Spiacente ma, in questo browser, la lettura a voce non funziona.Il maggiore salì sul tetto di uno dei blindati per avere una visuale migliore.
Della fattoria ormai rimaneva ben poco. Il combattimento era stato breve, ma intenso. Avevano trovato i ribelli, i terroristi, esattamente come l'Intelligence aveva detto, per una volta ci avevano azzeccato, e li avevano colti di sorpresa all'alba.
Un grido di sorpresa e paura riportò la sua attenzione sulla ragazza che barcollava al centro del cortile in mezzo a un cerchio di soldati sghignazzanti. L'unica sopravvissuta. Probabilmente la figlia dei proprietari di quel posto. L'avevano trovata nascosta in uno dei seminterrati, insieme ad un ragazzo più giovane, che era stato così stupido da opporre resistenza, ed ora rimaneva solo lei in vita.
La ragazza non era solo carina, era decisamente bella, anche in quella situazione. Aveva un viso rotondo, due adorabili fossette, folti capelli di un castano luminoso e dei grandi occhi dello stesso colore. Indossava un maglione troppo grande di almeno due taglie, con delle maniche talmente lunghe che arrivavano a coprirle le mani, e dei jeans, altrettanto larghi e sformati.
Se si fossero trovati in una sala da ballo, magari al circolo ufficiali, il maggiore avrebbe accarezzato l'idea di invitarla a ballare. Anche solo per un giro di danza, giusto per vederla sorridere o persino ridere a una sua battuta. Purtroppo, non erano in una sala da ballo, lei non sorrideva, e meno che mai rideva, e quei grandi occhi, che sembravano capaci di essere dolcissimi, erano sbarrati da una paura che sfumava in un giustificato terrore: aveva sicuramente capito che la sua aspettativa di vita si misurava al massimo in ore. Nessuna delle quali sarebbe stata piacevole.
I soldati facevano a turno ad afferrarla, darle una palpata o un bacio per poi spingerla, come una bambola di pezza, verso un altro commilitone. Poteva sembrare solo un gioco un po' manesco, ma era chiaro che sarebbe finito molto male.
Le operazioni antiguerriglia erano affari sporchi, sanguinolenti e in cui troppo spesso le regole venivano infrante e i limiti superati e lì non si faceva eccezione.
Il maggiore distolse lo sguardo, era un ufficiale di carriera e avrebbe preferito di gran lunga venissero rispettate certe regole, addirittura la convenzione di Ginevra, ma quella dannata guerra sembrava puntare ogni giorno sempre più in basso.
Se avessero perso sarebbero finiti tutti impiccati, forse pure se avessero vinto.
La ragazza strillò di nuovo e la sua attenzione tornò su di lei: uno dei soldati aveva provato a sollevarle il maglione. La situazione stava peggiorando, mancava poco tempo al tramonto e lui non voleva muoversi in quell'area col buio, vista la schifosissima copertura aerea concessa dall'aviazione. Rischiava di perdere il controllo. Se le cose si fossero scaldate, sarebbe stato difficile staccare gli uomini da lì.
E non voleva dover assistere a quello che inevitabilmente sarebbe successo da lì a poco.
Decise di agire, subito. "Ok, ragazzi!" Il suono deciso della sua voce bastò ad attrarre l'attenzione di tutti. "Dobbiamo muoverci. Bisogna portare i nostri culi al sicuro prima che cali la notte, o volete che qualche bastardo ve li sforacchi? Caricate tutte le armi e le munizioni che abbiamo trovato. Pronti al movimento in 10 minuti. Date fuoco a quello che rimane di questo posto."
I sottufficiali iniziarono a gridare ordini. Ci furono borbottii e più di qualche imprecazione, ma la situazione non era andata troppo oltre e gli uomini si comportarono da soldati, ubbidendo. Il cerchio di soldati si sciolse di colpo e la ragazza crollò in ginocchio nel fango.
Un caporale le si avvicinò a passo veloce, estrasse la pistola puntandogliela alla testa. Lei urlò di nuovo e il maggiore tornò a guardarla.
Il caporale esitò un istante, forse per il grido, forse per le lacrime e il viso disperato, o forse solo per quello che si intravedeva nello scollo di quel maglione troppo largo. Qualunque fosse la ragione, lei ne approfittò per implorare un'ultima volta pietà e guadagnare qualche prezioso secondo di vita. Si voltò verso il maggiore e i loro occhi si incrociarono. Anche il caporale seguì quello sguardo come aspettando un ordine.
La ragazza lo fissò, gli occhi spalancati e increduli, le guance striate di lacrime, aspettando la sentenza, aggrappandosi a un'ultima folle speranza.
Fu in quel momento che il maggiore capì che qualunque decisione avesse preso, in qualunque modo quella guerra fosse andata a finire, che lo impiccassero o lo decorassero, era per lui non c'era più speranza.
