Vrimka
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Vrimka
Il monte sul quale sedeva era costantemente battuto da raffiche di vento violentissime, la fatica per rimanere in equilibrio era costante.
Solo la sua barba metallica non subiva torsioni a causa del vento. Niente poteva smuoverla, ad eccezione delle sue mani enormi e dalle dita lunghissime. La sua altezza ciclopica lo rendeva un essere unico nell’universo, il suo volto sereno e i suoi occhi grandi gli davano un aspetto dolce e infantile.
Vrimka guardava la tempesta infinita biancheggiare, seduto sulla pietra nera e liscia del monte monolitico. Non sapeva da quanto tempo stesse fissando la tormenta che circondava lui e la montagna e sembrava non accennasse mai a finire.
La tempesta non lasciava spazio ad altri panorami se non al grigio in tutte le sue sfumature. Era sempre stato lì, non aveva altri ricordi e non conosceva altri colori se non il nero della pietra, il grigio sbiadito della tempesta e il blu cangiante dei lampi che, di tanto in tanto, squarciavano il cielo.
Non riusciva a vedere cosa ci fosse sotto le nuvole che avvolgevano la montagna, né aveva mai immaginato che potesse esserci qualcosa sotto di esse.
Nubi e lampi erano le sue uniche distrazioni, non c’era altro nella sua vita. Ma il suo destino non era quello di rimanere lì. Vrimka avrebbe viaggiato, misurando la sua anima contro forze ed esperienze che mai avrebbe pensato di sperimentare. Non fu lui a decidere di andarsene, di intraprendere quel viaggio che lo attendeva, ma il vento lo spostava in continuazione e la pietra nera sulla quale era seduto era liscia come il vetro, e scivolò. La sua caduta durò tanto, tantissimo, dandogli un’idea di quanto quel monte fosse alto. Più volte urtò i fianchi della montagna durante la caduta, ma il suo corpo era troppo solido per scalfirsi, perfino per fargli provare dolore. Rovinò con la schiena su qualcosa che la sua pelle non aveva mai sperimentato. Qualcosa di stranamente morbido.
Alzò gli occhi dopo la caduta e vide che la tempesta di nuvole grigie e fulmini era lontana e circoscritta alla sola cima del monte. Quello che era tutto il suo mondo adesso si riduceva a una piccola macchia nel cielo. Sopra di lui i lampi dardeggiavano, facendo brillare il monte nero. Per la prima volta in vita sua, rimaneva in equilibrio senza sforzi.
Le sue orecchie ebbero pace, vento e fulmini non le martellavano più. Il suo naso sentì per la prima volta l’odore acre dell’erba. Non era abituato agli odori, né al buio, ma gli piacquero entrambi. I suoi occhi contemplarono una meraviglia mai vista prima. Una luna enorme, gialla e intarsiata di crateri illuminava il bosco che lo circondava.
Fissando il buio iniziò a scorgere una miriade di piccole stelle che nel cielo nero brillavano ovunque, piccole e lucenti, fredde e lontane. La luce statica delle stelle e della luna si contrapponeva a quella fulminea dei lampi che aveva visto fino a quel momento. Vrimka voleva raggiungere quelle stelle, toccare la luna e camminare all’interno dei suoi crateri.
Non voleva tornare da dove era venuto, si era perso troppe cose e sentì che nulla gli era irraggiungibile. Si accovacciò sull’erba morbida e gli piaceva. Strappò alcuni ciuffi e assaporò l’odore acre che gli solleticava le narici. Il prato intorno a lui era circondato da una foresta di alberi dritti e alti. Il buio non aiutava a stimarne l’altezza, ma erano addirittura più alti di lui. Decise di entrare nel bosco. Gli aghi di pino risplendevano sotto la luce della luna e delle stelle. Lì vi dominava la pace. Il bosco s’infittiva e si diradava. Sembrava disabitato. Nessuno, tranne lui, ne respirava l’aria e calpestava il manto soffice che ne faceva da pavimento.
Lui solo esisteva. Lui e gli alberi. Lui e le stelle. Lui e la luna. Nessun suo simile gli si mostrò. Avrebbe voluto vedere un altro gigante blu, osservarne il volto e ascoltarne la voce. Sarebbe stato bello non essere soli, avere qualcuno che gli somigliasse, qualcuno che lo facesse sentire meno perso e con lui condividere tutte quelle scoperte. La sua pelle blu risplendeva sotto le stelle come una bruma fra i tronchi, mentre avanzava in quel bosco incantato. Alzando lo sguardo verso le chiome degli alberi, vide una sottile linea di luce che, partendo dal cielo, raggiungeva la terra. Sembrava una corda di pietre scintillanti. Era una luce sottile, o almeno così sembrava vista da lontano, ma emanava molta più potenza rispetto a quella delle stelle o della luna. Indugiò a lungo con lo sguardo fisso su quella retta lucente. Accarezzandosi la barba ferrosa, decise di avvicinarsi per vederla meglio. Notò che, a differenza della luna, toccava terra, quindi non serviva saper volare per vederla da vicino e toccarla. Avanzò in direzione della lama di luce. Quel bagliore stretto cambiava colore, assumeva sfumature calde o fredde, a volte più intense, altre più brillanti. Impiegò molto tempo per arrivare in prossimità di quella meraviglia e quando fu abbastanza vicino, notò che gli alberi intorno erano sostituiti da fiori viola.
La luce scintillava di fronte a Vrimka come un arcobaleno che da terra raggiungeva le stelle senza curvarsi. Provò a toccarla, e la sua mano sparì nel bagliore multicolore. Ritrasse subito la mano, ma poi provò di nuovo. Quel fenomeno non era dannoso, la sua mano era come sempre era stata, percepiva solo un piccolo formicolio. Toccò l'estremità di quella linea di luce e sentì che si apriva, come fosse una porta. Facendo forza il bagliore aumentò di spessore, e fu così che quello spiraglio di luce diventò un passaggio abbastanza spazioso da poterci accedere. Vrimka entrò nella luce rimanendone accecato e stordito, provando una serenità mai sperimentata prima. Il suo corpo blu non era più sotto le stelle e la luna, i suoi piedi non calpestavano più il prato fiorito. Era nel nulla, era nulla.
Cercò con lo sguardo se stesso, le sue mani e le sue gambe, ma non le vedeva. Non esisteva più, esisteva solo la luce. Poi il buio, poi se stesso. Al termine di quello strano viaggio si grattò la testa, poi istintivamente iniziò a massaggiarsi le tempie. Ripeté questa operazione più volte, con la massima delicatezza. Aveva finalmente capito quanto il contenuto della sua testa fosse prezioso. Durante il viaggio attraverso la linea di luce, tutto il suo corpo era sparito, tranne la sua coscienza. La coscienza abitava nella sua testa, da lì sentiva partire tutto. Era un tesoro inestimabile, più importante della sua altezza o della sua barba che tanto gli piaceva. Aveva coscienza di tutto grazie alla sua mente. Il cuore che sentiva battere dentro di sé manteneva vivo il suo corpo, ma la mente era qualcosa di diverso. Si trovò seduto sulla sabbia.
Era successo improvvisamente, dalla luce alla sabbia sotto un altro cielo stellato. Notò che cinque lune verdi illuminavano il cielo ingioiellato di stelle.
Era un nuovo mondo chissà quanto lontano dal posto che aveva lasciato. La sabbia era sottile e calda, come una coperta. Lì il silenzio era totale, quasi assordante, poi un fulmine colorato si avvicinò lasciando dei disegni sulla sabbia. Quando il fulmine fu vicino, Vrimka notò che era vivo, aveva un muso, una bocca e due occhi.
- Chi sei? - Domandò Vrimka.
- Sono un serpente.
- Scusami. Non ho chiesto cosa sei ma chi sei.
- Io sono un serpente e so bene cosa sono e quindi chi sono.
- Intendevo il tuo nome.
- I serpenti non hanno nome. Tu per esempio cosa sei?
- Io sono Vrimka.
- E cosa sei?
- Di preciso non l’ho mai capito. So di essere un gigante blu, ma non so perché.
- Sai come ti chiami, ma non sai cosa sei. Ne sai meno di me.
- Ma ho un nome.
- Ed io consapevolezza.
Vrimka si sentì strano. Conosceva il suo nome senza che nessuno glielo avesse dato. Sapeva cosa fosse senza che nessuno gli avesse spiegato il perché. Non aveva mai visto un suo simile e non sapeva cosa fosse una madre. Pensò di aver perso troppo tempo a guardare una tempesta senza fine. C’era un universo da esplorare, sperava di avere abbastanza tempo per farlo. Guardò il serpente brillare e poi chiese:
- Dove siamo?
- Stiamo vivendo. Siamo sulla sabbia, sotto la luce delle cinque lune, - rispose il serpente.
- Perché ci sono cinque lune?
- Perché così è.
- Perché c'è solo sabbia qui intorno?
- Perché così è.
- Il cielo sopra di noi è il solito che stava sopra la foresta e sopra la montagna dalla quale sono caduto?
- Probabile. Il cielo è senza tempo e spazio, è ovunque nel solito momento. È sereno, stellato o nuvoloso sempre nel solito istante. Pervade e collega tutti i mondi che esistono. È universale, costante, senza tempo.
- Cosa mi ha portato qua?
- Immagino la luce. Attraverso la luce viaggia tutto, informazioni colori ed entità. Non sei il primo ad arrivare in questo mondo.
Vrimka guardò il serpente luccicare.
- Anche tu sei fatto di luce?
- No, io la posso immagazzinare attraverso la mia pelle.
Il serpente brillava di tutti i colori che esistevano in natura. Vrimka guardò la sua pelle blu prendere tonalità differenti, vicino a quell'essere fantastico. Sopra di lui le cinque lune verdi troneggiavano come degli enormi spettri rotondi. La sabbia fine e morbida era rimescolata di tanto in tanto dal vento.
- Sono arrivato qua attraverso la luce ma come posso continuare a viaggiare senza di essa?
- A quello posso porre rimedio io, - disse il serpente sibilando.
Vrimka sentì il suo torace gonfiarsi per l'emozione.
- La scelta sta a te. Vuoi continuare a viaggiare o tornare indietro?
Non sapeva cosa rispondere, né cosa fare. Del suo mondo conosceva solo il monte dal quale era caduto. Poco altro aveva visto. Cos’avrebbe potuto vedere altrove?
- Consigliami, - chiese Vrimka.
- Casa è sempre casa. L’ignoto può essere ricco di pericoli. Tuttavia alcuni viaggi ti portano così lontano che non conviene più tornare indietro. Bisogna andare avanti.
- Fammi viaggiare altrove allora.
- Saggia scelta.
Vrimka guardò per l'ultima volta le cinque lune, poi toccò il serpente e poco prima di sparire chiese:
- Dove andrò adesso?
- La luce non è il cielo buio, non è una costante, ma un moto. Andrai dove sarà lei a portarti.
Il serpente vide Vrimka sparire nel nulla, chiedendosi se avesse ascoltato le sue ultime parole. Quel viaggio fu strano e più lungo. Vrimka non aveva coscienza di sé né del suo corpo. Non ebbe le sensazioni estatiche del primo viaggio. Il buio era totale, credette di avere gli occhi chiusi, ma non era così. Nell’oscurità più totale scorse delle stelle, da lì intuì di non essere in viaggio, ma di essere arrivato. Non vedeva niente a eccezione di qualche piccola stella, neppure il suo corpo. Iniziò a muovere braccia e gambe e sentì che niente opponeva resistenza. Non c’era un sopra, né un sotto, né un davanti o un dietro. I rumori non esistevano, la sua pelle non percepiva nulla se non una strana sensazione di freddo. Iniziò a provare ansia. Dal punto di vista fisico era libero come non era mai stato, poteva muoversi in uno spazio dove non c’era nient’altro che lui. Urlò il suo nome, ma il suono che uscì svanì subito. Non c’era un eco, non ci furono risposte. Urlò di nuovo, e ancora, fino a che la gola non iniziò a bruciargli.
Dove lo aveva portato la luce? Perché in quello spazio infinito non c’era nient’altro che buio? Chiuse gli occhi, li aveva tenuti aperti per troppo tempo e gli bruciavano. L’unico punto di riferimento erano le poche stelle che brillavano minuscole. Doveva orientarsi con quelle, provare a spostarsi da un punto all’altro seguendole. Riaprì gli occhi e cercò un astro da seguire. L’ansia aumentò, le stelle erano così piccole che non riusciva a vederle senza poi perderle di vista. Iniziò a muoversi in una direzione, nuotando in maniera esagitata. Fece questo sforzo per molto tempo, senza che riuscisse a capire quanto tempo fosse passato. Fu il corpo a dirgli che si era agitato troppo. Era stanco, infatti, come mai avrebbe potuto credere di essere. L’ansia si trasformò in disperazione, urlò di nuovo il proprio nome fino a che la voce glielo consentì. Rilassò ogni muscolo del corpo, non doveva bruciare altre energie.
Poi a un tratto sentì qualcosa di strano. Qualcosa di invisibile, intangibile e inodore stava esercitando una forza su di lui. In quella posizione di totale scioltezza, sentiva che il suo corpo veniva trascinato. Pensò che non valesse la pena di opporre resistenza, qualsiasi cosa lo stesse muovendo. Fissò la direzione verso la quale stava scivolando, non c’era niente a parte il buio. Chiuse gli occhi, e fece attenzione a non contrarre i muscoli e dopo molto li riaprì.
Qualcosa simile a un fiore emerse nel nero profondo. Nuotò nel vuoto cercando di raggiungere quella meraviglia fatta di colori caldi e brillanti, inizialmente sembrava piccola, poi si rese conto che era solo lontana. Impiegò tutte le sue forze per raggiungere quel fiore luminoso nel nulla, e una volta che gli fu vicino si rese conto che non era un fiore, ma un’enorme nuvola fatta di colori che andavano dall’arancio al rosa. La struttura di quella gigantesca nuvola sospesa nel nulla era affascinante. Era fatta di sbuffi morbidi di polvere colorata ed era attraversata da lunghissime catene di fulmini. Vrimka era come un granello di polvere al cospetto di una montagna. Era uno spettacolo incredibile. La nube iniziò prima a brillare intensamente poi a parlare.
- Chi sei?
- Mi chiamo Vrimka.
- E cosa sei?
- Sono un gigante blu.
- Perché sei qui? Non viene mai nessuno qui.
- Sono caduto dal monte sul quale ho sempre vissuto. Dopo ho seguito la luce e ho visto mondi differenti.
- Non dovresti essere qui, io sto per diventare una stella.
- Qual è il problema?
- Distruggerò tutto quello che mi circonda.
Vrimka per la prima volta provò un sentimento nuovo, era la paura.
- Come posso salvarmi?
- Non lo so. Non posso più fermarmi né tornare indietro. Diventerò luce, una fonte di luce e la mia luce viaggerà ovunque, raggiungendo i punti più lontani di tutto ciò che esiste.
Vrimka provò ad allontanarsi sempre nuotando, ma il fiore luminoso lo risucchiava. Era esausto.
- Io non voglio morire. Non so cosa succede dopo, non so nemmeno cosa significhi vivere. Sono rimasto sempre nel solito posto senza ricordare neppure come abbia fatto ad arrivarci. E ora che ho iniziato a viaggiare, non voglio morire.
- Mi dispiace davvero, ma io non ne ho colpa. Non dipende da me. Io esploderò e mi trasformerò in luce, che tu ed io lo si voglia o no.
Vrimka chiuse gli occhi, rivide i tuoni e le nuvole del monte dal quale era caduto, poi gli alberi, le stelle, i fiori, la linea di luce, il serpente, le cinque lune, e infine il bellissimo fiore fatto di aria colorata e fulmini che lo stava per uccidere. Morire era un peccato.
- Possiamo tentare una cosa, - disse il fiore.
Vrimka spalancò gli occhi, forse c’era una via di salvezza.
- Prova a toccare uno dei fulmini che mi attraversano. Sento che la mia sostanza tende a comprimersi, ad avvicinarsi verso l’interno. Solo i fulmini emanano energia verso l’esterno. Se non morirai folgorato, il fulmine ti spingerà lontano da me, e forse ti salverai.
Vrimka non disse nulla. Lasciò che la forza misteriosa lo risucchiasse verso le nubi colorate che formavano quell’entità fantastica. Quando gli fu possibile, afferrò una catena di fulmini e lo shock lo sbalzò a una velocità straordinaria verso il buio.
- Addio Vrimka, - disse il fiore fatto di nubi, ma lui era svenuto e non poté sentire.
L'elettricità lo fece schizzare via a velocità supersonica. Svenne sul colpo e non ebbe tempo neppure di sentire dolore. Nel vuoto non trovò ostacoli che ne arrestassero la corsa. La velocità non diminuì e lui non riusciva a svegliarsi, forse sognava, forse no. Dopo molto tempo qualcosa rallentò la sua corsa. Vrimka si svegliò.
- Chi sei? non ti ho mai toccato prima.
Qualcosa di sgradevole, di sporco entrò nella sua bocca e nelle narici. Riuscì a svegliarsi, la mano che aveva toccato il fulmine gli bruciava tremendamente. I suoi occhi vedevano solo grigio. C’era polvere ovunque, solo polvere sottile e cattiva che non lo faceva respirare.
- Mi puoi rispondere per favore?
- Non vedo nulla, - rispose Vrimka.
- Che significa vedere?
Vrimka non capiva, annaspava in quella polvere sottile e velenosa.
- Allora? Non capisco cosa sei.
- Non ti vedo, c'è solo polvere qua.
- Allora mi vedi perché io sono la polvere.
Vrimka provò a dibattersi, a nuotare, ma la polvere era ovunque.
- Lasciami respirare, per favore allontanati, - si lamentò Vrimka.
- Lo farei ma non posso. È la mia natura io sono il nulla. Io sono il non essere. Sono composto di tutto ciò che è morto o distrutto, la polvere è il residuo di pianeti e mondi divenuti polvere dopo essersi sbriciolati. Io vago nel nulla e distruggo tutto quello che incontro, avvolgendolo. Io divoro i mondi e li trasformo in polvere. Spengo le stelle e le trasformo in polvere. Soffocherò anche Vrimka e lo trasformerò in polvere.
- Ti prego non farlo, - implorò Vrimka.
- Non è questione di volontà, ma di natura. C'è addirittura chi ha provato a fermarmi. Erano delle entità strane, antiche. Ma la pazzia di uno di loro li ha distrutti prima che io li inghiottissi.
- Io ho paura, - gemette Vrimka.
- Lo sento da come ti dimeni.
- Io non voglio morire.
- Niente muore veramente. Tu diventerai polvere come i mondi e stelle che ho distrutto. Esisterai come polvere, vagherai nel nulla come polvere.
- Non potrò vedere nulla. Tu non puoi vedere, non puoi distinguere. Hai mai visto un mondo o una stella prima di distruggerli? No, non puoi, se no non li distruggeresti. Non soffocheresti i colori se tu potessi apprezzarli.
- Tu critichi l’architettura dell’assoluto, sei un idiota. È vero io non so cosa significhi vedere. Io sono quello che sono. Io sono sempre esistito. Io sono il silenzio del buio e che tu lo voglia o no finirai con me. Diventerai parte di tutto, del silenzio e della morte.
Vrimka ormai era sul punto di soffocare, la polvere stava vincendo un’altra delle sue infinite battaglie. Rilassò i muscoli e accettò la fine. Il grigio diventò nero e iniziò a non sentire più niente. Ormai i suoi polmoni erano pieni di polvere, non riusciva nemmeno più a tossire. Nel buio avvolto dalla polvere, l’unico gigante blu esistente stava morendo. All’improvviso le sue palpebre furono accecate dalla luce, il suo volto sembrò andare in fiamme e la speranza iniziò a pervaderlo.
- Vrimka, vieni.
Quella voce l’aveva già sentita, non era quella della polvere.
- La luce non può spazzare via la polvere, arrenditi anche te, non puoi nulla, - disse la polvere con tono apatico.
- Vrimka, apri gli occhi.
Con le ultime forze ubbidì. La luce era ovunque, la luce filtrava fra la polvere, la luce disperdeva la polvere.
- Chi sei? - Domandò Vrimka alla luce.
- Il mio tuono ti ha scacciato e ora vengo per salvarti. La luce non tollera il silenzio, non tollera il freddo.
La polvere si stava diradando, ormai non era più densa come prima.
- E tu polvere va a creare nuovi mondi. Crea nuovi pianeti. Crea nuova vita! Diventa densa, diventa utile, io ti do l’energia per farlo.
La polvere s’infiammò, e iniziò a girare su se stessa prima in un gigantesco vortice e poi in altri mille più piccoli.
- Vieni Vrimka, è ora di andare.
Vrimka viaggiò prima verso la luce e poi attraverso essa. Sentì la sua voce senza capirne le parole, come una melodia sconosciuta. E infine fu buio.
Dischiuse gli occhi e vide sotto i suoi piedi la pietra nera e liscia del monte dal quale era caduto. Ma in cielo un’enorme stella illuminava tutto ciò che riusciva a vedere. I fulmini e la tempesta che aveva sempre visto dalla cima della montagna si erano dissolti. Il cielo non era più nero ma azzurro.
La stella che lo aveva riportato a casa splendeva su tutto il suo mondo. Vrimka non riusciva neppure a guardarla. Il suo bagliore era accecante, il suo calore irradiava tutto. Intorno a lui i colori erano per la prima volta brillanti e vivaci, nuovi e affascinanti.
- Sei di nuovo a casa.
- Si, ma è tutto nuovo.
- È il tuo nuovo mondo, gigante blu. Tutto ti appartiene, ogni tuo respiro sarà una nuova scoperta. Ogni tuo sforzo la costruzione di nuovo mondo. Io sarò sempre con te, sarò il tuo giorno, la tua forza. Donerò energia a tutto ciò che vive su questa terra, e la vita vincerà sul nulla.
Vrimka si sdraiò sulla pietra nera, chiuse gli occhi, sorrise e lasciò che la luce scaldasse la sua pelle, le sue ossa e il suo cuore. Sentì l’energia della luce invaderlo, il suo sangue ora caldo scorrere. Si alzò in piedi e stavolta scese il monte senza che niente, a parte la sua volontà, lo buttasse giù.
- Fausto Scatoli
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qui c'è un muro di parole micidiale, meglio andare a capo ogni tanto.
cì pure una miriade di d eufonche da eliminare e alcuni dialoghi da rivedere, dove manca il trattino di chiusura.
la punteggiatura è sostanzialmente corretta, e questo non è da tutti, i tempi verbali pure.
la storia è un po' strana, fantasy puro, direi.
le descrizioni sono comunque buone; forse è un po' lunghetto.
complimenti per la fantasia
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Re: Commento
Vedo di sistemarla. Si il racconto è "particolare", ma mi è piaciuto scriverlo e spero vi piaccia.
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Re: Commento
Vedo di sistemarla. Si il racconto è "particolare", ma mi è piaciuto scriverlo e spero vi piaccia.
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Re: Vrimka
sistemata.Alberto Marcolli ha scritto: ↑04/01/2022, 14:53 Allora aspetto anch'io la tua sistemazione. Prometto che poi farò un commento approfondito.
Si per favore, senza pareri o confronti non posso migliorare.
Grazie
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con qualche accorgimento poteva essere, secondo me, ancora più apprezzabile. Comunque: bravo! Voto 4
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Re: commento
Laura Traverso ha scritto: ↑16/01/2022, 17:06 Ciao Giovanni, il tuo narrato e molto poetico e bello. Mi è piaciuto. Devo dirti però alcune cose che a mio parere potrebbero migliorare il racconto. "Anche te sei fatto di luce?" direi anche tu, non anche te. "Stella" questa parola è ripetuta davvero troppo, potresti usare ogni tanto uno sinonimo coma "astro" "corpo celeste"... Poi lo avrei un poco accorciato per rendere più agevole la lettura. Mi sono piaciuti molto i vari incontri del protagonista, seguiti da piacevoli dialoghi. Quando ha incontrato il serpentello nel deserto mi è tornato alla mente il particolare del bel libro "Il piccolo Principe": anche lui incontra un serpente saggio proprio nel deserto. Per concludere una bella storia che
con qualche accorgimento poteva essere, secondo me, ancora più apprezzabile. Comunque: bravo! Voto 4
Grazie mille per il voto e per il commento Laura. Questa più che una storia è un vagabondaggio. Mi rendo conto che sia una storia un po' strana, ma ci sono affezionato. Il serpente non è ispirato al piccolo principe, ma anche io ho notato l'analogia con questo.
Grazie mille
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Re: Vrimka
Senza il suo aiuto sarebbe stato difficile sistemare una storia di questo tipo.
Grazie ancora
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Re: Vrimka
Grazie ancora
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Re: Commento
Sandro Dilaghi ha scritto: ↑04/02/2022, 10:33 Ciao Giovanni, buona l'LSD vero? Scherzo!
E' stato un bel viaggio insieme a Vrimka, mi è parsa una sorta di creazione dell'Universo parallela a un viaggio personale dell'Io verso la sua auto-determinazione. O anche una vittoria della volontà e del senso della vita rispetto al Caos. O forse niente di tutto questo, ma ad ogni modo è stato un viaggio piacevole. Mi sono piaciuti i vari dialoghi e l'immagine finale del sole, sempre lassù, sempre lo stesso, ogni giorno.
Mi piace.
Ottima(scherzo anche io)
Questo è una sorta di vagabondaggio. Ogni tanto è piacevole da fare, ma non è facile da scrivere.
Grazie mille per il commento e per il voto.
commento: Vrimka
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Re: Commento
Domenico Gigante ha scritto: ↑06/02/2022, 21:03 Ciao Giovanni! Devo essere sincero: avrei voluto darti 5, ma alla fine non me la sono sentita. Il racconto è bello - molto bello - e coinvolgente e ricco di fantasia. Purtroppo, però, non sono riuscito a comprenderne il senso. Mi è sembrato un po' fine a se stesso. Un mio limite, sicuramente, ma non ci ho intravisto nulla di più della storia estremamente fantasiosa di questo gigante blu che viaggia attraverso lo spazio per ritrovarsi nuovamente al punto di partenza, sebbene più umano (e meno metallico) di quando era partito. Cmq complimenti sinceri per il tuo lavoro.
Buona sera
Intanto grazie mille per aver dedicato del tempo alla mia storia. Hai buon occhio perché non è nulla di più di un vagabondaggio fantasioso. A volte è bello anche perdersi così, mi fa piacere che ti sia piaciuto
Grazie mille davvero per il voto e per il bellissimo commento.
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Re: Commento
Temistocle ha scritto: ↑15/02/2022, 9:03 Per onestà devo dire che non sono appassionato di fantasy (stavo per scrivere "che non amo", ma poi ho pensato che "amare" è una cosa seria… ), tuttavia il racconto mi è piaciuto per il suo stile sobrio e diretto. Sì, girare il mondo, anche in modo metaforico, fa cambiare punto di vista sulla vita; ma c'è bisogno di avere un cuore e una mente aperti all'altro, chiunque esso sia. Sarebbe interessante sapere come Vrimka affronta ora la vita dopo quest'esperienza.
Buongiorno Temistocle, inizio ringraziandoti sia per il voto che per la recensione. Per lo stile devo ringraziare tutti quelli che mi hanno dato delle dritte, ma uno su tutti Alberto Marcolli che si è comportato letteralmente da "amico", aiutandomi a proporre una storia lineare e comprensibile. Senza il suo aiuto sarebbe stato difficile proporre un racconto come questo in maniera decente. Vrimka è un vagabondaggio della mia fantasia, ma sono curioso anche io di vedere come se la caverà. La sua esistenza non può essere lineare ora che è tornato in una casa che non riconoscerà più, nel bene e nel male.
Grazie ancora davvero.
- Roberto Bonfanti
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In Sangue di pietra l'aprirsi ai sentimenti finisce per corrodere Petro, qui Vrimka rischia di disperdersi nel nulla, nel ciclo elementare di trasformazione che regola l'universo; viene salvato (e mutato, umanizzato?) da una forza che dona vita ed energia.
Tutto il vagabondare, come lo definisci, del gigante blu assomiglia a un viaggio iniziatico, con tanto di passaggi rituali verso la consapevolezza e la conoscenza di sé.
Scrivi molto bene, hai una notevole inventiva e il tuo fantasy (scusa se semplifico e lo dico da non esperto) si distacca dai canoni classici e ormai usurati del genere.
Qualche punto forse lo avrei sfoltito, ma va bene così, bravo!
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Re: Commento
Buon giornoRoberto Bonfanti ha scritto: ↑25/02/2022, 22:25 Vrimka ha delle affinità con il personaggio del tuo racconto nella precedente gara: entrambi sono dei giganti quasi indistruttibili, dall'origine incerta e alla ricerca dello scopo della propria esistenza.
In Sangue di pietra l'aprirsi ai sentimenti finisce per corrodere Petro, qui Vrimka rischia di disperdersi nel nulla, nel ciclo elementare di trasformazione che regola l'universo; viene salvato (e mutato, umanizzato?) da una forza che dona vita ed energia.
Tutto il vagabondare, come lo definisci, del gigante blu assomiglia a un viaggio iniziatico, con tanto di passaggi rituali verso la consapevolezza e la conoscenza di sé.
Scrivi molto bene, hai una notevole inventiva e il tuo fantasy (scusa se semplifico e lo dico da non esperto) si distacca dai canoni classici e ormai usurati del genere.
Qualche punto forse lo avrei sfoltito, ma va bene così, bravo!
grazie mille per il voto ed il commento che mi sono piaciuti tanto. Si, il mio canone di fantasy è diverso da come lo si intende ora, ovvero pieno di orchi incazzati o elfi semidei.
Questi due giganti mi stanno a cuore, grazie per averli apprezzati.
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Re: Commento
Grazie mille per il voto, il oprattutto per i consigli. Ne farò tesoro anche perché per ora non sono molto tecnico e ho bisogno di consigli e critiche costruttive per crescere.Mithril ha scritto: ↑03/03/2022, 16:50 Ciao, come dici in un commento è un fantasy diverso da quelli cui sono abituato ma l'ho trovato un viaggio interessante. Ti segnalo un paio di cose, se vuoi ne parliamo via mail
il suo volto sereno e suoi occhi grandi --> e i suoi
esserci qualcosa sotto a esse. --> di esse
qualcuno che lo avesse fatto sentire meno perso--> facesse sentire
sentiva battere dentro di se manteneva vivo--> sé
Non c’era un eco, --> un'eco
Non posso più fermarmi ne tornare indietro --> né
hai pensato a legare alcune frasi tra loro per aumentare la scorrevolezza? tipo
non c’era altro nella sua vita. Ma il suo destino --> non c’era altro nella sua vita, ma il suo destino
-una motivazione per la caduta? il vento c'è sempre, soffia in modo diverso? Magari lui si gira di scatto perchè vede qualcosa e perde l'equilibrio?
-vede per la prima volta i colori (dargli enfasi?)
ciao
Grazie ancora
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Commento
È scritto bene? Orpo! Quindi ancor di più mi suscita sentimenti contrastanti.
Racconti alla Luce della Luna
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Il Bestiario del terzo millennio
raccolta di creature inventate
Direttamente dal medioevo contemporaneo, una raccolta di creature inventate, descritte e narrate da venti autori. Una bestia originale e inedita per ogni lettera dell'alfabeto, per un bestiario del terzo millennio. In questa antologia si scoprono cose bizzarre, cose del tutto nuove che meritano un'attenta e seria lettura.
Ideato e curato da Umberto Pasqui.
illustrazioni di Marco Casadei.
Contiene opere di: Bruno Elpis, Edoardo Greppi, Lucia Manna, Concita Imperatrice, Angelo Manarola, Roberto Paradiso, Luisa Gasbarri, Sandra Ludovici, Yara Źagar, Lodovico Ferrari, Ser Stefano, Nunzio Campanelli, Desirìe Ferrarese, Maria Lipartiti, Francesco Paolo Catanzaro, Federica Ribis, Antonella Pighin, Carlotta Invrea, Patrizia Benetti, Cristina Cornelio, Sonia Piras, Umberto Pasqui.
BReVI AUTORI - volume 1
collana antologica multigenere di racconti brevi
BReVI AUTORI è una collana di libri multigenere, ad ampio spettro letterario. I quasi cento brevi racconti pubblicati in ogni volume sono suddivisi usando il seguente schema ternario:
Fantascienza + Fantasy + Horror
Noir + Drammatico + Psicologico
Rosa + Erotico + Narrativa generale
La brevità va a pari passo con la modernità, basti pensare all'estrema sintesi dei messaggini telefonici o a quelli usati in internet da talune piattaforme sociali per l'interazione tra utenti. La pubblicità stessa ha fatto della brevità la sua arma più vincente, tentando (e spesso riuscendo) in pochi attimi di convincerci, di emozionarci e di farci sognare.
Ma gli estremismi non ci piacciono. Il nostro concetto di brevità è un po' più elastico di un SMS o di un aforisma: è un racconto scritto con cura in appena 2500 battute (sì, spazi inclusi).
A cura di Massimo Baglione.
Contiene opere di: Fausto Scatoli. Giorgio Leone, Annamaria Vernuccio, Luca Franceschini, Alphaorg, Daniel Carrubba, Francesco Gallina, Serena Barsottelli, Alberto Tivoli, Giuseppe C. Budetta, Luca Volpi, Teresa Regna, Brenda Bonomelli, Liliana Tuozzo, Daniela Rossi, Tania Mignani, Enrico Teodorani, Francesca Paolucci, Umberto Pasqui, Ida Dainese, Marco Bertoli, Eliseo Palumbo, Francesco Zanni Bertelli, Isabella Galeotti, Sandra Ludovici, Thomas M. Pitt, Stefania Fiorin, Cristina Giuntini, Giuseppe Gallato, Marco Vecchi, Maria Lipartiti, Roberta Eman, Lucia Amorosi, Salvatore Di Sante, Valentina Iuvara, Renzo Maltoni, Andrea Casella.
Human Takeaway
(english version)
What if we were cattles grazing for someone who needs a lot of of food? How would we feel if it had been us to be raised for the whole time waiting for the moment to be slaughtered? This is the spark that gives the authors a chance to talk about the human spirit, which can show at the same time great love and indiscriminate, ruthless selfishness. In this original parody of an alien invasion, we follow the short story of a couple bound by deep love, and of the tragic decision taken by the heads of state to face the invasion. Two apparently unconnected stories that will join in the end for the good of the human race. So, this is a story to be read in one gulp, with many ironic and paradoxical facets, a pinch of sadness and an ending that costed dearly to the two authors. (review by Cosimo Vitiello)
Authors: Massimo Baglione and Alessandro Napolitano.
Cover artist: Roberta Guardascione.
Translation from Italian: Carmelo Massimo Tidona.
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Nota: questo libro non proviene dai nostri concorsi ma è opera di uno o più soci fondatori dell'Associazione culturale.
Calendario BraviAutori.it "Year-end writer" 2020 - (a colori)
A cura di Tullio Aragona.
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Calendario BraviAutori.it "Writer Factor" 2016 - (in bianco e nero)
A cura di Tullio Aragona.
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Gara d'autunno 2020 - Beu, e gli altri racconti
A cura di Massimo Baglione.
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