, Renzo Maltoni, Andrea Casella.
Human Takeaway
(english version)
What if we were cattles grazing for someone who needs a lot of of food? How would we feel if it had been us to be raised for the whole time waiting for the moment to be slaughtered? This is the spark that gives the authors a chance to talk about the human spirit, which can show at the same time great love and indiscriminate, ruthless selfishness. In this original parody of an alien invasion, we follow the short story of a couple bound by deep love, and of the tragic decision taken by the heads of state to face the invasion. Two apparently unconnected stories that will join in the end for the good of the human race. So, this is a story to be read in one gulp, with many ironic and paradoxical facets, a pinch of sadness and an ending that costed dearly to the two authors. (review by Cosimo Vitiello)
Authors: Massimo Baglione and Alessandro Napolitano.
Cover artist: Roberta Guardascione.
Translation from Italian: Carmelo Massimo Tidona.
Vedi ANTEPRIMA (494,48 KB scaricato 257 volte).
Nota: questo libro non proviene dai nostri concorsi ma è opera di uno o più soci fondatori dell'Associazione culturale.