La macchina fotografica blu
La macchina fotografica blu
La prima volta che la vidi potevo avere cinque anni. Stringevo la mano di mio padre, nel mio cappotto rosso Natale. Ricordo persino cosa pensavo nell'esatto momento in cui la sua sagoma attirava la mia attenzione. La mia mente correva al regalo che i miei genitori mi avevano promesso, ovvero una macchina fotografica blu, uno dei miei colori preferiti. Prendere atto della sua presenza mi diede la stessa sensazione di un camion carico di neve, che ti scarica addosso il suo contenuto, mentre il tuo corpo conserva ancora il calore del fuoco, dove ti riscaldavi sino a un attimo prima. Lei era bionda quanto io ero scura. Aveva un fisico ossuto, sgraziato. Mi ricordava un fenicottero, senza il rosa. Indossava un giubbino nero, usurato, comprato alle bancarelle. Della tipa che identificai come sua madre pensai che fosse brutta, trascurata. La cosa che mi creò da subito quella sensazione di fastidio alla bocca dello stomaco fu, però, lo sguardo di quella bambina. Due occhi azzurri, che sfiguravano su quel corpo scheletrico, mi guardarono dall'alto verso il basso. Oggi so che quell'occhiata rivolta a me era di consapevolezza. Diceva, senza bisogno di parole, che lei si sarebbe presa comunque quello che voleva, da sola, a modo suo. Mi aveva avvisata.
Quella bambina si chiamava Evelin. La vedevo spesso, perché quello in cui vivevamo era un paese piccolo e incontrarsi era inevitabile. Frequentavamo la stessa scuola elementare, ma stavamo in classi diverse. Evelin era povera. Si vedeva dai vestiti smessi che indossava, dalle scarpe che la madre le comprava, più grandi per farle durare più tempo. Lo zainetto che portava a scuola glielo vidi per tutti i cinque anni delle elementari, alla fine cadeva a pezzi e dalla fodera si intravedeva il suo contenuto. Lei invidiava me e le cose che possedevo: i vestiti sempre all'ultima moda, i giocattoli, il rispetto dei compagni, le lodi delle maestre, il mio papà. Evelin un padre non ce l'aveva, invece. Io la odiavo, la sua sola esistenza mi urtava. Dalla mia nascita ero stata abituata a circondarmi esclusivamente di cose belle e lei era uno sputo in un occhio, la macchia nera che deturpa un dipinto diversamente perfetto, il sale in un dolce. Non sono mai stata buona, io. Tutto mi era dovuto, i miei genitori mi hanno viziata, da figlia unica quale ero, e questo ha contribuito a fare di me quella che sono diventata. Sono Alma, il mio nome significa nutrimento. Spesso sono stata veleno, nel migliore dei casi glucosio. Dentro me c'è un vaso di pandora che è meglio non scoperchiare.
Vivere in un paese molto piccolo significa che tutti si conoscono, che non puoi nasconderti. La privacy non esiste, è tutto pubblico. La mia famiglia era conosciuta. Mio padre era un avvocato e mia madre faceva la professoressa, lavoravano entrambi fuori dal paese. Di conseguenza anche io venivo stimata e adorata. Ero figlia di persone per bene, una bella bomboniera dentro la sua vetrina di cristallo. A prescindere dai miei genitori ero convinta di contare qualcosa. Sapevo di essere intelligente, furba, scaltra. Gli altri mi ascoltavano, mi seguivano. Quando ci riunivamo in comitiva, se non arrivavo io a tenere banco in piazza non si faceva nulla. La cosa che mi mandava in bestia era solo una: anche per Evelin era così. Lei aveva la mia stessa influenza, ma senza fronzoli.
C'è una cosa che ho sempre avuto dalla mia parte e mi ha sempre dato forza: la cattiveria. Lei, di solito, è innata. Lo so per esperienza. Se diventi cattivo è perché ti è successo qualcosa di brutto, altrimenti ci nasci. Evelin, invece, era buona. Nonostante vivesse in una palazzina squallida, con i muri scrostati pieni di muffa. Anche se sua madre, per non farla morire di fame doveva lavare le scale di tutto il quartiere. Aveva pure vinto una borsa di studio per merito, Evelin. Sapeva di non poter arrivare da nessuna parte, altrimenti. I soldi ti tengono le porte del paradiso spalancate.
Infine, da qualche mese, lei stava con un ragazzo. Non uno qualsiasi. Lui faceva parte di una famiglia di camorristi. Si chiamava Enrico, era alto e muscoloso. Più grande di noi, già maggiorenne. Quando arrivava al piazzale dove stavamo tutti, scendeva il silenzio. Persino l'aria si fermava, anche l'atmosfera si inchinava a lui. Era bellissimo Enrico, tutti i ragazzi volevano assomigliargli. Non aveva bisogno nemmeno di parlare. Se si arrabbiava o litigava con qualcuno si intuiva da due cose: lo sguardo cattivo, che sembrava volerti incenerire, e il passo veloce. Le sue lunghe gambe da gazzella si rincorrevano l'un l'altra. Mi chiedevo come mai uno come Enrico stesse con Evelin, visto che poteva avere qualsiasi donna. Si diceva che avesse avuto delle relazioni anche con madri di famiglia sposate, i mariti costretti a portare le corna con onore.
Li vedevo passare, mano nella mano, Enrico e Evelin. La ballerina di ghiaccio e il cavaliere di fuoco, lei così diafana e luminosa, lui ombroso e selvaggio. Non c'entravano niente insieme, Enrico somigliava più a me, avevamo in comune la malvagità.
Ero ossessionata da Evelin, volevo fargliela pagare per essere riuscita ad arrivare dove voleva senza aiuti, solo con le sue forze. Era stato odio a prima vista il mio, dopo tutto.
Un giorno, un mio compagno di scuola mi confidò che la mia nemica aveva un fratello illegittimo che ogni tanto andava a trovare. Lui era nato prima di lei, da una precedente relazione di sua madre. Aveva l'età di Enrico.
Allora nella mia testa presero a vorticare vari pensieri su quello che avrei potuto fare. Non provai neanche per un attimo a respingerli, anzi, li attirai a me come calamite.
Avevo ancora la mia macchina fotografica blu di quando ero bambina. Bella e sempre funzionante, di un'ottima marca. Inizia a pedinare Evelin, il pomeriggio dopo scuola, la sera tardi, la domenica mattina. Stavo attenta a qualsiasi immagine incrociasse la mia strada, tutto poteva essere un indizio. Passarono parecchi mesi, ma finalmente arrivò il gran giorno, in cui tutti i miei sforzi furono ripagati. Seguendo Evelin per l'ennesima volta, ero arrivata sino a una casa fatiscente in periferia, dopo aver preso due autobus ed essere riuscita per miracolo a non farmi vedere. Una testa di ragazzo spuntò fuori da un portone arrugginito che cadeva a pezzi. L'immagine di loro due avvinghiati con gioia, in un abbraccio fraterno, venne immortalata nella foto maledetta che recapitai personalmente nella cassetta della posta di Enrico.
Con il senno di poi, se avessi saputo cosa sarebbe successo, non credo l'avrei fatto.
Perché l'indomani, sulla prima pagina di tutti i giornali c'era Evelin, con il suo corpo martoriato da quaranta coltellate. Era stata ammazzata la notte prima, come un animale, sul piazzale dove tutti noi ci riunivamo. Scrissero che era incinta di pochi mesi. Avevo ucciso due persone. Tutti sapevano chi era l'assassino, ovviamente nessuno ebbe il coraggio di accusarlo. Solo io sapevo.
Avevo ottenuto quello che volevo. La mia nemica d'infanzia era morta con disonore, lei e il suo bambino mai nato, accusata di un tradimento mai commesso, i suoi sogni massacrati insieme a lei.
Io non ho provato nessuna soddisfazione. Dopo tanti anni, penso solo al suo sangue, che impregnò la piazza per mesi, neanche l'acqua riusciva a cancellarlo. Sogno Enrico, che alla fine si trasferì, restando impunito per il suo delitto materiale. La vera artefice dell'omicidio rimarrò sempre io, la mia macchina fotografica blu morte usata come arma. E gli incubi, a turno, continueranno a tormentarmi tutte le notti, immuni ai sonniferi e agli psicofarmaci. Io, Alma, morirò dannata per aver ammazzato la mia nemesi, lei che credendo di essere talmente superiore a me, persino dinanzi alla morte, non è mai venuta a trovarmi. Solo i suoi occhi azzurri, che stonano con il suo corpo ormai trasparente, mi appaiono ogni tanto. Il suo sguardo mi compatisce. Anche se quegli occhi non hanno un volto li riconoscerei ovunque.
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Due refusi:
"la cattiveria. Lei, di solito, è innata." - Non "Lei", ma "Quella". Primo, perché non è una persona; secondo, perché la protagonista sembra ragionare sulla cattiveria come uno strumento (come del resto come su tutto il resto del suo mondo).
"Inizia a pedinare Evelin" - la tastiera s'è mangiata una "i".
Questi sono davvero gli unici due "errori" che trovo in una narrazione fluida e chiara.
È poco evidente, invece, il legame con la macchina fotografica blu, che appare solo in due momenti: al principio, quando Alma vede Evelin per la prima volta, e alla fine, quando la fotografa. Capisco che volevi legare in qualche modo quella vita a quella macchina (il che, per una persona che non stima le persone più di tanto ha pure un "senso", per quanto inquietante), e non consiglio di far apparire la macchina altrove, ma al principio andrebbe forse stabilito un vincolo, come una premonizione.
Un'ultima nota riguarda il tempo del racconto: Alma narra dopo l'omicidio, ma non si capisce quanto dopo. È legittimo, finché non lasci il lettore spaesato, e al principio della narrazione sembrano essere passati anni, più in là sembra qualcosa di recente. Con che occhi, con che filtro temporale deve leggere il lettore?
Infine, Alma: questo sembra il racconto giusto sulla banalità del male, ma fa un po' strano vedere che Alma sa di essere malvagia (addirittura) fin da piccola. Normalmente ciascuno di noi crea un racconto di sé, un racconto che serve anche per giustificare le cattiverie (il nostro vantaggio è spesso il danno di qualcun altro) che imponiamo ad altri. In questo racconto, se non siamo sempre buoni, bravi, giusti, rispettosi, virtuosi e quant'altro, siamo almeno stati costretti dalle circostanze a fare quello che abbiamo fatto (persino i nazisti a Norimberga avevano ricevuto ordini). Alma invece dice di sé di essere stata malvagia fin da piccola. Non so se regge, una personalità così.
Infine, la vendetta: Alma desidera Enrico (è esplicita), è malvagia, e invece di tentare di rubarlo a Evelin, che le avrebbe fatto male per molto tempo, immagina questa cosa assai più rischiosa (se la polizia scoprisse le foto...). Se il filo conduttore deve restare la macchina fotografica, le fa recapitare le foto di sé a letto con lui, sarebbe una pena infinita! Non so, con l'omicidio mi scade un po' nella canonica rappresentazione del male assassino, volgare, diretto, insensato, come ho scritto su, da soap, ma Alma, cresciuta in una famiglia bene, il padre addirittura avvocato, non sembra appartenere a quel tipo di male (e sono le bestie peggiori che esistano).
Valuta in positivo la lunghezza del mio commento: vuol dire che mi hai offerto un'enormità di spunti di riflessione, è metro del mio gradimento. A presto.
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È vero c'è qualcosa di aleatorio nel tuo scritto, un non detto su particolari temporali e ... la macchina fotografica blu che appare poco. Il tuo racconto indica un'abbondanza produttiva positiva,secondo me la puoi cavalcare essenzializzando i contenuti.
Re: Commento
Re: Commento
Ciao Myname, grazie per il consiglio e per aver letto il mio raccontoMyname ha scritto: ↑21/04/2022, 9:14 Ho letto il racconto e il buon commento di Marino con il quale, in parte, concordo.
È vero c'è qualcosa di aleatorio nel tuo scritto, un non detto su particolari temporali e… la macchina fotografica blu che appare poco. Il tuo racconto indica un'abbondanza produttiva positiva, secondo me la puoi cavalcare essenzializzando i contenuti.
Re: Commento
Ciao Marino e innanzitutto grazie per aver speso il tuo tempo a leggere il mio racconto. Mi scuso per gli errori di distrazione. Per quanto riguarda le tue perplessità, effettivamente sono più che lecite. Volevo creare un personaggio potente e soprattutto credibile nella sua cattiveria. La macchina fotografica blu, invece, è il filo conduttore che lega la storia. Nel senso che Alma la riceve come regalo da bambina e poi la utilizza da grande per compiere un gesto che porterà all' omicidio di Evelin. Sicuramente avrei dovuto inserire la macchina anche in qualche altro contesto, perché rileggendo dopo il tuo commento, in effetti così stona. Comunque ti ringrazio, questo è un commento costruttivo con dei consigli utili, mi serviràMarino Maiorino ha scritto: ↑21/04/2022, 8:02 Alycetta, c'è qualcosa che mi stona in tutta questa narrazione come potrebbe fare una puntata di Gomorra. Saranno i personaggi troppo "canonici"?
Due refusi:
"la cattiveria. Lei, di solito, è innata." - Non "Lei", ma "Quella". Primo, perché non è una persona; secondo, perché la protagonista sembra ragionare sulla cattiveria come uno strumento (come del resto come su tutto il resto del suo mondo).
"Inizia a pedinare Evelin" - la tastiera s'è mangiata una "i".
Questi sono davvero gli unici due "errori" che trovo in una narrazione fluida e chiara.
È poco evidente, invece, il legame con la macchina fotografica blu, che appare solo in due momenti: al principio, quando Alma vede Evelin per la prima volta, e alla fine, quando la fotografa. Capisco che volevi legare in qualche modo quella vita a quella macchina (il che, per una persona che non stima le persone più di tanto ha pure un "senso", per quanto inquietante), e non consiglio di far apparire la macchina altrove, ma al principio andrebbe forse stabilito un vincolo, come una premonizione.
Un'ultima nota riguarda il tempo del racconto: Alma narra dopo l'omicidio, ma non si capisce quanto dopo. È legittimo, finché non lasci il lettore spaesato, e al principio della narrazione sembrano essere passati anni, più in là sembra qualcosa di recente. Con che occhi, con che filtro temporale deve leggere il lettore?
Infine, Alma: questo sembra il racconto giusto sulla banalità del male, ma fa un po' strano vedere che Alma sa di essere malvagia (addirittura) fin da piccola. Normalmente ciascuno di noi crea un racconto di sé, un racconto che serve anche per giustificare le cattiverie (il nostro vantaggio è spesso il danno di qualcun altro) che imponiamo ad altri. In questo racconto, se non siamo sempre buoni, bravi, giusti, rispettosi, virtuosi e quant'altro, siamo almeno stati costretti dalle circostanze a fare quello che abbiamo fatto (persino i nazisti a Norimberga avevano ricevuto ordini). Alma invece dice di sé di essere stata malvagia fin da piccola. Non so se regge, una personalità così.
Infine, la vendetta: Alma desidera Enrico (è esplicita), è malvagia, e invece di tentare di rubarlo a Evelin, che le avrebbe fatto male per molto tempo, immagina questa cosa assai più rischiosa (se la polizia scoprisse le foto...). Se il filo conduttore deve restare la macchina fotografica, le fa recapitare le foto di sé a letto con lui, sarebbe una pena infinita! Non so, con l'omicidio mi scade un po' nella canonica rappresentazione del male assassino, volgare, diretto, insensato, come ho scritto su, da soap, ma Alma, cresciuta in una famiglia bene, il padre addirittura avvocato, non sembra appartenere a quel tipo di male (e sono le bestie peggiori che esistano).
Valuta in positivo la lunghezza del mio commento: vuol dire che mi hai offerto un'enormità di spunti di riflessione, è metro del mio gradimento. A presto.
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l'iniziale riferimento alla macchina fotografica viene inserito all'interno del primo incontro con l'antagonista "buona", mi ha generato una confusione per carità, risolvibile, ma un po' fastidiosa. Forse quella frase va spostata dopo, quando entra in scena come strumento di vendetta.
"Evelin un padre non ce l'aveva, invece" messo subito dopo la parola papà secondo me appesantisce, forse potresti togliere quell'invece.
Per il resto riconosco che è un bel raccontino un po' pulp, con ottime descrizioni, fisiche e psicologiche. Più interessante e ben reso il tormento della protagonista narratrice, gli altri due personaggi, soprattutto il mafiosetto, un po' stereotipati forse, si potrebbero variare, ma è una mia impressione. Sulla distanza breve non è agevole farlo, mi rendo conto.
Re: Commento
Ciao Roberto, grazie per i tuoi consigli, che ho trovato utili Sicuramente devo rivedere alcune cose, apprezzo davvero le tue impressioni, che possono darmi nuovi spuntiRobertoBecattini ha scritto: ↑21/04/2022, 16:52 Un paio di osservazioni:
l'iniziale riferimento alla macchina fotografica viene inserito all'interno del primo incontro con l'antagonista "buona", mi ha generato una confusione per carità, risolvibile, ma un po' fastidiosa. Forse quella frase va spostata dopo, quando entra in scena come strumento di vendetta.
"Evelin un padre non ce l'aveva, invece" messo subito dopo la parola papà secondo me appesantisce, forse potresti togliere quell'invece.
Per il resto riconosco che è un bel raccontino un po' pulp, con ottime descrizioni, fisiche e psicologiche. Più interessante e ben reso il tormento della protagonista narratrice, gli altri due personaggi, soprattutto il mafiosetto, un po' stereotipati forse, si potrebbero variare, ma è una mia impressione. Sulla distanza breve non è agevole farlo, mi rendo conto.
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Re: Commento
Ciao Domenico. Grazie per il consiglio, lo seguirò sicuramente.Domenico Gigante ha scritto: ↑23/04/2022, 16:28 Ciao! Lo spunto c'è, il racconto un po' meno. Mi spiego: Passi buona parte del testo a fare il ritratto della tua protagonista e del suo rapporto con l'antagonista "buona" e alla fine dedichi pochi scarni accenni all'episodio principale, a cui sarebbe stato giusto dedicare molto più spazio. La scrittura è molto buona e nel complesso scorrevole e avvincente. Manca, però, il succo: la sostanza del racconto, che è soprattutto storia di avvenimenti e di persone che agiscono, prima di giudicarsi. Lavoraci sopra.
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Ciao Fra. Grazie mille per il consiglio, proverò a metterlo in praticaFraFree ha scritto: ↑24/04/2022, 19:06 Materiale (idea) e personaggi per una storia coinvolgente ci sono, anche una buona scrittura, ma l'efficacia dell'elemento principale (la macchina fotografica blu) è debole per rendere il brano più convincente, secondo me. La fotocamera, che dovrebbe essere protagonista, appare come figurante. Lavorandoci ancora verrebbe fuori un ottimo lavoro.
Fra
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Commento a La macchina fotografica blu
Re: Commento a La macchina fotografica blu
Ciao Eleonora, questo racconto l'ho scritto d'impulso e sicuramente ci dovrò lavorare sopra. Ti ringrazio per averlo letto e per avermi resa partecipe delle tue opinioni. Spero anche io di riuscire a far leggere qualcos'altro di mio.Eleonora2 ha scritto: ↑30/04/2022, 14:00 Ho letto il racconto più volte. Sai scrivere, non c'è dubbio ma questo testo è slegato, secondo me. La parte teorica ti appartiene, ma - dice il proverbio - tra il dire e il fare… I personaggi sono, sì, descritti ma sembrano fuori dalla realtà. Personalmente, ho confuso la macchina fotografica con Evelin. Può darsi sia un problema mio, ma mi è rimasta un'impressione di scrittura grezza e, come lettrice, ho faticato parecchio, per la trama, ad arrivare alla fine. Ho dato 3, per la forma. MI piacerebbe leggere altro di tuo. Alla prossima!
Re: Commento
Ciao, il mio intento era associare la macchina fotografica blu, che Alma ha ricevuto come regalo di Natale da bambina, al mezzo che poi ha utilizzato per fare del male a Evelin, la sua nemica. Mi rendo conto che possa sembrare un racconto contorto, comunque L'ho voluto mettere alla prova e sono sempre felice di leggere pareri inerenti, nel bene o nel male.Scrittore della domenica ha scritto: ↑04/05/2022, 13:12 La psicologia della protagonista è descritta bene secondo me, per cui è peccato dare un voto prima che il racconto sia riletto e sistemato dall'autrice, dato che come hai detto è stato scritto di getto. L'idea della macchina fotografica è buona come filo conduttore ma io mi sono perso già all'inizio quando viene associata al padre, al gelo e poi ad una figura che in prima battuta credevo associata al padre, che invece è solo una comparsa forse inutile e che confonde. Come detto da altri c'è magari anche qualche luogo comune eccessivo e non strettamente necessario.
Re: Commento
Ciao! Ti ringrazio per il consiglio e per aver letto il mio racconto.Bravoautore ha scritto: ↑08/05/2022, 19:19 Racconto piacevole con un neo evidenziato anche da altri: la macchina fotografica blu dovrebbe giocare un ruolo maggiore da semi personaggio.
Fossi in te riscriverei il racconto mantenendo l'essenziale ma evidenziando la macchina stessa!
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Ho apprezzato l'aspetto psicologico del racconto, che ha saputo ben evidenziare le differenze fisiche e caratteriali dei due personaggi femminili. Mi piacciono i contrasti, in quanto magari consentono a chi legge di immedesimarsi in uno dei personaggi coinvolti.
Il racconto mi ha inoltre generato curiosità nel procedere nella lettura, il cui finale è stato per me assolutamente imprevisto, ma anch'io avrei dato maggior risalto alla macchina fotografica blu che ritengo un oggetto cruciale per il racconto.
Ribadisco che sono alle prime armi sia come scrittrice di racconti sia come recensore, mi auguro di migliorare.
Il fatto che mi sia venuta la voglia di commentarlo significa comunque che nel complesso mi è piaciuto, brava.
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Allora parto subito dal voto, ovvero dopo essere stato indeciso fra il 3 e il 4 ho dato 4.
Ho voluto premiare la passione che secondo me è stata messa nello scrivere questo racconto, anche se sembra sia stato scritto di getto, visto che l impegno c'è, ma alcune cose andrebbero riguardare.
Ad ogni modo la scrittura c'è, spero di leggere altri tuoi racconti in futuro.
Re: Commento
Ciao Maria Cristina, di sicuro avrei dovuto dedicare più tempo e importanza alla macchina fotografica. Comunque sono contenta che il racconto ti sia piaciuto malgrado sia da migliorare.Maria Cristina Tacchini ha scritto: ↑06/06/2022, 16:53 Ciao.
Ho apprezzato l'aspetto psicologico del racconto, che ha saputo ben evidenziare le differenze fisiche e caratteriali dei due personaggi femminili. Mi piacciono i contrasti, in quanto magari consentono a chi legge di immedesimarsi in uno dei personaggi coinvolti.
Il racconto mi ha inoltre generato curiosità nel procedere nella lettura, il cui finale è stato per me assolutamente imprevisto, ma anch'io avrei dato maggior risalto alla macchina fotografica blu che ritengo un oggetto cruciale per il racconto.
Ribadisco che sono alle prime armi sia come scrittrice di racconti sia come recensore, mi auguro di migliorare.
Il fatto che mi sia venuta la voglia di commentarlo significa comunque che nel complesso mi è piaciuto, brava.
Re: Commento
Ciao Laura, grazie per aver dedicato del tempo alla lettura del mio racconto. Proverò a seguire tutti i consigli in modo da renderlo migliore.Laura Traverso ha scritto: ↑13/06/2022, 13:12 Ciao Alycetta, quella da te narrata è una storia intrigante e triste. Concordo con chi mi ha preceduto nei commenti, la macchina fotografica è troppo poco evidenziata e come già ti hanno fatto notare, il "LEI" ad essa riferita non va bene. Devo dire però che sai descrivere molto bene i fatti, i particolari: con sensibilità e attenzione. Penso anche io che troppo tempo hai dedicato all'analisi psicologica delle due "rivali", fatte dalla "buona". Troppo poco, invece, alla storia vera e propria. Secondo me con una revisione un poco più accurata il racconto sarebbe perfetto.
Re: Commento
Ciao Giovanni, ti ringrazio per la fiducia. Spero di riuscire a migliorare questo racconto, che come hai ben detto ho scritto di getto perché ispirata dal momento. Grazie ancora per averlo letto e commentato.Giovanni p ha scritto: ↑13/06/2022, 15:48 Buondì
Allora parto subito dal voto, ovvero dopo essere stato indeciso fra il 3 e il 4 ho dato 4.
Ho voluto premiare la passione che secondo me è stata messa nello scrivere questo racconto, anche se sembra sia stato scritto di getto, visto che l impegno c'è, ma alcune cose andrebbero riguardare.
Ad ogni modo la scrittura c'è, spero di leggere altri tuoi racconti in futuro.
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Ma gli estremismi non ci piacciono. Il nostro concetto di brevità è un po' più elastico di un SMS o di un aforisma: è un racconto scritto con cura in appena 2500 battute (sì, spazi inclusi).
A cura di Massimo Baglione.
Contiene opere di: Fausto Scatoli. Giorgio Leone, Annamaria Vernuccio, Luca Franceschini, Alphaorg, Daniel Carrubba, Francesco Gallina, Serena Barsottelli, Alberto Tivoli, Giuseppe C. Budetta, Luca Volpi, Teresa Regna, Brenda Bonomelli, Liliana Tuozzo, Daniela Rossi, Tania Mignani, Enrico Teodorani, Francesca Paolucci, Umberto Pasqui, Ida Dainese, Marco Bertoli, Eliseo Palumbo, Francesco Zanni Bertelli, Isabella Galeotti, Sandra Ludovici, Thomas M. Pitt, Stefania Fiorin, Cristina Giuntini, Giuseppe Gallato, Marco Vecchi, Maria Lipartiti, Roberta Eman, Lucia Amorosi, Salvatore Di Sante, Valentina Iuvara, Renzo Maltoni, Andrea Casella.
Human Takeaway
(english version)
What if we were cattles grazing for someone who needs a lot of of food? How would we feel if it had been us to be raised for the whole time waiting for the moment to be slaughtered? This is the spark that gives the authors a chance to talk about the human spirit, which can show at the same time great love and indiscriminate, ruthless selfishness. In this original parody of an alien invasion, we follow the short story of a couple bound by deep love, and of the tragic decision taken by the heads of state to face the invasion. Two apparently unconnected stories that will join in the end for the good of the human race. So, this is a story to be read in one gulp, with many ironic and paradoxical facets, a pinch of sadness and an ending that costed dearly to the two authors. (review by Cosimo Vitiello)
Authors: Massimo Baglione and Alessandro Napolitano.
Cover artist: Roberta Guardascione.
Translation from Italian: Carmelo Massimo Tidona.
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Nota: questo libro non proviene dai nostri concorsi ma è opera di uno o più soci fondatori dell'Associazione culturale.