Cambi di vocali
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Cambi di vocali
Quello sguardo aveva segnato la sua resa, uno sguardo tenero, finalmente. Da mesi lo attendevo, mesi spesi a corteggiarla, a venerarla, a “farle il filo” come si dice qui da noi. E poi, finalmente, nel momento in cui il sole si trasferiva dietro le montagne per godersi la notte, gli occhi di lei avevano tradito l’abbandono. Nelle mani dell’amore, nelle mie mani. L’aria ancora tiepida dell’autunno le accarezzava il viso e le scompigliava timidamente i capelli. Nemmeno nei miei sogni più arditi l’avevo vista così bella. E un luogo così poco romantico come il parcheggio del supermercato si era trasformato pian piano nel castello delle fiabe. Le auto in sosta ci fecero da testimoni mentre lei piegava il suo viso verso il mio. Quando sentii il calore della sua pelle pensai che tutte quelle vetture avrebbero ricordato a lungo il nostro primo bacio. E sarebbero diventate tutte rosse per la vergogna.
Riso.
Varcammo la soglia. La luce abbagliante del mezzogiorno di luglio ci accecò per un attimo. Fu sufficiente per essere colti di sorpresa. Una nuvola bianca di chicchi di riso ci assalì. Tra i capelli, attraverso il collo della camicia troppo largo, persino dentro le scarpe di cuoio nuove di negozio. Amici e parenti sorridenti avevano atteso, fuori dalla chiesa, che firmassimo la nostra unione davanti a Dio e allo Stato per investirci bonariamente con quel lancio di cereali. Pensai che qualcuno la avrebbe poi dovuta raccogliere, tutta quella coltre bianca, ma immaginai non sarebbe stato il prete, troppo grasso per un lavoro così faticoso. L’auto addobbata a festa ci attendeva davanti al portale. E il ristorante aspettava tutti i nostri invitati. A settantacinque euro a testa.
Raso.
Finalmente la vidi. Era candida, liscissima, sensuale. La sottoveste di raso fece capolino da sotto il vestito da sposa. E in trasparenza si vedeva il completino intimo in pizzo. Lei si spogliò con lentezza, piegando l’abito con attenzione. La macchia di vino rosso, anche se minuscola, si notava, tutta sola com’era, dispersa nel bianco della stoffa. La lavanderia, nei prossimi giorni, l’avrebbe tolta e il vestito, appeso nell’armadio della nostra nuova casa avrebbe testimoniato il nostro amore eterno. Anche la sottoveste finì ben piegata sulla sedia e la sua pelle, così profumata e conosciuta, apparì per stregarmi in quella notte di nozze. La vidi entrare in bagno in mutandine e reggiseno di pizzo. Non l’avrei più vista uscire. Il dispettoso Morfeo mi abbracciò prima che potesse farlo lei, sottraendomi furtivamente la prima notte da sposi.
Rosa.
Lo scotch non tenne. Il fiocco rosa cadde ai miei piedi. Mi venne in mente un’imprecazione ma non uscì dalle labbra, rimase isolata nel cervello. Ritentai con una striscia più lunga. Finalmente il nastro adesivo fece presa sulla porta d’ingresso del condominio. Un biglietto bianco, scarabocchiato dalla mia calligrafia incerta, recitava “È nata Lucrezia”. Mi congratulai con me stesso per la scelta attenta delle parole e per l’originalità del testo. Anche se il nome che avevamo scelto per nostra figlia, ora, mi pareva tanto impegnativo per quella minuscola cucciola d’uomo. Lucrezia: sarebbe diventata bellissima, da grande, sarebbe stata la gioia del papà. Ah, e anche della mamma, dimenticavo! Decisi di tornare in ospedale per riempirmi gli occhi della bellezza della madre e della figlia. Le mie donne. In quel momento il fiocco rosa, abbandonata la stretta dello scotch, planò verso terra schiantandosi per l'ennesima volta sul piano dell’androne.
Risa.
Mi sentivo come la pantera rosa. Mi avvicinai alla stanza. Rumore di risa. Me lo avevano sempre detto gli amici. Ma era una battuta: “non si deve mai tornare a casa, dal lavoro, in anticipo”. E avevano ragione. La porta era semichiusa ma non riusciva a trattenere all’interno della camera i rumori di sospiri e di reti del letto cigolanti. Non credevo di avere bisogno che altri sensi, oltre l’udito, mi confermassero ciò che appariva chiaro anche da lontano. Ma, forse lo spirito masochistico, mi spinse a volere osservare l’interno della stanza. E osservare il suo corpo nudo, verticalmente appoggiato su di un orizzontale uomo, fu esattamente quello che avrei sperato di non vedere. Era bella, lì sopra, bellissima, rideva, sospirava e sembrava felice. Non li disturbai, mi pareva maleducato interromperli.
Rose.
Quante ne avevano messe i fioristi! Una corona gigantesca di rose. Per soli centosettanta euro. Bianche, candide, immacolate. Come lei. Non riuscivo a fermare le lacrime, le sentivo scendere sulle guance e bagnare la giacca. Non è una cosa originale piangere al funerale della propria moglie, ma non sono mai stato un tipo troppo eccentrico. Ci aveva lasciati troppo presto, come avevo fatto scrivere sul manifesto funebre, troppo. Il maresciallo dei carabinieri che mi aveva interrogato la sera prima era d’accordo. Troppo presto. E mi aveva chiesto dove mi trovavo alla tal ora e alla tal altra. Ho avuto l’impressione che sospettasse che avessi fatto del male io a mia moglie.
Non era vero.
Ero stato attento.
Molto attento a non farle del male.
Aveva sofferto pochissimo.
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Il protagonista del racconto era stato sincero, aveva detto il vero al maresciallo "aveva sofferto pochissimo". Bravo Lodovico
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Non ti leggevo da un po, ma già dalla prima parola ho subito riconosciuto il tuo stile e un sorrisetto mi si è stampato in volto, sapevo già che non avresti deluso le aspettative.
La calma del protagonista è assolutamente agghiacciante, un classico esempio, a mio modesto avviso, di come la delusione di un uomo semplice possa trasformarsi in follia, per uccidere, premeditatamente o meno, non si deve essere in sé.
Complimenti ancora. Spero tu legga il mio.
A presto.
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Re: Commento
Hai ragione il finale è tutt'altro che piacevole. Ma io sto scrivendo una storia non la mia storia oppure non una storia che per forza apprezzo. Come puoi immaginare non ho nessuna empatia per chi, per qualunque motivo sì abbassi ad essere violento con una donna o anche in generale violento con chiunque. Ma come testimonia la cronaca queste storie succedono e anche abbastanza spesso. la mia speranza è che il protagonista di questo racconto Semmai fosse esistito si facesse un buon numero di anni nelle patrie galere.Diego.G ha scritto: ↑08/10/2019, 23:27 Non so bene cosa pensare del tuo racconto. Mi piace come scrivi e mi è piaciuta l'idea dei capitoli con il cambio di vocale (tieni conto che io sono nuovo ed è la prima volta che m'iscrivo a questa gara). Preferisco i primi tre capitoli sinceramente, li trovo più originali, soprattutto il fatto che non venga consumato nessun rapporto durante la prima notte di nozze (davvero divertente). Nel quarto capitolo il continuo cascare del fiocco sembra un segno premonitore per qualcosa di negativo, che poi effettivamente avviene. Purtroppo sto leggendo diversi racconti (alcuni anche in questa gara) in cui alla fine LEI muore e ciò non mi fa impazzire; ma è soltanto una mia riflessione. Mi piace come scrivi, ma quarto e quinto capitolo non mi possono soddisfare. Leggerò altro di tuo
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Re: Cambi di vocali
Ciao caro Eliseo è parecchio tempo che non ci incrociamo più . Stavolta ho deciso di ricominciare a partecipare alle gare di bravi autori. Ti ringrazio per i tuoi complimenti immeritati e sicuramente leggerò il tuo racconto.Eliseo Palumbo ha scritto: ↑08/10/2019, 23:13 Ciao Lodovico, come al solito una bomba di racconto.
Non ti leggevo da un po, ma già dalla prima parola ho subito riconosciuto il tuo stile e un sorrisetto mi si è stampato in volto, sapevo già che non avresti deluso le aspettative.
La calma del protagonista è assolutamente agghiacciante, un classico esempio, a mio modesto avviso, di come la delusione di un uomo semplice possa trasformarsi in follia, per uccidere, premeditatamente o meno, non si deve essere in sé.
Complimenti ancora. Spero tu legga il mio.
A presto.
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Re: Commento
Grazie mille per il tuo commento. Come ho già detto a Diego sono ben lungi da giustificare il comportamento del protagonista di questo racconto. Spero proprio che il maresciallo lo mandi in prigione a lungo come meritaLaura Traverso ha scritto: ↑08/10/2019, 22:29 E' bello e originale questo racconto. Con il "cambio di vocali" è stata creata una storia di ordinaria quotidianità: dall'amore, all'amaro... come sovente nella vita succede. La narrazione scorre bene, dapprima ci si chiede dove voglia andare a parare l'autore, tra un "capitoletto" e l'altro. Ma poi, arrivati alle risa, non è stato difficile immaginare le rose... Bello il finale (se bello si può definire un omicidio...).
Il protagonista del racconto era stato sincero, aveva detto il vero al maresciallo "aveva sofferto pochissimo". Bravo Lodovico
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Con quel gioco enigmistico promesso nel titolo hai ben raccontato una storia d’amore, di tradimento e infine di delitto, speriamo non impunito.
Buono lo stile, che alterna momenti poetici a considerazioni molto più pratiche, dettagli che fanno intuire una personalità egocentrica e disturbata del protagonista (“Ah, e anche della mamma, dimenticavo!”), il tutto amalgamato da un sottile umorismo. Ovviamente nero, visto l’epilogo.
Solo una frase mi turba: “E osservare il suo corpo nudo, verticalmente appoggiato su di un orizzontale uomo”. Qui, secondo me, ti sei fatto prendere la mano da un’altra branca dell’enigmistica: le parole crociate
A parte gli scherzi, mi piace.
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Bello il gioco delle vocali, la scorrevolezza, l'ironia ("...non mi sembrava educato disturbarli").
Mi è piaciuto come hai "animato" gli oggetti: le auto che diventano rosse dalla vergogna.
Ancora complimenti.
Ciao
Francesco
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"E sarebbero diventate tutte rosse per la vergogna", per esempio oppure la sottoveste "liscissima". Inezie che non tolgono nulla al racconto e che esprimono un gusto personale.
Re: Cambi di vocali
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A mio avviso nel finale, gli ultimi due micro racconti, osi troppo: viri sul noir, vuoi infilarci l'omicidio, e la chiusura a effetto, ma non del tutto convinto condisci tutto con dell'umorismo. Mi viene pure il sospetto che tu l'abbia fatto per assecondare il palato dei lettori di questa gara.
Non fraintendermi, riesci a dargli un bel tocco, il mestiere c'è e si vede, però che dire: il sapore un po' si perde in mezzo a tanti ingredienti.
Al tuo posto avrei continuato a raccontare una storia normale, quella storia che già stavi raccontando, senza metterci umorismo ed evitando l'omicidio, ogni finale a effetto, e senza la conta degli euro per fiori e ricevimenti. Una storia e basta, retta da sei micro titoli, quel variare di parole spostando vocali, e dal titolo iniziale.
A proposito, anche lì, quel cambi è di troppo.
Bastava un semplice vocali, per dare un senso a tutto e tenere tutto insieme, come per magia.
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A mio parere dunque un racconto molto buono, voto 4 (sarebbe quasi un cinque ma voto secondo una personale classifica).
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A Quattro mani
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Nota: questo libro non proviene dai nostri concorsi ma è opera di uno o più soci fondatori dell'Associazione culturale.
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