Racconti Calendario BraviAutori 2018
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Racconti Calendario BraviAutori 2018
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Buon lavoro!
Tuarag
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Re: Partecipazione calendario 2018
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IL CAVALIERE SENZA TESTA
La leggenda del cavaliere senza testa, che continua a combattere e a infestare luoghi, risale al mito celtico del Dullahan, ma la ritroviamo anche nel Medioevo, fino ai giorni nostri.
Durante l’assedio di Otranto nel 1480, si narra che Giulio Antonio Acquaviva, abile spadaccino, continuò a falcidiare saraceni, nonostante la testa mozzata da un colpo di scimitarra. Crollò nel cortile del Castello di Sternatia, dove trovò sepoltura.
Nel libro “Le leggende della valle Addormentata”, scritto nel 1949 da Washington Irving, lo spettro di un cavaliere senza testa terrorizzava una regione olandese, e nel film “Il mistero di Sleepy Hollow”, un cavaliere risorto dalla tomba, vaga su un nero destriero con la testa sotto il braccio in cerca di vendetta.
Nel castello di Santa Severa (RM), che si presume sorga su un cimitero del XIV secolo, recenti scavi hanno portato alla luce un centinaio di tombe, tra cui quella di un cavaliere senza testa dentro un sarcofago. Invece di essere adagiato, il cavaliere era in ginocchio, tanto che in un primo momento si valutò l’ipotesi che fosse stato sepolto vivo.
Il folklore ha fatto il resto e la leggenda di un cavaliere senza testa che vaga per il castello in cerca di vendetta, trova riscontro nelle numerose testimonianze che raccontano rumori di passi, colpi alle porte, sagome azzurre che si muovono nelle stanze e oggetti che si spostano da soli.
Quello che è certo è che un cavaliere senza testa non trova pace nell’immaginario collettivo.
- Laura Traverso
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Re: Partecipazione calendario 2018
“Se non stai brava arriverà l’Uomo del sacco”.
Anche prima di metterla a letto, quando era bambina, sua madre le ripeteva lo stesso ritornello. Aggiungeva pure particolari raccapriccianti come il fatto che se si fosse alzata prima del nuovo giorno, il mostro l'avrebbe presa, messa nel sacco e portata via per sempre.
Quella notte aveva sete, scese dal letto. Ma quando fu a metà del corridoio che conduceva alla cucina, vide avanzare verso di lei un essere orribile dalle sembianze umane: alto, magro, ingobbito, con artigli lunghissimi e occhi rossi da demonio.
Non c'era dubbio, si trovava dinnanzi a "l''Uomo del sacco". Terrorizzata provò a indietreggiare con l'intento di raggiungere il letto e mettersi al sicuro sotto le coperte. Ma fu un inutile tentativo.
Il mostro la raggiunse con uno balzo fulmineo, l'afferrò per la vita trattenendola tra le grinfie mentre la guardava beffardo, sembrava che volesse divorarla. Aurora, come impazzita dalla paura, cercò di divincolarsi urlando con quanto fiato aveva in gola. Quell'urlo la riportò alla realtà. Si svegliò tremante, accese la luce e comprese, con immenso sollievo, che era stato solo un brutto sogno. Vide le pareti rosa della sua cameretta. Tutto era rassicurante e in ordine, pareva persino che i pupazzi di peluche le sorridessero dalle mensole sulle quali erano adagiati.
I bambini non vanno spaventati con simili leggende, ma messi in guardia contro le persone malintenzionate. Gli orchi esistono davvero.
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Re: Partecipazione calendario 2018
La sera del dodici giugno, in ogni rione del paese si faceva e si fa ancora un enorme falò in onore di Sant’Antonio: la iauza.
Noi ragazzi ci riunivamo sotto la pianta di fico, a casa di Giacomo.
«Forza ragazzi! Gli altri hanno già cominciato, ma il nostro falò deve essere il più bello» disse il nostro capo quella sera. Entusiasti andammo in giro per le case e i campi.
La gente ci dava rami e arbusti e noi raccoglievamo legna e carta ovunque.
La sera prima del dodici all’improvviso si levò un chiarore di fiamme: il nostro falò stava bruciando anzitempo. Corremmo con le lacrime agli occhi, il nostro lavoro era andato perduto.
Tornando verso casa trovammo Giacomo angosciato, davanti al suo portone.
«Coraggio, domani cercheremo altra roba» disse Ciccio.
«Sono stato io» fece con gli occhi bassi.
«Cosa?»
«Avevo rubato una sigaretta a mio padre, ero andato a fumarla dietro la legna. Ho sentito un rumore e l’ho gettata.»
«Mannaggia a te! Ma noi non ci arrendiamo. Domattina all’alba ci rimettiamo all’opera» disse Tore.
Il mattino dopo quando arrivammo sul posto spalancammo gli occhi meravigliati.
Un’enorme catasta era pronta. La gente del rione si era mobilitata e ognuno aveva portato qualcosa. Tutto era pronto, anche le vecchiette con lodi e canti per Sant’Antonio. A sera le fiamme si alzarono alte, illuminando i nostri visi, non si è più visto, da allora, un falò così bello.
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Re: Partecipazione calendario 2018
La luna è una faccia ghignante impalata sugli spalti del Piagnaro. Il suo lucore illumina una figura sopra la cima delle mura. Nulla resta della forma umana di un postino se non braccia e gambe al posto di zampe. Le loro estremità, però, sono armate d’artigli. Occhi di fuoco in una testa dal profilo di lupo scrutano Pontremoli. Una bocca si solleva verso il cielo. Nel suo schiudersi zanne luccicano di bava. L’ululato azzanna i vicoli del borgo.
Moreno impreca contro la malasorte nel camminare lungo la viuzza deserta. Una volta che riesce a rimorchiare, la sventola pretende un ‘rapporto protetto’. Il distributore di preservativi è l’unica luce della piazza: persino l’insegna della farmacia è morta.
Mentre inserisce la banconota, si sente osservato. Si volta. Un randagio lo fissa con uno sguardo di ferocia. «Pussa via, cagnaccio!» gli intima. Un ringhio che sfocia in un latrato è la risposta.
Il giovane fa per allungargli un calcio quando un verso bestiale lo blocca. Una paura atavica gli drizza i capelli sulla nuca. Inizia a correre inseguito dal rumore di unghioni sul selciato.
Il Lupo mannaro! è il pensiero che gli divora l’animo. Il cuore in gola fugge per le stradine, ma i portoni sprangati lo irridono. La scalinata del duomo gli appare davanti evocando un ricordo: “Il mostro ha la forza di sette fanti ma non può salire più di tre gradini”.
Giunto sul quarto si accascia. Un ruggito d’impotenza alle sue spalle: è salvo.
«Grazie nonna» mormora, poi s’accascia svenuto.
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Re: Rcconti Calendario 2018
http://www.ortablog.com/2010/04/calamar ... dorta.html
POLPO GIGANTE
Lo sapevano tutti, lì. Ma nessuno diceva niente. E tutto era andato bene. Per anni.
C'era una vecchia leggenda che ne parlava. E il ristorante "Piccolo lago" l’aveva sfruttata.
Mauro osservò il locale. Tristemente vuoto. I tavolini candidi sarebbero rimasti immacolati. Nessuna prenotazione oggi, nessuna domani. “Specialità: Polpo di lago” recitava ancora l’insegna davanti al ristorante. La avrebbe tolta. Nel minuscolo paese che si tuffava nell’altrettanto piccolo lago, nessuno credeva all’esistenza dei polpi giganti di lago.
I paesani vedevano i camion delle pescherie scaricare, di nascosto, grosse casse di molluschi surgelati. A tutti andava bene così. I turisti arrivavano, assaggiavano il polpo e ne esaltavano la differenza di sapore, la bontà, la freschezza. E tornavano.
Tutto era andato bene. Fino a quel giorno.
Aveva sbagliato, Mauro, a cambiare commercialista. Le fatture del pesce surgelato erano uscite dall'ombra. Un articolo sul giornale, una denuncia per truffa, mille telefonate, per disdire le prenotazioni.
Il sole si stava inabissando nelle acque appena mosse dalla brezza estiva, e insieme a lui, la vita di Mauro.
Era distratto, Mauro, mentre nuotava. Pensava a quanto fosse bello il lago in cui era immerso, alla bolletta della luce da pagare, al suo conto in banca, più rosso di quel tramonto sull'acqua.
Era distratto.
Se non lo fosse stato, forse, avrebbe potuto notare tutte quelle grandi ombre che, sotto di lui, vicino al fondo del lago, agitavano i tentacoli.
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Re: Racconti Calendario 2018
«Tutti in Valtellina conoscono il Doss de la furca» dice il vecchietto che abita con la moglie nella casa lì accanto «oggi è un bosco quasi impenetrabile, ma ai tempi dell’Inquisizione era la radura dove avvenivano le esecuzioni, dopo che le torture e i "giudizi" di Bernardo il Sanguinario avevano avuto luogo nelle segrete della Torre. Molti sostengono di avvertire lamenti, gemiti, rumori di catene e di vedere gli spettri degli impiccati e dei decapitati.»
«Ma va! Posso dare uno sguardo?»
Questi montanari superstiziosi mi fanno tenerezza con le loro ingenue leggende.
«Prego.»
Entro avanzando a fatica, ma quando sto per sbucare in una radura sento un orrendo rumore di ferraglia e rochi sospiri che sembrano provenire dall'inferno. Poi i miei occhi si fissano in quelli sbarrati di un impiccato che dondola da una forca, mentre una testa insanguinata vola in aria e atterra rotolando ai miei piedi. Esco urlando, graffiandomi le mani e il volto nei rami degli alberi e nei rovi, poi corro verso il paese mentre i due anziani coniugi mi salutano.
«Stanotte un cervo ha tentato di raggiungere la coltivazione» dice lui «ma per fortuna la foresta l'ha fermato. Per questi fessi turisti cittadini, invece, bastano i miei effetti speciali. Adesso spengo il cd e metto a posto la testa da morto per il prossimo lancio. Lascia aperto il rubinetto dell’acqua, che oggi ha fatto molto caldo e le piante di cannabis avranno ancora sete.»
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L'autunno nell'odore di tabacco e vino novello
Nei pomeriggi d’autunno, quando ancora il sole tiepido baciava le zolle e le ingiallite foglie delle viti, nel vicino androne di casa si giocava a carte seduti in cinque attorno ad un tavolo. Il tempo scandiva le ore ed il lento volgere della sera. Allora fino a notte si stava lì in compagnia; qualcuno fumava la pipa e l’odore del tabacco e del mosto che ribolliva nelle botti aleggiava attorno e tra i vicoli solitari.Tra un sorso di novello vino e gli sguardi attenti dei giocatori, le carte siciliane, tenute tra le nodose dita delle mani, interloquivano, segnavano il destino del gioco.
Nell’ampio salone della casa paterna c’era un’antica consolle intarsiata in acero bianco con un grande specchio puntellato di piccole macchie scure di vecchiaia. Lo specchio rifletteva parte del salone, la veduta della campagna fuori dal balcone. Sulla consolle, accanto a delle foto di famiglia, erano disposte delle bottiglie di vetro finemente lavorate contenenti vino marsala invecchiato e rosoli fatti in casa nelle diverse liete ricorrenze. Mentre assaggiavo quel buon nettare, riflettevo quanto lavoro ed esperienza erano stati necessari per gustare quel dolce vino liquoroso. Così ad ogni autunno, in silenzio, guardo fuori dal salone i colli e le brunite tegole. La mia storia è la storia di questo scorcio di terra pregno di sudore, di sole e amore. Il lavoro è magia lungo quei verdi filari, nel ribollio del mosto nelle botti ...
Giovanni Teresi
Re: Racconti Calendario BraviAutori 2018
E' passato tanto tempo, ma finalmente sono tornata.
Mi è pesato molto stare lontana da questo luogo di campagna abruzzese. Qui, tra gli incolti, appena poco distante dal sentiero acciottolato, ci sono i ruderi della mia casa.
Assaporo i minuti preziosi d'un incantesimo spalmato su orizzonti capovolti e la nostalgia fiorisce con un'esplosione di fiori dai petali giallo-oro, espande nell'anima cremisi.
Sento un brivido scorrermi nelle ossa. Forse lo stesso che accapponava la pelle della nonna e delle sue amiche che, di notte, si riunivano nel boschetto della mandragora.
Sotto i raggi della luna coglievano le campanelle bianche, la loro viola.
Se ne cibavano per piombare in letarghi misteriosi, quasi un'esorcizzazione della vita dura dei campi. Ne preparavano unguenti lenitivi usati a scopo terapeutico, rimedio a ogni male.
Poi, cedendo alle allucinazioni indotte dagli alcaloidi contenuti nei semi e nelle foglie della velenosa pianta, chiamata dalla scienza Datura stramonium (stramonio), si lasciavano andare a balli vorticosi, ridendo, gridando. S'innalzavano a demoniache contemplazioni, perduta la coscienza del mondo fisico e di ogni legame corporeo.
I benpensanti se ne tenevano lontani, salvo sfruttare all'occorrenza le loro capacità di guaritrici.
Sono molte le leggende della mia terra che narrano l'uso dello stramonio, oggi sostituito dalle comuni sostanze stupefacenti.
Il passato ritorna sempre traslando tragiche magie.
A proposito, ve l'ho detto?
Mia nonna era una strega.
Sandra Ludovici
Re: Racconti Calendario BraviAutori 2018
Veniva chiamata “la strada de la muerte” perché aveva abbracciato tante anime suicide. Si erano buttati giù dal ponte per tanti motivi: chi aveva perso il lavoro, chi aveva perso il proprio amore, chi per farsi ricordare. Solo in un caso era stato un brutto incidente e ogni volta che ci penso mi vien da piangere.
Stavo viaggiando il quel tratto di strada e per farmi compagnia mi stavo scolando una bottiglia di “ottimo” gin comprato in qualche bettola. Mentre ero assuefatto dai fumi dell’alcool e pigiavo l’acceleratore per “arrivare” prima vidi una ragazza che chiedeva un passaggio. Frenai di colpo e dopo aver aperto la porta l’autostoppista salì a bordo prendendo posto accanto a me. Era una bellissima donna dai capelli rosso fuoco e dai vestiti bagnati. Continuai la mia corsa. «Non correre in questo tratto di strada: è pericoloso.» Mi disse la donna subito dopo avermi detto il proprio nome.
«Perché non dovrei correre? Non c’è anima viva e poi ho delle consegne da fare.» risposi con un tono quasi arrabbiato.
«Frederick, ti ho detto di non correre. Ti prego!»
«Dimmi almeno perché e poi… come conosci il mio nome?»
«In questo tratto di strada sono morta e se non rallenti morirai anche tu.»
Pietro Sanzeri
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Re: Racconti Calendario BraviAutori 2018
L’ho sentito.
Ha bussato alla mia porta.
Ho fatto come mamma mi aveva detto, e ho iniziato a contare nella mente.
«Se non starai buona, arriverà il Linchetto».
I rumori non si sono fermati. L’ho immaginato graffiare la porta con forza.
«Fammi entrare. Sono solo un folletto».
Senza muovermi dal letto, ho sentito la porta cigolare e i suoi zoccoli arrivare ai miei piedi.
La sua risata mi dava i brividi. Ho finto di dormire, sperando che se ne andasse.
Il rumore del suo respiro si è fatto così debole da essere impercettibile. Ho sperato che se ne fosse andato e ho spostato la coperta per controllare la stanza.
Tutto troppo buio, impossibile vedere.
Ho allungato la mano verso il comodino e ho afferrato il cellulare. Avevo promesso alla mamma di spegnerlo, di lasciarlo in salotto, ma se ne era andata senza aspettare e io non avevo resistito.
«Se non starai buona, arriverà il Linchetto».
Avrei dovuto ascoltarla, mi sono detta, senza sentirmi in colpa.
Tutta una leggenda, ho pensato, mentre a tastoni sono riuscita a prendere il cellulare. Una luce leggera ha colpito il mio viso. Con le dita ho cercato in fretta e ho illuminato la stanza con il flash.
Alla mia sinistra non c’era niente.
Ai miei piedi, invece, ho scorto un’ombra strana.
Mi sono sporta in avanti, per vedere meglio, poi ho gridato nel cuore della notte.
Quando la mamma è entrata, il Linchetto non c’era, ma io ho giurato di averlo visto, con i suoi zoccoli, tirare appena il lenzuolo del mio letto.
Battute senza titolo: 1461
Autrice: Serena Barsottelli
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Re: Racconti Calendario BraviAutori 2018
La luna illuminava gli abeti e il laghetto, un chiarore argentato senza tempo se non fosse stato per i lampioni sul sentiero e le altri luci del paese.
- Ne hai sentito parlare? – chiese Sandro alla ragazza. - Sono leggende del posto. Mia nonna metteva un cesto di vimini fuori della porta per tenerle impegnate. L’anguana è obbligata a riempire il cesto con l’acqua e cercherà di farlo inutilmente fino all’alba, lasciando così in pace gli uomini.
- Che crudeltà. – mormorò lei.
- Ma le anguane sono spiriti malevoli, seducono gli uomini.
- Non uccidono nessuno. Forse, semplicemente se ne innamorano.
Sandro sorrise tra sé. Nel silenzio l’acqua del lago s’increspava con riflessi d’argento, come i capelli della ragazza.
- Fu sempre lì quel cesto, dai nonni, sulla soglia di casa, ma era rovinato e l’ho buttato. Finito il restauro ne metterò uno nuovo.
- Temi anche tu le anguane?
- Beh, gridano nella notte e non ti fanno dormire, aspettano nel buio e ti portano nelle caverne.
- Non hai detto che vivono nel lago?
- Alcune sì. Quelle più belle. – Si girò verso la ragazza e incrociò i suoi occhi. Belli, sognanti, argentati.
- Da giovane mio nonno ne vide una. – mormorò, allungando una mano a sfiorarle una gamba sotto la gonna leggera. – Ma era riuscito a sfuggirle.
Si fermò di colpo sentendo fredde squame di pesce al posto della tiepida pelle che si aspettava. Non riusciva più a sciogliersi dall’abbraccio.
- Non mi è sfuggito. - ghignò la ragazza argentata. – Mi promise un suo discendente.
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Re: Racconti Calendario BraviAutori 2018
Da quando aveva trovato quel soldo d’oro, per Mario erano cominciati i problemi. E lui che non voleva credere a chi diceva che trovare dell’oro sotto terra portava male, perché era del diavolo. Decise allora che sarebbe andato da Don Aldo, parroco della vicina canonica. Il prelato lo ricevette nella sacrestia, incuriosito da quella strana richiesta.
- Allora?
- Allora che?
- No, dico, mi dovevi parlare, no? Eccomi qui.
- Io ho chiesto di vedervi non per parlare, che non ho nulla da dire, ma per darvi questo.
Il prete prese dalle mani di Mario la moneta d’oro e la guardò alla luce della lampadina che penzolava dal soffitto.
- Dove l’hai presa?
- L’ho trovato.
- Dove?
- Che v’importa a voi.
- L’hai rubata? Guarda che è peccato mortale.
- E a chi? Comunque l’ho trovato sul podere vicino alla fonte del Palo. È venuto fuori dalla terra mentre lavoravo di vanga.
- Perché l’hai portata qui? Che dovrei farci, secondo te?
- Magari lo potete ridare al proprietario, se ne avete il coraggio.
Segnandosi il volto Mario uscì velocemente dalla stanza, lasciando la moneta al prete, convinto di essersi sgravato di tutti i problemi dei quali credeva fosse la causa. Don Aldo mise la moneta in un cassetto. Conosceva le debolezze dei suoi superstiziosi parrocchiani, ma stavolta forse aveva trovato il modo di trarre del bene anche da quelle assurde dicerie. Il prossimo natale sarebbe stato meno duro per i poveri disgraziati che vivevano di sola elemosina.
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Re: Racconti Calendario BraviAutori 2018
Il mare era stranamente calmo. La luna piena irraggiava una luce pallida. All’orizzonte, tante piccole imbarcazioni e il vecchio Sciamano non proferiva parola mentre le scrutava. Nel continente Africano il vecchio era una leggenda. Lo supplicavano per avere notizie dei propri cari che si erano imbarcati verso le coste Italiane. Lui lo sapeva perché non davano notizie... All'improvviso diede ordine ai suoi uomini di fermarsi. I suoi occhi si rigarono di lacrime... Decine e decine di corpi di fratelli Africani galleggiavano sull'acqua. La sua collera divenne furia. Urlò forte verso il cielo finché una saetta toccò l'acqua rischiarando a giorno. Poi il silenzio. Un uomo gridò indicando il mare... "Guardate, si muovono". Era vero... Tutti quei corpi si stavano muovendo e si prostravano davanti allo Sciamano. Lui alzò le braccia al cielo e tuonò: "Andate!". Tutti ubbidirono e puntarono le coste dei paesi che li avevano respinti. Attaccarono subito i centri di accoglienza e i loro fratelli che ce l'avevano fatta si inginocchiavano. Avevano capito che era giunta l'ora della vendetta. Un solo morso sul collo e immediatamente si trasformavano in zombie famelici in cerca di carne dei bianchi. Cominciarono dalle coste inoltrandosi poi sempre più su verso il centroeuropa. Le pallottole degli eserciti erano inutili. Non si poteva uccidere una persona già uccisa. Lacerarono, sbranarono senza pietà. Inarrestabili, In pochi mesi conquistarono l'intero pianeta lasciando per ultima la Città di Washington dove risiedeva il presidente degli Stati Uniti. Lui li stava aspettando... All'arrivo dei fratelli neri si inginocchiò memore di tutti gli anni di soprusi che il suo paese aveva perpetrato ai loro danni e commosso inarcò il collo pronto al morso salvatore... Avrebbe guidato il suo popolo verso la fine della conquista dell'intero pianeta.
I sette vizi capitali
antologia AA.VV. di opere ispirate alle inclinazioni profonde, morali e comportamentali dell'anima umana
A cura di Massimo Baglione.
Contiene opere di: Marco Bertoli, Federico Mauri, Emilia Pietropaolo, Francesca Paolucci, Enrico Teodorani, Umberto Pasqui, Lidia Napoli, Alessandro Mazzi, Monica Galli, Andrea Teodorani, Laura Traverso, Nicolandrea Riccio, F. T. Leo, Francesco Pino, Franco Giori, Valentino Poppi, Stefania Paganelli, Selene Barblan, Caterina Petrini, Fausto Scatoli, Andr60, Eliana Farotto.
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Cuori di fiele
antologia di opere ispirate all'ineluttabile tormento
A cura di Roberto Virdo'.
Contiene opere di: Marcello Rizza, Ida Daneri, Francesca Paolucci, Enrico Teodorani, Mario Flammia, Francesca La Froscia, Ibbor OB, Alessandro Mazzi, Marco Fusi, Peter Hubscher, Marco Pugacioff, Giacomo Baù, Essea, Francesco Pino, Franco Giori, Umberto Pasqui, Giacomo Maccari, Annamaria Ricco, Monica Galli, Nicolandrea Riccio, Andrea Teodorani, Andr60.
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B.A.L.I.A.
Buona Alternativa alla Lunga e Illogica Anzianità
Siamo nel 2106. BALIA accudisce gli uomini con una logica precisa e spietata, in un mondo da lei plasmato in cui le persone nascono e crescono in un contesto utopico di spensieratezza e di bel vivere. BALIA decide sul controllo delle nascite e sulle misure sanitarie da adottare per mantenere azzerato l'incremento demografico e allungare inverosimilmente la vita di coloro che ha più a cuore: gli anziani.
Esiste tuttavia una fetta di Umanità che rifiuta questa utopia, in quanto la ritiene una distopia grave e pericolosa.
BALIA ha nascosto il Passato ai suoi Assistiti, ma qualcuno di questi ha conservato i propri ricordi in un diario e decide di trascriverli in una rischiosa autobiografia. Potranno, questi ricordi, ripristinare negli Assistiti quell'orgoglio di vivere ormai sopito? E a che prezzo?
Di Ida Dainese e Massimo Baglione.
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Nota: questo libro non proviene dai nostri concorsi ma è opera di uno o più soci fondatori dell'Associazione culturale.
La Gara 38 - Sorpresa!
A cura di Lodovico.
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La Gara 57 - Imbranati
A cura di Carlocelenza.
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La Gara 25 - Dietro la maschera!
A cura di Morgana Bart e Tullio Aragona.
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