La simulazione

Spazio dedicato alla Gara stagionale d'autunno 2024.

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Marino Maiorino
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La simulazione

Messaggio da leggere da Marino Maiorino »

leggi documento Spiacente ma, in questo browser, la lettura a voce non funziona.

Il soffio della porta pneumatica annunciò l’ingresso di qualcuno, ma Ariel sapeva già chi stava per raggiungerlo laggiù, nel laboratorio di cibernetica dell’università. Questa volta l’aveva combinata grossa, coinvolgendo nella sua alzata d’ingegno anche il professore, l’illustrissimo Michael Sar.
Come se farsi trovare a consultare i tabulati sarebbe servito a giustificare il disastro, aveva trascorso la notte davanti a quegli schermi in cerca di una traccia, di qualcosa. Che cosa, nemmeno lui lo sapeva.
«Buon giorno, Ariel», lo salutò il professore, con tono paziente. Un genio dell’informatica in gioventù, l’anziano era forse la persona che meglio poteva comprendere la molla dietro alla cappellata dal proprio studente.
«Buon giorno, professore», gli rispose il ragazzo, fingendo di arrovellarsi su un paio di linee su uno schermo, né più né meno significative delle altre decine che aveva di fronte.
«Trovato qualcosa di importante?» chiese il professore, riconoscendo fin troppo bene certi mezzucci evasivi. La domanda significava “Dal momento che non hai trovato niente che giustifichi tanto affanno, potresti degnarmi della tua attenzione?”
Il tono, più che le parole, era esplicito. Ariel si voltò, accennò di voler rispondere qualcosa, poi vide il professore scuro in volto e preferì tacere.
«Sono stato dal rettore, puoi immaginare cosa mi ha detto: il comitato etico di ricerca ha chiesto la mia testa». Valutò l’espressione di sgomento che si disegnava sul volto del suo pupillo.
«Ma… professore, non possono farlo! Questa ricerca è la cosa più importante che l’università abbia fatto da… non so, dalla sua fondazione, forse?»
«Adesso calmati, ragazzo!» Michael Sar era un tipo paziente, ma tollerava poco le intemperanze e, se Ariel avesse frequentato l’università insieme al suo mentore, avrebbe conosciuto episodi che l’avrebbero trattenuto dal parlargli in quel modo.
«So bene quanto sia importante questa cosa per te, ma non devi lasciare che la superbia ti accechi. Hai combinato un casino senza precedenti, e lo sai. Del comitato etico non può fregarmene di meno, ma io ti avevo avvisato e tu hai tradito la mia fiducia. Non ci sono giustificazioni, per questo! Come posso affidarti il laboratorio, se non posso fidarmi di te?» La voce era ferma e non un tono sopra le righe, ma la severità di quelle parole fu più che sufficiente a far riflettere il giovane. Era quel tipo di rimprovero che umilia di più perché, nella sua semplicità, Ariel vide palesemente che la colpa di quella situazione era solo sua: nonostante i reiterati avvertimenti, lui aveva deciso di saltare le regole e andare testardamente per la sua strada. Ma chi credeva di essere?
«Prof, mi dispiace. Non volevo causarle problemi», rispose a testa bassa.
«Me ne fotto dei problemi che puoi aver causato a me!» gli urlò l’anziano, e Ariel ne fu sorpreso. «Potrei mandare avanti io quest’università, se lo volessi, e il comitato etico lo sa bene!»
Era vero: il professor Sar era stato l’ingaggio migliore di sempre, nell’università, il più prestigioso! Ariel si era iscritto lì solo per poter apprendere da lui: il meglio del meglio. A uno studente tanto brillante aveva fatto la corte persino la Luiss Cypher, un blasonato ateneo privato al quale le famiglie danarose vantavano di mandare i propri viziati pargoli per apprendere economia o management ma, come recitava un vecchio adagio tra matricole, “La Luiss fa le pentole, ma non i coperchi”, e Ariel avrebbe imparato a fare le pentole migliori, coi migliori coperchi!
«Hanno chiesto cento per ottenere uno», spiegò il professore. «È la tua testa che vogliono davvero, e io non sono disposto a lasciargliela».
La faccenda aveva preso un risvolto inatteso.
«La ringrazio, prof. Ma, perché la mia testa?» Ariel si era sempre tenuto al margine di quelle beghe di corridoio, eppure quel suo atteggiamento doveva cambiare, e anche presto, se aveva davvero intenzione di proseguire la carriera accademica. Più di tutto, lo sorprese che il comitato etico, pezzi grossi, titolari di dipartimento, potesse avere il minimo interesse per lui.
«Perché sei in gamba, che domande! Talmente in gamba che, se facessero un danno a te, potrebbero finalmente farne uno a me. E io che dovrei fare, lasciar andare il miglior studente che abbiamo avuto solo perché è una gran testa di cazzo? Ne abbiamo avute di peggiori, e alcune siedono persino nel comitato etico!»
A quella rivelazione, Ariel restò a bocca aperta, tanto che il professore si sbottonò ancora un po’.
«Gliel’ho rinfacciato a uno a uno, non ti preoccupare, quindi per ora sei in una botte di ferro. Il problema è un altro: come faccio a fidarmi nuovamente di te, se in qualunque momento puoi fare quello che ti avevo vietato?»
Era una cosa tra loro due, ora Ariel cominciava a capirlo.
«Prof, mi dispiace. Ero sicuro che la cosa avrebbe funzionato e che nessuno se ne sarebbe accorto», rispose, amareggiato dalla propria scarsa considerazione.
«Nessuno se ne sarebbe accorto?» Il professore trasecolò. «Hai lanciato una simulazione da un googlebyte, assorbendo la metà delle capacità di calcolo del nostro centro, e credevi che nessuno se ne sarebbe accorto? C’è stato un calo di energia che ha messo in pericolo altre cose che si stavano facendo, e una parte degli altri sistemi collegati in rete non ha potuto fornire servizi!»
In effetti, l’argomento di difesa era un po’ stiracchiato. Ariel avrebbe voluto scomparire in quel momento per non doversi sentire così idiota per aver dato quella risposta tanto inconsistente.
«Senti, non mi sembra che tu voglia collaborare, in questo modo, e non voglio perdere tempo con degli stupidi timori adolescenziali. Se hai avuto le palle per fare quello che hai fatto, adesso le tiri fuori un’altra volta e mi spieghi che risultati hai ottenuto! Non crederai mica di potertela cavare con uno “Scusi, non l’ho fatto apposta”!? L’hai fatto apposta, e voglio che ci sia un perché che giustifichi quest’alzata d’ingegno!»
Era davvero infuriato, ma era pratico, e Ariel lo adorava per quello! Nonostante il casino che gli aveva combinato, un genio come il professore stava già pensando a come trasformare un disastro in un successo! Il ragazzo non aveva ancora terminato l’analisi dei dati ottenuti, aveva appena cominciato a notare qualcosa di promettente ma nulla più: l’analisi completa avrebbe richiesto molto tempo.
Come se gli avesse letto nel pensiero, Sar lo prevenne «…e non abbiamo un mese per fornire risultati spettacolari!» Voleva qualcosa, qualcosa di grandioso, e lo voleva subito.
«Prof, allora… Lei sa cosa volevo dimostrare», esordì Ariel. Il professore annuì impaziente. Conosceva tutta la teoria: era la SUA teoria.
«E l’hai dimostrato?» L’anziano andò dritto al nodo della questione.
«Sto verificando i dati, la loro mole è spaventosa…» provò a giustificarsi Ariel: l’algoritmo di analisi dei risultati che la teoria di Michael Sar prevedeva avrebbe dovuto lavorare mesi per essere certo che nella simulazione non si fosse prodotta la firma, la firma della vita senziente. Dovevano lavorare in quel modo, verificando l’assenza della firma in tutto il piccolo universo che Ariel aveva fatto simulare alla macchina.
«Però, prima di tutto», il professore ebbe un attimo di ripensamento, «non voglio trascurare le preoccupazioni del comitato etico: saranno degli inguaribili bacchettoni, ma su un punto la mia coscienza ritiene che abbiano ragione da vendere. Hai introdotto almeno un’asimmetria, nelle leggi della fisica della simulazione?»
Era il suo momento per dimostrargli che era stato testardo e avventato, ma non stupido. «Sì, professore, guardi: ho introdotto un secondo principio della termodinamica fatto apposta per rendere irreversibili i processi fisici», spiegò con entusiasmo, recuperando su uno schermo i tracciati di codice che implementavano quella semplice legge.
Il professore raccolse una figura a doppio cono da un angolo dello schermo e la trascinò sulla sezione di programma indicata. «Fammi capire, rivediamo la teoria: l’evoluzione di un processo dal passato, insieme al cono degli eventi posti a una distanza-luce inferiore a c per t, coincide in questo punto, e poi si apre di nuovo in un altro cono di eventi nel futuro». Pensava ad alta voce, poi notò qualcosa di inusuale. «Perché il colore del cono degli eventi futuri mi sembra diverso da quello del cono degli eventi passati?»
Ariel si sentì orgoglioso dell’ossevazione. «Proprio in virtù di quello che le dicevo: in questa simulazione i processi sono irreversibili, quindi gli eventi del passato sono noti, ma non quelli del futuro, perché in realtà non si può tornare indietro nel passato».
«Semplice e geniale. Mi piace!» osservò compiaciuto il professore. Era per quelle sottigliezze che aveva imparato a tenere in massima considerazione quel ragazzo che, lo sapeva, col tempo avrebbe superato il maestro.
«E adesso veniamo ai risultati. Hai trovato la firma?» Tornò a chiedere.
Ariel non sapeva se quella che aveva trovato, una piccola nota, pochi caratteri in una lingua approssimata, fosse esattamente ciò che il professore stava cercando, ma cominciò a far scivolare le dita sullo schermo principale per ritrovarla tra i suoi appunti. «Dov’è? Dov’è? L’avevo messa qui…Eccola!»
Sullo schermo apparve l’immagine di un materiale sottile e delicato, dal colore chiaro, vergato con strani segni scuri. Dalla disposizione e da una certa ripetitività dei segni, si sarebbe detta una qualche forma di scrittura.
«Che significa?» chiese il professore.
«Ah-hem!» Ariel si schiarì la voce. Al professore sembrò bizzarro il modo teatrale in cui il ragazzo si preparò, ma la cosa lo divertì e lo lasciò fare.
«Yehi-or vayehi-or!» esclamò il ragazzo, come se pronunciando quelle sillabe sarebbe dovuto accadere qualcosa.
Il professore aggrottò la fronte. «Cosa?»
Ariel si riscosse, leggermente imbarazzato. «Scusi, professore, è che, in qualche modo, questi suoni mi trasmettono una forte emozione…»
«Per piacere, Ariel, siamo seri! Che vuol dire quello che hai detto?»
«Sì, sì, ha ragione! Ecco qui!» il ragazzo scorse la dicitura di lato e fece apparire una traduzione. Il professore lesse: «Sia la luce, e la luce fu». Restò pensoso.
Il silenzio, interrotto solo dai macchinari del laboratorio, durò un certo tempo, poi Michael Sar si riscosse da chissà quali valutazioni profonde, e si pronunciò. «Certo, è un po’ poco, non credi? Dove l’hai trovato?»
«Qui, prof». Ariel aprì un modellino della sua simulazione sul monitor principale e cominciò ad ampliarlo a scala fantasmagorica. Cumuli di galassie si spostarono sullo schermo e lui continuava ad aumentare l’ingrandimento. Le galassie, ciascuna con le sue centinaia di miliardi di stelle, cominciarono a sgranarsi una per una, e il ragazzo non smetteva di ingrandire l’immagine. Si tuffò in uno di questi sistemi, passò accanto a innumerevoli soli dai colori e dalle dimensioni più varie, infine ne scelse uno piccolo, giallino, tranquillo, con un discreto corteo di pianeti. Non contento, si tuffò ancora più in profondità e fece diventare un mondo quello che, per quanto era azzurro, un attimo prima era sembrato solo un pixel difettoso dello schermo: chissà, forse era persino adatto alla vita.
«Qui, professore!», esclamò Ariel.
«Ok, sembra promettente», affermò il professore, senza troppa convinzione. «Fai le solite ricerche e vediamo che ne esce fuori. Ma falle in parallelo agli altri mondi: non vorrei che ti affezionassi troppo a questo e trascurassi oggetti davvero importanti!»
Ariel sembrò ferito dal commento.
Il professore si alzò e fece per andar via. «E mi raccomando, voglio i risultati entro una settimana!» e diede enfasi alla scadenza. Ariel era stato avvisato.
Mentre lo accompagnava alla porta, al giovane sorse un dubbio. «Prof, però mi spieghi una cosa: perché in queste simulazioni è così importante l’irreversibilità dei fenomeni fisici?»
«Non è così difficile, orsù, pensaci bene!» Michael Sar guardò profondamente negli occhi il suo pupillo, e non stava per comunicargli qualcosa di accademico, ma di altra natura. «Se le leggi fisiche di quell’universo che hai simulato fossero state reversibili, non ci sarebbe stata differenza tra passato e futuro, e gli esseri senzienti che potrebbero essere stati creati avrebbero saputo, avrebbero ricordato qual era la loro fine. Capisci ora perché c’entra il comitato etico? Vorresti vivere tu sapendo quando e come avverrà la tua fine? Vorresti imporre una simile condanna ai fantastiliardi di vite che una sola simulazione potrebbe generare?»
«Ma, signore, anche nel nostro universo le leggi della fisica sono irreversibili, altrimenti non avrebbe senso realizzare simulazioni: saremmo infatti capaci di antevederne i risultati! Allora anche il nostro universo…»
Michael Sar si voltò sulla porta e sorrise al suo studente. «Com’era, quella frase? Sia la luce, e la luce fu! Mi piace, sai? È abbastanza consono, per un universo con tutte quelle galassie, con tutti quei soli…» La sua espressione si fece trasognata per un attimo, poi si riprese. «Continua così, giovanotto, ma senza alzate d’ingegno, questa volta, ché dall’eseguire una simulazione a credersi un padreterno, il passo è breve!»
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Vittorio Felugo
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Messaggio da leggere da Vittorio Felugo »

Ciao Marino, bellissimo racconto che parte con un semplice esperimento scientifico originale e finisce con… la creazione del mondo? Spero di aver interpretato bene, apprezzo molto le "sorprese" in fondo al testo, che spiazzano, magari, ma ti portano a riflettere e anche a rileggere il testo con un'altra chiave di lettura. Occhio però, che quelli della vera Università Luiss non se la prendano a male… Voto 5, sicuramente.
Saluti
Vittorio
Ultima modifica di Vittorio Felugo il 27/09/2024, 10:24, modificato 1 volta in totale.
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Marino Maiorino
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Re: La simulazione

Messaggio da leggere da Marino Maiorino »

Ciao Vittorio,
e grazie per il commento.
Io avevo preparato un altro testo, per questa stagione, qualcosa di cui avevo anticipato il tema, ma poi è uscito fuori anche questo e, non so perché, ha avuto la meglio all'ora di scegliere chi proporre.
Sarò sincero, un po' mi trovo incomodo: nell'ultima gara Ombrone aveva già pubblicato un racconto che usava (anche) una sorpresa a lá "Sentinella". Spero non me ne voglia.
I temi che hanno ispirato questo sono vari: qualche sera fa, chiacchierando a cena con mia moglie di ricordi e preveggenza, non so perché mi si è accesa 'sta lampadina del secondo principio della termodinamica (s'è sposata un fisico, problemi suoi!), che fondamentalmente stabilisce l'irreversibilità dei fenomeni fisici. È stata un'epifania: quando ho studiato Istituzioni di Fisica Teorica (col mai abbastanza compianto e riconosciuto Prof. Roberto Stroffolini), ricordo il doppio cono degli eventi su quella lavagna, e il discorso che, se fosse per tutte le altre leggi fisiche, in particolare a livello quantistico, non ci sarebbe alcuna differenza tra passato e futuro. Un evento è un punto nello spazio e nel tempo, al quale arrivano dal passato infinite curve dal cono con base di raggio c·t, e dal quale si dipartono infinite curve in un cono nel futuro con base c·t. Ci approcciavamo all'indeterminazione di Heisenberg.
Ma ragionare su ricordo e preveggenza mi ha fatto porre la domanda: se le leggi fisiche sono simmetriche rispetto al tempo (valgono in entrambe le direzioni del tempo), perché non ricordiamo il futuro ma ricordiamo solo il passato? Il classicissimo secondo principio della termodinamica mi ha subito richiamato all'ordine: "Guaglio'! Ma te si' 'nzallanuto? Jetta 'n uovo pe' tterra, e vvide che succede!" - Impossibile ricomporre un oggetto che si rompe.
Dunque, FORSE, per noi sistemi macroscopici, è quel semplice secondo principio che ci impedisce di "ricordare" (antevedere) il futuro.
E ora l'elemento in più (perché fino a ora...): negli ultimi tempi si sta affermando, con un certo seguito tra i colleghi, l'ipotesi che l'universo nel quale viviamo sarebbe un'enorme simulazione. Lo è? Non lo è? Il mio racconto non pretende certo di stabilire se l'ipotesi sia vera o falsa, ma cerca di analizzare un punto della questione. Ammettiamo che sì, viviamo in una simulazione: il secondo principio della termodinamica, rendendo asimmetrico lo scorrere del tempo, sarebbe una sorta di "misericordia" usata dal nostro simulatore per non farci ricordare che, presto o tardi, la simulazione avrà fine (e come), gettandoci nello sconforto di considerare noi stessi come nulla più che un'invenzione nemmeno di una mente superiore, ma di un calcolatore addirittura!
Ma, e qui sta il guizzo che ritengo interessante, e sarebbe divertente proporlo ai colleghi, riflettiamo (grazie ad Ariel) sul perché si realizza una simulazione: la fai perché vuoi studiare un fenomeno e non sai quale potrebbe essere il risultato di una serie di leggi che imponi a un certo modello. Perché non lo sai? Se fossi onnisciente, dovresti conoscere il futuro, e non avresti bisogno di realizzare la simulazione! Quindi anche tu, simulatore, sei soggetto a qualche legge come il nostro secondo principio della termodinamica. Ohibò, non sarai anche tu, a tua volta, una simulazione? Un'infinità di universi simulati e simulanti si apre come soluzione. Pare un testo sacro indù.
Per i nomi dei protagonisti, sono stato cattivello: Ariel è il nome dell'angelo della creazione, Luiss Cypher è simile al nome del diavolo interpretato da Rober De Niro in "Ascensore per l'Inferno", quindi non è tutta questa invenzione, e "Sar" è l'ebraico per "angelo" (mi sono guardato bene dall'attribuire un cognome ad Ariel.
Perché buttarmi sul "biblico"? Beh, non è che io abbia un'idea chiara di come potrebbero essere questi esseri che ci starebbero simulando, quindi gli angeli vanno benissimo. Angeli, alieni... come facciamo a essere sicuri che non siano la stessa roba?
Spero di aver ricordato tutto, ma certamente qualcos'altro uscirà fuori. Grazie ancora, Vittorio, e a presto!
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Vittorio Felugo
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Re: La simulazione

Messaggio da leggere da Vittorio Felugo »

Ciao Marino, la spiegazione è interessante quanto il racconto, varrebbe un volto alto pure questa. Io per Ariel avevo pensato allo spiritello de "La Tempesta" di Shakespeare, pensa un po'…
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Marino Maiorino
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Re: La simulazione

Messaggio da leggere da Marino Maiorino »

Sì, sapevo che il vecchio Bill aveva usato lo stesso nome per un suo personaggio fatato.
Ci sarebbe anche la luna di Urano (di fatto, le lune di Urano prendono i nomi dai personaggi di Shakespeare e Pope) e, per un vezzo fonetico britannico, Tolkien ha poi usato la desinenza -el per molti nomi dei suoi personaggi elfici.
Ma lui, essendo filologo e glottologo, aveva inventato anche un senso linguistico per queste desinenze, per poi miscelarlo con la sensazione che quei suoni ispiravano negli uditori anglofoni. "El" è "stella" ("eldar" = "popolo delle stelle", perché si destó presso Cuivienen (acque del risveglio) quando Varda Tintalle Elentári (in Quenya. In Sindarin è Elbereth Gilthoniel) accese le prime stelle), ma è innegabile il suggerimento el=elf (fata, nel senso tolkieniano del termine).
Fece un lavoretto niente male, ma non sto seguendo la serie su queste piattaforme streaming: ne sento dire meh.
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Messaggio da leggere da Andr60 »

Il principio olografico è un'idea affascinante e sono stato molto interessato al fatto che sia stato trasformato in un racconto. La prospettiva che ognuno di noi sia parte di una simulazione può apparire curiosa, ma a vedere certi personaggi è l'unica spiegazione razionale possibile :)
Il mio unico timore è che, se siamo il prodotto di una AI in un altro universo, dove prende la sua energia, chi paga la bolletta e, soprattutto, continuerà a pagarla?
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Re: La simulazione

Messaggio da leggere da Marino Maiorino »

Oibò, e perché te ne preoccupi? Se tutto va male, staccano prima la spina... Ops!
Grazie Andr60 per il passaggio!
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Messaggio da leggere da Eleonora2 »

Scrivi in modo divino. Come mai ho dato solo 4? Il gusto personale e la mia attenzione hanno avuto, in questo caso, la meglio! Ho affrontato il testo più di due volte fino in fondo prima di tirar fuori una mia, personale, spiegazione. Mio difetto.
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Re: La simulazione

Messaggio da leggere da Marino Maiorino »

Ehm, Eleonora2, "solo" 4? Dai, non me la prenderò per questo, ma il fatto che io torni continuamente su personaggi mitici non ti autorizza a dire che scrivo in modo "divino" :D
Nessun difetto: quando sottoponiamo quello che scriviamo ad altri, lì comincia la vita che abbiamo donato al componimento, ed è certamente più gratificante vederli andare con le loro gambe, che dovergli stare dietro.

A presto, e grazie del passaggio.
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Messaggio da leggere da Ombrone »

Ciao! In primo luogo grazie per il riferimento! Assolutamente nessuno problema anzi sono contento di aver stimolato idee. specie se questi sono i risultati.
Altra fonte di interesse è poi che sono un appassionato di fantascienza e per inciso trenta lontani anni fa sono stato proprio un "pargolo" della LUISS e per quei tempi in effetti il centro di calcolo non era per niente male.
Vediamo al racconto in se stesso, inizio con gli unici dubbi.
- Delle volte non fila fluidissimo a mio parere-
- I nomi… ho letto la spiegazione è apprezzo il ragionamento, ma ad una prima lettura non avevo colto questi riferimenti… e quindi, sono sincero ero partito che Ariel fosse donna… (e magari coi capelli rossi e le pinne) e mi ha meravigliato scoprire fosse maschio.
Lati positivi.
Beh l'idea è ottima e molto ben gestita e la temperatura della narrazione splendidamente gestita!
L?idea dell'Unverso come simulazione non è certo nuova (da prima di Matrix addirittura), ma gli dai un ottimo spirito.
Il tutto mi fa venire in mente due splendidi racconti il primo è ovviamente l'Ultima Domanda di Asimov… con "Sia Luce e Luce fu" che lo chiude.
Il secondo molto meno conosciuto che dovrebbe essere di David Brin: degli scienziati (quindi ambiente simile) lavorano per creare delle singolarità tramite un acceleratore. Ci riescono ma queste scompaiono subito, la sera studiando i dati scoprono che la matematica predice che le loro singolarità si sono trasformate in universi bolla che si sono separati dal nostro…
In pratica hanno causato dei big bang di Nuovi Universi e si chiude con loro che osservano il cielo notturno augurando buona fortuna a qualsiasi cosa abbiano dato origine
In sintesi decisamente 5
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Marino Maiorino
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Re: La simulazione

Messaggio da leggere da Marino Maiorino »

Ciao Ombrone, e grazie per il commento così dettagliato.
Credo che in effetti dovrei avere il racconto di Asimov in una raccolta, ma l'avrò letto 30 anni fa, e non deve avermi causato questa grande impressione esteriore.
Ma io sono un lettore strano: assorbo le cose, apparentemente dimenticandole, e invece poi mi lasciano sempre qualcosa.
Sui nomi, col tempo ho appreso a non fare troppe assunzioni sull'identità di un personaggio dal nome esotico: persino il banale Andrea è femminile, in Portogallo e Brasile... MA avresti dovuto valutare il racconto senza pensare ai nomi: i nomi servono per dare un'identità, nulla più, e se non ti piacciono, vuol dire che l'autore li ha scelti male.
Mi interessa invece perfezionare la fluidità della scrittura, perciò ti sarei grato se potessi farmi qualche esempio dei tratti più "incespicanti". Alle volte uno sente che il meccanismo cigola, ma non riesce a mettere a fuoco dove, di preciso, e queste gare, col confronto positivo che generano, servono anche a questo, no?
E mi solleva che non abbia preso a male che riutilizzassi a così stretto giro di posta quell'espediente.
A presto!
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Re: La simulazione

Messaggio da leggere da Ombrone »

Ciao Marino,

Certamente, lo farò volentieri, ma mi servirà qualche giorno... che faccio fatica a tenere il passo degli impegni questo fine mese.

Ps tieni conto che cmq ti ho dato un solido 5.
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Marino Maiorino
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Re: La simulazione

Messaggio da leggere da Marino Maiorino »

Ciao Ombrone,
gli impegni di lavoro tolgono l'esistenza, ti capisco bene (sto rubando il tempo a una consegna a un cliente... :D ).
Ma io non mi lamento certo del 5, voglio solo apprendere, imparare!
Ho imparato che ciascuno è un unico irripetibile, e se qualcuno si è preso la molestia di buttarci quaggiù un motivo c'è, che tu puoi dare e nessun altro. Questa è una mia certezza di vita, e nessuno è mai riuscito a farmela crollare, nel bene e nel male. Dunque, cos'è che posso apprendere da te e solo da te?

A presto.
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Messaggio da leggere da Jacopo Serafinelli »

@Marino Maiorino
Un laboratorio di un campus divino… o extraterrestre… dove quel professore mi sa tanto del "barbuto Creatore" della mitologia religiosa… quello che già sapeva… furbetto… che il suo pupillo avrebbe trovato le origini del "suo" esperimento primordiale/generativo. Primordiale sì… ma non ultimo… visto l'esistenza del cono del futuro!
Parlando da ateo… ovviamente è favola fantascientifica! :-D
Jacopo
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Marino Maiorino
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Re: La simulazione

Messaggio da leggere da Marino Maiorino »

Ciao Jacopo, e grazie del passaggio.
In realtà no, Michael Sar è solo il capo delle schiere angeliche, e nota come si comporta col pupillo: "non ti credere Dio!" (Quis ut Deus)
Il "capo" è il rettore, ovviamente, ma Michael non vuole prendere il posto del capo.
Avevo dimenticato di averci infilato anche queste sottigliezze. Chissà se ne escono fuori altre: faccio le cose, ma poi dimentico così in fretta tutto...
A presto!
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Yakamoz
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Messaggio da leggere da Yakamoz »

Ciao Marino,

ma hai sbagliato il titolo: "Cono di luce" sarebbe stato più bello/intrigante rispetto a "La simulazione".
Estratto dal tuo racconto:

"l'evoluzione di un processo dal passato, insieme al cono degli eventi posti a una distanza-luce inferiore a c per t, coincide in questo punto, e poi si apre di nuovo in un altro cono di eventi nel futuro». Pensava ad alta voce, poi notò qualcosa di inusuale. «Perché il colore del cono degli eventi futuri mi sembra diverso da quello del cono degli eventi passati?»
Ariel si sentì orgoglioso dell'ossevazione. «Proprio in virtù di quello che le dicevo: in questa simulazione i processi sono irreversibili, quindi gli eventi del passato sono noti, ma non quelli del futuro, perché in realtà non si può tornare indietro nel passato».
«Semplice e geniale. Mi piace!» osservò compiaciuto il professore. Era per quelle sottigliezze che aveva imparato a tenere in massima considerazione quel ragazzo che, lo sapeva, col tempo avrebbe superato il maestro."

L'equazione del cono di luce, -(ct)² + x² + y² + z² = 0 di Minkowski (Minkia! Direbbe un siculo! Sembra quasi una formula magica!)

= 0 (essendo la velocità della luce un limite invalicabile)

È come se il tempo fosse un opposto, "un contrario" (pur essendo un tutt'uno con gli intervalli spaziali, o sbaglio?). Giuro che non ho consultato niente… Solo la formula e qualche schemino ho visto, ma era il valore (-(ct)^2) che non riuscivo a capire e cercavo di spiegare a me stesso. Poi ho pensato che il tempo può essere passato (-), presente (0), futuro (+), e nel futuro diventa 0: cioè quando in concreto avviene/esiste? Oppure quando il futuro diventa presente? E l'equazione dà sempre risultato pari, come la partita doppia dei ragionieri. Sembra una miscela di matematica e filosofia, la mia.

Bravo, Maiorino

Antonio

Voto 5/5

P.S. Ariel: detersivo per i panni! (scherzo!)
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Marino Maiorino
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Re: La simulazione

Messaggio da leggere da Marino Maiorino »

Ciao Antonio,
con l'equazione che hai riportato mi ci sono laureato ormai 25 anni fa. Essa fa parte della definizione della "metrica di Minkowski", come hai individuato, ma non ricordavo assolutamente nulla al riguardo, mentre scrivevo il racconto.
Il fatto che sia una "metrica" significa che definisce un modo per definire e misurare le distanze. L'uguaglianza a zero indica un "qui, ora".
Come si legge una cosa del genere? Se la mia distanza spaziale da un altro punto è x, y, z, quanto tempo ci vuole a un messaggio radio o luminoso (sono la stessa cosa) per andare da me al punto in questione (o viceversa, visto che le coordinate sono al quadrato)? c•t
Per questo c'è il segno meno, perché nel passare dal primo al secondo membro dell'equazione, il termine c•t cambia segno e diventa positivo.
Il tempo non diventa 0 nel futuro, ma nel presente. t = 0 = ora
Ma davvero, sebbene la relatività possa sembrare attraente, l'estratto del racconto è il secondo principio della termodinamica, che rende impossibile prevedere il futuro: per la relatività il tempo può tranquillamente essere presente, passato o futuro senza alcun problema. Solo il punto x =0, y= 0, z= 0,t=0 è particolare perché è il vertice del doppio cono, ma non ci sono altre particolarità: l'elevamento al quadrato delle coordinate x, y, z e t rende simmetrico il tempo come lo spazio, puoi andare avanti e dietro come ti pare, per la relatività.

Titolo poco intrigante, forse, ma più rispondente all'attuale tema del racconto.

A presto, e grazie dei ricordi che hai stimolato (VIRGO... guarda caso, l'altro giorno sono stato invitato al meeting tra gli esperimenti VIRGO, LIGO e KAGRA, qui a Barcellona... Mai possibile che ogni volta che ci scriviamo, mi devo chiedere se non sei un agente del caso?)
Un saluto!
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Ombrone
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Re: La simulazione

Messaggio da leggere da Ombrone »

Eccomi qua. Consegna effettuata alle 11.00, adesso mi prendo il resto del giorno!
Mi sono riletto il racconto per cercare di capire l'origine della mia sensazione, tieni conto che non sono certo un editor o un grande esperto, ma ci provo.
Primo punto Ariel. Il concetto, che mi hanno spesso bacchettato, è una cosa è quella che vogliamo dire noi e un'altra la raffigurazione del lettore e il difficile sta proprio nel fare coincidere le due cose.
Per dirti, in un mio racconto storico avevo fatto una bella scena di introduzione al climax ad alta drammaticità, mi sembrava molto fica… ma i beta reader la trovavano comica… la descrizione gli faceva venire in mente una scena molto famosa di Brancaleone… addio effetto drammatico. Io avendola scxritta non ci avevo pensato avendo il mio film mentale in testa.
Ahime cambiata scena, perché puoi fare solo quello, non cambiare i collegamenti mentali di chi ti legge.
Per il 90% degli italiani Ariel fa venire in mente un personaggio femminile (così come Andrea un maschio), quindi leggendo si fa una raffigurazione mentale. Scoprire a posteriori che non è così, spezza il film mentale e costringe a riavvolgere e interrompe il flusso della storia….
Come rimediare? Dare in qualche modo subito l'informazione mentale che Ariel è un ragazzo, malgrado il nome, magari con una breve descrizione introduzione… questo allieverebbe anche l'effetto talking heads, aiutando a raffigurare meglio i protagonisti e l'ambientazione, il tuo è ovviamente un racconto molto spostato sul dialogo.
Per questo forse potresti (già lo fai in parecchi punti) favorire i beat di azione dei personaggi invece dei semplici dialogo tag.
«Sto verificando i dati, la loro mole è spaventosa…» provò a giustificarsi Ariel
«Sto verificando i dati, la loro mole è spaventosa…» Ariel alzò gli occhi al cielo con un sospiro stanco
Me ne fotto dei problemi che puoi aver causato a me!» gli urlò l'anziano, e Ariel ne fu sorpreso. «Potrei mandare avanti io quest'università, se lo volessi, e il comitato etico lo sa bene!»
Me ne fotto dei problemi che puoi aver causato a me!» l'improvviso cambio di tono fece sobbalzare Ariel. «Potrei mandare avanti io quest'università, se lo volessi, e il comitato etico lo sa bene!»
Per fare due esempi
Ultimo punto… qual'é il punto di vista? Perché delle volte mi sembra ondeggi tra un narratore onniscente e Ariel in terza persona?
Ecco dal poco che ho capito finora di scrittura, mi vengono in mente questi tre punti di miglioramento
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Marino Maiorino
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Re: La simulazione

Messaggio da leggere da Marino Maiorino »

Ciao Ombrone,
e congratulazioni per la consegna (ogni volta che ce n'è una, è sempre una soddisfazione vederla andar via).
Grazie per il nuovo passaggio, davvero interessante: quando ci mettiamo solo dal punto di vista della storia, capita di perdere quello del lettore.
Sul fatto che Ariel suoni femminile, così come l'hai posta è talmente ovvio che dovrei prendermi a schiaffi! Grazie davvero!
Anche sui tag... È un punto sul quale stavo rimuginando da tempo: mi rendo conto che spesso non sono efficaci. Cerco di ridurli per non spezzare i dialoghi, per dare al lettore tempi più vicini a un dialogo autentico, ma alle volte devo infilare qualcosa per far capire chi sta pronunciando una certa frase. Altre volte è necessario caratterizzare le espressioni. Ma se continuo ad andare avanti senza una precisa sensazione dell'economia dei tag, succede che poi un lettore più scafato percepisce le lacune. Ok, ci farò maggior attenzione.
E sul narratore... Uhm, devo farci caso, perché una sensazione del genere è molesta per chi legge.

Grazie davvero. Cavoli: un commento bello denso! A presto!
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commento La simulazione

Messaggio da leggere da Alberto Marcolli »

Testo impeccabile. Ogni ulteriore giudizio sarebbe di troppo.

La fantasia umana non ha limiti: peccato sia solo fantasia.
La dura realtà è un’altra e in questi anni ci è piombata addosso con tutta la sua violenza. Abbiamo continuato a seminare zizzania ed è giunto il momento di raccoglierne e frutti.
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Marino Maiorino
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Re: La simulazione

Messaggio da leggere da Marino Maiorino »

Ciao Alberto,
e grazie per il giudizio (ma "impeccabile", dai...)
Non so se noi abbiamo continuare a seminare zizzania, è certo che ha molti ha fatto piacere disinteressarsi di come riuscivamo a godere del nostro benessere mentre altrove...
Le due cose sono legate: l'ignavia dei cittadini occidentali è la carta bianca per multinazionali e militari a fare quello che gli pare, ma io preferisco individuare i nomi delle cose.
Tanto più che noi raccoglieremo i frutti della nostra ignavia, ma nessuno paga quelli della violenza (tranne le vittime).
A presto!
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Messaggio da leggere da Culture »

Il racconto mi piace, il fatto è che di questi tempi il tema sta diventando
pesante e scassa....
Tu lo proponi in chiave informatica, matematica e fisica, io preferisco il Jacques Vallée dei tempi d'oro.
In altre parole,la vera simulazione viene dalla scienza che dissimula con il suo linguaggio la vera natura della simulazione.
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Marino Maiorino
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Re: La simulazione

Messaggio da leggere da Marino Maiorino »

Ciao Culture,
e grazie per il passaggio, però, permetti che commenti questo passaggio:
"la vera simulazione viene dalla scienza che dissimula con il suo linguaggio la vera natura della simulazione"
La scienza non può e non deve dissimulare, col suo linguaggio, la vera natura della simulazione: questa sarebbe alchimia esoterica. Liberissimo di fartela piacere (e in quanto alchimia piace anche a me), ma non è scienza.
Inoltre, io non l'ho affatto proposto in chiave informatica, matematica o fisica, quella è solo scenografia, sceneggiatura.
Ma è evidente che avrei dovuto offrire maggiori chiavi per una completa interpretazione del testo.
A presto
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Messaggio da leggere da Bobinsy »

Ad essere sincero sono condizionato da un aspetto che non apprezzo in fantascienza: i riferimenti ordinari.
Il racconto è scorrevole ma descrive la "civiltà avanzata" ipotizzata da Bostrom, con aspetti troppo usuali (es. la relazione tra maestro e discepolo, la presenza di un comitato di controllo, la carriera accademica).
Questo mi ha lasciato una sensazione naive, dove il quadro ripropone in modo fantastico scorci di vita quotidiana.
Certamente il tema della simulazione non è facile da tradurre in racconto, ma la soluzione trovata (è un mio limite) mi ha un po' deluso.
Dopo questa premessa, il tema del tempo è vasto; qui si tratteggia la questione della "freccia", ma forse traspare troppo l'intenzione didascalica, a discapito della narrazione.
Cavoli, hai scelto un tema tosto !
Insomma, perdonami ma non mi ha convinto del tutto. Mi aveva appassionato di più Perseus
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Marino Maiorino
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Re: La simulazione

Messaggio da leggere da Marino Maiorino »

Grazie Bobinski (ma... quello di Coraline?), per il passaggio e per il commento ben articolato.
Non credo di potermi sganciare da certi modi di proporre la mia fantascienza, anche perché non credo che l'umanità cambierà tanto da demandare ad "altro" alcune funzioni espressamente umane. Tra l'altro, trovo conforto in questa mia impostazione nel tempo (persino Alessandro Magno aveva un maestro coi controfiocchi), nello spazio (a dispetto delle differenze, presso qualunque altra cultura umana esistono maestri e discepoli), e nel tempo e nello spazio (buona parte delle funzioni dei druidi, per dirne una, erano legate al tramandare la loro conoscenza, ad altri druidi o ai bardi, e la storia di Vercingetorige ne è un esempio).
Questo mi conduce a un concetto che ho già espresso diverse volte: il tema dello scrivere è l'uomo. Non importa se scriviamo di robot ("tutti quei momenti svaniranno come lacrime nella pioggia"), di alieni ("quella pelle di un bianco nauseante, e senza squame"), di fate o Dei, il tema è sempre lo stesso: l'uomo, i suoi sentimenti, le sue emozioni, i suoi errori, le sue imprese. Quando la società sarà cambiata al punto di non poter più riconoscere un rapporto maestro/allievo, comunque tu voglia chiamare il maestro e l'allievo, probabilmente l'umanità sarà anche assai diversa da quella che muore, ama, sbaglia, osa e si emoziona.
Quindi, seppure comprenda benissimo l'aggettivo che hai usato ("naive"), non credo che cercare un'espressione più fantascientifica avrebbe cambiato il succo del racconto, o la sua comprensibilità, o migliorato la sua ambientazione.
Questo per quel che riguarda il lato fantascientifico.
Non riconosco un limite nella tua delusione, al contrario: è lampante che ti sia immerso in un mondo nel quale cerchi riferimenti e ne trovi altri. Tutt'altro che un limite!
Ma il racconto è davvero fantascientifico? E il suo tema è davvero il tempo? O non è piuttosto,a cominciare dal titolo, un racconto mitologico il cui tema è la creazione, anzi l'infinita serie di creazioni incapsulate, come in un universo indù (sebbene con nomi presi dalla mitologia ebraica)?
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Messaggio da leggere da Maschioneria »

Il racconto, descrive una speculazione con una allegoria scientifica.
Lo fa con passione e questo è lodevole
Personalmente lo vedo un po' appesantito, quindi l'ho letto con un po' di fatica.
Forse lo potresti alleggerire.
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Marino Maiorino
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Re: La simulazione

Messaggio da leggere da Marino Maiorino »

Ciao Maschioneria,
e grazie per il passaggio.
Perché parli di "allegoria" scientifica? Non è nessuna allegoria: l'ambientazione è fantascientifica, il tema mitologico/metafisico.
Sul fatto che potrei alleggerirlo, hai ragione: non sono la persona dall'eloquio più agile che conosco! :D
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