Arma di difesa
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Piacevole lettura mitofantasy.
Amuleti e credenze, purtroppo, non hanno mai protetto gli invasi dagli invasori… le due Americhe, anche se in tempi diversi hanno subito genocidi da parte di chi si riteneva detentore di un potere di civilizzazione e di un diritto al furto e all'assassinio.
Anche oggi la cosa prosegue, con mezzi diversi ma uguali intenti, e nessuno la ferma.
… a cosa mi riferirò mai… chissà!
Jacopo
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Re: Arma di difesa
No, amuleti e credenze non hanno mai protetto dagli invasori. Ma questo è l'atteggiamento che ci è stato inculcato da piccoli da una società con radici fortemente cattoliche (su cosa voglia dire quel "cattoliche" ci sarebbe molto da discutere, soprattutto in termini storici, fino ad arrivare al Concilio di Nicea, ma soprassederò, in virtù di quella che è comunque la comune accezione del termine nel 2024).
Nondimeno, c'è un detto nei "Proverbiis Alexandrinorum" che è passato al greco attuale e recita "Συν Αθηνά και χείρα κίνει" (Syn Athina kai, chíra kínei - "Con l'aiuto di Athena, muovi le mani"). Ma Athena era LA Dea per gli ateniesi, quindi "Con l'aiuto della Dea, agisci!", paro paro al nostro "Aiutati, che Dio t'aiuta".
Quello che voglio dire è che amuleti e credenze non hanno mai protetto, certamente, ma hanno permesso agli individui di trovare forza e coraggio in situazioni altrimenti disperate, e a volte di ribaltare situazioni date già per perse.
Ciò vale per la religione, ma per qualunque altra credenza (politica, ad esempio, come nelle rivoluzioni, o intellettuale, come Giordano Bruno sul rogo, o Colombo alla ricerca della rotta a Ovest).
Ma c'è anche di più, che in questo racconto non trova posto, ed è un concetto più indù: la Divinità che è in noi. Spesso "miracoli" accadono "when you believe" (come nel duetto di Whitney Houston e Mariah Carey).
Razionalmente, so perché è così: ci spingiamo oltre i nostri limiti precedenti, e attribuiamo l'essere giunti fin lì a qualcosa più grande di noi, perché effettivamente diventiamo più grande di quello che eravamo.
Chissà che nel riconoscere in questo modo che il merito non è (del tutto) nostro, non ci lasciamo aperta la possibilità di tornare a quello che eravamo, e quindi la possibilità di poter godere di ciò che desideravamo. Perché chissà se il nostro nuovo sé sarà in grado di godere di ciò a cui aspirava.
Nel Signore degli Anelli Sam torna a casa dopo Mordor e mette su famiglia, torna al vecchio sé, l'eroe resta Frodo. Frodo, cambiato, non può più godersi la Contea e partirà per i Porti Grigi.
Io avevo qualcosa da fare, ma avrei voluto tornare a godermi la mia Contea: Andata e Ritorno. Mi è andata diversamente, e mentre "I still haven't found what I'm looking for", nemmeno ho come tornare indietro.
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Re: Arma di difesa
Scritto minuscolo… distrazione.
Letto ieri, ma commento e voto i restanti negli ultimi giorni. Per dare un voto più ponderato.
Ciao, Maiorino
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Re: Arma di difesa
"Giagia" è "nonna".
Ho trovato singolare che in greco sia "giagia" e in catalano sia "iaia", ma poi ho ricordato che l'impero aragonese ha incluso per un tempo Atene, e tutto è stato chiaro.
Grazie, ad ogni modo, per l'attenzione a questi dettagli.
A presto.
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Re: Arma di difesa
Gli Indiani condensano in una parola quel concetto di divinità interiore: Namastè!
Andiamo tutti "avanti" a cercare qualcosa per accorgersi, a volte, di aver superato il punto di non ritorno… e allora addio contea! Ma questo non è poi sempre un male!
La tua risposta rivela una grande cultura e… mi inchino! … quanno ce vò ce vò!
Jacopo
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Re: Arma di difesa
Newton la pensava alla stessa maniera: che aveva fatto? Era rimasto a giocare affascinato coi ciottoli che gli erano parsi più belli, sulla sponda dell'oceano della conoscenza.
Ma che differenza, tra Newton e me!
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Re: Arma di difesa
Grazie di avermi spiegato. Ho imparato una cosa nuova.Yakamoz ha scritto: 07/05/2024, 12:25 "Non voglio! Non voglio, giagia!»"
Scritto minuscolo… distrazione.
Letto ieri, ma commento e voto i restanti negli ultimi giorni. Per dare un voto più ponderato.
Ciao, Maiorino
Ma giagia si pronuncia in greco moderno “jaja” o “iaia”, giusto?
Io, da scemo, lo pronunciavo all’italiana con la G dolce, e mi suonava strano come sost.
Ora ha tutto più un senso...
Buona giornata, Maiorino
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Re: Arma di difesa
Che ha a che vedere con la stessa Gea, dal momento che quella trascritta in caratteri latini per eticismo è una eta, che oggi in greco si ponuncia (per itacismo) con /i/. E in effetti, anticamente Gea era anche considerata "la nonna" degli Dei.
Ma poi metti le variazioni dei suoni nei secoli, e persino una "g" gutturale puó diventare un'aspirazione e poi scomparire del tutto in un'altra lingua. Boh!
In catalano è pronunciato con la "j" latina di "JVLIUS", quel suono semivocalico/semiconsonantico tra due vocali o davanti ad altra vocale, che usavamo anche in italiano e che il fascismo ha tolto da mezzo (l'unica forma di razionalismo mai applicata nel nostro Paese! Il mio cognome, in effetti, era con "i lunga").
Che strano: dal greco al catalano è sparita la /g/, mentre in italiano la /y/ è diventata /dz/... Le lingue mi fanno letteralmente impazzire!
Tipo: la pronuncia della koiné di eta era con /e/ (appurato dalla trascrizione di non ricordo quale opera greca, nella quale compaiono pecore che, giustamente, fanno "Bé, bé", mica possono fare "bí bí" ), ma oggi in Grecia si pronuncia con /i/, e solo noi italiani pronunciamo correttamente con /e/ (gli anglofoni... /Naiki/ ).
Ma se andiamo alla nascita dell'italiano, ovvero alla scuola di poesia siciliana (all'epoca, già sotto gli Aragona, e quindi al continuo scambio con Bisanzio e Atene), troviamo l'uso della /i/ in luogo della /e/, che venne così cambiata quando si tradussero le poesie di quella scuola al toscano.
E in effetti, molto della parlata siciliana più stretta è meglio comprensibile se si cambiano i suoni di due vocali: la /i/ in /e/ e la /u/ in /o/. Quest'ultimo cambio è particolarmente ovvio in catalano dove, come in greco, esiste un suono misto /ou/ per la "o", che (è regola fonetica) diventa /o/ quando è tonica, e /u/ quando non lo è.
Ma i catalani poi aggiungono il loro facendo qualcosa di simile con la "e", pronunciandola /e/ se è tonica, e /a/ se non lo è...
Buona giornata, Yakamoz!
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Se proprio devo (a fatica) cercare un difetto, trovo che il linguaggio del racconto si adatti al tema ma in che in bocca a una nonna che lo spiega alla nipotina lo renda un po' artificioso.
Capisco che si tratti di un espediente narrativo, sul quale ogni autore fa giustamente le proprie valutazioni.
Saluti
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Re: Arma di difesa
e grazie per la tua attenta valutazione.
Dico attenta perché hai ragione: ho cercato di rendere meno artificioso il linguaggio, ma il racconto é stato ideato anche per essere in qualche modo didascalico. Avendo reso la nonna una "regina madre" ho cercato di alleviare l'artificiosità, con la scusa che in un ambiente aristocratico...
Sulla decapitazione da parte di Perseo... La nonna ha già detto che un'altra volta... no?
Ma davvero la sorte di Medusa, punita dopo aver subito la violenza, non sono mai riuscito a condividerla, e ciò su cui mi sto documentando non fa che peggiorare la differenza che percepisco tra figura di Athena e sorte di Medusa.
Nondimeno, prima di questo racconto più breve (e meno male), ne ho pubblicati altri due leggermente più lunghi (tanto da non poter essere messi in lizza) sul mio profilo.
Il primo, "Innesti", è più moderno. Il secondo, "Come il Sole a un cieco", è una rivisitazione del principio del mito di Orione.
Se qualcuno vuole farci un giro, è il benvenuto!
A presto!
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Ma l'autore è di sicuro più competente di me, e quindi avrà rintracciato fonti che magari portano indietro l'origine del mito già in epoca tra 1100 e 1600 a.C., età del bronzo, dunque molto anteriore alla Grecia classica.
Fatta questa piccola premessa, passiamo al racconto: essenzialmente dialogico, e quindi è un racconto raccontato in un dialogo. E si sa che i dialoghi rallentano molto la lettura di un testo, cosa che avviene pure qui. Rivisitare un mito seguendo uno schema da "operetta morale" con dialoghi serrati è un po' difficile, appare sempre come risicata la cosa, mancante di un non so che, e mai pienamente esplicita.
Certo, ben caratterizzati Aithia e sua nonna, e la lettura è pure piacevole, per carità. Ma usare un modo interposto per narrare dà sempre un po' l'idea di appendice. Come un discorso, a prescindere che sia vero o no, fatto per sentito dire o perché si conosce. In cui chi racconta, Aithia e sua nonna, acquistano quasi un rilievo maggiore rispetto a Medusa rimasta in superficie, che poi è la vera protagonista di questa storia.
Mi è piaciuta pure l'idea di far apparire Medusa come donna vittima di una dea cattiva (Atena), della violenza maschile (Poseidone) e che in seguito come una Giovanna D'Arco, con l'elmo serpeggiante e le serpi come armi, affronta i suoi nemici. Ma sempre tutto, in questo racconto, è incasellato, cioè da estrapolare, in una fisarmonica di dialoghi.
Il racconto, di per sé, merita, ma essenzialmente per qualità narrative più che per le presunte e intuibili intenzioni dell'autore, che vengono solo in parte raggiunte.
Discutibile pure il finale, molto netto, un taglio di forbici… di qualcosa che poi verrà detto dopo.
La mia non è assolutamente una critica negativa, Marino. Perché il racconto mi è piaciuto, ma non eccessivamente. Però tieni presente che io valuto un testo che, sempre secondo il mio metodo soggettivo di valutare, rappresenta solo una parte del merito complessivo di quello che poi è il vero valore dell'autore.
Tante belle cose, Marino
Antonio
Voto 4/5
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Re: Arma di difesa
Ogni mito si costruisce nel tempo, e non in un tempo: Artù si crede ambientato in un'Inghilterra medievale, ma a partire da Myridinn/Merlino, passando per lo stesso Arcturus, probabilmente un capitano romano che tenne a bada le invasioni barbariche quando la Britannia venne abbandonata al suo destino dall'Impero Romano, e tutta un'altra serie di elementi del ciclo arturiano, è ben possibile che la leggenda raccolga eco della storia autentica del V sec.
Ho le mie buone ragioni per credere che il mito di Medusa abbia radici molto più antiche della Grecia classica e, come anticipato in questo racconto, vorrei proseguire il resto prossimamente. Ce la farò? Non lo so, vediamo. Realmente non partecipo per gareggiare, ma per mettere in crisi la ricostruzione che mi sto facendo, per fargli le pulci, per metterlo alla prova. Il fatto che abbiamo un limite di tot battute è un limite notevole, perciò ho dovuto limitarmi a questa prima parte.
Per restare a Medusa... Athena qui non appare come dea cattiva. Perché? Al contrario, è nel mito classico che non si spiega perché Athena punisca la propria sacerdotessa. I critici hanno tirato in ballo di tutto. "Perché Athena era semprevergine e quindi anche la sua sacerdotessa avrebbe dovuto restare tale" è la balla più inumana e ripetuta che troverai al riguardo, considerando che Medusa è vittima di una violenza. Nella mia personale ricerca sui miti dei proto-indoeuropei per capire dove abbiamo perso qualcosa che ci ha condannato alla società nella quale viviamo (è un discorso lungo e lo risparmio), sono giunto ad alcune conclusioni, e davvero Athena, pur nella sua severità, non quadra in alcun modo con la figura di una Dea che punirebbe nel modo che ci è tramandato una propria sacerdotessa vittima (Athena che è la Dea della guerra difensiva!) di un affronto.
Io ho due possibili spiegazioni per quest'incoerenza. La prima è che qualcosa ci sfugga culturalmente: il senso di quella punizione non possiamo capirlo perché non pensiamo come quei popoli. Ma la vedo debole perché comunque non c'è molto da ricamare o da rivoltare intorno a una violenza, nemmeno tra gli animali.
L'altra è che la storia originale, molto più antica della Grecia classica che l'ha filtrata (codificandola), sia stata espunta, modificata, "corretta", rivista con la penna di quelli che la storia la scrivono: i vincitori. Ed era ovvio che, con quegli occhi e quella cultura, i ruoli originali non potevano restare inalterati. Credo che la "punizione" sia stata aggiunta al mito originale dalla nuova cultura patriarcale, per far morire sul nascere (la piccola Aithia è naturalmente terrorizzata dalla leggenda "classica") i principi matrilineari della cultura preesistente. Ma se il senso della "punizione" è stato cambiato, nulla può negare che Medusa fosse originalmente temuta e rispettata: Athena ne indossa la testa sullo scudo o sull'egida, e i gorgoneion erano potentissimi amuleti apotropaici in tutto il mediterraneo (persino sui templi etruschi!). Insomma, come conciliare il fatto che fosse un potente amuleto basato sul volto di una donna che avrebbe commesso alcunché di riprovevole? La cosa non ha né capo, né coda!
Ma se invece fosse (segretamente o meno, oppure per il popolo vinto ma non per il vincitore) rimasto il rispetto per un oggetto sempre considerato protettivo (prendi il cornetto napoletano, o gli occhi di vetro greci e turchi, nonostante duemila anni di cristianesimo non sempre tollerante), e questo avesse superato la "censura" nel tempo, allora ecco servita l'incoerenza: quella figura doveva essere riprovevole per i vincitori, eppure era usata come difesa dal male dai vinti! E poco a poco, dimenticate le differenze di origini, entrambi gli elementi avrebbero coesistito: protezione e maledizione.
Non voglio ancora svelare il ruolo di Aithia e della nonna. Sapevo prima ancora di cominciare a stendere il racconto che "il racconto nel racconto" è un livello subcreativo di troppo, ma va benissimo così, per il momento, e che raccolga addirittura gradimenti è insperato.
Ancora grazie, e a presto!
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Mi permetto il mio solito aiutino da profano vorace lettore. Tu ambienti la tua storia a Micene. Ma se oggi vai a dare un'occhiata allo stemma siciliano troverai la triscele, o triskelés alla greca. E al suo centro un gorgoneion. Una rappresentazione della Gorgone Medusa o comunque di una Gorgone, che secondo il mito erano tre. La triscele siciliana credo sia il simbolo nazionale più antico del mondo. Attraversa intatto i millenni ed è visionabile imuutato in molteplici rappresentazioni su ceramiche, vasi, decorazioni, mosaici pavimentali, monete. La più antica che ho visto è del III millennio. Quindi il gorgoneion è di sicuro un simbolo apotropaico pre indoeuropeo, diffuso nelle popolazioni mediterranee prima dell'arrivo dei barbari biondi dell'Est. Quindi più antico di Micene, o comunque della Micene pre greca ma indoeuropea dell'età del Bronzo. Perché probabilmente Micene ha radici ancora più antiche.
Ottimo lavoro.
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Re: Arma di difesa
non tocco la Sicilia per troppo amore: non mi perdonerei di dire corbellerie sulla tua terra, quindi rivolgo le mie personali elucubrazioni sulla Grecia, che amo sì, ma in maniera più intellettuale.
Abbiamo già accennato altrove, tu e io, alla triscele, e so bene che al suo centro campeggia il gorgoneion. Oggi tra tre gambe, più anticamente tra tre ali, come un serafino, come una sirena... Gli elementi cambiano, restano, assumono nuovi significati, ne comunicano di nuovi...
La scuola di archeologia che fa capo alla Gimbutas, nel suo studio sulla Grande Dea, fa confluire tutte queste figure divine femminili con attributi da uccello all'inumazione celeste: i defunti venivano lasciati a spolpare agli uccelli (come si fa ancora oggi in alcune regioni del Tibet) affinché portassero le anime in cielo, e di ciò sarebbe rimasta memoria nelle sirene, nella civetta (uccello rapace) di Athena, e anche nelle rappresentazioni più antiche della gorgone, con zanne d'oro, o di bronzo, e ali.
Lì ho immaginato Ulisse che passa sotto gli scogli delle sirene e li vede imbiancati d'ossa come racconta Omero: magari per un greco sarà stata una mostruosità, ma raccontò al suo ritorno esattamente ciò che aveva visto.
E anche le datazioni che citi... sì: è su quei tempi che sto cercando di documentarmi. Tra l'altro, io vivo a "due passi" da quel popolo basco con la loro Mari che è uno degli ultimi resti dei pre-indoeuropei.
Una delle cose più singolari nella quale mi sono imbattuto recentemente, è il culto delle Madri come era nell'entroterra siciliano. Mi ci sono imbattuto mediante una citazione del Faust ("Le Madri! Le Madri!"), e "tirando del hilo" ("tirando il filo", come dicono qui) ne sono venute fuori le Verrine di Cicerone, e il tempio a quel culto che ancora persisteva evidentemente in epoca storica.
Perché tutto questo lavorìo? Dove mi porterà? Non lo so. Qualcosa mi dice che abbiamo perso qualcosa del nostro sentire, del nostro rapporto con la natura, col mondo che ci è dato, con gli altri, con noi stessi. Per un tempo ho creduto che avesse a che fare con una divinità puramente femminile, ma oggi credo che invece vi fosse un grande equilibrio, con ruoli diversi, tra uomo e donna, deificati, un po' come accade a volte nell'induismo.
Quello che cerco è quest'equilibrio. "Jo vulesse truva' pace", e il mondo nel quale viviamo non è il luogo dove trovarla. Ma è una pace che per tanti aspetti farebbe a cazzotti con la società nella quale viviamo: persino quando a volte ne parlo con mia moglie, lei inorridisce, perché alcuni pensieri sono certamente "rivoluzionari", quindi qui taccio.
Ti leggerò presto.
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Re: Arma di difesa
Quand'ero ragazzino facevo lo speleologo. Non distante da Segesta, a Inici, si trova la grotta più profonda della Sicilia. Scoperta negli anni Ottanta pure lei ha un accesso in una parete a strapiombo e dall'ingresso è profonda oltre 400 metri. È accessibile oggi solo con tecniche e attrezzature speleo. Nella parte iniziale, che un tempo di sicuro era accessibile facilmente, si trova un deposito di vasi, La grotta si chiama infatti abisso dei cocci. Le pareti erano annerite dal fumo e i cocci erano ovunque. La datazione parla dell'età del bronzo. Forse si trattava di un deposito sicano di olio e di olive. Alcuni vasi, completamente concrezionati e parte delle pareti, avevano ossi di oliva all'interno, l'ho visto coi miei occhi. Ma la cosa più interessante l'ho trovata nell'interno profondo. Quasi alla base dell'abisso c'era un cratere di bronzo, o rame. Nel punto in cui eravamo si erano dovute segare delle stalagmiti per passare. Il cratere stava là, com'era stato lasciato, non so da quanti millenni. Quella vista mi ha restituito una prospettiva più profonda di quella storica.
Esisteva una grande civiltà megalitica mediterranea ed europea prima dell'arrivo degli indoeuropei. Molto estesa e avanzata, con popolazioni distanti che dialogavano e commerciavano tra loro. Prima della scrittura, forse prima della ruota. Che fosse meno violenta è possibile, o forse a me piace pensarla così, ma non ne sono tanto sicuro. La natura umana mi pare quella. Le fonti egizie del XVII secolo parlano dei popoli del mare. Tra questi vi erano gli Sheqelesh, ossia i siciliani, non ancora Sicani o Elimi, e senti come suona bene con Scicli questo Sheqelesh. L'assalto dei popoli del mare forse causò il collasso dell'impero hittita e l'acuta crisi di quello egizio.
Tra storia e protostoria e fantasia mia.
E poi qualcuno sostiene che quello siciliano è un simbolo celtico.
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Re: Arma di difesa
circa 100 anni fa cominciò quell'aberrazione che è stata il nazionalsocialismo di Hitler (credo sia importante aggiungere alle idee il nome di chi le ha caratterizzate, perché in principio ogni idea ha una base valida, salvo poi essere violentata da chi le mette in pratica).
Indiana Jones è stato un divertente siparietto su una fissazione di quella gente che cercava di affermare una propria superiorità sulle altre: raccogliere reliquie che avrebbero legittimato le loro aspirazioni.
Molti simboli sono in giro da così tanto tempo che ogni volta che osservo una svastica su un'opera indù, penso a quanto male abbia fatto quel pazzo lì, e quanto male debbano soffrire alcuni simboli, spesso nati per indicare alcunché di buono (il Sole!), per la follia di alcuni omuncoli.
Celtico... Sai che noi maschi passiamo alla prole solo metà del DNA, mentre il resto della cellula, incluso l'RNA mitocondriale, è esclusivamente materno? Ovviamente, perché la cellula seminale porta solo quello, solo il DNA, che si avvolge col DNA già presente nel nucleo della cellula uovo della femmina.
Eppure, apparentemente, esternamente, visto che i tratti somatici si trasmettono tramite il DNA, il maschio dice a scienza certa: "è mio figlio!". L'apparenza inganna, e la Natura è una grande ingannatrice. D'altronde, il rischio è che se i figli non somigliassero ai padri...
I simboli si lasciano attribuire, l'abbiamo già visto, ma dobbiamo lasciare che sia così: portano valori più grandi di qualunque appartenenza, perciò altri vogliono impossessarsene.
E poi, studiando un po' meglio la genetica (o la filologia), si riesce sempre a risalire alla madre.
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Re: Arma di difesa
Ciao,Marino Maiorino ha scritto: 14/05/2024, 14:58 Ciao Antonio, grazie per il passaggio e per le ben argomentate valutazioni, tutte corrette.
Ogni mito si costruisce nel tempo, e non in un tempo: Artù si crede ambientato in un'Inghilterra medievale, ma a partire da Myridinn/Merlino, passando per lo stesso Arcturus, probabilmente un capitano romano che tenne a bada le invasioni barbariche quando la Britannia venne abbandonata al suo destino dall'Impero Romano, e tutta un'altra serie di elementi del ciclo arturiano, è ben possibile che la leggenda raccolga eco della storia autentica del V sec.
Ho le mie buone ragioni per credere che il mito di Medusa abbia radici molto più antiche della Grecia classica e, come anticipato in questo racconto, vorrei proseguire il resto prossimamente. Ce la farò? Non lo so, vediamo. Realmente non partecipo per gareggiare, ma per mettere in crisi la ricostruzione che mi sto facendo, per fargli le pulci, per metterlo alla prova. Il fatto che abbiamo un limite di tot battute è un limite notevole, perciò ho dovuto limitarmi a questa prima parte.
Per restare a Medusa… Athena qui non appare come dea cattiva. Perché? Al contrario, è nel mito classico che non si spiega perché Athena punisca la propria sacerdotessa. I critici hanno tirato in ballo di tutto. "Perché Athena era semprevergine e quindi anche la sua sacerdotessa avrebbe dovuto restare tale" è la balla più inumana e ripetuta che troverai al riguardo, considerando che Medusa è vittima di una violenza. Nella mia personale ricerca sui miti dei proto-indoeuropei per capire dove abbiamo perso qualcosa che ci ha condannato alla società nella quale viviamo (è un discorso lungo e lo risparmio), sono giunto ad alcune conclusioni, e davvero Athena, pur nella sua severità, non quadra in alcun modo con la figura di una Dea che punirebbe nel modo che ci è tramandato una propria sacerdotessa vittima (Athena che è la Dea della guerra difensiva!) di un affronto.
Io ho due possibili spiegazioni per quest'incoerenza. La prima è che qualcosa ci sfugga culturalmente: il senso di quella punizione non possiamo capirlo perché non pensiamo come quei popoli. Ma la vedo debole perché comunque non c'è molto da ricamare o da rivoltare intorno a una violenza, nemmeno tra gli animali.
L'altra è che la storia originale, molto più antica della Grecia classica che l'ha filtrata (codificandola), sia stata espunta, modificata, "corretta", rivista con la penna di quelli che la storia la scrivono: i vincitori. Ed era ovvio che, con quegli occhi e quella cultura, i ruoli originali non potevano restare inalterati. Credo che la "punizione" sia stata aggiunta al mito originale dalla nuova cultura patriarcale, per far morire sul nascere (la piccola Aithia è naturalmente terrorizzata dalla leggenda "classica") i principi matrilineari della cultura preesistente. Ma se il senso della "punizione" è stato cambiato, nulla può negare che Medusa fosse originalmente temuta e rispettata: Athena ne indossa la testa sullo scudo o sull'egida, e i gorgoneion erano potentissimi amuleti apotropaici in tutto il mediterraneo (persino sui templi etruschi!). Insomma, come conciliare il fatto che fosse un potente amuleto basato sul volto di una donna che avrebbe commesso alcunché di riprovevole? La cosa non ha né capo, né coda!
Ma se invece fosse (segretamente o meno, oppure per il popolo vinto ma non per il vincitore) rimasto il rispetto per un oggetto sempre considerato protettivo (prendi il cornetto napoletano, o gli occhi di vetro greci e turchi, nonostante duemila anni di cristianesimo non sempre tollerante), e questo avesse superato la "censura" nel tempo, allora ecco servita l'incoerenza: quella figura doveva essere riprovevole per i vincitori, eppure era usata come difesa dal male dai vinti! E poco a poco, dimenticate le differenze di origini, entrambi gli elementi avrebbero coesistito: protezione e maledizione.
Non voglio ancora svelare il ruolo di Aithia e della nonna. Sapevo prima ancora di cominciare a stendere il racconto che "il racconto nel racconto" è un livello subcreativo di troppo, ma va benissimo così, per il momento, e che raccolga addirittura gradimenti è insperato.
Ancora grazie, e a presto!
"Medusa come donna vittima di una dea cattiva… "
Ho sbagliato, la tata fa credere che… ma nel racconto non lo è. Capita di sbagliare, non sono un robot.
"L'altra è che la storia originale, molto più antica della Grecia classica che l'ha filtrata (codificandola), sia stata espunta, modificata, "corretta", rivista con la penna di quelli che la storia la scrivono: i vincitori. Ed era ovvio che, con quegli occhi e quella cultura, i ruoli originali non potevano restare inalterati. Credo che la "punizione" sia stata aggiunta al mito originale dalla nuova cultura patriarcale, per far morire sul nascere (la piccola Aithia è naturalmente terrorizzata dalla leggenda "classica") i principi matrilineari della cultura preesistente."
Propendo per questa ipotesi qui.
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Un altro aspetto da considerare è che la storia di Medusa probabilmente ha avuto origine da una tradizione orale tramandata di generazione in generazione, e arricchita di dettagli nel corso del tempo e successivamente ulteriormente modificata (a proprio piacimento, come dici bene tu) con l'avvento della scrittura e poi nelle successive riscritture. Questo fenomeno di reinterpretazione e riscrittura esiste anche in altre opere, come la Bibbia, per renderla più attuale e comprensibile ai lettori contemporanei. E lo stesso capita, in più breve tempo, nelle traduzioni dei libri da una lingua a un'altra.
Buona giornata, Marino
A rileggerci…
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Re: Arma di difesa
certo che un refuso capita a chiunque. Mi preoccupava di più che io potessi aver descritto così male la situazione da far capire che Athena fosse stata cattiva.
Interessante quello che dici sulle variazioni dovute alle traduzioni: "in più breve tempo". Credo sia la prima volta che vedo attribuire alla carta stampata tempi più brevi per cambiare le storie rispetto alla tradizione orale, e non avresti mica tutti i torti!
Siamo abituati a conferire alla carta stampata il trono dell'immutabilità, ma è vero: si dimentica che anche la scrittura va interpretata, e se osservo il cambio generazionale tra me e i miei ragazzi, mi rendo conto che in realtà non siamo tanto più al sicuro dal tempo che con la tradizione orale.
A presto!
Racconti alla Luce della Luna
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commento : Arma di difesa
guardò le nonna
sussurò
Scrittura impeccabile.
Che dire? Questi racconti mitologici non mi appassionano, ma lungi da me farmi influenzare dalle mie inclinazioni.
Voto 5
Grazie per il commento al mio racconto. Bisogna che ci mediti e lavori a lungo, e magari chissà... il prossimo sarà meglio?
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Re: Arma di difesa
Però credo che dovresti lasciarti influenzare dalle tue inclinazioni: siamo qui per far valutare la nostra scrittura, non quello che siamo, quindi non la prenderei comunque sul personale (e magari potrei imparare qualcosa su me visto da fuori).
Alla prossima!
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commento
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Re: Arma di difesa
il significato è tutto. Se hai apprezzato quello, per me è voto massimo.
Grazie mille!
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Calendario BraviAutori.it "Writer Factor" 2016 - (in bianco e nero)
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BReVI AUTORI - volume 5
collana antologica multigenere di racconti brevi
BReVI AUTORI è una collana di libri multigenere, ad ampio spettro letterario. I quasi cento brevi racconti pubblicati in ogni volume sono suddivisi usando il seguente schema ternario:
Fantascienza + Fantasy + Horror
Noir + Drammatico + Psicologico
Rosa + Erotico + Narrativa generale
La brevità va a pari passo con la modernità, basti pensare all'estrema sintesi dei messaggini telefonici o a quelli usati in internet da talune piattaforme sociali per l'interazione tra utenti. La pubblicità stessa ha fatto della brevità la sua arma più vincente, tentando (e spesso riuscendo) in pochi attimi di convincerci, di emozionarci e di farci sognare.
Ma gli estremismi non ci piacciono. Il nostro concetto di brevità è un po' più elastico di un SMS o di un aforisma: è un racconto scritto con cura in appena 2500 battute (sì, spazi inclusi).
A cura di Massimo Baglione.
Contiene opere di: Marco Bertoli, Angela Catalini, Francesco Gallina, Liliana Tuozzo, Roberto Bonfanti, Enrico Teodorani, Laura Traverso, Antonio Mattera, Beno Franceschini, F. T. Leo, Fausto Scatoli, Alessandro Chiesurin, Selene Barblan, Giovanni Teresi, Noemi Buiarelli, Maria Rupolo, Alessio Del Debbio, Francesca Gabriel, Gabriele Iacono, Marco Vecchi, SmilingRedSkeleton, Alessandro Pesaresi, Gabriele Iacono, Gabriele Laghi, Ilaria Motta.
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Carosello
antologia di opere ispirate dal concetto di Carosello e per ricordare il 40° anniversario della sua chiusura
Nel 1977 andava in onda l'ultima puntata del popolare spettacolo televisivo serale seguito da adulti e bambini. Carosello era una sorta di contenitore pubblicitario, dove cartoni animati e pupazzetti vari facevano da allegro contorno ai prodotti da reclamizzare. Dato che questo programma andava in onda di sera, Carosello rappresentò per molti bambini il segnale di "stop alle attività quotidiane". Infatti si diffuse presto la formula "E dopo il Carosello, tutti a nanna".
Per il 40° anniversario della sua chiusura, agli autori abbiamo chiesto opere di genere libero che tenessero conto della semplicità che ha caratterizzato Carosello nei vent'anni durante i quali è andato felicemente in onda. I dodici autori qui pubblicati hanno partecipato alle selezioni del concorso e sono stati selezionati per questo progetto letterario. Le loro opere sono degni omaggi ai nostri ricordi (un po' sbiaditi e in bianco e nero) di un modo di stare in famiglia ormai dimenticato.
A cura di Massimo Baglione.
Contiene opere di: Giorgio Leone, Enrico Teodorani, Cristina Giuntini, Maria Rosaria Spirito, Francesco Zanni Bertelli, Serena Barsottelli, Alberto Tivoli, Laura Traverso, Enrico Arlandini, Francesca Rosaria Riso, Giovanni Teresi, Angela Catalini.
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IperStore - il lato oscuro dello Shopping
È il giorno dell'inaugurazione di un supermercato, uno davvero grande, uno iper, uno dei tanti che avrete voi stessi frequentato e arricchito. Durante questa giornata di festa e di aggregazione sociale, qualcuno leggerà un dattiloscritto ancora inedito il cui contenuto trasformerà l'impossibile in normalità.
"...come se dal cielo fosse calata la mano divina di un Dio stanco e dispiaciuto dei propri errori, o come se tutte le altre grandi divinità finora inventate dal Genere umano per compensare la propria inconsapevole ignoranza tribale e medievale verso i misteri della Natura e della Vita, si rivoltassero ai propri Creatori e decidessero di governare le loro fantasie".
La storia è leggermente erotica, vagamente fantasy, macchiata di horror e forse un po' comica.
Di Massimo Baglione.
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Nota: questo libro non proviene dai nostri concorsi ma è opera di uno o più soci fondatori dell'Associazione culturale.