Violetta
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Violetta
In quella serata di fine Marzo del 1916, il tempo avverso, con la nevicata tardiva e le raffiche di vento gelido, era considerato un’autentica benedizione.
Le opposte artiglierie, schierate su creste e pendici delle Alpi Carniche, erano costrette al silenzio; neppure le pattuglie delle incursioni notturne osavano affrontare la neve fresca, insidiosamente posata sui lastroni di ghiaccio. Restare nella relativa sicurezza delle trincee era l’unica opzione possibile: se la Signora dalla lunga falce pareva desiderosa di riposo, gli uomini preferivano non sfidarla.
La luce incerta di una lanterna traspariva dallo stretto finestrino di una baracca; all’interno, tre persone assaporavano quei rari momenti di tranquillità, attingendo a una bottiglia di grappa, e parlando dei fatti e dei piccoli eroismi di quella Grande Guerra.
Naturalmente, i discorsi toccavano spesso un argomento caro a ogni soldato di qualsiasi guerra: le donne, quelle lasciate lontano, a casa, e altre.
«… A proposito di donne, sono incredibili quelle che ho visto questa mattina, salendo da Timau: io sbuffavo come una locomotiva e loro s’inerpicavano su quel sentiero dove nemmeno i muli passano e addirittura cantavano, con la gerla da una trentina di chili.»
Mario Maini, corrispondente di guerra, parlava fumando una sigaretta dopo l'altra e riusciva anche a prendere appunti su di un quaderno.
«Caro Maini, quelle sono le nostre portatrici, coraggiose e indispensabili», gli rispose l’ufficiale, un Capitano della brigata Aosta. «Senza di loro, non potremmo resistere due giorni».
«Già, quel simpatico sergente che mi accompagnava mi ha detto di fermarmi e lasciarle passare, che se no non avremmo più potuto sparare a Cecco Beppe… e sogghignava sotto i baffoni.»
Il Capitano spostò la lanterna per illuminare una carta topografica distesa su di un altro tavolo. «Le spiego il perché le portatrici sono così importanti. Naturalmente, caro Maini, nel suo servizio al giornale non riporterà questi dettagli, la conosco e mi fido di lei.»
«Certo, Capitano, grazie.»
IL Capitano prese una matita per indicare qualcosa sulla carta.
«Osservi qui, su questa linea che passa dal Pal Piccolo, attraversa il passo di Monte Croce e poi arriva sotto il Cuelat, dove siamo ora. Vede? Non ci sono strade, e nemmeno mulattiere, che possano servire a trasportare viveri e munizioni. L’unica che ci sarebbe è sotto il tiro dei pezzi austriaci, qui sul passo; impossibile usarla. Non restano che i sentieri e le nostre volontarie. Oltre alla fatica, sfidano i cecchini che s’infiltrano e si appostano a battere il sentiero».
Intervenne una terza persona che aveva parlato pochissimo, un ufficiale medico del corpo di sanità,
«Sì, sono davvero eroiche, Aggiungo che portano pure i rifornimenti per il nostro ospedaletto da campo e le lettere dei famigliari, importantissime per il morale dei soldati. Nulla le ferma, nemmeno questa nevicata fuori stagione: vedrete che domattina saliranno di nuovo, puntuali.»
Il Capitano posò la matita e tornò a sedersi.
«A proposito di donne al fronte, mi è accaduto un fatto che ha dell’incredibile, tanto che se non fossi stato presente ne dubiterei anch’io; invece è una di quelle storie vere che a un giornalista piace scovare, magari per farne un pezzo di colore… giusto Maini?»
Maini spense la sigaretta, sostituita subito con un'altra, e la sua voce arrochita uscì dalla nuvola azzurrognola.
«Almeno questa dannata tormenta che ci ha bloccato qui avrà un lato positivo; mi ha incuriosito, ci racconti.»
Anche l’ufficiale medico fece un segno d’assenso, e si bagnò appena le labbra con la grappa: non voleva essere annebbiato, la notte era ancora lunga e poteva esserci bisogno di lui.
«Ignoro il suo vero nome» proseguì il Capitano, «la chiamerò Violetta, come la "Traviata"… ricordate cosa canta nel primo atto? ”Follia, follia”... Lasciatemi proseguire, poi capirete.
L’altro ieri ero a Timau, nell’ufficio del Colonnello che mi aveva convocato. Questa signora piombò nell’ufficio verso le diciassette, tirata a forza dal piantone. Era ammanettata, scarmigliata e urlante..
L’aveva fermata la pattuglia di ronda, in paese. Lei si era messa a gridare di lasciarla passare, se no si sarebbe spogliata per strada, e aveva iniziato a farlo sul serio.
Il Colonnello era visibilmente seccato, mi ordinò di occuparmene e, se avessi ritenuto fosse una spia, che la facessi fucilare, lui aveva cose più urgenti da fare. Così mi lasciò con quella donna ,che nel frattempo pareva essersi calmata.
Ero sconcertato: le disposizioni per evitare che civili, non residenti, arrivino nella zona sono tassative; invece mi ritrovavo una donna forestiera, accento e abbigliamento lo dichiaravano, che piombava a Timau. Come avesse fatto ad arrivarci non l'ho capito, forse...»
Maini lo interruppe con una sonora manata sul tavolo.
«Lo so io come ha fatto!» Il giornalista aveva sollevato la testa dal quaderno, dove aveva sottolineato alcuni appunti.
«Ora posso collegare i fatti, è pazzesco!» proseguì il giornalista. «Come sapete, le voci che girano per le retrovie sono quasi sempre vere, ma questa l'avevo messa da parte, tanto mi pareva inverosimile. Però tutto coincide... ma giudicate voi.
Si favoleggia di un sergente autista che guidava il suo camion appena fuori Tolmezzo, là dove la strada inizia a risalire il But.
Dopo una curva, gli apparve una specie di visione: una donna giovane, bella, che gli stava facendo segno di fermarsi. Figuratevi! Già in tempi normali si dice che una certa cosa è più potente di un paio di buoi, in guerra l'effetto si moltiplica, ché la morte è stata compagna per mesi assai più di mogli o fidanzate. Inutile dire che il camion fu fermato all'istante.
La donna si avvicinò sorridendo e offrì quello che al sergente parve uno scambio onesto: se l'avesse portata a Timau, lei, su quel camion, gli avrebbe concesso tutto ciò che una donna può concedere a un uomo.»
Stranamente, il dottore non si unì alla risata degli altri ma rimase in silenzio, con un’espressione corrucciata.
Maini proseguì: «A quanto si dice, il sergente accettò e riscosse con soddisfazione il prezzo del viaggio, ma poi iniziò a ragionare sui rischi che correva: per quanto ne sapeva, la donna poteva essere una spia austriaca. Bastava che, fermata da una pattuglia, lei lo tirasse in ballo e la corte marziale era il meglio che si potesse aspettare. E pensare al peggio, il plotone d’esecuzione, lo fece rinsavire di colpo.
Così fece scendere la disgraziata dalle parti di Arta, e poiché lei protestava, non fu propriamente gentile e la scaricò di peso, come un sacco.
La donna potrebbe aver proseguito a piedi, ma allora non si capisce perché non l’abbiano fermata prima, non sono due passi da Arta; è più probabile che abbia pagato un… diciamo secondo biglietto, a qualcuno con meno scrupoli del nostro sergente. Ecco come ha fatto a ritrovarsela in ufficio, l'altro giorno.»
Il Capitano annuì: «Già, per quanto assurda questa storia può essere vera, ma il bello viene ora. Ordinai al piantone di toglierle le manette e di uscire. Violetta sedette davanti alla mia scrivania con un mezzo sorriso stampato sul viso, attraente alquanto, devo dire.
Le chiesi il nome e i documenti: non aveva documenti e il nome non voleva dirlo.
Le chiesi da dove venisse: non disse nemmeno questo, per evitare lo scandalo al suo paese.
A quel punto la minacciai: se l’avessi ritenuta una spia, avrei potuto farla fucilare su due piedi, ne avevo avuto l’ordine..
Mi rispose che non le importava, ma non era una spia.
Allora le chiesi perché fosse venuta sin qui col rischio di farsi ammazzare da un plotone d'esecuzione.
Finalmente mi spiegò, ed io sono persuaso che disse la verità, lo lessi nei suoi occhi. “Voglio fare la portatrice, ma non di viveri: del mio corpo, per fare l’amore.“
Così, senza giri di parole e senza arrossire. Quando mi ripresi dalla sorpresa, le feci notare che, nelle retrovie, c'erano luoghi deputati per quel mestiere. Invece al fronte non era ammesso. Era pericoloso e distraeva gli uomini dal loro dovere. “Il dovere di morire senza aver fatto l'amore un'ultima volta?” mi chiese. Poi mi raccontò la sua storia che mi lasciò diviso tra la pietà e il mio ruolo di ufficiale.
Per farla breve, Violetta, sino a quel giorno aveva avuto un solo grande amore, suo marito, col quale viveva in una città del nord. Erano sposati da un anno quando lui fu chiamato alle armi.
Lei non lo rivide più, cadde qui, al Pal Piccolo.
Violetta piombò nella disperazione, io sono certo che impazzì, di una follia lucida e apparentemente coerente. Ora vi sarà chiaro perché le ho dato quel nome: La Violetta della Traviata è una prostituta, anche se d’alto bordo, e lei stessa dichiara la sua follia d’amore.
Nella sua follia, questa Violetta sii chiese cosa potesse fare per la Patria, visto che il marito aveva dato la vita per essa e le aveva scritto dal fronte di essere fiero di servirla.
Si ricordò che lui le aveva confessato di non aver mai fatto l'amore prima, lei era stata la sua unica donna.
Io dubito di questo genere di confessioni, ma resta il fatto che lei gli credette. Nella sua disperazione si chiese quanti poveri ragazzi sarebbero morti al fronte senza aver mai conosciuto una donna. Così le venne l’idea.
Dalle lettere del marito aveva saputo delle donne di Paluzza e Timau, le portatrici. Il marito scriveva di quanto fossero coraggiose, salendo ogni giorno in prima linea a rischio della vita. Decise che voleva fare la portatrice, ma solo d’amore. Non era giusto che quei ragazzi morissero senza averlo mai fatto.
Così lasciò parenti e amiche all’oscuro dei suoi progetti e prese un treno per Tolmezzo, per venire qui, e poi salire in prima linea.
Io mi convinsi: non era una spia, nessuna spia metterebbe insieme una storia così assurda. Ma non potevo lasciarle fare quello che aveva pensato.»
«Perché no?» lo interruppe Maini «quelle donne rischiano ogni giorno per le munizioni e i viveri, Violetta voleva farlo per l’amore: un’idea bellissima!».
«Magari sarà così, ma gli ordini sono chiari, le volontarie devono essere tutte del posto e portare solo rifornimenti» tagliò corto l'ufficiale.
«Così tentai di convincerla a farsi accompagnare a Udine. Lì avrei potuto farla entrare in un luogo dignitoso dove esercitare il mestiere. Ma lei si offese: "Per chi mi ha preso? Non voglio fare la puttana! Io non intendo farmi pagare, voglio dare un po' d'amore a chi forse morirà, e in cambio non desidero nulla". A quel punto non mi restava che una cosa da fare, e mi sembrava quella più giusta e più facile. Ma le cose non andarono così, purtroppo.»
«E come andarono? Non ci faccia restare sulle spine.» chiese il dottore, quasi aspramente.
«Violetta m’implorò, alla fine mi si offrì. Aveva imparato in fretta che la donna ha un'arma che può far ottenere quasi tutto. Ma io ero certo di avere di fronte una squilibrata, e non avrei mai potuto approfittarne. Per il suo bene e per i miei ordini, dovevo fare diversamente. Così preparai un foglio di via, poi chiamai il piantone e gli ordinai di farla accompagnare a Tolmezzo, e si accertassero che salisse sul primo treno per non importa dove, ma lontano dal fronte.
Sbagliai, non avevo fatto i conti con la natura dei nostri soldati: sono coraggiosi e risoluti quando hanno un fucile in mano e un nemico di fronte. Ma non se la sentirono di mettere ancora le manette a una donna in lacrime. Così furono presi di sorpresa quando lei si mise a correre, fuggendo su per un sentiero.
Si lanciarono per inseguirla ma una salva di colpi di mortaio esplose nelle vicinanze e furono costretti a gettarsi a terra. Si rialzarono quasi subito, illesi, ma della donna non c'era più traccia. Non ne videro il corpo, quindi era fuggita verso la prima linea, su, dove l'artiglieria nemica stava battendo, e di lei non si è saputo più nulla.»
Maini ruppe il silenzio: «Credo proprio che ne farò una novella, e il finale per me è chiarissimo: la povera donna era certo pazza; le ha impedito di svolgere quella che per lei era una specie di missione e quindi ha voluto togliersi la vita. E' sin troppo facile, qui ci sono occasioni di morire a volontà. Un giorno qualcuno troverà i resti di una giovane e si chiederà cosa facesse al fronte.»
Si era fatto tardi e il dottore si congedò dicendo che avrebbe fatto un ultimo giro tra i ricoverati nell’ospedaletto. .
Il dottore, dopo un rapido rendiconto del suo vice, andò al suo alloggio, prese la borsa e la lanterna e raggiunse il cappellano militare. Nei mesi trascorsi insieme, tra i due uomini si era consolidata un’amicizia fatta di rispetto e condivisione di valori quale la pace e la vita umana.
In breve, il dottore narrò la storia di Violetta, ma aggiunse qualcosa che non era stata detta nella serata.
«… aveva perso molto sangue, era in ipotermia; poi, per fortuna è capitata in mani fidate. I barellieri che l'hanno trovata mi hanno avvisato. Ora è nella casera, con un'infermiera. Nessuno parlerà, sono tutte brave persone.»
«Che cosa intendi fare?» chiese il cappellano.
«Ora devo rimetterla in piedi, credo non ci vorrà molto. Ma voglio essere certo che non ci proverà di nuovo, e tu sei la persona giusta per farla ragionare. Poi troverò il modo di riportarla a valle: c’è il foglio di via, parlerò io col Capitano.»
«Quella donna voleva portare l'amore dove ve n’è un gran bisogno. Certo, il modo è sbagliato ma l’idea no: anzi è profondamente cristiana. Di follie come questa ce n’è un gran bisogno. Parlerò con lei, se mi vorrà ascoltare.»
La neve aveva smesso di cadere e tra le grandi montagne, solo l’eco lontana di qualche artiglieria ricordava la crudeltà della guerra.
Sul sentiero innevato, un dottore e un sacerdote s’incamminavano per compiere la loro missione.
A Timau, dove quel sentiero nasceva, le Portatrici già preparavano le loro gerle per salire alle prime luci dell’alba.
Viveri, lettere, munizioni; c’era tutto, mancava solo ciò che non poteva essere portato: un poco d’amore.
Commento
Su quelle montagne l'amore non era certo una priorità, ma proprio per questo sarebbe stato necessario. Un secolo dopo, si discute se permettere alle donne di combattere in prima linea, quindi direi che è stato fatto un grande "progresso".
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commento: Violetta
I termini sesso e amore si confondono e fino alla fine vengono usati in modo improrio: Violetta offriva sesso, non amore e affetto.
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la storia è, a mio parere, un po' troppo lunga e in certi punti l'ho trovata stancante.
quache taglio qui e là non guasterebbe. inoltre ci sono dei refusi da sistemare, ma cose da poco.
la stesura è buona, così come le descrizioni.
nel complesso si lascia leggere senza problemi
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sono contento che tu abbia pubblicato un altro dei tuoi racconti ambientati durante la Grande Guerra. Trovo i dialoghi e i personaggi ben costruiti, e soprattutto molto interessante e coinvolgente la storia delle portatrici, che non conoscevo. Di questo ti ringrazio: è un bel modo di tramandare degli aneddoti di vita vissuta, che in qualche modo ci legano ai nostri avi, anche se questi lontani ricordi sono purtroppo destinati a perdersi nel mare dell'oblio. Ho trovato molto azzeccato l'accostamento fatto da Francesco Pino, in un commento precedente, con Bocca di rosa di De Andrè: anche a me piace pensare che Violetta, come la sua più famosa alter ego, metteva l'amore sopra ogni cosa... Voto 5.
"La chiamavano bocca di rosa
Metteva l'amore, metteva l'amore
La chiamavano bocca di rosa
Metteva l'amore sopra ogni cosa"
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Re: Commento
Grazie per il bellissimo voto e per il commento, altrettanto bello .Messedaglia ha scritto: ↑08/01/2022, 17:27 Ciao Mariovaldo,
sono contento che tu abbia pubblicato un altro dei tuoi racconti ambientati durante la Grande Guerra. Trovo i d...
"La chiamavano bocca di rosa
Metteva l'amore, metteva l'amore
La chiamavano bocca di rosa
Metteva l'amore sopra ogni cosa"
Quanto al grande Faber, citato da te e da Francesco, e' verissimo che la mia protagonista ben si sarebbe attagliata a quella della canzone, e ci ho pure pensato. Pero' data l''ambientazione e l'epoca, la Violetta di Verdi era certamente altrettanto popolare, allora la lirica non era un fatto per pochi appassionati ma coinvolgeva tutte le classi , al pari di una Hit si oggi.
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Re: Violetta
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Vi auguro buone letture e tanto amore (=
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Sulla forma non ho molto da dirti: "Ora è nella casera" credo che intendessi caserma.
Ben gestiti i tempi verbali e i dialoghi, che sono il punto forte del racconto.
La punteggiatura va curata di più, ho trovato dei refusi tipo ripetizioni di punti o punti fermi laddove non servono. Basta una rilettura a mente fredda.
Ciò che invece mi ha lasciato un po' perplesso è l'uso della voce narrante. Esordisci con una voce narrante esterna e impersonale, il che, data l'ambientazione storica potrebbe pure andare bene. Il punto di vista che adoperi è dunque esterno. E ci siamo.
Nel proseguio però, tra un dialogo e l'altro, il punto di vista del narratore cambia: diventa interno e segue i discorsi e le impressioni dei tre protagonisti.
Un errore a mio avviso.
Voto comunque alto, buona prova, ottimo lo spunto e il modo in cui hai gestito la trama. La retorica in questi casi è sempre dietro l'angolo e tu non ci sei caduto. Indovinato a parer mio l'accostamento alla Violetta di Verdi, che poi aveva ripreso l'opera teatrale La signora delle Camelie di Dumas figlio.
A rileggerti
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Re: Commento
Ti ringrazio per le osservazioni, frutto evidente di lettura attenta, alle quali rispondo con piacere, iniziando dalla piu' semplice: Casera. Non volevo scrivere caserma ma..Namio Intile ha scritto: ↑21/01/2022, 17:10 Un buon racconto, Mariovaldo.
Sulla forma non ho molto da dirti: "Ora è nella casera" credo che intendessi caserma. ...
Copio e incollo da un dizionario online ,
casera . – 1. a. [...] deposito del latte e degli attrezzi, e l'alloggio temporaneo del personale
Quanto all'uso della voce narrante, devo dire che non ho fatto studi classici e la mia scrittura, nel bene e nel male, e' solo frutto di centinaia di libri letti con passione, e da queste letture , iniziate precocemente, ho inconsciamente tratto regole e forme. Cosi', quando pochi anni fa ho iniziato a scrivere, ho cercato di usare le forme grammaticali e sintattiche che piu' mi avevano colpito nelle mie scorribande nel magnifico mondo dei Libri. Fra le mie letture preferite ma, aimè non piu' precoci, da qualche tempo includo anche la recensioni come la tua, articolata e motivata.... chissà, a forza di imparare forse un giorno scrivero' pure io qualcosa di buono, basta aspettare, sono un diversamente giovane ...
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Commento a Violetta
Testo ben scritto, a parte qualche sbavatura veniale, soprattutto nella punteggiatura. Racconto che forse richiederebbe un intervento di sistemazione e di pulizia di alcuni fronzoli, a tratti ridondanti, ma siamo nel campo dei gusti personali.
Il problema è che raccontare vecchie dolorose vicende, forse anche inedite in questo caso (non saprei), ma comunque arcinote nel suo complesso, non lo giudico molto originale. Insomma, manca, a mio parere, lo sforzo creativo dello scrittore, impegnato a costruire una storia, forse non assolutamente nuova, ma perlomeno insolita, fornendo un suo diverso punto di vista. Non è detto che poi ci riesca, naturalmente. Saranno i lettori a giudicarlo.
Ma è pur vero che esistono molti altri lettori assai appassionati a questo genere, diciamo storico, come a numerosi altri, e ci sono valanghe di scrittori che ci campano alla grande con questi generi.
Pertanto mi è molto difficile essere obiettivo nel voto, e questo è un vero problema.
Uso dei caporali. Regola abbastanza condivisa vuole che al termine del discorso diretto il punto o la virgola siano riportati dopo il caporale. Esempio - da una trentina di chili». - - suo vero nome», proseguì il Capitano –
Una considerazione a questa frase:
«Quella donna voleva portare l'amore dove ve n'è un gran bisogno. Certo, il modo è sbagliato ma l'idea no: anzi è profondamente cristiana. Di follie come questa ce n'è un gran bisogno. Parlerò con lei, se mi vorrà ascoltare.»
Per riuscire a portare veramente AMORE nel mezzo di una guerra (non quello semplicemente meccanico/carnale) ci vorrebbe un MIRACOLO non so bene di chi. Gesù ci ha provato a insegnare il vero AMORE agli uomini ed è finita che l'hanno messo in croce. Tante persone di buona volontà hanno perseverato nel corso dei secoli a indicare l'amore come la vera strada per vivere felici, e anche oggi ci provano con tutte le loro forze, ma per il momento non ce l'hanno fatta. Mai dire mai, per fortuna.
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Re: Violetta
Ancora grazie e ti auguro buone letture.
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Re: Violetta
Il richiamo a Bocca di rosa era inevitabile, già altri lo avevano fatto notare, e certo non mi dispiace ma , come detto in altre mie risposte, i contesti sono molto diversi.
Spero continuerai a leggermi con lo stesso piacere ma tieni presente che essendo io un arzillo 77enne non posso che scrivere cose da vecchietto...
Un saluto cordiale
- Massimo Baglione
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Re: Violetta
Se invece state solo rispondendo, non serve specificare.
Ricordatevi anche che il testo del commento deve essere lungo almeno 200 battute.
Vi rimando alle istruzioni delle Gare letterarie.
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Secondo me sei stato bravo a cucire contesto storico, citazioni (La Traviata: come dici l'opera era sicuramente molto popolare nei primi decenni del '900) e cura dei dialoghi in una scrittura lineare.
Ammetto anch'io di ignorare la storia delle portatrici.
https://chiacchieredistintivorb.blogspot.com/
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Re: Violetta
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Si sente un po' la mancanza di persone per bene e di umanità vissuta senza tante complicazioni.
Molto, ma molto, ma molto buono!
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Re: Commento
Caro Marino, ti invidio per la tua giovinezza, visto che parli di "bisnonni al fronte". Pensa che per me si tratta del padre, ragazzo del '99, volontario nei reparti d'assalto. sono contento nel vedere che, attraverso le parole di un umile scrivano quale mi sento, il suo messaggio (mi ha inculcato l'odio per la guerra e la violenza in generale) scavalchi le generazioni per arrivare ancora a chi, per sua fortuna, le guerre non le ha vissute... e speriamo che sia così, c'e' sempre qualcuno in giro che pensa alla guerra come soluzione di qualsiasi problema.Marino Maiorino ha scritto: ↑16/03/2022, 16:18 L'ho trovato tenerissimo! Scritto prima che tutta quest'assurdità in Ucraina scoppiasse, eppure leggendolo oggi sembra così dannatamente attuale! E anche l'ambientazione, il linguaggio, mi sembrano tutti curati in maniera adeguata da restituire quello che dovevano sentire i nostri bisnonni al fronte.
Si sente un po' la mancanza di persone per bene e di umanità vissuta senza tante complicazioni.
Molto, ma molto, ma molto buono!
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Re: Commento
Grazie di cuore, ka figura della protagonista, ci creda o no, e' tratta da un personaggio realmente esistito, giunto a me dai ricordi di guerra di mio padre, ricordi quasi estorti, visto che di guerra lui parlava molto malvolentieriFraFree ha scritto: ↑18/03/2022, 15:05 Un racconto pulito che porta a conoscere delle connotazioni, della prima guerra mondiale, non conosciute dalla maggior parte di noi, forse. Arriva tenera la figura di Violetta, che trova conforto, per la perdita del marito, donando "amore", seppure materiale, agli altri soldati.
Il Bestiario del terzo millennio
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collana antologica multigenere di racconti brevi
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Noir + Drammatico + Psicologico
Rosa + Erotico + Narrativa generale
La brevità va a pari passo con la modernità, basti pensare all'estrema sintesi dei messaggini telefonici o a quelli usati in internet da talune piattaforme sociali per l'interazione tra utenti. La pubblicità stessa ha fatto della brevità la sua arma più vincente, tentando (e spesso riuscendo) in pochi attimi di convincerci, di emozionarci e di farci sognare.
Ma gli estremismi non ci piacciono. Il nostro concetto di brevità è un po' più elastico di un SMS o di un aforisma: è un racconto scritto con cura in appena 2500 battute (sì, spazi inclusi).
A cura di Massimo Baglione.
Contiene opere di: Fausto Scatoli. Giorgio Leone, Annamaria Vernuccio, Luca Franceschini, Alphaorg, Daniel Carrubba, Francesco Gallina, Serena Barsottelli, Alberto Tivoli, Giuseppe C. Budetta, Luca Volpi, Teresa Regna, Brenda Bonomelli, Liliana Tuozzo, Daniela Rossi, Tania Mignani, Enrico Teodorani, Francesca Paolucci, Umberto Pasqui, Ida Dainese, Marco Bertoli, Eliseo Palumbo, Francesco Zanni Bertelli, Isabella Galeotti, Sandra Ludovici, Thomas M. Pitt, Stefania Fiorin, Cristina Giuntini, Giuseppe Gallato, Marco Vecchi, Maria Lipartiti, Roberta Eman, Lucia Amorosi, Salvatore Di Sante, Valentina Iuvara, Renzo Maltoni, Andrea Casella.
Human Takeaway
(english version)
What if we were cattles grazing for someone who needs a lot of of food? How would we feel if it had been us to be raised for the whole time waiting for the moment to be slaughtered? This is the spark that gives the authors a chance to talk about the human spirit, which can show at the same time great love and indiscriminate, ruthless selfishness. In this original parody of an alien invasion, we follow the short story of a couple bound by deep love, and of the tragic decision taken by the heads of state to face the invasion. Two apparently unconnected stories that will join in the end for the good of the human race. So, this is a story to be read in one gulp, with many ironic and paradoxical facets, a pinch of sadness and an ending that costed dearly to the two authors. (review by Cosimo Vitiello)
Authors: Massimo Baglione and Alessandro Napolitano.
Cover artist: Roberta Guardascione.
Translation from Italian: Carmelo Massimo Tidona.
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Nota: questo libro non proviene dai nostri concorsi ma è opera di uno o più soci fondatori dell'Associazione culturale.
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