Olimpia e Alcibiade
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Olimpia e Alcibiade
«Non bisogna assolutamente
allevare in città un leone:
ma una volta allevatolo,
conviene adattarsi ai suoi modi».
Aristofane, "Le Rane"
1. Come ci insegnano le scienze economiche la concorrenza può essere una buona cosa: è il motore dell'efficienza produttiva e l'ingrediente principale del libero mercato. La competizione, però, non è buona in assoluto. Se diventa lo strumento principale per realizzare il bene comune e unico metro per saggiare il valore individuale – a discapito di altri fattori come la cooperazione e l'altruismo – allora sorgono alcuni problemi.
Il messaggio implicito nella competizione, infatti, è che ognuno di noi può essere artefice della propria fortuna. Siamo totalmente responsabili della nostra sorte in vita e, soprattutto, non dobbiamo niente, né dobbiamo aspettarci niente dagli altri. Questa concezione ha un duplice effetto: da una parte esalta la nostra libertà e mette in luce la nostra capacità di essere agenti autonomi; ma dall'altra favorisce un individualismo privo di freni, erode il senso di solidarietà che ci lega alla comunità e ci porta a coltivare le nostre più sfrenate ambizioni.
Soprattutto la lotta per il successo può trasformarsi – riprendendo il titolo di un saggio del filosofo statunitense Michael J. Sandel – in "tirannia del merito", ossia in un sistema che premia oltremisura i vincitori e, confondendo la fama e la gloria con la saggezza e la virtù civica, affida ai più brillanti e ammirati compiti di governo e incarichi pubblici.
Questo cortocircuito si determina facilmente in ogni campo dell'agire umano. Può capitare, ad esempio, che sebbene la sfida sia semplicemente sportiva e i risultati siano solo misura del proprio talento e del proprio impegno in una disciplina, tuttavia la vittoria trascenda i limiti del successo sportivo e l'alone del merito si spanda su tutte le azioni che il vincitore si trova a intraprendere.
La cosa non è affatto esagerata. Nella nostra società i campioni del calcio – o di altri sport altrettanto famosi – godono, insieme a introiti spropositati, anche di una esposizione mediatica che gli conferisce un potere enorme, e costituiscono un'élite la cui influenza - oltre che ispirare i comportamenti sociali nelle sfere del consumo, della moda e della cultura giovanile - può riguardare perfino la politica.
Il fenomeno non è assolutamente nuovo. Lo conoscevano bene i Greci, che riservavano ai migliori atleti un lustro e una fama che andavano ben oltre lo stadio di Olimpia. Una vittoria sulla pista di atletica accresceva enormemente il prestigio sociale, favorendo l'ingresso in politica e una brillante carriera. Non pochi uomini di potere si servirono dei successi nelle corse dei cavalli e dei cocchi per consolidare o migliorare la propria posizione. Uno di questi fu l'ateniese Alcibiade – stratega, politico e avventuriero: senza dubbio uno dei personaggi più affascinanti della storia greca – in qualità non di atleta, ma di armatore in una delle gare più importanti di Olimpia: quella dei carri.
2. Nato nella ricca famiglia latifondista degli Alchemonidi, appartenente all'aristocrazia della capitale attica, Alcibiade viene cresciuto dallo zio Pericle ed entra a far parte della cerchia di Socrate, che lo "ama" - dice Platone - oltre ogni misura. Dotato di qualità eccezionali sia fisiche, sia intellettuali, che contrastavano con la sua eccessiva dissolutezza e la debolezza morale, il giovane ateniese incarna da subito il modello del "great individual", cioè di un individuo che agisce in costante contrasto con le norme della Polis accettate e riconosciute da tutti. La sua personalità e il suo carisma gli attirarono rapidamente sentimenti opposti ben espressi dalle parole di Dioniso nella commedia "Le Rane" di Aristofane: Atene «lo ama, lo odia, lo vuole».
Tra le cose di cui Alcibiade va particolarmente orgoglioso c'è il suo allevamento di cavalli. La sua scuderia, infatti, riporta numerose vittorie. Sappiamo da Plutarco che egli vinse una gara a Nemea e la sua vittoria fu poi rappresentata dal pittore Aristofonte. Un'altra vittoria a Delfi fu commemorata con un dipinto di Aglaofonte il giovane. Ed è probabile anche una vittoria alla corsa dei carri durante le Grandi Panatenee del 418 a.C.
La più grande vittoria di Alcibiade, però, è quella ai giochi Olimpici del 416 a.C., dove partecipa come privato cittadino con ben sette cocchi e conquista il primo, il secondo e il quarto posto. Un exploit senza precedenti, che l'Alchemonide celebra in modo molto sfarzoso: la gente di Efeso allestisce per lui un grande tenda; i Chioti procurano per i suoi cavalli biada e per lui animali sacrificali; la gente di Lesbo provvede al vino e ad altre provviste necessarie per una grande celebrazione. Addirittura Euripide scrive un componimento poetico, l'epicinio, destinato a esaltare i vincitori dei giochi panellenici e a rendere eterna la loro gloria:
«Or te io canterò, figlio di Clinia.
Bella è vittoria, ma ancor più bello
– cosa che non toccò ad altri Elleni –
correr col carro primo, poi secondo
ed anche terzo, ed uscirne invitto
per ben due volte e farsi incoronare
d'olivo e farsi proclamare a voce
da un araldo».
Tornato in patria Alcibiade prosegue la sua abile strategia mediatica per valorizzare i suoi successi sportivi attraverso la commissione di opere pittoriche in forma provocatoriamente d'avanguardia, in cui viene rappresentato tra le braccia di divinità. Soprattutto, però, approfitta del successo per tessere la trama che lo porterà al centro della vita politica ateniese. L'occasione per raggiungere i suoi obiettivi di fama e di gloria non tarda a presentarsi.
Sono, infatti, gli anni della guerra del Peloponneso e il conflitto tra Sparta e Atene si combatte a tutto campo in Grecia e nelle colonie. Nel 415 a.C. l'Alchemonide viene eletto stratega insieme al rivale Nicia - uomo tradizionalista e prudente - e l'Agorà deve decidere se intraprendere una pericolosa spedizione contro la città di Siracusa, alleata degli spartani. Alcibiade è naturalmente un fervente sostenitore dell'impresa e si candida a guidare l'esercito con un celebre discorso, in cui un ruolo chiave gioca il suo recente successo ai giochi panellenici:
«Meglio che ad altri, o Ateniesi, il comando spetta a me... e me ne stimo degno. Ciò che mi si addebita è gloria per me, per i miei maggiori, e torna di vantaggio anche alla patria. Se nell'Ellade si esagera e si sopravvaluta la potenza di Atene, mentre si sperava prima che la guerra l'avesse esaurita, ciò si deve al mio sfarzo in Olimpia: dove presentai sette carri, numero mai raggiunto da un privato, vinsi il primo, il secondo e il quarto premio, e ogni equipaggio fu degno della vittoria. Ciò, dati gli usi, ci fa onore, e intanto dagli effetti si deduce la nostra potenza...» (Tucidide, "Storie").
Il suo avversario Nicia prova a controbattere mettendo in rilievo i rischi dell'iniziativa bellica, ma – come notava Voltaire – l'Atene democratica è una città, dove conciapelli, ciabattini e sarti applaudono le buffonerie di Aristofane, e poi perseguitano cittadini "speciali" come Socrate. Più propensa, dunque, a dare retta alla retorica che al buonsenso, l'assemblea dei cittadini approva con esultanza la proposta di Alcibiade e la spedizione contro Siracusa salpa dal Pireo sotto il comando dell'Olimpionico.
3. Come è noto finì molto male. La flotta ateniese fu distrutta e un numero imprecisato di soldati venne imprigionato per anni nelle latomie. La disfatta fu un duro colpo per la capitale attica, che non si riprese mai dalla sconfitta e fu, infine, travolta ad Egospotami nel 405 a.C. Gli Spartani vincitori imposero ad Atene la rinuncia a tutti i possedimenti esterni, l'abbattimento delle Lunghe Mura e delle fortificazioni del Pireo, la consegna dell'intera flotta ed il richiamo degli esuli. Infine un presidio militare spartano venne installato sull'Acropoli. La città visse poi un periodo lungo e travagliato per la sua democrazia: gli anni tristi di Crizia e dei Trenta tiranni, in cui un disilluso Platone scriveva la sua "Politéia", la Repubblica.
In tutto questo quale fu la sorte di Alcibiade? La sua fu una fine ingloriosa. Il giorno prima della partenza della spedizione in Sicilia, infatti, scoppio lo scandalo della mutilazione delle Erme. Nel panico che ne seguì Alcibiade fu accusato di essere l'artefice del sacrilegio e di aver profanato i Misteri Eleusini. L'Ateniese chiese un'inchiesta immediata, ma i suoi nemici si assicurarono che navigasse con l'accusa ancora pendente su di lui. Dopo aver raggiunto la Sicilia fu richiamato in patria, ma nel viaggio di ritorno fuggì e - venuto a sapere che era stato condannato a morte in contumacia - si recò a Sparta dove offrì i suoi servigi ai nemici della sua città. Questa, però, non fu ancora la fine politica di Alcibiade, che tornò in patria alcuni anni dopo e per un breve periodo dominò ancora la scena ateniese, prima di morire assassinato per mano di sicari spartani.
Fu così che la democrazia fece i conti con la versione oscura del merito: quella che non sa distinguere tra il talento sportivo e la capacità di governo, congiunta ad un genuino interesse per il bene comune.
--- FINE -------------
Pubblico "sub iudice". Quello che propongo non è narrativa, ma neanche propriamente un saggio. E' più un racconto saggistico o un apologo in forma di saggio. Originariamente è stato pubblicato sul blog di economia e politica Reforming.it del mio caro amico Nicola C. Salerno. Ho sistemato un po' il testo e soprattutto l'ho accorciato. Il BONUS TRACK, che trovate qui sotto, è la conclusione dell'articolo originale, che ho posto fuori gara perché ridondante e pedante.
Dico "sub iudice" in quanto, data la natura ambigua dello scritto, si può supporre che venga contestata la sua presenza in questa gara. Nel qual caso sono assolutamente disponibile a cancellare il testo o a lasciarlo fuori gara, non votando gli altri racconti.
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BONUS TRACK (che potete tranquillamente trascurare)
4. Ciò che ho raccontato è volutamente romanzato e pieno di omissioni. La vittoria alle Olimpiadi non è l'unico motivo dell'ascesa politica di Alcibiade. Tuttavia la vicenda è emblematica del confuso rapporto tra "dynamis" e "timé": tra splendore del vincitore e utilità della città. Infatti, proprio nella conquista della vittoria ad Olimpia, l'Alchemonide mostra di non distinguere il pubblico dal privato e di ricercare soltanto una "dynamis" personale che tende di fatto alla tirannide. In pieno contrasto con la visione di Pericle, che proponeva un ideale di condivisione tra il bene dell'individuo e quello della comunità (accordando tuttavia un primato a quest'ultima), l'Olimpionico propone, invece, una sua versione della "kalokagathìa", dove l'obiettivo del singolo è il prestigio che si ottiene con imprese che scuotono la fantasia. In questa sorta di società dell'immagine in salsa ateniese, il merito del singolo si ribalta sull'intera Polis, abbagliando ed esaltando i propri concittadini. Una tesi aristocratica, che ovviamente poteva piacere a Crizia e ai filo-oligarchi, ma di certo faceva storcere la bocca a quei democratici che non erano accecati dalla retorica del figlio di Clinia.
È dunque la capacità dell'Ateniese di costruire la propria immagine di trionfatore, unità alla irriducibilità del suo carattere alle "regole" della democrazia – che egli adoperò a proprio vantaggio – a renderlo un esempio spettacolare di come in un sistema basato sulla stima sociale, che premia in maniera smisurata i vincitori, si possa fare un uso strumentale del proprio successo privato per ascendere ai più alti gradini nella vita pubblica e perseguire unicamente la propria gloria. Una logica meritocratica che, purtroppo per la vita democratica, si può rivelare infausta.
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Raffaello Sanzio, "Scuola di Atene", Affresco, 1509-1511 circa, Musei Vaticani, Città del Vaticano
La figura di Alcibiade è uno dei "leit motiv" dell'arte classica, segno inequivocabile del fatto che, alla fine, l'Ateniese è riuscito nell'impresa di conquistare fama imperitura. Innumerevoli sono le opere di contenuto storico che lo ritraggono, spesso in compagnia di Socrate. Qui è stata scelta un'opera che non lo vede al centro della scena, ma che lo inquadra all'interno del contesto culturale in cui visse. Il personaggio di sinistra con l'elmo che sta parlando con Socrate è stato, infatti, identificato con Alcibiade.
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Comincerò dal perché: perché proprio ora, a ridosso delle elezioni? Mi pare che di Alcibiade in Italia ne abbiamo parecchi ed è certo che i vincitori hanno ricevuto un'esposizione mediatica notevole.
O è semplicemente una riflessione estemporanea, comunque validissima? Un detto (molto riduttivo della situazione da te esposta) dice che "i soldi vanno dove stanno i soldi". Alcibiade apparteneva a una famiglia ricca, può permettersi di far correre ben sette carri, grazie al ca... che vince! Non contento, usa quella vittoria per gettarsi nell'agone politico e diventare strategòs. Non contento, convince Atene a sfidare Siracusa (!!! all'epoca seconda a nessuna): il proverbiale passo più lungo della gamba.
La riflessione finalmente è questa: siffatti personaggi prima o poi conducono alla rovina la Nazione per eccesso di confidenza nella propria grandezza.
Speriamo che il popolo capisca la lezione? Nel nostro parlamento abbiamo un ottuagenario Alcibiade che ancora convince le masse di quanto favorevole sarà il suo contributo nell'agone politico. Come Alcibiade ha dimostrato di essere capace, ha un passato mediatico di grande organizzatore (nemmeno Alcibiade correva personalmente sui cavalli vincitori), è stato esaltato, eletto, si è mostrato insipiente, è stato condannato, mai del tutto davvero allontanato dalla vita pubblica, è sempre stato lì a millantare chissà quali meriti, oggi fa parte ancora una volta del bando vincitore... No, il popolo non capisce, non ricorda e, PURE SE GLI METTI IN MANO LA PIÙ GRANDE E IMMEDIATA ENCICLOPEDIA CHE IL MONDO ABBIA MAI AVUTO (internet attraverso i cellulari), è ignorante.
Un paio di cose interessanti: diversamente da tutte le altre gare olimpiche, il vincitore delle corse dei carri era effettivamente l'armatore, NON il fantino, non l'atleta. Di questo accidente approfitta Alcibiade (che ha denaro) per cominciare la propria carriera politica. Il che è un monito: in una società REALMENTE meritocratica bisogna evitare che esistano scorciatoie. Alcibiade NON ha corso, quindi vincitore di che? Ma l'uso e l'"evidenza" sono stati piegati più fortemente della logica, col risultato descritto. Quello che voglio dire è che anche oggi parliamo di meritocrazia MOLTO a vanvera, SOPRATTUTTO tra quelli il cui unico merito è partire da buone basi economiche. Non mi dilungherò sul livello di perversione che questo tipo di mentalità raggiunge in Paesi calvinisti come Svizzera e Olanda: basti osservare che lì se sei ricco è perché sei una buona persona a prescindere, premiata da Dio. Quindi, non immaginiamo che l'Italia sia un Paese arretrato a causa di chissà quale tara mentale (ho sentito critiche in tal senso di ogni tipo): c'è chi sta peggio pur stando apparentemente meglio.
Sempre su Alcibiade, riflettevo ora che è singolare il fatto che se ne ricordino i tre piazzamenti, perché diversamente da quanto accade nelle Olimpiadi moderne (l'importante è partecipare) in quelle antiche vincere era tutto. È quindi evidente l'opera mediatica dietro il sottolineare "il primo, il secondo e (qui siamo proprio al delirio, per quei tempi) il quarto posto". Posso capire che se non avesse vinto il primo carro avrebbe vinto il secondo, ma il quarto? Sta lì solo per aggiungere lustro, non ha senso né valore se non quello dell'"INOLTRE", e che Tucidide lo ricordi è un chiaro segno di quanto profonda fu l'opera di propaganda di quelle vittorie. Piazzamenti diversi dal primo nelle antiche gare ginniche si ricordano (i nomi venivano incisi nel marmo presso i luoghi delle gare) solo in occasione di eventi particolarissimi.
E ancora su Alcibiade. Non sono sicuro che Socrate lo "amasse". Nel Simposio (XXX-XXXVII) Platone fa parlare i due personaggi, una scena alquanto pietosa con un Alcibiade trentenne abbastanza ebbro che si lamenta di quanto Socrate ne rifiutasse le pur esplicite avances. La mia impressione è che, nella sua affermazione mediatica Alcibiade volesse essere il primo in ogni campo e, essendo Socrate al tempo ancora il più grande pensatore della città, OVVIAMENTE Alcibiade DOVEVA essere il suo amante (anche perché le stesse parole di Alcibiade mostrano che intellettualmente non c'era storia né poteva esserci intesa). Persino Socrate ne lamenta la gelosia: ovvia, perché il posto di favorito non doveva essergli rubato da chicchessia, Alcibiade non poteva tollerare di essere superato da un altro.
Il saggio che hai proposto: c'è polpa, molta, ma non hai servito il piatto, non lo hai preparato a dovere, non è a tavola, non profuma, non ci sono le posate. Vedo un calderone sul fuoco con un post-it vicino: "servitevi, è pronto". Perché questo brano? A che ti riferisci (tu, esplicitamente)? Senza queste chiavi di lettura il tutto resta un po' nell'aria a mo' di considerazioni astratte supportate da un esempio di 2400 anni fa.
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Re: Commento
Caro Marino! Intanto grazie per il tuo lungo commento. Molte cose che dici sono giuste. Provo qui a spiegare alcune cose.Marino Maiorino ha scritto: ↑02/10/2022, 9:55 Domenico!
Comincerò dal perché: perché proprio ora, a ridosso delle elezioni? Mi pare che di Alcibiade in Italia ne abbiamo parecchi ed è certo che i vincitori hanno ricevuto un'esposizione mediatica notevole.
O è semplicemente una riflessione estemporanea, comunque validissima? Un detto (molto riduttivo della situazione da te esposta) dice che "i soldi vanno dove stanno i soldi". Alcibiade apparteneva a una famiglia ricca, può permettersi di far correre ben sette carri, grazie al ca... che vince! Non contento, usa quella vittoria per gettarsi nell'agone politico e diventare strategòs. Non contento, convince Atene a sfidare Siracusa (!!! all'epoca seconda a nessuna): il proverbiale passo più lungo della gamba.
La riflessione finalmente è questa: siffatti personaggi prima o poi conducono alla rovina la Nazione per eccesso di confidenza nella propria grandezza.
Speriamo che il popolo capisca la lezione? Nel nostro parlamento abbiamo un ottuagenario Alcibiade che ancora convince le masse di quanto favorevole sarà il suo contributo nell'agone politico. Come Alcibiade ha dimostrato di essere capace, ha un passato mediatico di grande organizzatore (nemmeno Alcibiade correva personalmente sui cavalli vincitori), è stato esaltato, eletto, si è mostrato insipiente, è stato condannato, mai del tutto davvero allontanato dalla vita pubblica, è sempre stato lì a millantare chissà quali meriti, oggi fa parte ancora una volta del bando vincitore... No, il popolo non capisce, non ricorda e, PURE SE GLI METTI IN MANO LA PIÙ GRANDE E IMMEDIATA ENCICLOPEDIA CHE IL MONDO ABBIA MAI AVUTO (internet attraverso i cellulari), è ignorante.
Un paio di cose interessanti: diversamente da tutte le altre gare olimpiche, il vincitore delle corse dei carri era effettivamente l'armatore, NON il fantino, non l'atleta. Di questo accidente approfitta Alcibiade (che ha denaro) per cominciare la propria carriera politica. Il che è un monito: in una società REALMENTE meritocratica bisogna evitare che esistano scorciatoie. Alcibiade NON ha corso, quindi vincitore di che? Ma l'uso e l'"evidenza" sono stati piegati più fortemente della logica, col risultato descritto. Quello che voglio dire è che anche oggi parliamo di meritocrazia MOLTO a vanvera, SOPRATTUTTO tra quelli il cui unico merito è partire da buone basi economiche. Non mi dilungherò sul livello di perversione che questo tipo di mentalità raggiunge in Paesi calvinisti come Svizzera e Olanda: basti osservare che lì se sei ricco è perché sei una buona persona a prescindere, premiata da Dio. Quindi, non immaginiamo che l'Italia sia un Paese arretrato a causa di chissà quale tara mentale (ho sentito critiche in tal senso di ogni tipo): c'è chi sta peggio pur stando apparentemente meglio.
Sempre su Alcibiade, riflettevo ora che è singolare il fatto che se ne ricordino i tre piazzamenti, perché diversamente da quanto accade nelle Olimpiadi moderne (l'importante è partecipare) in quelle antiche vincere era tutto. È quindi evidente l'opera mediatica dietro il sottolineare "il primo, il secondo e (qui siamo proprio al delirio, per quei tempi) il quarto posto". Posso capire che se non avesse vinto il primo carro avrebbe vinto il secondo, ma il quarto? Sta lì solo per aggiungere lustro, non ha senso né valore se non quello dell'"INOLTRE", e che Tucidide lo ricordi è un chiaro segno di quanto profonda fu l'opera di propaganda di quelle vittorie. Piazzamenti diversi dal primo nelle antiche gare ginniche si ricordano (i nomi venivano incisi nel marmo presso i luoghi delle gare) solo in occasione di eventi particolarissimi.
E ancora su Alcibiade. Non sono sicuro che Socrate lo "amasse". Nel Simposio (XXX-XXXVII) Platone fa parlare i due personaggi, una scena alquanto pietosa con un Alcibiade trentenne abbastanza ebbro che si lamenta di quanto Socrate ne rifiutasse le pur esplicite avances. La mia impressione è che, nella sua affermazione mediatica Alcibiade volesse essere il primo in ogni campo e, essendo Socrate al tempo ancora il più grande pensatore della città, OVVIAMENTE Alcibiade DOVEVA essere il suo amante (anche perché le stesse parole di Alcibiade mostrano che intellettualmente non c'era storia né poteva esserci intesa). Persino Socrate ne lamenta la gelosia: ovvia, perché il posto di favorito non doveva essergli rubato da chicchessia, Alcibiade non poteva tollerare di essere superato da un altro.
Il saggio che hai proposto: c'è polpa, molta, ma non hai servito il piatto, non lo hai preparato a dovere, non è a tavola, non profuma, non ci sono le posate. Vedo un calderone sul fuoco con un post-it vicino: "servitevi, è pronto". Perché questo brano? A che ti riferisci (tu, esplicitamente)? Senza queste chiavi di lettura il tutto resta un po' nell'aria a mo' di considerazioni astratte supportate da un esempio di 2400 anni fa.
1) questo testo è stato scritto dopo un più lungo saggio sul libro di Sandel, che cito nel testo (e consiglio vivamente come lettura). Nello specifico non metto in discussione il merito, ma l'individualismo anti-sociale che esso sottende. In questo contesto Alcibiade è un esempio eclatante di personalità egocentrica, che in tutti i modi cerca di esaltare i propri merito (quello che nella cultura greca veniva considerato merito).
2) non intendevo fare un raffronto, se non generico, con il mondo attuale. Per cui, mi spiace, non mi riferisco a nessuno in particolare (sebbene naturalmente più di uno si possa intravedere dietro il personaggio di Alcibiade).
3) sui rapporti tra Socrate e Alcibiade, ovviamente le fonti sono molte. Di sicuro concordo con la tua visione del suo personaggio nel Simposio. La sua apparizione ubriaco, però, non lo rende affatto ridicolo. È probabilmente la figura più interessante e intrigante del dialogo platonico. Ed infatti lo chiude, quasi senza replica da parte di Socrate.
4) troppa carne al fuoco. Giusto! È un limite per un saggio, ma non per un racconto. Il mio non voleva essere un articolo esauriente sulla figura di Alcibiade. Ho in realtà mentito e sorvolato su parecchie cose - come ad esempio proprio la ricchezza, che ha certamente aiutato l'ascesa, ma non l'ha determinata (Alcibiade ci ha messo tutto il suo talento e la sua personalità forte e volitiva) - perché il mio era un intento più narrativo: un apologo con funzione pedagogica. Il rischio di una società che dà troppo spazio al merito è che incarichi pubblici vengano affidati a persone senza particolari qualità morali e civiche; anzi proprio a coloro che - come il leone allevato in città - hanno uno scarso interesse per il bene comune, perché troppo occupati a sentirsi i migliori e degni di ogni onore. Per questo motivo mi concentro su alcuni aspetti del personaggio che mi occorrono per sostenere la mia tesi: in questo caso i meriti sportivi che servono ad Alcibiade per la sua ascesa politica.
Poi - è chiaro - la vicenda si apre a molteplici interpretazioni. Ma questo è il lettore che può indagare. Io non volevo fare che il mio ritratto personale di Alcibiade è non un lavoro storiografico completo.
In realtà speravo che la vicenda, cosi come la racconto, potesse intrigare il lettore, farlo sorridere e riflettere a suo modo. Per questo manca della chiusura e completezza di un vero saggio.
Grazie mille ancora! Un abbraccio!
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Re: Olimpia e Alcibiade
Io sono un attimo più cinico nel giudizio di certe persone, non credo siano "troppo occupati a sentirsi i migliori e degni di ogni onore", al contrario sfruttano la dabbenaggine di chi dà valore a qualità civiche e onori per accrescere l'unica cosa alla quale tengono davvero: potere e (volgarmente) denaro.
Voglio proprio vedere come se li porteranno nella tomba...
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Re: Olimpia e Alcibiade
Grazie a te! È sempre bellissimo lo scambio di opinioni. Naturalmente penso che il tuo cinismo valga per una parte degli amministratori della cosa pubblica. Ed è per questo che spesso viene, in contrapposizione, evocato il governo dei migliori, perché nella logica meritocratica sono anche i più intelligenti e capaci. Quindi non furbi o attenti solo al proprio tornaconto, ma semplicemente molto bravi in qualcosa (come medici, avvocati, banchieri, imprenditori, etc.). Eppure questo non basta per avere veramente a cuore il bene comune.Marino Maiorino ha scritto: ↑02/10/2022, 16:25 Grazie per il chiarimento.
Io sono un attimo più cinico nel giudizio di certe persone, non credo siano "troppo occupati a sentirsi i migliori e degni di ogni onore", al contrario sfruttano la dabbenaggine di chi dà valore a qualità civiche e onori per accrescere l'unica cosa alla quale tengono davvero: potere e (volgarmente) denaro.
Voglio proprio vedere come se li porteranno nella tomba...
Alcibiade non era mosso da un desiderio di ricchezza (era già molto ricco), ma da una volontà di potenza che, come un riflesso della sua bravura, non poteva che pervadere l'intera Polis. Vedeva se stesso come troppo bravo per poter fallire nella sua impresa e, quindi, era profondamente convinto di fare il bene della sua città. Il problema è che, in questa sua volontà di potenza ed eccessiva fiducia in sé stesso, non aveva una visione reale di ciò che era saggio e bene per i suoi concittadini.
Ed è questo che spesso manca agli individialisti, che il merito coltiva.
L'aspetto che più mi colpisce, però, - e che evidentemente non sono stato capace di mettere in evidenza - non è tanto l'arrivismo di Alcibiade, quanto la profonda e radicata mentalità meritocratica che pervadeva la Polis greca. I cittadini di Atene sono i primi ad essere convinti che Alcibiade sia troppo bravo per fallire. Questa mentalità, secondo me, più che nel leaderismo attuale, si ravvisa nella fiducia quasi acritica nei confronti dei tecnocrati: troppo bravi per poter sbagliare. Il problema, però, è che non necessariamente la tecnocrazia ha veramente a cuore il bene di tutti.
E' qui per me il vero rischio per la democrazia - quello che sta generando tanti populismi per reazione - un'eccessiva pervasività di questa logica meritocratica dei migliori e dei tecnici in politica, che esautora la politica dalla sua responsabilità di comprendere cosa sia necessario realmente per il bene dei cittadini. Si guarda troppo a cosa sia intelligente ed economico fare, senza badare a ciò che è giusto e bene.
Chiudo qui, perché mi sto dilungando e sto uscendo fuori tema. Ti consiglio, però, vivamente la lettura de La tirannia del merito di M.J. Sandel. Un saggio che ho trovato molto interessante per capire molte dinamiche odierne.
Buona serata!
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Re: Olimpia e Alcibiade
non sei il primo, questa settimana, a consigliarmi la stessa opera, che peraltro immagino già dove possa arrivare, visto che ho dovuto sorbirmi in prima persona alcuni "indottrinamenti", inevitabili quando la tua azienda entra nell'agone internazionale.
E giù di ISO a palla... 'na palla!
Che poi, essendo un inveterato campano, vedi sporco a 2 chilometri a occhi chiusi, al buio, a mezzanotte, d'inverno, nella nebbia, contromano...
Sviluppi uno strano sesto senso che ti fa porre in discussione tutto ciò che vedi, e ti fa credere tante cose che "non esistono".
La meritocrazia, purtroppo, è una di quelle. Inutile girarci .
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Re: Olimpia e Alcibiade
Grazie del passaggio, Rick! Mi fa piacere che ti sia piaciuto. Un abbraccio!BladeRunner ha scritto: ↑03/10/2022, 9:19 Interessante.
Un bel modo di fare divulgazione.
Corretto nella stesura, asciutto e lineare. 4
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La concorrenza fa bene, certo, e la meritocrazia è la base per una società sana, ovvio.
Ma la mano invisibile muove l'economia e con quella la vita e la sorte di ogni persona o società, adesso come in antichità.
Di Alcibiade il mondo è pieno, basta vedere il Qatar di questi giorni, ricchi influenti eppure alcuni di questi saranno destinati alla disgrazia. Mentre la nostra società, anzi la globalizzazione di tutte le società, sarà costretta a subire sconfitte importanti, alcune irrimediabili.
Meritocrazia e concorrenza fanno molto ,ma gli eventi non sono prevedibili e secondo me Adam Smith aveva ragione.
Grazie per questo trattato, più che racconto, per me 5 strameritato.
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Re: Commento
Ciao Giovanni! Grazie per il tuo commento. Il problema di tutti gli Alcibiade sembra essere l'egocentrismo: la convinzione di bastare a se stessi e di non dover niente a nessuno. L'attuale sistema meritocratico (e tecnocratico) sembra inevitabilmente condurre ad un sistema distopico, in cui i vincitori (quelli che hanno avuto successo nella vita, hanno fatto le migliori scuole, le migliori università) governano la gran massa dei perdenti (ovvero coloro che non hanno grandi meriti, ma sono membri fondamentali della società: basta vedere come la pandemia ha reso necessari per la sopravvivenza lavoratori spesso ignorati e umiliati). Questa massa continua ancora a non veder riconosciuta la propria dignità e finisce per ingrossare le fila degli anti-sistema con catastrofiche conseguenze per la democrazia.Giovanni p ha scritto: ↑20/11/2022, 14:16 Bello, interessante e ricco di riflessioni.
La concorrenza fa bene, certo, e la meritocrazia è la base per una società sana, ovvio.
Ma la mano invisibile muove l'economia e con quella la vita e la sorte di ogni persona o società, adesso come in antichità.
Di Alcibiade il mondo è pieno, basta vedere il Qatar di questi giorni, ricchi influenti eppure alcuni di questi saranno destinati alla disgrazia. Mentre la nostra società, anzi la globalizzazione di tutte le società, sarà costretta a subire sconfitte importanti, alcune irrimediabili.
Meritocrazia e concorrenza fanno molto ,ma gli eventi non sono prevedibili e secondo me Adam Smith aveva ragione.
Grazie per questo trattato, più che racconto, per me 5 strameritato.
Se ti interessa l'argomento, ti rimando ad un saggio più ampio che ho pubblicato anche qui: https://www.braviautori.it/meritocrazia ... rente.html
Grazie ancora. Un abbraccio!
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Re: Olimpia e Alcibiade
innanzi tutto grazie per il link, lo leggo volentieri.
Purtroppo è un sistema che ci siamo costruiti, e che con i social si sta amplificando. L'egocentristo è diventato, almeno secondo me, consumo della propria immagine( la storia che ho proposto tratta anche di questo, ma in versione fallimentare.)
Grazie ancora Domenico e complimenti sia per le tue storie che per le tue poesie.
Il Bestiario del terzo millennio
raccolta di creature inventate
Direttamente dal medioevo contemporaneo, una raccolta di creature inventate, descritte e narrate da venti autori. Una bestia originale e inedita per ogni lettera dell'alfabeto, per un bestiario del terzo millennio. In questa antologia si scoprono cose bizzarre, cose del tutto nuove che meritano un'attenta e seria lettura.
Ideato e curato da Umberto Pasqui.
illustrazioni di Marco Casadei.
Contiene opere di: Bruno Elpis, Edoardo Greppi, Lucia Manna, Concita Imperatrice, Angelo Manarola, Roberto Paradiso, Luisa Gasbarri, Sandra Ludovici, Yara Źagar, Lodovico Ferrari, Ser Stefano, Nunzio Campanelli, Desirìe Ferrarese, Maria Lipartiti, Francesco Paolo Catanzaro, Federica Ribis, Antonella Pighin, Carlotta Invrea, Patrizia Benetti, Cristina Cornelio, Sonia Piras, Umberto Pasqui.
BReVI AUTORI - volume 1
collana antologica multigenere di racconti brevi
BReVI AUTORI è una collana di libri multigenere, ad ampio spettro letterario. I quasi cento brevi racconti pubblicati in ogni volume sono suddivisi usando il seguente schema ternario:
Fantascienza + Fantasy + Horror
Noir + Drammatico + Psicologico
Rosa + Erotico + Narrativa generale
La brevità va a pari passo con la modernità, basti pensare all'estrema sintesi dei messaggini telefonici o a quelli usati in internet da talune piattaforme sociali per l'interazione tra utenti. La pubblicità stessa ha fatto della brevità la sua arma più vincente, tentando (e spesso riuscendo) in pochi attimi di convincerci, di emozionarci e di farci sognare.
Ma gli estremismi non ci piacciono. Il nostro concetto di brevità è un po' più elastico di un SMS o di un aforisma: è un racconto scritto con cura in appena 2500 battute (sì, spazi inclusi).
A cura di Massimo Baglione.
Contiene opere di: Fausto Scatoli. Giorgio Leone, Annamaria Vernuccio, Luca Franceschini, Alphaorg, Daniel Carrubba, Francesco Gallina, Serena Barsottelli, Alberto Tivoli, Giuseppe C. Budetta, Luca Volpi, Teresa Regna, Brenda Bonomelli, Liliana Tuozzo, Daniela Rossi, Tania Mignani, Enrico Teodorani, Francesca Paolucci, Umberto Pasqui, Ida Dainese, Marco Bertoli, Eliseo Palumbo, Francesco Zanni Bertelli, Isabella Galeotti, Sandra Ludovici, Thomas M. Pitt, Stefania Fiorin, Cristina Giuntini, Giuseppe Gallato, Marco Vecchi, Maria Lipartiti, Roberta Eman, Lucia Amorosi, Salvatore Di Sante, Valentina Iuvara, Renzo Maltoni, Andrea Casella.
Human Takeaway
(english version)
What if we were cattles grazing for someone who needs a lot of of food? How would we feel if it had been us to be raised for the whole time waiting for the moment to be slaughtered? This is the spark that gives the authors a chance to talk about the human spirit, which can show at the same time great love and indiscriminate, ruthless selfishness. In this original parody of an alien invasion, we follow the short story of a couple bound by deep love, and of the tragic decision taken by the heads of state to face the invasion. Two apparently unconnected stories that will join in the end for the good of the human race. So, this is a story to be read in one gulp, with many ironic and paradoxical facets, a pinch of sadness and an ending that costed dearly to the two authors. (review by Cosimo Vitiello)
Authors: Massimo Baglione and Alessandro Napolitano.
Cover artist: Roberta Guardascione.
Translation from Italian: Carmelo Massimo Tidona.
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Nota: questo libro non proviene dai nostri concorsi ma è opera di uno o più soci fondatori dell'Associazione culturale.
Calendario BraviAutori.it "Year-end writer" 2020 - (a colori)
A cura di Tullio Aragona.
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Calendario BraviAutori.it "Writer Factor" 2016 - (in bianco e nero)
A cura di Tullio Aragona.
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Gara d'autunno 2020 - Beu, e gli altri racconti
A cura di Massimo Baglione.
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