Tare ereditarie

[Sergio Orsi]

“Gentile collega, dunque lei vorrebbe entrare a far parte della nostra grande squadra”, le disse l'avvocato Osvaldo Rattoni, spanciandosi sulla poltrona monumentale e sollevando con i pollici i lembi del gilet sartoriale.
L'uomo era figlio del fondatore, Agenore Rattoni, giurista di chiara fama e già condannato nei primi due gradi di giudizio per reati come infedele patrocinio, circonvenzione di incapace e riciclaggio di denaro sporco, tutti poi regolarmente estinti per prescrizione.
Il giovane Osvaldo – come nella migliore tradizione di arrampicata libera familiare di Meridania – aveva scalato a tempo di record le aspre vette dello studio paterno: a trent'anni era diventato socio “senior”.
Di fronte alla fascinosa collega Irene Altea, voleva mettere in evidenza un'ipotetica tartaruga nella zona addominale, frutto di un allenamento intensivo e coatto; ma sul suo addome prese forma un altro animale che, più che a una testuggine, assomigliava a un cucciolo di foca monaca.
“Sì, mi sono candidata perché ho trovato l'attività di questo studio in linea con i miei interessi e competenze professionali”, rispose Irene, cercando di distogliere lo sguardo da quella pancia che invocava considerazione per gli sforzi sovrumani cui doveva esser sottoposta regolarmente in palestra.
“Gentile collega, in questo studio abbiamo il massimo rispetto della professionalità e quindi del tempo altrui, quindi vengo subito al punto della questione: lei è sposata?”
“No”
“Fidanzata?”
“Sì” E che cazzo c'entra questo con il mio lavoro? proseguì mentalmente Irene.
“Sappiamo che non ha figli. Prevede di averne?”
“Non saprei.” Ma non sarebbero cazzi tuoi comunque.
“Il suo fidanzato che dice?”
“Niente, lui è sterile.”
“Ah, è sterile.”
“Sì, come il padre e il nonno.”
“Come?”, l'avvocato Rattoni aveva la vaga sensazione che gli stesse sfuggendo qualche passaggio.
“Sì, la sterilità è una malattia ad alto tasso di trasmissibilità ereditaria.”
“....”
“Un po' come la stronzaggine.”
Quindi, l'avvocata Irene Altea si alzò con tutta la calma del mondo, si sistemò la giacca, strinse la mano del collega Osvaldo Rattoni e si congedò: “lieta dell'incontro professionale, porgo i miei più cordiali saluti, gentile collega.”

Sergio Orsi

[Massimo Baglione]

Divertenti le opzioni di voto che hai personalizzato!

[Domenico Gigante]

Storia, purtroppo, assai comune di discriminazione di genere. Mette in luce con ironia le difficoltà per le donne di trovare un'occupazione stabile. Forse il limite vero del racconto è nello stereotipo del possibile datore di lavoro e nella banalizzazione della sua arroganza. Forse creare intorno ai protagonisti un contesto più credibile avrebbe giovato. Cmq non male!

[Sergio Orsi]

Divertenti le opzioni di voto che hai personalizzato!

[Sergio Orsi]

Prendo buona nota delle tue osservazioni e ti ringrazio per l'attenzione.

Storia, purtroppo, assai comune di discriminazione di genere. Mette in luce con ironia le difficoltà per le donne di trovare un'occupazione stabile. Forse il limite vero del racconto è nello stereotipo del possibile datore di lavoro e nella banalizzazione della sua arroganza. Forse creare intorno ai protagonisti un contesto più credibile avrebbe giovato. Cmq non male!

[RobertoBecattini]

Breve e fulminante, mi è piaciuto, la sua brevità però lo pone ai confini della storiella, della barzelletta. La situazione purtroppo è nota, la soluzione ricorda quei sogni fatti ad occhi aperti dal protagonista nei film, il quale poi si ridesta e reagisce in tutt'altro modo, più succube, nella realtà. Verrebbe da chiedersi se è successo veramente, ma l'autore sembra non lasciare dubbi. Merita comunque una bottiglietta mignon di Strega (il noto liquore di Benevento sponsorao dell'omonimo premio).

[Macrelli Piero]

Si può paragonare un romanzo a un film e un racconto a una fotografia? Dunque questa è una fotografia, una buona fotografia adatta per un catalogo, quindi formalmente ben eseguita. Racconta quello che deve raccontare, ma potenzialmente potrebbe (dovrebbe?) dire di più. Qui si è sintetizzato usando i nomi dei personaggi: uno che si chiama Osvaldo è lo stronzo della storia; e una che si chiama Altea si alza sempre con tutta calma e non avrebbe bisogno di aggiustarsi la giacca perché la giacca è già a posto, sempre.
Cioè, volevo dire, mi sembra manchi qualcosa.

[Fausto Scatoli]

secco e deciso, senza troppi fronzoli.
mi è piaciuto, questo raccontino che, purtroppo, non fa altro che illustrare quanto accade ogni giorno nel nostro vergognoso paese.
buone le descrizioni, per quanto limitate dalla situazione che si crea.
brava lei a mandarlo a quel paese.
4

[Temistocle]

Più che per la trama (minima, minimale e minimalista… ) il racconto si concentra, mi pare, sulla descrizione del personaggio, Osvaldo: l'avvocato, il cattivo, che cerca di millantare un 'fisico' e una 'professionalità' che non ha.
Della ragazza, Altea, si sa poco o nulla se non che ha la freddezza di mandare con cura e nonchalance a… l'altro.
Sinceramente non so cosa dire.
Un giudizio negativo sicuramente non lo posso dare, ma da un racconto su questa piattaforma mi aspetto qualcosina in più.

[Alberto Marcolli]

Concordo con Roberto Becattini: "la sua brevità lo pone ai confini della storiella, della barzelletta. "
E allora cosa manca? Manca un finale che faccia sorridere, a dispetto della gravita del tema trattato. Facile a dirsi, qui ci vorrebbe un umorismo alla Totò.
Per rendere più agevole il testo, avrei tolto qualche aggettivo. Esempio "aspre vette".
Eliminerei il "che" dalla frase: "ma sul suo addome prese forma un altro animale che, più che a una testuggine, assomigliava a un cucciolo di foca monaca."
in:
ma sul suo addome prese forma un altro animale. Più che a una testuggine, assomigliava a un cucciolo di foca monaca.
La frase:
che invocava considerazione per gli sforzi sovrumani cui doveva esser sottoposta regolarmente in palestra..
in:
che invocava indulgenza per gli sforzi sovrumani cui era sottoposta regolarmente in palestra.

Sono tutte personali proposte, forse nemmeno tanto azzeccate.

Ottimo l'umorismo per le opzioni di voto. Qui ti sei superato, ma non posso tenerne conto nella valutazione, o forse si! Chi può dirlo?

[Roberto Bonfanti]

Racconto molto breve, rinuncia a approfondimenti e contestualizzazioni in funzione della battuta finale, quella sì, ben realizzata.
Di avvocati Rattoni ce ne sono fin troppi nel mondo reale, e non sono delle macchiette, come qui.
Si fa leggere.

[Marino Maiorino]

Ci sta bene! Solo troppo breve per i miei gusti.
Il punto è che una donna così capace di capire l'antifona al volo, poi te la fa pagare con gli interessi, fosse solo per togliersi il sassolino nella scarpa.
Troppo breve anche per farmi un'idea più articolata.