L'Eterno
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L'Eterno
Lui era un normale inquilino, anzi, un tempo lo consideravo mio amico. Frequentavamo lo stesso gruppo di studi e con questo ci ritrovavamo spesso per vedere un film o mangiare thailandese.
Tutto era nella norma, fino a quando Walter cominciò a svegliarsi la mattina turbato, pensieroso. Pensai che si trattasse solo di incubi, forse legati al periodo di esami in cui ci trovavamo.
Ma a sessione finita, ogni mattina leggevo nei suoi occhi lo stesso perturbamento che lo rendeva nervoso alle mie domande.
C’era qualcosa che non andava; qualcosa che accadeva di notte, quando le luci si spegnevano e io mi ritiravo nella mia stanza.
Una sera di fine autunno, lo salutai dopo cena e andai in camera; dopodiché finsi di addormentarmi. Con gli occhi puntati sulla sveglia e attento a non fiatare, aspettai.
All’una e sedici, la maniglia della camera in fondo al corridoio cigolò, passi leggeri raggiunsero il portone per poi dissolversi per la tromba delle scale.
Mi infilai scarpe e impermeabile e seguii il mio coinquilino, accorto a tenere una debita distanza.
Non era ancora inverno, ma il vento gelido spirava per la città. Mi pentii di non essere rimasto sotto il piumone.
Walter, avvolto nel suo cappotto nero, avanzava per i vicoli bui con la faccia riparata nel colletto. Le mani erano conserte e ben strette sul petto.
Le vie erano vuote e i pochi lampioni laterali mi permettevano di farmi un’idea su quale zona stessimo perlustrando.
La sagoma di Walter, longilinea e dai capelli scompigliati, si muoveva con destrezza tra salite, discese e sviamenti con una maestria tale tipica solo di chi era abituato a fare quel tipo di tragitto.
Dopo venti minuti, Walter svoltò a destra lungo un corridoio di vecchie case, attraversò la strada e si fermò di fronte ad un locale abbandonato.
L’unica fonte di luce era quella esterna di una casa. Mi ci accostai e spiai il mio amico sostare davanti al portone di un ristorante in rovina. L’insegna era quasi del tutto staccata dai chiodi, ma il nome era ancora leggibile: L’Eterno. Avevo sentito che il locale aveva quasi cent'anni e che raggiunse il boom di clienti nel primo dopo guerra. Chiuse negli anni ‘90 per questioni fiscali. Queste almeno erano le voci.
Ma che diamine ci faceva Walter lì davanti in piena notte?
Bussò tre volte, la porta sgangherata si aprì, una luce calda provenne dall’interno e il mio amico entrò. Un brivido mi percorse la schiena.
Con coraggio mi avvicinai. Sbirciai dalla vetrina: non c’era anima viva all’interno. Aguzzai lo sguardo con il naso spiaccicato sul vetro. Il locale era a tutti gli effetti abbandonato, ma l’interno…
Trasalii davanti ad una delle sale più belle che avessi mai visto. Tavoli dai bordi dorati perfettamente apparecchiati occupavano il pavimento a scacchiera; bicchieri di cristallo senza un grano di polvere riflettevano la fioca luce di fuori sulle pareti drappeggiate di velluto rosso.
Avevo visto locali aperti conciati molto peggio. Non mi seppi trattenere e bussai anche io tre volte. La porta si riaprì e un tepore mi avvolse. Al mio fianco c’era un uomo anziano dai guanti setati che si offrì di prendermi l'impermeabile. Ascoltai il sottofondo di musica jazz e il vociare che proveniva dal salone principale.
Lo stesso uomo mi fece accomodare nell’interno che avevo curiosato poco prima. In fondo, c’era un rialzo, dove un uomo si esibiva con il sax; sotto di lui, decine di persone intente a ridere e ballare, alternando tirate di sigaretta a brindisi gioiosi. Le donne indossavano lunghi abiti svolazzanti; avevano labbra rosso fuoco e capelli alla maschiaccio; gli uomini erano vestiti di nero, con cappelli in feltro e papillon.
Era come se il tempo si fosse fermato… a quei famosi anni ‘20.
«Dan? Che ci fai qui?»
Walter era dietro di me. Sorridente come non lo vedevo da tempo.
«Mi spieghi che diamine succede?» urlai per sovrastare la musica.
Lui finì di bere dal bicchiere che impugnava e alzò le spalle: «Non lo vedi con i tuoi occhi, amico? Non ne ho idea. So solo che qui dentro è come se fosse sempre una perenne festa!»
Miriadi di domande mi balenavano in testa e mi sfuggiva la risposta logica.
La sala pullulava di ricchi aristocratici che si godevano una cena che chissà da quanto tempo stavano consumando.
«Ora che lo sai, rimani qui con me?» chiese, sostituendo il calice vuoto con un altro pieno. Lo guardai perplesso.
«Sì, insomma, ci ho pensato, Dan, io non ci torno fuori. Da questa sera io rimarrò qui, circondato da donne eleganti, uomini colti, musica jazz! Questa è la vita dei miei sogni, non quella che vivo di giorno. Non puoi capire che strazio ogni volta che lascio questo posto per tornare in tempo prima che suoni la sveglia.»
La rabbia mi ribolliva dalle budella.
«Cosa…non puoi, Walter, sei impazzito? Qualsiasi cosa sia questo, non è reale, non è corretto! Io e te apparteniamo al mondo di fuori, quello concreto. Ricordi, le lezioni di fisica, i pranzi con gli amici, le partite a calcetto…quella è vita!»
Presi il calice dalle sue mani e lo poggiai sul primo tavolo che avevo sotto mano, dove una coppia mangiava lumache e beveva champagne.
Il mio coinquilino serrò le labbra e gonfiò il petto, come chi è pronto a lasciare una manata su una guancia da un momento all’altro.
Ma Walter non mi picchiò. Si voltò alla sua sinistra, accennando a due uomini che ci raggiunsero a passo deciso.
«Se tu non vuoi rimanere, sta bene…», si limitò a dire, mentre i due si voltarono verso di me, afferrandomi per le braccia, «…ma non ti permetterò di rubarmi la felicità. Addio, Dan.»
Fu un attimo. Mi ritrovai al freddo, davanti ad un anonimo palazzo dal portone verde e l’insegna cadente. Tornai a casa, stordito e infreddolito. Passai davanti alla sua camera da letto. Il ragazzo che soleva dormirci non sarebbe più tornato e mi toccava capire cosa inventarmi.
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Dal titolo mi aspettavo qualcosa di religioso ma è stata una bella sorpresa trovare invece qualcosa di surreale!
Jacopo
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Re: Commento
Grazie mille per la valutazione! Corretto, l'idea che volevo trasmettere era legata alla sciocca ma genuina voglia di un giovane di volere altro; di non accontentarsi del presente, ma di nascondersi dietro il comodo scudo della finzione.Anto58 ha scritto: 09/11/2023, 17:09 Molto bello questo racconto, quasi onirico, che suscita tante emozioni e riflessioni; evidenzia soprattutto quella voglia di fuggire tutte le notti dalla realtà, dal vissuto quotidiano, per rifugiarsi in um mondo perduto ed impossibile da realizzare. Voto 4
Data la brevità del testo, però, lascio il campo a tutte le possibili interpretazioni!
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Re: Commento
Salve, Jacopo e grazie del commentoJacopo Serafinelli ha scritto: 09/11/2023, 18:38 Leggendolo mi sono venuti alla mente due film: Shining e L'invenzione di Morel… in entrambi si vive una situazione come questa del racconto.
Dal titolo mi aspettavo qualcosa di religioso ma è stata una bella sorpresa trovare invece qualcosa di surreale!
Jacopo

In effetti, la barriera reale/surreale viene superata da molti protagonisti di romanzi o film... io stessa ho ripensato a Una notte al museo, dove tutto prende vita dopo il tramonto!
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Concordo pienamente!Andr60 ha scritto: 10/11/2023, 13:25 Curioso, a me era venuto subito in mente "Midnight in Paris" di W. Allen: certo, sarebbe bello fuggire dalla realtà quotidiana almeno per qualche ora. Però non sono d'accordo: scordarsi sia della propria sia di quella dei contemporanei di allora, che noi conosciamo e che sappiamo essere terribile, non fa che confermare che la storia è maestra di vita, peccato che non abbia scolari (cit.).
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Re: Commento
Grazie infinite, Raffaella! Sì, hai colto in pieno il messaggio del delicato mondo parallelo che, come un bel sogno, ti apre le porte e ti accoglie letterlamente con calore.Raffaella villaschi ha scritto: 12/11/2023, 21:30 Stupendo racconto. Però è bellissimo trovarsi negli anni 20 indietro nel tempo, delicato onirico, niente confuso, porta solo il nome Walter un amico che non voleva fare la vita di sempre, come un sogno in un cielo scuro pieno di stelle con la luna e poi il suo viaggio in un altro mondo..... Il mio voto è 5.
Grazie ancora!

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Re: L'Eterno
Se invece state solo rispondendo, non serve specificare.
Ricordatevi anche che il testo del commento deve essere lungo almeno 200 battute.
Vi rimando alle istruzioni delle Gare letterarie.
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Re: Commento
Grazie mille, Pietro! È proprio quello che mi ero prefissata di suscitare con questo racconto.Pietro Castellazzi ha scritto: 01/12/2023, 20:54 Un racconto molto originale, scritto decisamente bene. Breve ma di enorme effetto, cattura per la capacità di trasportare il lettore in un'altra epoca, ormai lontana, che illude e attira al tempo stesso, seppur effimera e a tratti malinconica.

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Re: L'Eterno
Un conflitto di visioni della vita insomma.
La struttura è valida, come il tema, e la prosa riesce ad accompagnare l'idea. Il racconto si apre con una brevissima prolessi, per poi tornare indietro nel tempo. I tempi verbali non sono sempre esatti. Mi spiego.
"Lui era un normale inquilino, anzi, un tempo lo consideravo mio amico. Frequentavamo lo stesso gruppo di studi e con questo ci ritrovavamo spesso per vedere un film o mangiare thailandese.
Tutto era nella norma, fino a quando Walter cominciò a svegliarsi la mattina turbato, pensieroso."
In questo periodo torni dalla prolessi al tempo passato. Ma tu già adoperi il passato come tempo della narrazione. Per questo motivo, secondo me, dovresti adoperare i trapassati, come in molti punti in modo corretto fai. E quindi: un tempo lo avevo considerato... Avevamo frequentato... aveva cominciato a svegliarsi e via discorrendo.
Altri piccoli appunti: l'orario a lettere e non a cifre, centennio, esiste, ma nell'uso comune chi lo adopera?
Una buona prova, a rileggerti
- Alberto Marcolli
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commento L'Eterno
"che si offrì di prendermi la giacca" - perché la giacca? era uscito con l'impermeabile.
ci sono tre "d" eufoniche.
Concordo con la segnalazione di Namio sui tempi verbali.
Il testo è sommerso da una pioggia di "che". Forse evitarne qualcuno? Io ci proverei, ma è un parere personale.
"centennio" - per me sarebbe meglio dire - cent'anni -
Idem per l'orario - meglio in lettere.
"Qualcosa accadeva durante le uscite notturne del mio coinquilino Walter." la frase anticipa un fatto che il lettore scoprirà più avanti. Meglio lasciare che sia lui a capirlo per conto suo, e pertanto io questa frase la toglierei. Inizierei così:
Il mio coinquilino Walter era una persona del tutto normale, che consideravo mio amico.
Concordo con Anto58. Il racconto suscita tante emozioni e riflessioni; evidenzia soprattutto quella voglia di fuggire tutte le notti dalla realtà, dal vissuto quotidiano, per rifugiarsi in un mondo perduto e impossibile da realizzare, ma aggiungo: mi è sembrato mancante di "pathos", l'impressione che mi ha lasciato la lettura è quella di una cronaca ben fatta, lucida e precisa, ma poco coinvolgente.
Voto 3
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Un conflitto di visioni della vita insomma.
La struttura è valida, come il tema, e la prosa riesce ad accompagnare l'idea. Il racconto si apre con una brevissima prolessi, per poi tornare indietro nel tempo. I tempi verbali non sono sempre esatti. Mi spiego.
"Lui era un normale inquilino, anzi, un tempo lo consideravo mio amico. Frequentavamo lo stesso gruppo di studi e con questo ci ritrovavamo spesso per vedere un film o mangiare thailandese.
Tutto era nella norma, fino a quando Walter cominciò a svegliarsi la mattina turbato, pensieroso."
In questo periodo torni dalla prolessi al tempo passato. Ma tu già adoperi il passato come tempo della narrazione. Per questo motivo, secondo me, dovresti adoperare i trapassati, come in molti punti in modo corretto fai. E quindi: un tempo lo avevo considerato... Avevamo frequentato... aveva cominciato a svegliarsi e via discorrendo.
Altri piccoli appunti: l'orario a lettere e non a cifre, centennio, esiste, ma nell'uso comune chi lo adopera?
Una buona prova, a rileggerti
Scusa, lo riposto perché lo avevo inserito erroneamente come risposta.
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Re: L'Eterno
Grazie del feedback, Namio. Apprezzatissimo!Namio Intile ha scritto: 09/12/2023, 12:27 Il tema potrebbe essere, a un primo sguardo, il desiderio di fuga dalla realtà. Ma Walter e Dan sembrano un po' sovrapponibili, come fossero la stessa persona, ma con due diverse anime, due diverse divergenti aspirazioni. Una attirata dalla "normalitò", dalle lezioni di fisica e dalle partite di calcetto, dalle cene con gli amici, l'altra dalla vita facile, dallo champagne, dalla buona musica e dalle compagnie brillanti. L'incontro scontro tra queste due diverse versioni di sé provoca la ricerca di Dan e si conclude con la separazione dei due. Dan sceglie la vita "difficile", come se solo quella realtà, quella cruda e senza fantasia, possa vincere. Walter viene abbandonato, come se quella vita che ha scelto non possa portarlo che al disastro.
Un conflitto di visioni della vita insomma.
La struttura è valida, come il tema, e la prosa riesce ad accompagnare l'idea. Il racconto si apre con una brevissima prolessi, per poi tornare indietro nel tempo. I tempi verbali non sono sempre esatti. Mi spiego.
"Lui era un normale inquilino, anzi, un tempo lo consideravo mio amico. Frequentavamo lo stesso gruppo di studi e con questo ci ritrovavamo spesso per vedere un film o mangiare thailandese.
Tutto era nella norma, fino a quando Walter cominciò a svegliarsi la mattina turbato, pensieroso."
In questo periodo torni dalla prolessi al tempo passato. Ma tu già adoperi il passato come tempo della narrazione. Per questo motivo, secondo me, dovresti adoperare i trapassati, come in molti punti in modo corretto fai. E quindi: un tempo lo avevo considerato... Avevamo frequentato... aveva cominciato a svegliarsi e via discorrendo.
Altri piccoli appunti: l'orario a lettere e non a cifre, centennio, esiste, ma nell'uso comune chi lo adopera?
Una buona prova, a rileggerti
Dunque, non nego che mettendo per iscritto il racconto, mi siano venuti in mente alcuni riferimenti al film "Fight Club", per esempio, in cui assistiamo ad un assurdo incontro tra il protagonista e quello che alla fine si rivelerà il suo alter ego.
Ho preferito non forzare questa chiave di lettura negli occhi del lettore (Dan e Walter come due facce della stessa medaglia), poiché io in primis non ero certa di volerlo.
Sono comunque sorpresa che tu abbia colto il possibile tema!
A queesto punto, una domanda... se è vero che i due ragazzi sono "sovrapponibili", chi ha fatto la scelta più coraggiosa nella strada da intraprendere?
Preso appunti anche sulle correzioni grammaticali e dei tempi verbali, grazie!

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Re: commento L'Eterno
Salve, Alberto.Alberto Marcolli ha scritto: 09/12/2023, 15:01 Chiedo scusa per il mio frettoloso commento.
"che si offrì di prendermi la giacca" - perché la giacca? era uscito con l'impermeabile.
ci sono tre "d" eufoniche.
Concordo con la segnalazione di Namio sui tempi verbali.
Il testo è sommerso da una pioggia di "che". Forse evitarne qualcuno? Io ci proverei, ma è un parere personale.
"centennio" - per me sarebbe meglio dire - cent'anni -
Idem per l'orario - meglio in lettere.
"Qualcosa accadeva durante le uscite notturne del mio coinquilino Walter." la frase anticipa un fatto che il lettore scoprirà più avanti. Meglio lasciare che sia lui a capirlo per conto suo, e pertanto io questa frase la toglierei. Inizierei così:
Il mio coinquilino Walter era una persona del tutto normale, che consideravo mio amico.
Concordo con Anto58. Il racconto suscita tante emozioni e riflessioni; evidenzia soprattutto quella voglia di fuggire tutte le notti dalla realtà, dal vissuto quotidiano, per rifugiarsi in un mondo perduto e impossibile da realizzare, ma aggiungo: mi è sembrato mancante di "pathos", l'impressione che mi ha lasciato la lettura è quella di una cronaca ben fatta, lucida e precisa, ma poco coinvolgente.
Voto 3
Ti ringrazio per le precisazioni. Terrò conto di tutto la prossima volta, compresi i tempi verbali (sono solita utilizzare il passato nella maggior parte dei miei scritti, e spesso accade che mi sbagli proprio sul passato remoto/trapassato remoto, proprio come avete puntualizzato!)
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Ovviamente è tutto soggettivo, il tuo racconto è surreale, onirico e molto simbolico.
L'ho apprezzato molto, continua così.
A presto!
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Re: commento
Laura ti ringrazio di cuore del feedback. Apprezzatissimo!Laura Traverso ha scritto: 13/12/2023, 18:53 Come qualcuno ha detto, già dalle prime righe mi sono collegata col pensiero al bellissimo film di Woody Allen "midnight in Paris". Il racconto è assai piacevole e fantasioso: è un voler tornare al passato rifuggendo dal presente. Ci sono sì alcune parti forse da rivedere in merito alla stesura del testo, esempio "la sala pullulava ricchi aristocratici... manca "di". Poi, "lo guardai interrogato", non suona bene...Inoltre i tempi verbali che non sempre concordano. Ma a parte queste piccolezze, che segnalo dato che siamo qui per questo, per aiutarci a migliorare, il racconto è bello, la storia originale e significativa. Voto 4
Per le prossime volte, vedrò di perfezionare al meglio TUTTI gli aspetti del racconto, aiutandomi con le precisazioni tue e degli altri colleghi scrittori!

Gare letterarie stagionali - annuario n° 2 (2019 - 2020)
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La Gara 69 - Le parole che non ti ho mai detto










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