L'untore
- Angelo Ciola
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L'untore
– Un bellissimo coltello, signore. Opera del migliore artigiano della città. Un vero affare solo 10 scudi ed è tuo.
– E’ fatto bene ma non vale quel prezzo, se vuoi te ne posso dare 5. - risposi.
Avevamo appena cominciato la delicata fase del mercanteggiare che un piccolo drappello di guardie armate sbucò da una stradina secondaria, accompagnate dall’oste che mi aveva ospitato nella sua taverna.
– Eccolo! E’ la! – gridò l’oste indicandomi – E’ lui quello che cercate. E’ lui l’untore!
Di fronte ad affermazioni di questo tipo e, soprattutto, a diversi soldati armati dall’aspetto minaccioso, non ho creduto opportuno mettermi a discutere e pertanto ho intascato il coltello e cominciato a correre nella direzione opposta. In un attimo si creò il caos. Le guardie, con le spade in pugno, si misero a correre cercando di raggiungermi, il venditore cominciò a gridare e le persone, spostandosi, finirono con lo spintonarsi tra di loro. Davanti a me una bancarella piena di fiaschi di uno squallido liquore, proposto come il miglior vino della città, mi bloccava la fuga. Quel vino era imbevibile, ma mi sentii in colpa quando, spingendo una gamba della bancarella, feci cadere tutte quelle bottiglie sulla strada. Nella confusione notai un piccolo vicolo, che si inoltrava in mezzo alle case, e lo infilai. Un brivido mi percorse la schiena; portava a una piazzetta senza nessuna uscita.
– Entra qui, veloce – sussurrò una voce proveniente da un portoncino che si era aperto alle mie spalle.
Diffido dei consigli degli sconosciuti ma, in questo caso, decisi che non avevo valide alternative. Entrai velocemente e subito dopo la ragazza, che mi aveva chiamato, sbarrò il portone.
– Svelto, seguimi. – La ragazza salì delle vecchie scale di legno e, dopo aver percorso un breve corridoio, entrò in una squallida stanza dove un bimbo, adagiato in una culla, stava piangendo. Senza dire una parola, spostò la pesante culla sotto la quale, nascosta da un logoro tappeto, c’era una botola.
– Nasconditi, qui non ti troveranno! – Mi disse.
Obbedii senza obiezioni e alzai la pesante botola. Celava una piccola intercapedine nel pavimento, dove a fatica riuscii a rimanere sdraiato. Col cuore in gola sentii la ragazza che ricopriva il tutto, mentre il neonato sembrava essersi finalmente quietato. Con il pavimento a pochi centimetri dal mio viso respiravo a malapena. Nel buio totale in cui ero immerso, sperai di non essermi infilato in una trappola. Mi ritrovai immerso in un mare di sudore, mentre i minuti sembravano non passare mai. Poi un trambusto sulle scale mi terrorizzò. Sentii la porta aprirsi e una voce imperiosa che gridava.
– Dov’è lo straniero? Puttana, l’hai nascosto qui?
– Quale straniero… qui non c’è nessuno. – rispose con voce tranquilla la ragazza.
Sentivo i passi di numerosi uomini che frugavano nella stanza.
– Non può essere che qui… Ti conosciamo, sei la solita puttana dal cuore d’oro. Dai Ester, dimmi dov’è andato e magari nei prossimi giorni vengo a trovarti. Lo sai che posso essere generoso.
– E allora se sei generoso dovresti ricordarti di tutte le volte che hai voluto divertirti gratis, tu e i tuoi amici. – rispose la ragazza, della quale era oramai chiaro quale fosse la professione.
In quel momento anche il neonato ricominciò a farsi sentire. Tra le sue grida e i movimenti delle varie persone che camminavano sopra di me non riuscii più a seguire i discorsi che si intrattenevano nella stanza. Poi una strana umidità si riversò sul mio viso. Il bimbo, oltre a gridare, si era sicuramente messo a espletare altre attività fisiologiche che naturalmente si riversavano sul pavimento. Con la sete che mi ritrovavo avrei potuto bere di tutto, eccetto quel schifoso liquido in cui avevo l’impressione di affogare. Dopo un po' la quiete ritornò nella stanza ma dovetti aspettare ancora parecchio, prima che la botola si aprisse.
– Come stai? – disse la ragazza, appena aperta la botola.
Naturalmente non mi sentii di lamentarmi del trattamento ricevuto, l’alternativa era di gran lunga peggiore, e con fatica mi alzai, cercando di mantenere un aspetto dignitoso.
– Non so come ringraziarti. – dissi – Senza di te ora chissà cosa mi avrebbero fatto. Ma perché hai rischiato tanto per uno sconosciuto?
– So come sono fatti questi imbecilli! A loro importa solo trovare un colpevole. L’untore, gridavano, ma la peste non ha bisogno di nessuno per uccidere. La peste è arrivata e ora hanno paura. Meglio di uno straniero chi può essere il responsabile. Oggi tu… ieri mio padre e domani ci sarà qualcun altro.
Una lacrima scendeva da quel viso e solo allora ne notai la straordinaria bellezza, offuscata da un velo di tristezza. Era molto giovane la ragazza ma della vita aveva probabilmente già assaporato tutta l’amarezza che può riservare.
– Devo andare adesso. Tra poco chiuderanno le porte.
– Non puoi passare dalle porte straniero, di sicuro ti stanno aspettando, ti catturerebbero e, se non ti linciano subito, vedrai che nelle nostre prigioni riusciranno a farti confessare qualunque cosa. La giustizia da noi è sempre molto efficiente. Ti impiccheranno e il nostro sovrano avrà mostrato al popolo che sta facendo il possibile per combattere l’epidemia.
– Ma in qualche modo devo lasciare la città, altrimenti prima o poi mi troveranno. – risposi.
– Una soluzione credo che ci sia, ma dovrai aspettare questa notte, adesso ti potrebbero vedere, intanto puoi rimanere qui. Naturalmente la mia compagnia ha il suo costo. – disse avvicinandosi con aria maliziosa.
– Anche se hai un profumo alquanto discutibile. – concluse annusando la puzza di urina che emanavo.
–
Cercavamo di fare meno rumore possibile, anche il più modesto poteva essere udito in una città in cui nessuno usciva la notte. Il coprifuoco scattava dopo le 21 e chiunque fosse stato sorpreso, senza un valido lasciapassare, avrebbe di certo trascorso le notti successive nelle carceri cittadine. Il ragazzo che mi guidava conosceva bene come muoversi e, da un nascondiglio all’altro, ben poco del tragitto percorso era visibile dalla strada. Quando arrivammo a un portoncino lo aprì con delle vecchie chiavi. Appena entrati richiuse immediatamente e, rimanendo al buio, proseguimmo per un lungo corridoio. Solo verso la fine del corridoio il ragazzo accese una candela e mi squadrò con aria più tranquilla.
– Adesso siamo al sicuro, le guardie non conoscono questo posto. Qui sotto passa il canale della fognatura, non sarà gradevole ma una piccola passeggiata e sei fuori città.
Era il fratellino di Ester che viveva di piccoli furti e contrabbando, per questo conosceva tutti i nascondigli possibili.
– Ora, se vuoi darmi quanto pattuito, ti mostro da dove passare. – disse allungando la mano.
– Già, anche tua sorella mi è costata parecchio, ma a questo punto, se voglio uscire di qui, non ho altra scelta. Ecco i tuoi soldi, ragazzo.
In un attimo il denaro venne nascosto tra i vestiti, dopo di che il giovanotto cominciò a spostare dei grossi sassi lungo un muro, dando luce a una piccola apertura, che permetteva il passaggio a carponi di una persona.
– Ecco, entra qua, poi vai sempre verso destra e segui il corso dell’acqua e quando non potrai più camminare… nuota. Vedrai che dopo un po’ sbucherai fuori dalle mura.
– Grazie - dissi abbracciandolo – non so come avrei fatto senza il vostro aiuto.
– Buon viaggio, straniero. Vai che poi io chiudo il passaggio.
Riuscì a passare con difficoltà ma, quando fui dall’altra parte, mi ritrovai immerso fino alle ginocchia in un mare di merda. Di natura non sono molto schizzinoso ma quello non era certo il mio ideale di passeggiata. Fortunatamente ero riuscito a tenere all’asciutto la candela e almeno si riusciva a intravedere qualcosa. Era spiacevole camminare in mezzo a quella cloaca, e dava un certo ribrezzo vedere dei topi dalle dimensioni di un gatto sfiorarti correndo lungo i muri, ma quello che era insopportabile era la terribile puzza che dovevo respirare. Ero sicuro di non riuscire più a resistere quando il canale cominciò a diventare leggermente più visibile. Poco alla volta la debole luce della notte si infiltrò nella fognatura, l’uscita doveva essere vicina. Ma amara fu la sorpresa di trovare una spessa inferriata frapposta tra il canale e l’esterno. La situazione era, oltre che imbarazzante, disperata. Sembrava impossibile uscire da quel buco. Ma notai che anche i topi più grossi riuscivano in qualche maniera a passare dall’altra parte, nonostante la griglia dell’inferriata fosse troppo stretta anche per loro. Ecco dove avrei dovuto fare la nuotatina… probabilmente i ferri sbarravano solo la parte esterna della cloaca. Non c’era altro da fare, feci un grosso respiro e mi buttai in quel liquido nauseabondo.
–
Il mio socio era seduto vicino al fuoco, avvolto nel suo grande mantello nero e con l’immancabile scacchiera davanti. Quando mi avvicinai, tutto bagnato, i due cavalli, attaccati a un albero vicino, cominciarono a scalpitare, mentre lui continuava tranquillamente a giocare da solo con quei strani pezzi di legno. Mi accostai al fuoco, cercando di scaldarmi il più possibile.
– Puzzi! – mi disse senza nemmeno alzare lo sguardo.
– Lo so! – risposi sedendomi – Puzzeresti anche tu se avessi dovuto nuotare nella merda. E’ una fortuna che sono riuscito a uscirne.
– Hai fatto tutto bene, ma non dovevi perdere tempo al mercato. Se ti avessero preso avrei dovuto cercarmi qualcun altro.
– Già, ma me la sono cavata anche questa volta… e adesso, cosa devo fare?
– Veio è a 20 miglia verso sud, se parti domani mattina puoi essere in città prima di notte. La peste li non è ancora arrivata. Ma prima datti una ripulita, altrimenti non ti faranno mai entrare. – disse alzandosi e dirigendosi verso il suo elegante cavallo nero.
– Va bene, come sempre. – risposi - Ma, dimmi, morirà anche la donna? E suo fratello?
– Il ragazzo lo hai abbracciato e con la puttana ti sei divertito; non hanno scampo. Con loro hai fatto un buon lavoro. – disse montando a cavallo.
– E quel maledetto bimbo, anche lui?
– Buonanotte, amico. – mi gridò mentre si allontanava lentamente.
Misi qualche altro ramo sul fuoco e preparai un rozzo giaciglio. Mi attendeva un’altra notte lunga e piena di scrupoli, ma almeno il calore mi avrebbe riscaldato. Le mie poche cose erano sul cavallo rimasto, ma non pensai di cambiarmi, ero troppo stanco. Controllai le tasche ma naturalmente il mio bel coltello non c’era più; chissà dove lo avevo perso. Sperando di asciugarmi, mi adagiai vicino al fuoco. Avvolto in quelle luride coperte, pensai alla mia difficile situazione. Avere come socio la morte non era piacevole, ma a suo tempo non mi aveva lasciato alternative; era l’unico modo per uscire dalla sua maledetta lista. Feci fatica ad addormentarmi, mi dispiaceva per Ester. Mi chiedevo cosa sarebbe accaduto a quel piccolo essere, se per caso fosse sopravvissuto. Continuavo a pensare ai tanti innocenti che avevo condannato, portando la peste in questa città e in tante altre prima. Quando riuscii finalmente a chiudere gli occhi il sonno non durò a lungo. Un forte temporale si era scatenato. La fitta pioggia aveva spento il fuoco e giacevo immerso nel fango. Non avevo nulla per ripararmi, di sicuro si prospettava una brutta polmonite. Mi augurai di riuscire in qualche modo a sopravvivere, difficilmente il mio socio mi avrebbe proposto una nuova proroga.
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darei pure una controllata alla punteggiatura, visto che mancano molte virgole, tante sono fuori posto e ci sono punti e maiuscole dove non dovrebbero essere.
attenzione anche ai tempi verbali "Se ti prendevano avrei dovuto cercarmi qualcun altro."
se ti avessero preso.
la storia è buona e piuttosto originale, ma necessita di una bella revisione.
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Re: L'untore
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MA, che bella questa storia. Ha un colpo di scena ben costruito, perchè tutti i sospetti sull'untore vengono fuori di lui, così come chi lo difende dice il vero pensando che sia innocente. Hai reso bene il trucco facendo in modo che non faccia del "contro-pensiero" . E' tutto là, tutto plausibile e quando ho cominciato a capire era troppo tardi.
Un buon racconto di Narrativa con delle buone idee ma che mi ha lasciato alcune curiosità (esterne alla vicenda)
Come era morto lui? LA morte l'ha reso immortale o ha solo impedito la sua "prima" morte?
E' parte di un ambientazione più grande?
Spero davvero che tu rilegga tutto e lo migliori perchè il racconto merita. Ben fatto!
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Re: L'untore
Ah, giusto, in effetti è chiaro così. Avevo interpretato male l'ultimo discorso con la morte.altrimenti non sarebbe così preoccupato per l'eventuale polmonite.
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Il racconto (puzza ed escrementi vari a parte!) mi è piaciuto davvero poco: sono stata molto infastidita dagli eccessivi auto-commenti del personaggio-narratore che hanno, a mio modo di vedere, ridotto molto l'immedesimazione nel personaggio, di solito elevata nei racconti in prima persona. Ad ogni inutile commento, che spiegava, interpretava e chiosava ciò che stava accadendo, e che era già perfettamente chiaro, la figura dell'autore-narratore si palesava sovrapponendosi al personaggio-narratore che mi diventava per altro sempre più antipatico, tanto che ho sperato che la via di fuga fosse in realtà una trappola mortale.
Peccato, invece, che la Morte gli fosse socia.
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Ben dosati gli ingredienti narrativi, i personaggi si muovono con disinvoltura in uno scenario inusuale.
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