La storia della strega di Hansel e Gretel

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Sondaggio concluso il 22/06/2022, 1:00

1 – Le fiabe non mi piacciono, sono cavolate per mocciosi, non sprecare così il tuo tempo.
0
Nessun voto
2 – Per carità, ci hai provato, cerca però di crescere un po’, che caspita!
0
Nessun voto
3 – Effettivamente qualcosa si può imparare dalle favole, però preferisco generi più seri.
3
33%
4 – Storia carina, mi sono emozionato per i due fratellini.
5
56%
5 – Bel racconto, bravo, mi hai fatto venire voglia di rileggermi le favole dei fratelli Grimm.
1
11%
 
Voti totali: 9

Messedaglia
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La storia della strega di Hansel e Gretel

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In una casa in mezzo al bosco viveva la vecchia Gertrude. Non avendo figli, ed essendo benvoluta da tutti, spesso si occupava di accudire i bambini degli abitanti del villaggio quando i genitori andavano al lavoro nei campi o a caccia di animali selvatici. Quel giorno erano con lei Amelie, la figlia del capo del villaggio, Ludwig e Karl, fratelli gemelli, e poi Jacob, Marie, Wilhelm, Sophia e Michael. Amelie stava giocando con delle statuine di legno allorché, d’un tratto, corse in braccio all’anziana signora: “Dai Gertrude, raccontaci una fiaba!”
La donna accarezzò la bimba e poi, con lei sempre in braccio, andò a sedersi sulla sedia vicino al camino. Il fuoco scoppiettava allegramente. “Su pargoli, venite qua, vi racconterò la favola di Hansel e Gretel.”
”Sììììììììììì!” Un coro di voci inondò la stanza, e le innocenti creature si radunarono intorno a Gertrude. “Da dove comincio? Ah sì, c’era una volta un taglialegna, che viveva in una piccola casetta insieme alla seconda moglie e ai due figli Hansel e Gretel. A seguito di una terribile carestia l’uomo, già molto povero, non ebbe più di che sfamare la sua famiglia. Una sera, mentre si rigirava inquieto nel letto, disse alla moglie: stiamo sprofondando nella miseria più nera, il cibo ormai non basta più, domani porterò i bambini in mezzo alla foresta e li abbandonerò. Non puoi farlo, verrebbero sbranati dalle belve! mormorò la donna. Ma, nonostante le sue rimostranze, la decisione fu presa. All’alba, il padre e i due bimbi si avviarono nel bosco a far legna…”
Nel silenzio della stanza risuonava la voce rauca di Gertrude mentre i piccini, ammaliati, pendevano letteralmente dalle sue labbra. Ogni tanto, in seguito a un colpo di scena o quando la narrazione si faceva più cupa, si udivano dei gemiti o delle esclamazioni di paura provenire dal gruppetto di giovani ascoltatori. Con le mani qualcuno si copriva le orecchie, qualcun altro la bocca, qualcun altro ancora gli occhi. Ma ogni volta le scimmiette riprendevano coraggio, mantenendosi concentrati sulle vicende dei due fratellini: sarebbe stato davvero un peccato perdersi anche solo una singola sillaba di quella storia così avvincente e appassionante.

“Nel buio del bosco Gretel piangeva, mentre il fratello cercava di consolarla…”
Ludwig e Karl, i due gemelli, si abbracciarono forte, confortandosi a vicenda.

“In lontananza scorsero una casetta, e si misero a correre verso di essa…”
Marie inconsciamente tirò un pizzicotto a Wilhelm, che era così preso dal racconto da non accorgersi del gesto di nervosismo della sua amichetta.

“Hansel, il muro è fatto di marzapane, senti com’è buono!!”
Michael e Sophie si passarono la lingua sulle labbra, quasi stessero pregustando quella leccornia di cui, in realtà, ignoravano completamente il sapore.

“Una vecchina li accolse in casa e preparò per loro una cena squisita...”
Nonostante la scena a prima vista idilliaca, i bimbi puntarono all’unisono il dito nel vuoto, in un gesto di accusa nei confronti dell’ospite truffaldina.

“Hansel fu rinchiuso in una gabbia e messo all’ingrasso…”
Amelie si mise le mani nei capelli, nel timore che, non si sa per quale insano motivo, Gertrude decidesse di cambiare il finale della ormai, almeno per lei, trita e ritrita fiaba…

“Gretel spinse la strega dentro il forno con tutta la forza che aveva…”
…ma tirò un sospiro di sollievo quando capì che la storia si sarebbe conclusa come sempre.

La favola volgeva ormai al termine, l’attenzione dei bimbi, nonostante l’avessero ascoltata infinite volte, era tuttavia ancora spasmodica.
“La strega ha avuto quello che si meritava! Urlò Gretel. Poi corse a liberare il fratello. I due bambini, prima di abbandonare quel luogo allo stesso tempo così dolce e così tetro, fecero scorta di dolciumi per il viaggio di ritorno. Con loro grande meraviglia, scoprirono che le monete di cioccolato che avevano trovato in un vecchio baule erano invece… d’oro! Si riempirono le tasche con il piccolo tesoro e si avviarono per il sentiero del bosco da cui erano arrivati. Camminarono per giorni e giorni, senza purtroppo ritrovare la via di casa. Hansel, ci siamo persi, non riusciremo più a tornare al nostro villaggio! Piagnucolò la bimba. Temo che si tratti di un maleficio di quella fattucchiera, che ci ha portato lontano dalla via del ritorno, ma non ti preoccupare, Gretel, abbiamo ucciso una strega, nulla ormai ci può più far paura, noi due insieme siamo invincibili! E da allora non si seppe più nulla dei due fratellini… Bambini, vi è piaciuta la favola?” Chiese Gertrude.
“Ma Hansel e Gretel non sono più tornati a casa? Non hanno più rivisto il loro papà? Che storia triste!” Disse Amelie, mentre una lacrima le rigava il viso.
“Bambina mia, lo sai bene che i due fratellini non si ricongiunsero più alla loro famiglia, vi ho raccontato questa fiaba centinaia di volte… Ma sono sicura che poi hanno avuto una vita lunga e felice. E adesso ditemi, qual è la morale che vi ho insegnato?” “Che al mondo ci sono degli esseri cattivi e malvagi da cui dovremo sempre stare alla larga. E che dobbiamo crescere in fretta, in modo da imparare ad affrontare da soli le difficoltà della vita!” Risposero in coro i fanciulli.

Dopo che i bambini se ne furono andati, Gertrude si mise a meditare, lo sguardo perso verso chissà quali orizzonti, seduta sulla sedia a dondolo. D’un tratto si alzò e andò a recuperare alcune logore pagine di giornale da un vecchio cassetto. In una spiccava un titolo a caratteri cubitali: ‘Purtroppo nessuna nuova sui due poveri bimbi scomparsi’. E in un’altra: ‘L’oscurità del bosco ha inghiottito due giovanissime anime.’ E ancora: ‘Una tragedia ha sprofondato una famiglia e l’intero nostro villaggio nella disperazione più cupa.’ ‘Un padre muore di crepacuore.’ Gertrude sospirò. Iniziò poi a parlare ad alta voce, come se non le bastasse evocare solo nella sua mente quei tristi ricordi. “Hans, Greta, non avete fatto più ritorno a casa. Questa è la vita. Non sempre le cose vanno come vorremmo…” Si sedette al tavolo e, mentre con movimenti veloci delle mani distribuiva i ritagli di giornale sul legno, quasi fossero le tessere di un mosaico, emozioni di varia natura si alternavano sul suo volto: dolore, sgomento, rassegnazione. Quando gli occhi si posarono su un ultimo articolo di giornale, sorrise malinconicamente: “Giustizia è stata fatta, la strega di Hansel e Gretel è bruciata sul rogo.” Tornò a sedersi sulla sedia a dondolo. I ricordi piano piano riaffioravano nella sua testa. Non si accorse che, di nuovo, parlava ad alta voce. “Sì, rammento ogni dettaglio di quel processo. I due ragazzini erano scomparsi ormai da alcuni mesi quando la vecchia fu arrestata. Fin dal giorno in cui la donna, pochi anni prima, si era trasferita nella nostra valle da non si sa dove, avevano cominciato a circolare strane dicerie… Lei, che adescava i bambini con quelle porcherie fatte di zucchero e miele. Ma che non si accontentava di ingannare solo le giovani menti. Blandiva anche gli adulti con pozioni e filtri che, a suo dire, avrebbero guarito da qualunque genere di sofferenza fisica e morale. Per tutti gli abitanti del villaggio fu chiaro e lampante fin da subito che fosse lei la causa della sparizione dei due disgraziati, ma l’Institor si decise a farla imprigionare soltanto dopo la catastrofica siccità che, quell’estate, funestò la nostra valle…” All’improvviso gli occhi le si riempirono di lacrime, che copiose si incanalarono nelle increspature del volto rugoso e raggrinzito. Emozioni lontane, che ormai credeva smarrite in una vita passata, eruppero impetuosamente dal suo petto come se, a differenza di quanto sostenuto da un antico adagio, il tempo non contribuisse a cicatrizzare anche le ferite più profonde dell’anima. Strinse i pugni con una violenza inaspettata per quella, almeno in apparenza, fragile vecchina, fino a conficcarsi le unghie nella pelle dei palmi delle mani. “Maledetta! È stata per colpa sua se ho perso i miei amati figli! Io, povera stolta, che all’inizio, come tutti gli altri, mi sono fidata di lei. Nel corso del processo venne a galla tutto, dalle sue misture fatte di fiori di pervinca e di lombrichi, capaci di risvegliare l’amore del marito fedifrago, ai filtri magici per rendere fertili o, al contrario, sterili, le donne che per opposte esigenze si rivolgevano a lei. E quando restituì la parola a un bambino muto? Non era questa la prova che avesse stretto un patto scellerato con il diavolo? E quelle guarigioni sospette, grazie a pozioni che soltanto uno spirito maligno avrebbe potuto preparare. Sì, lei era una strega, non c’era ombra di dubbio. Ma cosa rispondeva alle accuse che le venivano rivolte? Che lei era una modesta levatrice, che gioiva nel circondarsi di bambini e nell’offrire loro succulente pietanze che i genitori, troppo poveri, non potevano permettersi. Spiegò, spergiurando, che quando si rese conto di saper sfruttare con maestria i prodotti del suo orto e del pascolo non solo per l’estasi del palato, ma anche per dar sollievo ai mali, del corpo e del cuore, che affliggono gli esseri umani, comprese che questa era la sua missione. Schifosa mentitrice! Lurida ipocrita! L’institor, abbindolato dalle sue sordide menzogne, esitava nell’emettere la sentenza di morte. Bisognava fare qualcosa, c’era il rischio che quella viscida serva del demonio rimanesse impunita… Andai da lui e gli dissi che avevo delle informazioni importanti da rivelare. Testimoniai di averla seguita durante una notte di plenilunio e, nascosta dietro a un cespuglio, di averla vista partecipare a un sabba satanico e unirsi carnalmente a Lucifero, munito di corna e zoccoli da capro. E così fu condannata a espiare le sue colpe su un rogo purificatore! Ahr, ahr, ahr, ahr!” Una risata isterica si impadronì della vecchia Gertrude, che si alzò in piedi agitando i pugni e continuando il suo monologo: “sì, maledetta, i tuoi spregevoli intrugli, considerati infallibili, hanno invece causato la morte dei miei poveri figlioli ammalati! Paul, Marcus… E quando mi sono risposata con quello sciocco e patetico taglialegna, l’amore che lo legava ai suoi due figli mi faceva ardere di invidia. Così poveri loro ma, nonostante tutto, così felici... Io al contrario avevo perso i miei, di figli. Non potevo accettarlo. Convinsi il mio stupido marito ad abbandonare i due mocciosi in un luogo inaccessibile, da cui mai avrebbero fatto ritorno, spiegandogli che avremmo potuto facilmente incolpare la vecchiaccia della scomparsa dei bambini. Là bastava affermare di aver anche solo intravisto una donna volare su una scopa, per bollarla per sempre come strega. E per farla marchiare in modo indelebile con il segno del fuoco. Senza necessità di una minima controprova… E quando lo stolto spaccalegna ebbe dei ripensamenti, dovetti avvelenarlo. Tutto è stato perfetto, non ho avuto alcuna difficoltà a incolpare la sporca befana anche della sua morte!” Gertrude si avvicinò alla finestra e guardò fuori, come se nel buio della notte ci fosse qualcosa o qualcuno da osservare. “E questi bambini, così spensierati e gioiosi… Li ammazzerei tutti! Ma devo stare molto attenta. Qua, se si insinua il minimo sospetto che tali pensieri attraversano la mia mente, nel giro di un battito di ciglia mi ritrovo a bruciare su una catasta di legna….” La vecchia si adombrò, mentre una sgradevole sensazione di sgomento si faceva largo nel petto. Ma quel senso di oppressione non durò che pochi, per quanto intensi, istanti. Subito i lineamenti del viso si distesero, componendosi in quel sorriso ammaliatore tanto caro agli abitanti, grandi e piccoli, del villaggio. Si risedette sulla sedia a dondolo, la testa leggermente reclinata all’indietro, le mani appoggiate sui braccioli, l’espressione del volto soave e angelica.
Ultima modifica di Messedaglia il 17/05/2022, 17:34, modificato 2 volte in totale.
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Le fiabe mi piacciono, quindi...
In questo momento ho le favole dei Grimm (la versione originale del 1820, non quella successivamente edulcorata credendo che le fiabe siano cose per bambini) sul mio comodino, e ho già letto l'originale "Hansel e Gretel", quindi...
Il tuo stile e la tua tecnica sono sempre impeccabili, quindi...
Quindi.
Quindi DEVO leggere il tuo racconto da un altro punto di vista. La fiaba nota è una scusa (ottima), il plot-twist è una chiave d'aggancio (ottimo), la storia parla d'altro e riesce a farlo in uno spazio abbastanza ridotto.
Quindi, mi piace ciò di cui parla il tuo racconto? La "strega", una curandera, è la povera vittima di un'altra strega che resta nell'ombra: il male non mostra mai il proprio vero volto, fugge le punizioni, le fa infliggere ad altri, e resta in attesa di potersi esprimere di nuovo. Inoltre, non bisogna credere troppo nelle soluzioni "semplici" ed evidenti.
Nondimeno, qualcosa mi resta di incompiuto: la strega non è quella ma un'altra, ma sempre megera è. Come se il male non potesse cambiare il proprio aspetto, che invece è esattamente prerogativa del male.
Ecco, sei andato nella giusta direzione quando Hans e Greta sono stati abbandonati dalla loro madre adottiva, ma ormai nel racconto era già consolidato l'aspetto della vecchina. Se riuscissi a spezzare quest'idea e opporre alla curandera l'idea della madre (ancora meglio, mamma) adottiva giovane, bella e seducente, allora avresti realizzato perfettamente questo racconto, nel quale davvero il bene e il male invertono i propri ruoli.
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Una sovrapposizione di fatti e di persone che io leggo come una specie di doppia personalità della protagonista.Il racconto sembra la descrizione di un delirio interiore più che una narrazione di fatti.Lo dico apprezzando e non criticando, dato che le parole sono bene usate e il dramma ben descritto.
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Ciao! Ho letto il tuo avvincente racconto d'un fiato. Non mi ha catturato subito, ma man mano ho iniziato a calarmi nella psiche di Gertrude e coglierne il delirio, che la conduce a svelare la sua segreta pulsione omicida nei confronti dei bambini che si raccolgono intorno a lei fiduciosi. Poi il ritrovare la calma e quel riassumere l'aspetto sorridente e rassicurante di sempre. Aggiungi qualcosa del moderno serial killer ai tradizionali serial killer delle fiabe. Veramente bravo!
Vorrei essere il mare che si muove per rimanere se stesso e più di tanto non lo sposta il vento. Fragile ma tenace.
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Un'interessante riscrittura della crudelissima fiaba dei fratelli Grimm. O meglio, quasi uno spin-off, un racconto che si sovrappone alla storia originaria, con un ribaltamento dei ruoli tra buoni e cattivi. O almeno uno sfumare dei contorni tra personaggi più o meno negativi. L'unica cosa che un po' mi sfugge è perché la vecchia invece di ripensare alla vicenda se la racconta a voce alta. Poteva avere un senso se ci fosse stato qualcuno (i bambini) ad origliare, così non so, mi sembra che tolga efficacia alla seconda parte.
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Adoro le fiabe e ho letto con molto piacere la tua rivisitazione. Tra l'altro Hansel e Gretel è pure una delle mie preferite. Ottima l'idea che sia stata la matrigna dei due fratellini a far ricadere le colpe della loro sparizione sulla strega della casetta di marzapane. La scrittura è scorrevole, ho letto il tuo racconto con molto piacere. Morale della fiaba: mai fermarsi alle apparenze :D
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Marino Maiorino ha scritto: 16/04/2022, 10:30 Le fiabe mi piacciono, quindi...
In questo momento ho le favole dei Grimm (la versione originale del 1820, non quella successivamente edulcorata credendo che le fiabe siano cose per bambini) sul mio comodino, e ho già letto l'originale "Hansel e Gretel", quindi...
Il tuo stile e la tua tecnica sono sempre impeccabili, quindi...
Quindi.
Quindi DEVO leggere il tuo racconto da un altro punto di vista. La fiaba nota è una scusa (ottima), il plot-twist è una chiave d'aggancio (ottimo), la storia parla d'altro e riesce a farlo in uno spazio abbastanza ridotto.
Quindi, mi piace ciò di cui parla il tuo racconto? La "strega", una curandera, è la povera vittima di un'altra strega che resta nell'ombra: il male non mostra mai il proprio vero volto, fugge le punizioni, le fa infliggere ad altri, e resta in attesa di potersi esprimere di nuovo. Inoltre, non bisogna credere troppo nelle soluzioni "semplici" ed evidenti.
Nondimeno, qualcosa mi resta di incompiuto: la strega non è quella ma un'altra, ma sempre megera è. Come se il male non potesse cambiare il proprio aspetto, che invece è esattamente prerogativa del male.
Ecco, sei andato nella giusta direzione quando Hans e Greta sono stati abbandonati dalla loro madre adottiva, ma ormai nel racconto era già consolidato l'aspetto della vecchina. Se riuscissi a spezzare quest'idea e opporre alla curandera l'idea della madre (ancora meglio, mamma) adottiva giovane, bella e seducente, allora avresti realizzato perfettamente questo racconto, nel quale davvero il bene e il male invertono i propri ruoli.
Ciao Marino,
condivido il tuo pensiero, le fiabe dei fratelli Grimm, naturalmente nella versione originale e non in quella edulcorata che ai giorni nostri va per la maggiore, sono davvero interessanti e mostrano uno spaccato di quei tempi sinistro e inquietante, altro che favole per bambini… Sto imparando a conoscerle tramite degli audiolibri che, quando riesco (il tempo è tiranno), ascolto con molto piacere. Il percorso per ascoltarle tutte è ancora molto lungo, si tratta, considerando anche versioni diverse dello stesso racconto, di quasi 300 storie…
Grazie per il tuo commento e per i tuoi suggerimenti, magari in futuro cercherò di approfondire il contrasto tra bene e male, concetti apparentemente lontani ma spesso così vicini da intersecarsi a tal punto che diventa (quasi) impossibile distinguere l’uno dall’altro, eh già, argomento affascinante ma allo stesso per nulla semplice da affrontare.
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Myname ha scritto: 18/04/2022, 3:49 Una sovrapposizione di fatti e di persone che io leggo come una specie di doppia personalità della protagonista.Il racconto sembra la descrizione di un delirio interiore più che una narrazione di fatti.Lo dico apprezzando e non criticando, dato che le parole sono bene usate e il dramma ben descritto.
Grazie Myname per il commento!
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Domenico Gigante ha scritto: 18/04/2022, 20:53 Ciao! Ho letto il tuo avvincente racconto d'un fiato. Non mi ha catturato subito, ma man mano ho iniziato a calarmi nella psiche di Gertrude e coglierne il delirio, che la conduce a svelare la sua segreta pulsione omicida nei confronti dei bambini che si raccolgono intorno a lei fiduciosi. Poi il ritrovare la calma e quel riassumere l'aspetto sorridente e rassicurante di sempre. Aggiungi qualcosa del moderno serial killer ai tradizionali serial killer delle fiabe. Veramente bravo!
Ciao Domenico,
troppo buono, grazie mille!
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RobertoBecattini ha scritto: 19/04/2022, 0:25 Un'interessante riscrittura della crudelissima fiaba dei fratelli Grimm. O meglio, quasi uno spin-off, un racconto che si sovrappone alla storia originaria, con un ribaltamento dei ruoli tra buoni e cattivi. O almeno uno sfumare dei contorni tra personaggi più o meno negativi. L'unica cosa che un po' mi sfugge è perché la vecchia invece di ripensare alla vicenda se la racconta a voce alta. Poteva avere un senso se ci fosse stato qualcuno (i bambini) ad origliare, così non so, mi sembra che tolga efficacia alla seconda parte.
Ciao Roberto, ho fatto parlare la vecchia ad alta voce per dare maggior enfasi alle emozioni che si agitavano in lei, a tal punto che, in parte inconsapevolmente, ha dovuto esternarle a parole. Un po' come quando si pensa a un fatto passato che ci fa bruciare così tanto di rabbia che non ci si limita a rimembrare l'evento nella propria mente, ma magari si comincia a imprecare e a sbattere il pugno sul tavolo, una sorta di piccolo sequestro emotivo... Ovviamente l'espediente può piacere come non piacere.
Grazie per aver letto e commentato il mio racconto!
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FraFree ha scritto: 20/04/2022, 14:14 Una rivisitazione intrigante e anche realistica della fiaba. Qui il ruolo della cattiva, la strega, viene ribaltato. Il "malvagio" non è sempre chi ha l'etichetta per convenzione, ma può esserlo chiunque, anche le persone meno pensate.
Fra
Grazie FraFree per aver letto e commentato il racconto!
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Alycetta7 ha scritto: 20/04/2022, 21:07 Adoro le fiabe e ho letto con molto piacere la tua rivisitazione. Tra l'altro Hansel e Gretel è pure una delle mie preferite. Ottima l'idea che sia stata la matrigna dei due fratellini a far ricadere le colpe della loro sparizione sulla strega della casetta di marzapane. La scrittura è scorrevole, ho letto il tuo racconto con molto piacere. Morale della fiaba: mai fermarsi alle apparenze :D
Grazie mille Alycetta7!
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Re: La storia della strega di Hansel e Gretel

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Tra parentesi, nella versione originale è davvero la madre dei bambini a convincere il marito di abbandonarli nel bosco...
TA-ta-TAAAAA! :-D
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Re: La storia della strega di Hansel e Gretel

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Marino Maiorino ha scritto: 23/04/2022, 10:25 Tra parentesi, nella versione originale è davvero la madre dei bambini a convincere il marito di abbandonarli nel bosco...
TA-ta-TAAAAA! :-D
Già, leggendola pensavo: "Che ###onza questa matrigna!" Chissà perché in queste favole è ricorrente il tema della matrigna cattiva, in fondo ci sono tanti genitori (direi la maggioranza) che amano i figli acquisiti come se li avessero concepiti.
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Re: La storia della strega di Hansel e Gretel

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Purtroppo basta rifarsi al tempo e considerare che, con l'umanità allo stato "naturale" (prima degli ospedali, della profilassi, dell'igiene e delle cure mediche gratuite per tutti), c'è un'incidenza di morti per parto del 20%...
Ti nascono due bambini, nel parto muore tua moglie, hai 25 anni al massimo (visto che l'aspettativa di vita era quella che era), che fai? Non ti risposi?
E la donna (ragazzina, comunque) che prendi come seconda moglie, che amore nutrirà verso dei neonati (passa dalle bambole ai pestiferi urlanti) non suoi?
Terribile!
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Re: La storia della strega di Hansel e Gretel

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Marino Maiorino ha scritto: 23/04/2022, 11:42 Purtroppo basta rifarsi al tempo e considerare che, con l'umanità allo stato "naturale" (prima degli ospedali, della profilassi, dell'igiene e delle cure mediche gratuite per tutti), c'è un'incidenza di morti per parto del 20%...
Ti nascono due bambini, nel parto muore tua moglie, hai 25 anni al massimo (visto che l'aspettativa di vita era quella che era), che fai? Non ti risposi?
E la donna (ragazzina, comunque) che prendi come seconda moglie, che amore nutrirà verso dei neonati (passa dalle bambole ai pestiferi urlanti) non suoi?
Terribile!
Sì, è una possibile spiegazione, effettivamente tutto va sempre contestualizzato. Di fatto queste favole sono una chiave di lettura della realtà di quei tempi (dove tutto viene estremizzato, almeno spero...)
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Re: La storia della strega di Hansel e Gretel

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Sì, è un mondo nel quale "la gioia e le lacrime sono affilate come lame di spada" (citazione a spanne).
Ma è così che riescono nel loro obiettivo di trasmettere qualcosa: legando l'insegnamento a una forte emozione.
«Amare, sia per il corpo che per l'anima, significa creare nella bellezza» - Diotima

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Questo racconto non mi ha convinto, un po' per i motivi detti da altri un po' perché oscuro e a me l'oscuro non piace.
Niente di personale naturalmente, ma io sono fatta così, non sono una di quelle che giocano al "lecca e vinci"...
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Apa777 ha scritto: 01/05/2022, 14:55 Questo racconto non mi ha convinto, un po' per i motivi detti da altri un po' perché oscuro e a me l'oscuro non piace.
Niente di personale naturalmente, ma io sono fatta così, non sono una di quelle che giocano al "lecca e vinci"...
Ciao Apa777, non sono sicuro di aver colto il significato del riferimento al "lecca e vinci", grazie comunque di aver letto il mio racconto, anche se l'argomento non rientra tra quelli di tuo gradimento.
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Bello! Ho iniziato a leggere con un po' di, , . diffidenza, diciamo, perché mi aspettavo una qualche specie di rivisitazione. Invece poi sono stato preso un po' dalla trama e un po' da come la racconti, tanto che una volta arrivato alla fine ho dovuto rileggere per godermi quel che mi ero perso all'inizio. E mi è piaciuto di nuovo, anche perché sei partita dalla fiaba per raccontare un'altra storia, tragica e crudele magari, ma più realistica di quello che uno potrebbe pensare.
Non è che hai in mente altri racconti derivati da fiabe o simili? A me piacciono moltissimo tutte le storie che incrociano e giocano con altre storie…
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Prendi le mosse dalla nota fiaba dei fratelli Grimm, che in realtà rielaborarono in chiave moderna le fiabe della tradizione germanica: Biancaneve, Hansel e Gretel, Cappuccetto Rosso e via discorrendo. Nella fiaba dei Grimm l'adorabile vecchina attira i due poveri bimbi nella sua casa con la gentilezza, offre loro cibo e rifugio per rivelare poi la sua vera natura. Ma i due riescono a destreggiarsi, a difendersi, e uccidono infine la vecchia; anzi trovano dell'oro in casa sua e riportano la ricca preda al genitore, che li accoglie con affetto.
La morale della fiaba mi pare evidente: arrivati a un certo punto i genitori devono lasciare i figli soli e questi devono cavarsela da sé. Devono quindi crescere, emanciparsi dai genitori. E l'emancipazione è un percorso difficoltoso, pericoloso, un bosco buio, e spesso letale. Ma quando riusciranno essi potranno far ritorno a casa con la certezza comunque di essere ben accolti, anzi saranno proprio loro a portare ricchi doni e a nutrire i genitori ormai vecchi. Naturalmente nel racconto fiabesco sono nascosti anche molteplici simboli (da sym-ballo, ciò che unisce, il cui contrario è diavolo, dia-ballo, ciò che divide) quali la paura della fame come timore della morte, la madre come fonte di nutrimento e quindi di vita che all'occasione si trasforma nel suo opposto, colei che toglie nutrimento e vita. La contrapposizione donna madre donna strega, tra vita e morte, entrambe rappresentate al femminile. E anche il cibo come simbolo della vita, ma pure dell'amore.
E via discorrendo.
Nella tua fiaba, parti dal racconto nel racconto. Gertrude racconta che... e nella ripetizione, nella routine i bambini trovano la loro sicurezza. Anche qui la routine è un simbolo e lo adoperi correttamente. Gertrude poi si rivela al lettore per quella che è. Una donna madre e moglie felice un tempo ma poi, per la perdita della famiglia, divorata dai rimorsi a cui ha replicato con il risentimento verso tutti coloro che le apparivano felici. Un altro simbolo adoperato correttamente, la donna che dà la vita e la donna che la toglie, la vita contrapposta alla morte, ma anche l'impossibilità di raggiungere la felicità se non con la maternità, se non offrendo dei figli vivi al mondo. Ma la morale invece, trattandosi di una fiaba, quale potrebbe essere? In qualche modo quella di non fermarsi alle apparenze nel giudicare e nel far attenzione a prestar fiducia. Ma per esser tale dovrebbero essere i bambini in qualche modo ad effettuare la scoperta dopo l'inganno. Dovrebbero cioè vivere l'inganno e reagire a questo. Quindi da questo punto di vista la storia mi pare un po' monca.
Ti segnalo, dal punto di vista formale, "che trovarono in un vecchio baule" che avevano trovato.
E la mancanza di una virgola prima di Gretel poco dopo.
Nella gestione visiva degli spazi nei discorsi diretti ti sei un po' complicato la vita allargando e formando dei paragrafi.

Altro punto, i fratelli Grimm scrivevano nel XIX secolo favole ambientate nel XVII secolo. Ai tempi di Hansel e Gretel dunque non esistevano i quotidiani, ma in quello dei Grimm certo sì. Ma se nel XVII secolo poteva ancora accadere che qualche donna venisse condannata a morte per stregoneria (ma bruciata era davvero difficile. Ho un bel volume con tutti i processi della Santa Inquisizione a Palermo nel XVII secolo e alla fine bruciavano vive nell'auto da fé solo pochissime disgraziate che erano completamente fuori di testa), ai tempi dei Grimm no di certo. Quindi la collocazione temporale del racconto mi pare un po' ambigua a causa di quel riferimento ai ritagli di giornale. Dal punto di vista logico poi mi pare un'incongruenza quando scrivi che Gertrude fa condannare la vecchina al rogo testimoniando di averla vista partecipare a un sabba infernale quando poi, immagino tempo dopo, avendo consigliato il suo nuovo marito di abbandonare i figliastri nel bosco, pensare di poter dare la colpa alla vecchina della loro scomparsa. Ma non era stata bruciata?
Spero di averti dato qualche dritta utile per definire quello che a ogni modo mi pare un buon racconto e una fiaba molto godibile.
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Bravoautore ha scritto: 09/05/2022, 5:02 Un intreccio interessante che propone un dubbio aldi là di quanto é scritto: le due donne sono la stessa persona?
Il racconto sembra essere una fantasia piú che la descrizione di fatti, la fantasia di una mente che viaggia su una doppia linea.
Ciao Bravoautore, grazie di aver letto e commentato il mio racconto.
Ultima modifica di Messedaglia il 17/05/2022, 17:38, modificato 1 volta in totale.
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Ilsestogatto ha scritto: 12/05/2022, 18:54 Bello! Ho iniziato a leggere con un po' di, , . diffidenza, diciamo, perché mi aspettavo una qualche specie di rivisitazione. Invece poi sono stato preso un po' dalla trama e un po' da come la racconti, tanto che una volta arrivato alla fine ho dovuto rileggere per godermi quel che mi ero perso all'inizio. E mi è piaciuto di nuovo, anche perché sei partita dalla fiaba per raccontare un'altra storia, tragica e crudele magari, ma più realistica di quello che uno potrebbe pensare.
Non è che hai in mente altri racconti derivati da fiabe o simili? A me piacciono moltissimo tutte le storie che incrociano e giocano con altre storie…
Ciao Ilsestogatto,
sì, perché no, mi piacerebbe scrivere altri racconti simili a questo, anche perché, come a te, piace davvero tanto mischiare generi diversi di storie, bella cosa, abbiamo un interesse in comune…
Grazie mille per il bel commento e per aver letto per ben due volte il racconto, davvero!
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Namio Intile ha scritto: 13/05/2022, 10:54 Prendi le mosse dalla nota fiaba dei fratelli Grimm, che in realtà rielaborarono in chiave moderna le fiabe della tradizione germanica: Biancaneve, Hansel e Gretel, Cappuccetto Rosso e via discorrendo. Nella fiaba dei Grimm l'adorabile vecchina attira i due poveri bimbi nella sua casa con la gentilezza, offre loro cibo e rifugio per rivelare poi la sua vera natura. Ma i due riescono a destreggiarsi, a difendersi, e uccidono infine la vecchia; anzi trovano dell'oro in casa sua e riportano la ricca preda al genitore, che li accoglie con affetto.
La morale della fiaba mi pare evidente: arrivati a un certo punto i genitori devono lasciare i figli soli e questi devono cavarsela da sé. Devono quindi crescere, emanciparsi dai genitori. E l'emancipazione è un percorso difficoltoso, pericoloso, un bosco buio, e spesso letale. Ma quando riusciranno essi potranno far ritorno a casa con la certezza comunque di essere ben accolti, anzi saranno proprio loro a portare ricchi doni e a nutrire i genitori ormai vecchi. Naturalmente nel racconto fiabesco sono nascosti anche molteplici simboli (da sym-ballo, ciò che unisce, il cui contrario è diavolo, dia-ballo, ciò che divide) quali la paura della fame come timore della morte, la madre come fonte di nutrimento e quindi di vita che all'occasione si trasforma nel suo opposto, colei che toglie nutrimento e vita. La contrapposizione donna madre donna strega, tra vita e morte, entrambe rappresentate al femminile. E anche il cibo come simbolo della vita, ma pure dell'amore.
E via discorrendo.
Nella tua fiaba, parti dal racconto nel racconto. Gertrude racconta che... e nella ripetizione, nella routine i bambini trovano la loro sicurezza. Anche qui la routine è un simbolo e lo adoperi correttamente. Gertrude poi si rivela al lettore per quella che è. Una donna madre e moglie felice un tempo ma poi, per la perdita della famiglia, divorata dai rimorsi a cui ha replicato con il risentimento verso tutti coloro che le apparivano felici. Un altro simbolo adoperato correttamente, la donna che dà la vita e la donna che la toglie, la vita contrapposta alla morte, ma anche l'impossibilità di raggiungere la felicità se non con la maternità, se non offrendo dei figli vivi al mondo. Ma la morale invece, trattandosi di una fiaba, quale potrebbe essere? In qualche modo quella di non fermarsi alle apparenze nel giudicare e nel far attenzione a prestar fiducia. Ma per esser tale dovrebbero essere i bambini in qualche modo ad effettuare la scoperta dopo l'inganno. Dovrebbero cioè vivere l'inganno e reagire a questo. Quindi da questo punto di vista la storia mi pare un po' monca.
Ti segnalo, dal punto di vista formale, "che trovarono in un vecchio baule" che avevano trovato.
E la mancanza di una virgola prima di Gretel poco dopo.
Nella gestione visiva degli spazi nei discorsi diretti ti sei un po' complicato la vita allargando e formando dei paragrafi.

Altro punto, i fratelli Grimm scrivevano nel XIX secolo favole ambientate nel XVII secolo. Ai tempi di Hansel e Gretel dunque non esistevano i quotidiani, ma in quello dei Grimm certo sì. Ma se nel XVII secolo poteva ancora accadere che qualche donna venisse condannata a morte per stregoneria (ma bruciata era davvero difficile. Ho un bel volume con tutti i processi della Santa Inquisizione a Palermo nel XVII secolo e alla fine bruciavano vive nell'auto da fé solo pochissime disgraziate che erano completamente fuori di testa), ai tempi dei Grimm no di certo. Quindi la collocazione temporale del racconto mi pare un po' ambigua a causa di quel riferimento ai ritagli di giornale. Dal punto di vista logico poi mi pare un'incongruenza quando scrivi che Gertrude fa condannare la vecchina al rogo testimoniando di averla vista partecipare a un sabba infernale quando poi, immagino tempo dopo, avendo consigliato il suo nuovo marito di abbandonare i figliastri nel bosco, pensare di poter dare la colpa alla vecchina della loro scomparsa. Ma non era stata bruciata?
Spero di averti dato qualche dritta utile per definire quello che a ogni modo mi pare un buon racconto e una fiaba molto godibile.
Ciao Namio,
innanzitutto, grazie mille per l’approfondita analisi del testo e per i suggerimenti che mi hai dato, ne farò tesoro. Nel frattempo ho provveduto a sistemare i refusi che mi hai segnalato (maledetta consecutio temporum…).
Per quanto riguarda la collocazione temporale del racconto, sono stato volutamente vago, partendo dal presupposto che, stando a quello che ho letto nel libro “Il libro nero della caccia alle streghe” di Vanna de Angelis e (ahimè, chiedo venia) su Wikipedia (che utilizzo giusto quando ho bisogno di ottenere velocemente delle informazioni su argomenti che conosco poco), le più recenti esecuzioni di persone accusate di stregoneria risalgono al XVIII secolo, e quindi ho ritenuto di poter inserire nel racconto il riferimento ai giornali riportanti la scomparsa di Hansel e Gretel. Non ero sicuro che questa scelta fosse corretta, ma mi sono lasciato aperto la strada della licenza poetica… Aggiungo che, come hai affermato tu in un altro commento, anche solo un racconto di 20.000 righe dovrebbe essere basato sulla lettura di svariati libri sullo stesso argomento, in modo da evitare svarioni e bestialità di vario genere. Cosa che puntualmente non riesco a fare per mancanza di tempo (forse è solo una scusa...). C’è una bella canzone del trio Gazzè, Fabi, Silvestri che fa: “chi vuole scrivere, impari prima a leggere”. Per carità, soprattutto nei racconti di fantasia, credo sia lecito uscire dai binari della verosimiglianza, l’importante però è esserne almeno consapevoli (che nel mio caso specifico era una semi consapevolezza…).
Per quanto riguarda l’ordine degli eventi, Gertrude dopo la morte dei due suoi figli maschi si convinse che la colpa del tragico evento fosse dell'erbaiola, ma non fu in grado di incolparla, e solo alcuni mesi/anni dopo, dopo aver sposato il taglialegna e averlo convinto ad abbandonare i figli Hansel e Gretel, riuscì con la sua (falsa) testimonianza a farla condannare al rogo. Mi scuso di non essere riuscito a renderne chiaro il flusso.
Giovanni p
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La storia non mi ha preso subito devo essere sincero, ma ho poi apprezzato l'originalità e gli spunti di riflessione che si possono trarre su cosa sia la malvagità intrinseca ed un etichetta attaccata addosso.

Voto 4
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Giovanni p ha scritto: 07/06/2022, 10:58 La storia non mi ha preso subito devo essere sincero, ma ho poi apprezzato l'originalità e gli spunti di riflessione che si possono trarre su cosa sia la malvagità intrinseca ed un etichetta attaccata addosso.

Voto 4
Grazie Giovanni per aver letto e commentato il mio racconto!
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Nel 1977 andava in onda l'ultima puntata del popolare spettacolo televisivo serale seguito da adulti e bambini. Carosello era una sorta di contenitore pubblicitario, dove cartoni animati e pupazzetti vari facevano da allegro contorno ai prodotti da reclamizzare. Dato che questo programma andava in onda di sera, Carosello rappresentò per molti bambini il segnale di "stop alle attività quotidiane". Infatti si diffuse presto la formula "E dopo il Carosello, tutti a nanna".
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A cura di Massimo Baglione.

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A cura di Massimo Baglione, Angela Di Salvo e Alessandro Napolitano;
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