Appuntamento
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Appuntamento
F. scende le scale, si infila la giacca e in una frazione di secondo è in macchina, lanciato a tutta velocità verso il lavoro.
Alla radio Lenny Kravitz canta “Where are we running?”e per un momento F. se lo domanda davvero: dove stiamo correndo? Poi se lo ricorda: è il grande giorno, quello dell’appuntamento che aspetta da anni. Non ci sarà un momento da sprecare perché il tempo è sovrano e non aspetta nessuno.
Parcheggia al solito posto, scende dall’auto e in men che non si dica è ai distributori automatici a bere il secondo caffè della giornata; poco importa che soffra di pressione alta: una giornata impegnativa come quella richiede il giusto apporto di caffeina.
Sono le otto e dieci. Ancora quattro ore e venti minuti prima dell’appuntamento.
F. inizia a caricare i pacchi sul furgone come un forsennato; suda talmente tanto che la maglia sarebbe già da buttare in lavatrice. Il cuore fatica a tenere il ritmo e pompare sangue in ogni parte del corpo.
Si domanda se abbia senso prendersi così sul serio e vivere una vita sul filo del rasoio, sospeso tra i movimenti inesorabili delle lancette di un orologio e le leggi di un freddo e artificiale algoritmo che non tiene conto dei bisogni fisiologici di un essere umano.
Capisce che non può perdersi in pensieri di tale entità, non oggi che è finalmente giunto il grande giorno.
Il furgone è carico. È il momento di partire e consegnare tutto entro le fatidiche dodici e trenta.
Un rivolo di sudore gelido gli cola dalla fronte: ansia? Insicurezza?
Il piede è pigiato a tavoletta sull’acceleratore: cento, centodieci, centoventi chilometri orari per risparmiare uno, due, tre secondi massimo sulla tabella di marcia. Non male come cifra.
Lo stomaco brontola a metà mattinata, tra una consegna e un sorriso di sfuggita a qualche cliente.
Fermarsi a mangiare un boccone è fuori discussione. Cinque minuti di stop potrebbero comportare l’annullamento di tutto il vantaggio accumulato fino a quel momento correndo come un pazzo.
Vantaggio su chi o cosa? Ancora una volta le domande sfiorano solo marginalmente i pensieri di F. che non può farsi distrarre da nulla: mancano solo due ore e mezza.
Sente che tutto il suo correre nella vita troverà un senso lì, nell’appuntamento.
Un cliente gli offre un caffè e lui rifiuta in maniera cortese; mentre il mondo cammina a passo di lumaca, lui procede come un Frecciarossa su binari di fuoco diretto verso … Cosa?
Pensa che un giorno la smetterà con quella vita e se la prenderà finalmente con calma. Poi ricorda le sue ultime ferie e l’ansia di non riuscire a visitare tutti i luoghi che si era prefissato, le corse e rincorse per rispettare la tabella di marcia.
La gola si stringe e il fiato viene a mancargli al sol pensiero.
È sempre stata una maratona e non si è mai trattato di soli quarantadue chilometri.
Piuttosto un’esistenza intera passata a inseguire qualcosa, o a fuggire dall’inesorabile scorrere del tempo.
Ciao. Buongiorno. Sono di fretta. Vado. Arrivederci. No, grazie. Non ho tempo. Alla prossima. Non posso aspettare. Mi scusi, sono di corsa. Scappo. Svelto. Faccia velocemente. Si sbrighi.
Accelera. Sali. Scendi. Corri. Carica. Scarica. Respira. Inspira. Espira. Fatica.
Mille diapositive di visi sconosciuti che scorrono via alla velocità della luce.
Le campane col loro suono annunciano che è mezzogiorno. Trenta minuti.
Il furgone si è svuotato di tutti i suoi pacchi, F. invece di tutte le sue energie.
Sente le gambe pesanti, la vescica che esplode e lo stomaco che ribolle come un vulcano prima dell’eruzione. Il sole gli abbaglia la vista e cerca di farsi scudo con la mano sinistra; non riesce a sollevare il braccio. All’improvviso sembra sia diventato un blocco di marmo freddo e pesante.
Dodici e ventinove minuti.
F. accosta un momento: ha bisogno di prendere fiato giusto un secondo prima dell’appuntamento.
La portiera del lato passeggero si apre. La ragazza in nero si presenta e sale con fare deciso sul furgone.
Si siede accanto a F. e lo fissa negli occhi. Lui fa lo stesso e il tempo si congela.
- Una vita intera trascorsa a correre solamente per questo momento? - le domanda lui senza staccarle un momento lo sguardo di dosso
- Ritieniti fortunato ad aver saputo fin dall’inizio il giorno del nostro incontro. A pochi è fatta questa grazia! - esclama la fanciulla allungando una mano ossuta e raggrinzita verso l’interlocutore.
- Pur sapendolo ho continuato lo stesso a correre come un pazzo. E tutto questo per arrivare dove? - F. quasi piagnucola pronunciando le ultime parole.
- Per arrivare qui con me ed essere puntuale al tuo appuntamento con la morte. -
Lei lo abbraccia e finalmente il tempo è solo una parola senza significato persa tra mille altre.
- Il_Babbano
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Una vita di corsa, perché fermarsi può dare da pensare, e quindi via, veloci come il vento, forse verso Samarcanda...
Mi permetto di suggerire "solo" al posto di "sol" (però, data la fretta del personaggio, ci sta, lo dico) in " il fiato viene a mancargli al sol pensiero".
Per me questo racconto è almeno da quattro. Anzi, ti do cinque.
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- Alberto Marcolli
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commento Appuntamento
“Mille diapositive di visi sconosciuti che scorrono via” – proposta - Mille diapositive di visi sconosciuti scorrono via
“poco importa che soffra di pressione alta” – proposta - poco importa se soffre di pressione alta
“Pensa che un giorno la smetterà con quella vita e se la prenderà finalmente con calma.” Proposta – Forse un giorno la smetterà con quella vita e se la prenderà finalmente con calma.
“quello dell’appuntamento che aspetta da anni. Non ci sarà un momento da sprecare perché il tempo è sovrano e non aspetta nessuno.” Per evitare i due “aspetta” si potrebbe anche dire: - quello dell’appuntamento che lo attende da anni.
“Si domanda se abbia senso prendersi così sul serio e vivere una vita sul filo del rasoio, sospeso tra i movimenti inesorabili delle lancette di un orologio e le leggi di un freddo e artificiale algoritmo che non tiene conto dei bisogni fisiologici di un essere umano.”
-- proposta – volendo dare più enfasi al periodo, si potrebbe anche dire:
Ha senso prendersi cosi sul serio, sempre sul filo del rasoio, sospeso tra i movimenti inesorabili delle lancette di un orologio e un maledetto algoritmo che se ne frega dei bisogni fisiologici di un essere umano? Si chiede ancora una volta.
“ha bisogno di prendere fiato giusto un secondo” dopo fiato ci vuole una virgola
“sguardo di dosso” dopo dosso ci vuole un punto.
“allungando una mano ossuta e raggrinzita verso l’interlocutore.” Se allunga una mano è sottointeso che sia verso l’interlocutore perciò io scriverei - allungando una mano ossuta e raggrinzita.
“essere puntuale al tuo appuntamento” – puntuale … appuntamento - al posto di appuntamento si potrebbe dire – incontro -
con la morte. – al posto del punto io ci metterei un bel esclamativo!
Per me l’ultima frase non ci vuole.
Un buon tentativo di scrivere un “corto”. Forse uno stile ancora più “paratattico” io l’avrei visto bene.
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Un buon esercizio di stile, come la trama, con quell'appuntamento con la morte a cui si arriva di corsa. Un inno alla lentezza. Non dico altro, voglio essere corto anch'io.
La Gara 67 - Cavalieri di ieri, di oggi e di domani







A cura di Ida Dainese.
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La Gara 57 - Imbranati







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Riportare la lettura e la biblioteca al centro dell'attenzione dovrebbe essere un dovere di ciascuno di noi. Se in qualche misura ci riesce una raccolta di racconti non si può che gioirne, nella speranza che possa essere contagioso, come deve esserlo tutto ciò che ci spinge a riflettere e a interrogarci sull'essenza del nostro esistere.
A cura di Lorenzo Pompeo e Massimo Baglione.
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Contiene opere di: Alberto De Paulis, Monica Porta, Lorenzo Pompeo, Claudio Lei, Nunzio Campanelli, Vittoria Tomasi, Cristina Cornelio, Marco Vecchi, Antonella Pighin, Nadia Tibaudo, Sonia Piras, Umberto Pasqui, Desirée Ferrarese.
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A cura di Massimo Baglione.
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Cosa succede in città? - Sì, è il titolo di una nota canzone, ma è anche la piazza principale in cui gli autori, mossi dal flash-mob del nostro concorso letterario, si sono dati appuntamento per raccontarci le loro fantasie metropolitane.
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