Tortine e frittelle

Spazio dedicato alla Gara stagionale di primavera 2024.

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Alberto Marcolli
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Tortine e frittelle

Messaggio da leggere da Alberto Marcolli »

leggi documento Spiacente ma, in questo browser, la lettura a voce non funziona.

Il mio nome è Aisha. Sono nata a Fann Hock, un villaggio di pescatori, in riva al mare di Dakar, dove ho vissuto i miei primi quarant’anni.
Senza le insistenze di mia cugina Binah, abitante da tempo qui in Lombardia, non avrei mai lasciato il mio paese, perché se è pur vero che in Africa la fame è una tragedia quotidiana, anche il dolore di abbandonare la propria famiglia, e partire verso l’ignoto, è un ostacolo altrettanto duro da superare.
Renato, compagno di mia cugina Binah e maestro alle elementari del nostro quartiere, mi ha insegnato a parlare l’italiano, ma scrivere è tutt’altra cosa e senza il suo indispensabile aiuto non sarei mai riuscita a raccontarvi la mia storia.
So bene che sono milioni gli africani costretti a lasciare le loro amate terre, in un doloroso esodo di massa che ha privato interi villaggi e città delle loro energie migliori, e non solo qui in Senegal.
Ho sconfitto, non so come, tutte le mie paure; ho affidato i miei figli, Daren e Rudo, ai miei anziani genitori, e ho venduto tutto ciò che possedevo per un biglietto di sola andata verso l’Italia.
Per fortuna qui a Varese la gente è gentile e tutti mi aiutano. Riesco a parlare in italiano e ne sono fiera, perché comunicare con le persone è un’esigenza per me fondamentale, ma religione, abitudini e tradizioni sono tutta un’altra cosa e, come ripete ogni volta Binah, confidiamo nel buon cuore dei Varesini, sicure che nessuno vorrà mai pretendere il sacrificio delle nostre radici.
Quando osservo le donne italiane, mi rendo conto di quanto esse amino le cose minuscole, con i loro giubbini attillati e le mini borsette, dove a malapena trova posto l’immancabile telefonino. Un proverbio senegalese afferma: “il sangue di una donna, in mancanza di curve adeguate, rischia di arrivarle troppo velocemente al cervello!” Con un pizzico di malizia, credo sia questa la causa che spinge molte italiane a discutere e gesticolare così perennemente irrequiete! Un rischio che di sicuro io non corro con le mie forme generose e il metro e ottanta di statura.
Chissà cosa penseranno di me, mi chiedo spesso, mentre cammino per la strada avvolta in vivaci tuniche colorate, ma ben difficilmente mi capiterà di udire un commento: i Varesini sono molto educati e mai si permetterebbero una critica indiscreta. Per esempio, ho notato che se una persona è un po’ tonta, preferiscono chiamarla “diversamente abile”. Il significato è uguale, ma l’effetto è veramente diverso. L’incoerenza, semmai, sta nel fatto che se capita loro di incrociare un diversamente abile, il più delle volte preferiscono ignorarlo, voltandosi dall’altra parte.
Noi africani, invece, siamo più spontanei e magari ci scappa anche una parola di troppo, salvo poi sdrammatizzare con un luminoso sorriso.
Un altro problema da me notato qui in Italia sono i vecchi, ma guai a chiamarli così, altrimenti si arrabbiano.
In Africa, un nonno in famiglia è rispettato e custodito come un capitale prezioso d’informazioni a costo zero. È un’enciclopedia di storia, di tradizioni e di esperienze vissute. Un tesoro da tutelare gelosamente e giammai da confinare in un ospizio.
A proposito, io sono la badante del Dottor Ferrero, persona intelligente e colta, che ha molto viaggiato e, a dispetto dei suoi settant’anni, visita ancora numerosi pazienti nel suo studio di specialista ortopedico.
Con i mille euro che guadagno, più vitto e alloggio, mantengo tutta la famiglia a Dakar e riesco pure a mettere da parte qualche soldino, per far venire qua i miei figli, quando Dio lo vorrà.
Il Dottore mi permette di tenere le foto dei miei familiari sul mobile in cucina e quando siamo a tavola esse sono l’occasione per raccontargli degli episodi divertenti della mia vita africana. Lui ascolta affascinato e puntualmente ammette che vedermi ridere di gusto, a dispetto delle mie tante difficoltà, gli allarga il cuore più di cento vincite al superenalotto. Altre volte è lui a tirarmi su il morale con aneddoti spiritosi di qualche suo viaggio in giro per il mondo, quando la sua Adelina era ancora viva. Di suo figlio Giorgio, invece, ne parla poco e sempre con la voce velata da una sottile malinconia.

− Il mio ragazzo è eternamente indaffarato più di un alveare a primavera, − afferma puntualmente, pronto a scusarlo per le sue rarissime visite. Ma secondo me il motivo è un altro. Temo non gli sia rimasto molto da condividere, se non elemosinare regali per i nipotini o farsi pagare le rate del mutuo.
Tutto ciò è davvero triste, perché io so bene quanto il Dottore avrebbe bisogno di stare con lui…

La domenica mattina il mio padrone ascolta a tutto volume le canzoni della sua gioventù. Gli ricordano avventure, mi ripete, che farebbero arrossire perfino una dalla pelle nera come me.
Del baccano non mi preoccupo e tanto meno dei vicini. Sono così frettolosi e depressi che a malapena salutano.
Anche il Dottore ride poco, ma in casa sua si sta al caldo, si mangia da re, si dorme tra due guanciali e per il divertimento bastano i programmi della tv.

Oggi, però, è il suo compleanno e mi sento in obbligo di fargli un regalo, specie dopo che il figlio Giorgio mi ha comunicato la sua assenza per la cena, “causa impegni di lavoro indilazionabili”, così sta scritto sull’SMS da me ricevuto questa mattina! Io non conosco il significato di questo aggettivo, ma quando ho letto il messaggio al Dottore, lui ha abbassato lo sguardo e la sua faccia si è raggrinzita peggio di un foglio di giornale gettato nella spazzatura.
Mi ha fatto tenerezza, pover’uomo, e vorrei rincuorarlo con un bel dono. Peccato che con appena dieci euro le commesse dei negozi di via Matteotti mi hanno praticamente riso in faccia. Il destino, però, ha voluto che l’idea giusta mi balenasse proprio sulla via del ritorno. Ho dovuto correre tutto il pomeriggio per organizzare, ma ci sono riuscita alla grande.
Adesso sono le otto di sera. Il Dottore è tornato da poco. Si è seduto incerto a tavola, e io gli saltello intorno come un cucciolone irrequieto.
− Dottore… le spiace seguirmi un attimo? – chiedo impacciata.
− Dove mi vuoi portare, Aisha? A quest’ora poi!
− Beh… vorrei mostrarle una cosa…
− Su, venga con me! – Incalzo. Decisa a non farmi smontare dal suo tono sfiduciato.
Senza attendere il suo consenso, lo prendo sottobraccio e lo trascino verso le scale. Lui protesta, quasi arrabbiato. In pochi attimi siamo sul terrazzo. Da quassù Varese è un incanto, in lontananza si distingue il campanile del Santuario del Sacro Monte.
Su di un tavolino ho sistemato due brocche colme del suo aperitivo preferito e accanto c’è una lunga tavolata, con ogni sorta di bontà internazionali, cucinate con l’aiuto delle altre badanti del palazzo.
Il Dottore è ammutolito, ma parlano per lui due occhi sbarrati come fanali, mentre il giradischi suona le sue canzoni.
Un istante e una folla sbuca da dietro l’angolo. Ci sono gli inquilini al completo con il panettiere, il barista, il giornalaio, la postina e mia cugina Binah gli porge un bel mazzo di fiori.
Ho temuto che non venisse nessuno e invece eccoli tutti qui, eccitati e con le facce compiaciute di chi compie una buona azione.
Il Dottore si lascia trascinare nel vortice di una gioia inattesa, e non lesina sorrisi e strette di mano vigorose. Tutti gli fanno gli auguri, e c’è chi addirittura elogia la sua badante.
Si ride a crepapelle, si brinda con l’ottimo aperitivo e s’inizia a mangiare.
Io sorseggio il mio drink e mi abbuffo di tortine di pollo e frittelle senegalesi al cocco. Che magico momento! Finalmente ritrovo il calore di una vera famiglia, come a casa mia. In fondo ho anch’io qualcosa da festeggiare: domani compirò il mio primo anno in Italia.
Yakamoz
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Messaggio da leggere da Yakamoz »

Ciao, racconto/monologo che esplora l'esperienza di Aisha come immigrata in Italia, evidenziando il contrasto tra le tradizioni vivaci del Senegal e la cultura più sobria del nord Italia. La solitudine è il tema centrale (filo conduttore) legando Aisha, che ha lasciato la sua famiglia, al dottor Ferrero, un uomo vedovo con un rapporto distante con suo figlio. Entrambi cercano un senso di appartenenza e calore umano, che viene infine trovato, o in parte compensato, grazie alla risolutezza di Aisha nell'organizzare la festa di compleanno che fa da chiusura al testo.

Il racconto è realistico con vicende e personaggi ben caratterizzati, pertanto agevole da commentare. Complimenti per la scrittura, sempre accurata, precisa, e piacevole da leggere.
Forse manca un po' di "vigore" nel testo, ma la sua pacatezza/tranquillità non lo penalizza affatto e potrebbe essere addirittura un suo punto di forza. A me, infatti, è piaciuto molto.

Auguri di buone cose, Marcolli

Antonio

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A rileggerci…
Yakamoz
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Re: Tortine e frittelle

Messaggio da leggere da Yakamoz »

Unico rilievo:

"Il Dottore si lascia trascinare nel vortice di una gioia inattesa, e non lesina sorrisi e strette di mano vigorose. Tutti gli fanno gli auguri, e c'è chi addirittura elogia la sua badante."

È scritto in III pers. rispetto al resto che è in I pers. Non è un errore ma cambia il punto di vista narrativo.

Ma può essere che Aisha parli di se stessa in III pers.

Solo un rilievo, ciao
Giampiero
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Messaggio da leggere da Giampiero »

Ti evidenzio che "Il dolore di abbandonare la propria famiglia, e partire verso l'ignoto" non può costituire un "ostacolo duro da superare", semmai è una tragedia o qualcosa di molto simile a questa. poi riguardo a "religione, abitudini e tradizioni" liquidi il contesto con "è un'altra cosa". No, il lettore vuole sapere come la pensa e quali siano queste altre cose. Lo stesso dicasi per "mi rendo conto di quanto esse amino le cose minuscole", che poi si scopre che sono degli stereotipi (gonne corte, telefonino...) visti magari dal punto i vista di un italiano e non di una africana. Ti segnalo questi contesti giusto per dire che purtroppo il lettore (io, ad esempio) non riesce a entrare nel sentimento di questo personaggio straniero. Avrei voluto "sentire" l'africana, il suo punto di vista credibile sulle pagine. Concludo dicendo che non vedo questa caratterizzazione del personaggio, per come è stato addirittura detto sopra. Anzi, io la penso esattamente all'opposto.
La paura è un cavallo con le ali: una volta lanciato al galoppo perde il contatto con il suolo e incomincia a volare.
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Alberto Marcolli
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Re: Commento

Messaggio da leggere da Alberto Marcolli »

Giampiero ha scritto: 30/04/2024, 23:43 Ti evidenzio che "Il dolore di abbandonare la propria famiglia, e partire verso l'ignoto" non può costituire un "ostacolo duro da superare", semmai è una tragedia ... eccetera eccetera ...
Caro Giampiero,
diceva mio nonno: "El mond l'è bel perchè l'è varià", e aveva proprio ragione.
La voce narrante è quella di un'africana arrivata in Italia da solo un anno che si deve far aiutare per riuscire a esprimere qualche concetto in italiano.
Cosa pretendevi?
Un trattato di sociologia?
Giusto o sbagliato, mi sono limitato a farle dire qualche sua semplice impressione immediata, così come è apparsa a lei la realtà in questi pochi mesi.
Sono d'accordo che servirebbe "ben altro", ma di "benaltrismo" sono piene le fosse.
Giampiero
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Re: Tortine e frittelle

Messaggio da leggere da Giampiero »

Lascia stare le battute, ti ho commentato e dovresti accettare il mio commento, sennò non posti un racconto in un sito letterario. Inoltre, se sei d'accordo che serviva ben altro, allora siamo d'accordo. I personaggi vanno caratterizzati, a me non sembra che sia stato fatto un lavoro di questo genere. Hai raccontato, non hai mostrato il personaggio.

Vedi, se tu utilizzi il punto di vista del personaggio, sei il personaggio, stai utilizzando i suoi sentimenti, le sue emozioni, le sue conoscenze eccetera. Questo purtroppo dal racconto non emerge, secondo me. Discorso diverso sarebbe stato se il personaggio sarebbe stato filtrato dal narrante, allora il racconto l’avrei capito e non ci sarebbe stata alcuna critica, in quanto l’avrei capito il tuo intento. Quindi alla base c’è questo equivoco che ho deciso di volerti chiarire. Ma puoi benissimo pensarla come vuoi.
La paura è un cavallo con le ali: una volta lanciato al galoppo perde il contatto con il suolo e incomincia a volare.
Yakamoz
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Re: Tortine e frittelle

Messaggio da leggere da Yakamoz »

Volevo far notare:

"Il racconto è realistico con vicende e personaggi ben caratterizzati (per un testo di sole 7400 batt.), pertanto agevole da commentare. Complimenti per la scrittura, sempre accurata, precisa, e piacevole da leggere.
Forse manca un po' di "vigore" nel testo, ma la sua pacatezza/tranquillità non lo penalizza affatto e potrebbe essere addirittura un suo punto di forza. A me, infatti, è piaciuto molto."

EC: in riferimento alle battute, era sottinteso il concetto.

Se leggo che io scrivo commenti "ad capocchiam" pure ci resto male.
Namio Intile
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Messaggio da leggere da Namio Intile »

Un racconto intelligente, un po' diverso dai tuoi soliti qui nelle gare. Ti dirò, l'ho preferito agli altri, già belli. Con due tratti è venuta fuori tutta l'umanità di Aisha e la solitudine del dottore. Complimenti, ti sei superato. E forse questo racconto dice molto più della società varesina di un testo di sociologia. Una società che invecchia in solitudine e la solitudine dei nuovi arrivati che si incontrano e ci regalano la speranza che l'umanità insieme, senza élite che ci costringono a odiarci e scannarci, può esistere.
In più mi hai fatto venir giù una lacrimuccia. Bravo, bravo, bravo. Un testo che merita il voto più alto.
Ultima modifica di Namio Intile il 02/05/2024, 17:03, modificato 1 volta in totale.
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Andr60
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Messaggio da leggere da Andr60 »

Aisha non lo dice ma evidentemente il suo viaggio non dev'essere stato drammatico come quelli che purtroppo vediamo spesso. L'Europa è ancora vista dagli africani come la terra promessa, e con troppa frequenza ciò si rivela un tragico errore; per fortuna, nel caso della protagonista non è stato così e anzi proprio grazie a lei l'anziano (non vecchio!) che accudisce si rinfranca quando sente la vicinanza della comunità, nonostante l'assenza del figlio troppo distratto e indaffarato.
Un messaggio di ottimismo e un suggerimento che possa esistere anche l'incontro tra culture e tradizioni diverse, e non necessariamente lo scontro, come invece troppi paventano, o auspicano.
Un solo appunto: Ferrero è un cognome tipicamente piemontese :)
Athosg
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Messaggio da leggere da Athosg »

Quando leggo la parola Senegal mi s'illuminano gli occhi perchè nel 1994 vi feci un bellissimo viaggio. Non vi era turismo di massa e i senegalesi riuscivano a vivere in maniera più o meno dignitosa. Ho con me momenti stupendi e mi ricordo ancora i nomi delle varie etinie, i luoghi visitati e tutto quanto vissuto come fosse ieri. Sovente, scherzando ma non troppo, dico che ogni giorno penso al motivo che mi vieta di prendere un Air Afrique e in cinque ore e mezza trovarmi a Dakar! Ho trovato il tuo racconto bello e malinconico e la senilità del Dottore mi ha messo un po' di tristezza.
Jacopo Serafinelli
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Messaggio da leggere da Jacopo Serafinelli »

@Alberto Marcolli
Racconto che regala un po' di serenità ad una situazione che di serenità ne regala poca. Si legge con leggerezza perché scritto con semplice linearità descrittiva che conduce al finale senza difficoltà.
Mi è piaciuto e questo mi basta!
Jacopo
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Laura Traverso
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Messaggio da leggere da Laura Traverso »

il racconto, esposto molto bene, tratta un argomento di grande attualità. Evidenzia la differenza tra le due diverse culture, e la nostra non ne esce al meglio anche se rispecchia la realtà del nostro vivere: di fretta, con valori lontani e dimenticati. Purtroppo il figlio del dottore, col suo comportamento indifferente, non è certo una rarità, ma piuttosto la regola sociale che ci circonda. Al medico, data la sua posizione da benestante, va bene, perché può permettersi la badante, per gli altri, meno fortunati, ci sono le lunghe attese per entrare in ospizio... Ciò è molto triste. Molto tenero è l'atteggiamento di Aisha, che si comporta come si usava da noi oltre 60 anni fa, in cui l'anziano era tenuto in casa, amato e rispettato. Buon testo, complimenti!
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Marino Maiorino
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Messaggio da leggere da Marino Maiorino »

Ciao Alberto,
e ovviamente congratulazioni per il bellissimo testo. Che dire? Perfetto, a parte un semplice "ma".
Sono finalmente riuscito a mettere a fuoco qualcosa che nel tuo scrivere mi ha sempre messo a disagio, ed è la mancanza di spazio per il lettore.
Ciò che scrivi è preciso al millimetro, niente è fuori posto, e tutto è descritto nel modo giusto, nei tempi giusti.
"Il mio nome è Aisha", esordisci, e da lì c'è tutta una serie di precisazioni sulla cugina Binah, che è sposata con un locale, ecc.
A modo, Aisha, dice e non dice, creando un gioco di "scambi di cortesie" che sappiamo cosa sottintendono.
In un solo anno riesce a portare il suo modo di essere nella quotidianità del varesotto, immaginiamo cosa sarà con un po' più di tempo... sembri sperare. Da meridionale, so che durerà poco. Da emigrante, so che chi non si troverà bene andrà altrove.
È un bel messaggio, il tuo, ma privo proprio di quella scintilla che sembra invocare. Il punto è che non puoi riprodurlo perché non è in te (come non è in me, o sarei ben altro).
Quella scintilla è passione, alla quale bisogna sapersi abbandonare, bisogna che ci prenda per mano, ma la tua scrittura dice che tu vuoi tenerla al guinzaglio: buona, ordinata, nei modi "giusti".
Vedi, anche i tuoi amarcord degli anni '60 sono di un divertimento tutto sommato "modaiolo": si faceva, perché si faceva così, perché bisognava cercare qualcosa da fare. Ho sempre dubitato dei racconti di quegli anni "selvaggi" (in un'Italia ancora bigotta, e quando il più trasgressivo degli scapestrati avrebbe dovuto sposare obtorto collo la fanciulla con la quale avesse realizzato una "fuitina").
Né la mia è una critica ai tuoi anni: anche i miei... Meglio che mi taccio!
Il mio è piuttosto un invito a trovare quella passione che manca, e che con la sua mancanza non viene più trasmessa alle nuove generazioni. Questo, e non la formale perfezione dovremmo proporre, se scrivere è ancora una forma d'arte (nel nostro caso, di trastullo, e pure così, è emozionale).
Con sincero apprezzamento, a rileggerti presto.
«Amare, sia per il corpo che per l'anima, significa creare nella bellezza» - Diotima

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Giovanni p
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Messaggio da leggere da Giovanni p »

Buonasera Alberto,

non è la prima volta che tocchi un argomento come questo, lo hai fatto bene anche stavolta.
Spesso ho letto dei tuoi racconti sulle periferie del nord, questo però è diverso perché tratta l'integrazione.
Hai scritto mettendo molta tenerezza nelle parole e negli atteggiamenti della protagonista.
Il testo mi è piaciuto, io ho sempre lavorato con gli stranieri fino ad arrivare al punto di non considerarli tali, solo "teste di cazzo" o gente a posto, secondo come uno si comporta.
Per come scrivi sembri più una persona che è abituata ad aiutare.

Voto 5
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