Ecco qui!
Ragazzi complimenti a tutti è stato davvero divertente leggervi!
1. Bella Ciao, 2013Federica
“…il suo piccolo cuore, dirmi una battuta d'avvio…” la virgola non ci vuole perché in questo caso separa il soggetto dal verbo.
“…e allora da li inizio a capire cosa…” “lì” vuole l’accento.
“…qualcosa in modo di intimidire la gente” credo che si debba dire “in modo da intimidire”
“…dopo che quello sguardo sfidante di prima, mi porta un po' di arrabbiatura…” anche qui la virgola separa il soggetto dal verbo… sempre che abbia capito il senso della frase.
“…io rispondo -Si, proprio” in questo caso, prima di ripassare al discorso diretto, ci vogliono i “:”; “sì” affermazione vuole l’accento.
Ciao Federica, mi trovo concorde con Polly nell’esprimere il mio giudizio su questo tuo scritto. Si avverte la passione, sono cose in cui credi, ma fai attenzione perché, al di là dell’idea politica di chi legge, ogni storia deve reggersi su quel che presenta senza dare per scontato nulla. Questo non vuol dire che devi inquadrare tutto in senso geografico, temporale, culturale ecc. ecc. dico solo che devi presentare elementi utili alla narrazione, forse pochi, essenziali, ma non devi mai sott’intenderli. Faccio un esempio, che riguarda me e non vuole essere una generalizzazione: hai associato il concerto del primo maggio all’idea di “ammucchiata”, forse volevi suggerire l’idea di “stare assieme”, di condivisione di emozioni, ma io ho percepito più che altro l’idea di scomodo di “buttarsi addosso”. Dovresti fare attenzione a non dare per scontato che chi legge sappia qual è l’emozione che hai provato tu nei concerti del primo maggio. Il mio consiglio è di raccontare quell’emozione, non spiegarla, ma dire che cos’è che ti faceva star bene, che cos’è che ti emozionava, che cos’è che trasforma un’ammucchiata in uno stare insieme in gioia e amicizia. Spero di essermi spiegato, altrimenti risentiamoci.
Voto 1,5 – hai scritto tutto troppo di getto e sotto l’influsso della forte ispirazione (almeno questo è quello che ho intuito io), purtroppo tutto poi va rivisto chiedendosi se lo scritto non si poggia su troppi sott’intesi in fin dei conti è normale che la storia sia chiara allo scrittore!
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).
PS anche a me sembra che tu abbia fatto confusione tra 25 aprile e 1° maggio.
2. Aver paura di innamorarsi troppo, Amos2011
“…quanto piccolo e meschino può essere un uomo così.” Credo che “può” debba essere messo al congiuntivo “possa”
“…durante le festività natalizie ma,e dopo un paio di mesi e come previsto, ella tornò “ la “e” dopo la virgola credo sia una svista. “ella” sa tanto di “arcaico” dovresti provare a rigirare in qualche modo la frase per non farlo comparire, oppure sostituirlo con il nome della protagonista.
“…Una sera, anch'esso su una chat, incontrò…” “esso” mi suona male. Correttissimo ma davvero in disuso come pronome.
Questo racconto a me sembra poco racconto e molto più idea per un qualcosa di più ampio. Non so, è come se quel che hai scritto sia più il canovaccio da seguire per un romanzo. Tutto mi è sembrato molto schematico nei passaggi, qualcosa del tipo: lei fa così, perché aveva questo problema, poi, dopo quel problema, può finalmente fare cosà e allora incontra lui che faceva così e cosà… non so, la narrazione non mi ha coinvolto.
La prosa però è chiara e ben articolata e quel poco che mi sono permesso di segnalarti sono solo mie perplessità, più che altro per alcuni termini che io tendo ad evitare, ma tutto rinetra in un gusto personale.
VOTO 2,5
3. Il tempo di morire, Nunzio campanelli
Che dire Nunzio, scrivi davvero bene. Non ho osservazioni da farti sulla forma. qualcosa invece devo dirtela sulla trama: molto bella e poetica, toccante. Alla prima lettura ti avrei dato un 4 pieno e alla seconda (dopo aver letto lo scambio avuto con Polly) lo riconfermo!!! Dirai, questo è grullo! A dire il vero confermo quel che dici e quel che ti ha risposto Polly: tutta la storia acquista uno spessore diverso facendo quella considerazione su chi sia la misteriosa motociclista. Il fatto è che nel racconto non c’è un punto in cui fai intuire chi lei possa essere… è vero, c’è il titolo, ma credo che il testo dovrebbe fare un riferimento più chiaro alla morte… non so, ironizzare sul fatto che voglia mangiare qualcosa di molto condito, tanto il dottore ha detto che gli restano pochi mesi di vita…
Non vorrei essere stato fuorviato da quel che vi siete detti, ma credo che il tuo racconto abbia bisogno di un aggancio più forte con la morte (non per forza qualcosa tipo quella che è venuta in mente a me) qualcosa però che faccia dire al lettore: “Ma no, dai… non capisci chi è quella motociclista?”
VOTO 4 – in ogni caso complimenti davvero.
4. Faceva il palo, Lodovico
Anche a te, come a per Nunzio, nulla da dire sulla forma.
Qualche appunto invece mi sento di fartelo su alcune scelte della trama.
La prima è che fare il complice di uno che si chiama Sugaman (per un momento credevo fosse il nome di un supereroe a me sconosciuto
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), dopo che hai spiegato che vuol dire che “non conta nulla” bhè… rende tutto un po’ traballante nei presupposti. Non che non ci possa stare, intendiamoci, ma a me avrebbe fatto piacere allora trovare due righe che spiegassero qualcosa del tipo: “era l’ultimo rimasto della vecchia guardia” ad aumentare quella motivazione più affettiva che di vera ricerca del colpaccio.
Altra cosa che secondo me si regge poco è il fatto che la polizia vada solo da Sugaman… nell’ambiente credo che si conoscano le amicizie dei sospetti… secondo me tutto si sarebbe retto meglio se il protagonista fosse fuggito subito da casa, magari incrociando una volante diretta molto probabilmente a casa sua e che poi avesse appreso la notizia della morte del complice magari in TV sentendo il TG.
Infine, quel che un po’ stona è l’incipit.
Intanto ti segnalo quella che secondo me è una piccola incongruenza: se la donna già sapeva che “il palo” ormai era un uomo “buono” “di cui ci si può fidare” allora va bene la reazione avuta quando il figlio le dice che il “babysitter” una volta faceva il ladro… in questo caso però tutto avrebbe dovuto reggersi con una presentazione più profonda di quello che poteva essere il legame tra i due… magari nel finale, anziché farsi massaggiare da una sconosciuta, avresti potuto dire che si sta facendo massaggiare dalla donna dell’inizio cui ha chiesto di raggiungerlo per vivere con lui visto che adesso è ricco. Altrimenti, alla rivelazione del figlio, la donna avrebbe dovuto rimanere sconvolta: lasciare il proprio figlio in mano a un poco di buono, a meno che non ci siano ottime ragioni per credere alla sua completa redenzione, è qualcosa di inconcepibile per una madre.
Se l’incipit era solo una scusa per farci sapere chi era il protagonista, d’accordo, però avresti potuto farlo anche senza tirare in ballo personaggi così ben caratterizzati che, inevitabilemnete, fanno nascere nel lettore la voglia di sapere quale passa essere il loro ruolo nella storia salvo scoprire che alla fine… non c’entravano niente
VOTO 4 – In ogni caso complimenti perché la tua prosa è davvero avvincente
5. Vecchio frac, LeggEri
“…a chi esultava la vittoria…” credo ci voglia un “per” dopo esultava.
“…perduta come una monetina che sulla pista coperta di sabbia”. Mi sa che il “che” (ehehehe) sia il resto di una precedente stesura e andrebbe tolto.
“…ma è balzata indietro, come se la sua candida pelle fosse stata toccata da un’ortica”. BELLISSIMA questa immagine!!!! Davvero BELLISSIMA
“Allungo una mano per accarezzarlo, ma la mano guantata affonda nel suo dorso”. Io metterei un “e” al posto del “ma” capisco la delicatezza del racconto, ma in questo passaggio forse avresti dovuto aggiungere qualche parola in più… io, in seconda lettura
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, credo di aver capito che lui si sia già buttato in acqua e che “la mano guantata affonda nel suo dorso” significhi che è inconsistente e passa attraverso il corpo del gatto che non se ne accorge, non per indifferenza, ma perché su un piano d’esistenza diverso.
Forse ci vorrebbero due paroline in più qualcosa tipo “la mano guantata, ormai inconsistente, affonda nel suo dorso”…
In ogni caso complimenti, una storia davvero bella che si muove tra due estremi forti: quel che l’uomo vuol mostrare e i sentimenti che prova ma nasconde” il tutto condito da immagini delicate seguite da immagini forti che colpiscono lasciando il segno come “il colpo di pistola tra gli occhi di Porter”
VOTO 4,5 – Ancora brava per l’immagine della pelle toccata dall’ortica!!!
6. Il circo è finito, Anto Pigy
“…facendo da strascico umano…” secondo me “umano” è superfluo, si capisce da quel che hai già detto che si tratta di persone (uomini) che seguono il circo.
“Occhi color della rugiada…” rugiada non riesco ad associarlo a un colore. Avrei capito “occhi di rugiada” nel senso di freschi, luminosi, carichi di purezza… ma non riesco ad associarla a un colore.
“…come il satellite,” nella tua prosa poetica, questa precisazione sa più di astronomico (fisico) secondo me è fuori registro e stona non poco.
Un racconto molto toccante, anche se (devo ammetterlo) un po’ troppo “sdolcinato” per i miei gusti. Mi è piaciuta però la costruzione della storia solo un appunto (in base al mio gusto personale che dunque non ha un valoe assoluto, tutt’altro): io avrei inserito un punto di riflessione in cui Luna decide che sì, forse è arrivato il momento di fermarsi. In questo caso lui guarderebbe lo spettacolo con gioia e non dolore, salvo poi scoprire che proprio mentre si distraeva per un attimo (d’altronde ormai era sua non poteva più “scappare”) lei perdeva la presa… in questo caso il dolore arriverebbe dopo aver toccato il cielo per la gioia come un fulmine, quasi che la trapezista, fermandosi (andando in pensione?
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), smetteva di avere una “ragion d’essere”!
VOTO 4 – In ogni caso brava, uno scritto toccante!
7. Steven, Mastronxo
Porca paletta! Non è valido! Non puoi trarre ispirazione da una canzone di uno dei miei cantanti preferiti!!!! Non riesco a essere oggettivo!
Pensa, sulla Tela ho postato un racconto dove il protagonista si chiama… Steven!!!! Però, anziché a “Welcome to my night mare”, si ispirava a “Along came a spider” disco più recente ma altrettanto bello!!!
Senza contare il recentissimo “Welcome to my night mare 2” una vera figata… ma qui rischio di andare OT!!!!!!!
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Allora, tornando al racconto… niente da dire sulla forma. scrivi molto bene, con uno stile a me congeniale. Se proprio devo farti qualche osservazione, però, sono le stesse fatte da Polly. In particolare, anche io ho trovato un po’ carente in quanto a coerenza interna quel suggerimento datogli dal padre, andava motivato meglio, oppure (soluzione che preferirei), dovrebbe nascere da un malinteso… tipo padre che si confida con il figlio su quanto si stia bene in paradiso (magari parlando dei nonni che non ci sono più) così che Steven, deciso a giocarsi l’ultima carta per riconquistarsi l’affetto di mamma e papà, la butta giù dalle scale!
VOTO 3,5 – Davvero una bella idea di base sviluppata sulla falsa riga di un personaggio deviato creato da uno degli artisti che amo di più, peccato per quel particolare che fa traballare la coerenza interna dello scritto.
8. Così chiara, Desiree
Più che un racconto, il tentativo di restare in contatto con chi non c’è più. Uno scritto toccante, per la perdita, ma, per qunto mi riguarda, letterariamente poco valido (spero non si tratti di qualcosa di realmente successo a te, perché non vorrei essere frainteso urtando i tuoi sentimenti). Quel che voglio dire è che di cose così brutte ne succedono tante, troppe e il dolore provato dal protagonista è un sentimento che arriva dritto al cuore di tutti perché tutti, prima o poi, affrontiamo la morte di un nostro caro. Ecco che se da una parte il tuo scritto arriva a segno, e di brutto, dall’altro è come se tu, scrittore, avessi preso una scorciatoia per farlo. Scusa dunque se non credo di poter dare al tuo scritto un voto alto. Sarebbe diverso se tu avessi provato ad andare oltre questo scritto mettendo su carta le difficoltà del protagonista nel continuare a vivere, nel saper tornare a riapprezzare il piacere di altri sentimenti sinceri che lo circondano e che il dolore non gli fa più vedere… non so, spero di essermi spiegato.
VOTO 3
9. A oriente, Polly
Carissima Polly… che dire… mi hai fatto scoprire un gruppo che non conoscevo!!!
Per quanto riguarda il racconto, trattasi più di poesia che di prosa. Un doloroso addio determinato dalla sfortuna, dall’essersi giocati il tutto per tutto per andare a rifugiarsi tra coloro che, coltivando la speranza, vogliono ribellarsi al sistema, all’inquinamento… diciamo che sei stata molto Myazaky!!!
Nulla da dire sulla forma, impeccabile!
VOTO 4,5 – il 5 non te lo do perché, più che di una storia, trattasi di un’immagine… un siparietto che dovrebbe collocarsi dentro qualcosa di più ampio e che, come tuo solito
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, non so se è già tua intenzione sviluppare. In ogni caso, complimenti, davvero toccante!
10. L’abbigliamento di un fuochista, Lorella 15
“I suoi figli non avrebbero visto il colore del grano maturo, corso dietro alle lucciole le notti d’estate, rubato l’uva matura dai filari del padrone. Non avrebbero ascoltato le ninne nanne nel suo dialetto ma avrebbero parlato una lingua sconosciuta”
Sono d’accordo solo per le ninne nanne in dialetto, molto probabile che le avrebbero ascoltate in inglese, anche se il padre non aveva nessun motivo d’odia verso la sua terra e forse, nella nostalgia, avrebbe continuato la tradizione… per quanto riguarda i campi di grano e le lucciole credo che ce ne siano in abbondanza anche al di là del mare. Forse c’è scarsità di uva, visto che in America è solo negli ultimi decenni che si stano impegnando a coltivarla e solo in alcune regioni.
“…ingollò le lacrime in gola…” “Ingollò” suona molto meno bene di “ingoiò”… in ogni caso “gola” risulta essere superfluo.
Non conosco la canzone che ti ha ispirata, intuisco però che ti piace molto e che deve averti toccato nel profondo, purtroppo, ma forse è un mio limite, non sei riuscita a trasmettermi quel sentimento. Il tuo scritto è toccante, ma su un tema “logoro” come lo è quello dell’addio che è difficile da trattare.
Bella la chiusura in cui tutto il sentimento viene brutalmente spazzato via da considerazioni pratiche di sussistenza/sopravvivenza quali l’aver la pancia piena.
VOTO 3
11. Rolling in the deep, Monica Porta may bee
“…controllò il suo Rolex…” Inutile fare riferimento alle marche come sinonimi degli oggetti cui si riferiscono a meno che tu non abbia davvero bisogno di evitare una ripetizione, oppure tu non voglia dare evidenza di un modo di essere del proprietario dell’oggetto, o a meno che tale particolare non sia fondamentale ai fini della storia. Pare personale se puoi evita, molto meglio orologio”.
“…mi chiederà la testa ed io prenderò la tua!” Io metterei: “mi chiederà una testa” secondo me si reggerebbe meglio la frase. Dover “dare” la propria sottintende l’impossibilità a fare altro… non so, forsse è più una mia fissa, ma con l’articolo indeterminativo mi sembra che suoni meglio.
Il racconto mi ha preso fino al punto della rivelazione… non so, non mi ha convinto. La storia della finestra non ho capito come si colloca rispetto agli altri 4 casi. Si tratta di una svista? Ma se l’assassino era un metodico-ossessivo? E poi… perché restarsene nei paraggi a canticchiare? Non so…
In ogni caso complimenti per la prosa avvincente e per la canzone inserita nella narrazione. Secondo me però, le traduzioni avrebbero dovuto comparire dopo “passaggi” del testo in originale tanto che l’ultimo passaggio in originale anziché tradotto stona bloccando il ritmo della lettura.
VOTO 4 - forse dovresti riprendere il finale e “giustificarlo” meglio perché il racconto era davvero piacevole mentre si sviluppava. Complimenti!
12. Crash ovvero la Mattina del Re, Nozomi
“Penso che tutte le cose abbiano, almeno quello, un inizio. Compreso le mie ossessioni”. Mi piace il tuo attacco, però, io l’avrei messo giù così: “Penso che tutte le cose abbiano almeno quello: un inizio. Comprese le mie ossessioni.”
“…per lo meno a coloro i quali…” scusa ma “coloro i quali” anche se correttissimo mi dà l’orticaria! Se poi rientra in un discorso diretto o in flusso di pensiero in prima persona come in questo caso, allora meglio un “quelli che”.
“…E se sei ancora più brava…” perché al femminile? Il discorso è in toni generici, dovrebbe essere al maschile (che in italiano sostituisce il neutro… sì lo so la nostra lingua è un po’ sessista!!!!
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)
“…della mia immagine capovolta sul cucchiaio della tazza del caffelatte…” bellissima immagine! Bravissima, qualcosa di semplice e così chiaro a tutti da non poter essere apprezzato! Brava!!”
“…credo mi ascoltasse per davvero…” io toglierei il “per” secondo me suona meglio.
“…e osservava interessato una televendita di tappeti, l’unico genere di programmi che seguo alla TV”. Anche questo passaggio è davvero ben riuscito. Se l’immagine capovolta nel cucchiaio è cara a tutti, quest’affermazione è l’esatto contrario!
“Compreso le ossessioni” secondo me dovrebbe essere “Comprese le ossessioni.”
Che dire… bellissimo esempio di follia razionale! Follia spiegata, follia buona, non da temere ma che incuriosisce si fa apprezzare. Follia che si fa addirittura invidiare: diventare scizzofrenici per poter parlare davvero con i propri beniamini è qualcosa di invidiabile!
Bellissime le immagini e le spiegazioni dello stato d’animo della protagonista.
VOTO 4,5 – per il 5 ci vorrebbe una piccola rilettura per “equalizzare” il tutto , magari anche in base alle mie indicazioni
![Razz :P](./images/smilies/icon_razz.gif)
. Ancora comlimenti.
13. La rana e lo scorpione, Freecora
“…dall’invito di Andrea di andare a vivere con lui” io credo si debba dire “invito a…”
“…era tornata prima lei da lavoro…” “dal” lavoro
“in operabile” “inoperabile”
Allora… la storia mi è piaciuta, ma credo che faccia un po’ a “pugni” con la canzone scelta. La storia della rana e dollo scorpione sott’intende che chi è scorpione segue la propria natura anche se ciò vuol dire “non fare i propri interessi”… nel caso della canzone degli 883 lo scorpione è un uomo che anche se con enorme sofferenza lascia la moglie e la famiglia per assecondare la sua natura solitaria. Nella storia raccontata da te, davvero toccante per il triste destino toccata ad Andrea, invece la separazione avviene per un fattore esterno, la malattia, e non per assecondare un modo di essere… mi spiace, ma è come se la tua storia tirasse da una parte e il testo della canzone scelta dall’altro e il tutto non mi convince.
VOTO 2,5
14. Preludio, Kaipirissima
Una prosa che vola e il sentimento che non diventa mai sdolcinato. Non ci sarebbe davvero altro da dire, ma ci provo:
in effetti, come ha già fatto notare qualcuno il finale è un po’ fastidioso nel suo tornare al reale, ma è davvero necessario aspettare di uscire dal teatro per comprendere di essere arrivati dove si voleva arrivare? Non so secondo me avresti potuto trascendere ulteriormente quasi che l’incontro delle due anime si completasse nel corso dell’esecuzione e non dopo.
In ogni caso complimenti, più che prosa poesia.
VOTO 5
Nera orchidea appassita, Filippo 19
Mmm… sì è no. sì le atmosfere: belle e cupe. “Ni” la matassa ingarbugliata dei salti temporali del protagonista che uccide se stesso. E no la figura di Dio delineata in una maniera davvero poco comprensibile. Sì, insomma, chi è il Dio che hai tirato in ballo? Quello a cui crediamo noi e che anziché il bene segue un percorso tutto suo? Oppure è qualcos’altro che si spaccia per l’unico Dio? Non so, è come se tanto mistero alla fine mi avesse abbandonato sul margine di un burrone. Tanta vertigine e poche certezze.