La combinazione del Peyote
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La combinazione del Peyote
Sono le ore 3 e 15 minuti esatti quando il display s’illumina e il cicalino segnala la corsa. La città è deserta e in due minuti sono all’indirizzo. Sale un tizio qualsiasi, che si siede davanti, di fianco a me. Almeno così ho creduto, perché cento metri più avanti m’accorgo che invece è seduto dietro e che è un nano. Sono confuso. Comincio a guardarlo dal retrovisore e lui se ne accorge. Allora anche lui comincia a fissarmi.
Sto per domandargli cosa ci faccia lì dietro, visto che si era seduto davanti, invece è lui a parlare per primo: - Non lo accende il tassametro?
- Cazzo… Mi scusi!
Eppure ero sicuro di averlo acceso.
Le sostanze che a volte assumo trasformano le percezioni, questo sì, ne alterano l’intensità, d’accordo. Ma non mi rendono un visionario o uno sciroccato. Non è LSD. Quindi non riesco a spiegarmi cosa stia accadendo. Quando quest’uomo è salito a bordo era salito davanti e non era un nano. Ne sono certo. Vorrei dirglielo senza sembrare allucinato, ma di nuovo lui mi anticipa: - Non sarà mica uno di quei tassisti musoni? Il percorso è abbastanza lungo, parliamo di qualcosa, vuole?
- Certo, perché no?
Adesso ho l’impressione di viaggiare alla velocità di un razzo. Il mondo si distorce al mio passaggio. Mi volto indietro a guardare il cliente, voglio leggere il terrore nei suoi occhi e vedere la sua espressione mentre ci schiantiamo in tangenziale e diventiamo poltiglie al sugo, spappolate sul cruscotto. Invece quello ha un’espressione così serafica da convincermi che la velocità è solo un’illusione. Infatti sto guardando dietro, eppure non ci schiantiamo. Rimango a guardarlo aspettando che urli “guardi avanti!” Ma non lo fa. Sorride invece.
- Parliamo del senso della vita. Qual è il senso della nostra esistenza, secondo lei?
Parlare del senso della vita in una notte di ferragosto, imbottito di droga dentro un abitacolo con un nano del cazzo. Riesce difficile immaginare qualcosa di più onirico.
- Non è proprio semplice, dico.
- Provi.
- Trovare delle risposte?
- Interessante. Ma a quali domande?
- Non saprei…
- Provi.
- Forse è proprio trovare delle risposte a domande come la sua, domande come: “qual è il senso della vita?”
- Forse.
- E lei ne ha trovate?
- Cosa?
- Di risposte alla domanda dico, ne ha trovate?
- No.
- Ne è certo?
- Una, forse.
- Sarebbe?
- Il senso della vita è qualcosa di così immenso e profondo, che sarebbe davvero da sciocchi pensare di coglierlo. Non crede?
Non rispondo, forse ha perfino ragione. Ai miei lati la città sfreccia in mille colori stonati, luci allungate dall’eccesso di velocità. Sembra la mostra sul futurismo che ho visto la settimana scorsa. Mi dico che non è grave, che siamo ancora nell’ambito delle sensazioni. La velocità, non è forse una percezione? Poi però guardo di nuovo nel retrovisore e quel che vedo non è più soltanto un’impressione: quell’uomo ha indossato una strana maschera bianca, da clown. No, non proprio da clown, ma da marionetta. Meglio ancora, non è una maschera… quell’uomo non è più un uomo, è diventato una marionetta. Trasfigurato. È di legno. E – insisto - lo è davvero, non soltanto nel mio mondo tossico di percezioni alterate dalla chimica. Questo deve essere chiaro.
Mi dice: - non è forse per questa ragione che lei si droga?
Fa caldo, non ho dubbi neanche su questo. Ma quando la marionetta parla, dalla sua bocca esce del fumo della stessa consistenza del vapore generato dall’alito caldo a contatto con l’aria fredda.
Cosa diavolo sta succedendo? Decido di mischiare le carte. Concentro tutta la pressione che posso sul piede destro e pigio sul freno come un ossesso. Tutto quel che ottengo è rendermi conto di un’altra stranezza. La marionetta non è più da sola, ma con la sua famiglia. Sul sedile posteriore adesso ho quattro marionette. Padre, madre e due figli. Mi fissano.
Sbotto a ridere. Quale avveniristico allucinogeno mi ha rifilato il Peyote?
- Cazzo! siete in quattro adesso!
- Siamo sempre stati in quattro, signore.
- E se ora freno bruscamente?
- Cosa?
- Diventerete otto?
Si guardano come se avessi detto una cazzata e cominciano a parlottare tra loro. Sembra parlino una strana lingua. Forse Amish, uno strano dialetto tedesco. Mentre parlano mi accorgo che in effetti non sono quattro, perché ci sono anche altre piccolissime marionette che camminano sul sedile posteriore. Non le avevo notate prima, forse per le loro dimensioni molto ridotte, più piccole di un playmobil.
- Ma quanti siete là dietro?
- Non c’è nessuno qui dietro signore. Siamo tutti nella sua mente.
Giorni fa ho letto un libro sul Biocentrismo. Non ci ho capito molto, però cercava di convincermi che nulla esiste davvero, al di fuori del mio pensiero. Forse il nano (è un nano, una marionetta di nano) mi sta dicendo proprio questo? Ma se così fosse, anche lui, il nano – la marionetta, il clown, quel coso insomma – esisterebbe solo nella mia testa.
A questo punto comincio a vedere marionette ancora più piccole camminare anche sul cruscotto. Qualche impulso proveniente da qualche parte nel mio cervello mi ordina di strizzare forte le palpebre, fino a farmi male.
Poi riapro gli occhi. Sono ancora lì. Sempre più numerosi.
- Ma quanti cazzo siete?
- Prima che tutto questo divenga il manifesto di un nuovo esistenzialismo, o forse una specie di teatro dell’assurdo, si fermi che siamo arrivati.
Fermo la macchina e ho la sensazione di non essermi mai mosso, di essere già fermo da chissà quanto tempo. Mi volto un’ultima volta e di nuovo la marionetta è sola. Dove sono finiti sua moglie e i suoi figli? E tutte le altre marionette più piccole?
- Allora quanto le devo?
- Mi deve una spiegazione. E che sia convincente.
- Bene. Tenga pure il resto.
Mi porge qualcosa. Mi caccia qualcosa in mano. Qualcosa di reale che non sono soldi. Non riesco ad aprire la mano finché non è sceso dall’auto e la portiera si è richiusa. Allora l’apro di scatto. È una marionetta. Nella mia mano c’è una piccola marionetta di legno bianco. Una cazzo di nano-clown-marionetta. Uguale a tutti gli altri, ma diversa: ha le mie sembianze, la mia faccia. Sono io.
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Il racconto è un continuo evolversi di allucinazioni e fatti inspiegabili fino alla fine e alla marionetta con il suo volto, marionetta che personalmente ho collegato al "senso della vita", come se l'autore volesse dirci: occhio ai fili che ci governano.
La piccola marionetta però allo stesso tempo mi ha creato una confusione immane perché scrivi: "La conservo da allora, cel'ho ancora a casa...". Prima di questa frase credevo che il racconto si ambientasse nel presente o comuqnue in un passato molto prossimo, poi inserisci questa frase, e poi torni nuovamente al presente dicendo: "Nella mia mano c'è..." quindi credo personalmente che vada rivista.
Per il resto credo che non ci siano errori di battitura o distrazione a parte il "non" della prima battuta del dialogo, forse va messo maiuscolo.
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Re: Commento
Ciao Roberto. Hai ragione ho chiarito meglio in cosa consiste la "combinazione" Mi fa piacere ti sia piacutio e grazie di averlo letto e apprezzato.
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Re: Commento
Ciao Eliseo, grazie di averlo letto e delle annotazioni. "La conservo da allora, ce l'ho ancora a casa..." è in effetti un periodo che ho aggiunto successivamente (non c'era nella versione originale) per suggerire al lettore che non si tratta soltanto di un'allucinazione, ma di un oggetto che esiste realmente. è però verissimo che genera confusione, hai ragione, troverò il modo di sistemarlo. Grazie ancora.Eliseo Palumbo ha scritto: ↑07/02/2020, 13:10 Se devo essere sincero non conoscevo l'esistenza di questo tipo di marijuana chiamato Gorilla Glue, a tal proposito mi sono documentato, anche perché inizialmente non avevo nemmeno capito che il Peyote fosse il nome dello spacciatore, avevo inteso che l'uomo fosse sotto l'effetto del peyote, dunque per questo erano spiegate le allucinazioni.
Il racconto è un continuo evolversi di allucinazioni e fatti inspiegabili fino alla fine e alla marionetta con il suo volto, marionetta che personalmente ho collegato al "senso della vita", come se l'autore volesse dirci: occhio ai fili che ci governano.
La piccola marionetta però allo stesso tempo mi ha creato una confusione immane perché scrivi: "La conservo da allora, cel'ho ancora a casa...". Prima di questa frase credevo che il racconto si ambientasse nel presente o comuqnue in un passato molto prossimo, poi inserisci questa frase, e poi torni nuovamente al presente dicendo: "Nella mia mano c'è..." quindi credo personalmente che vada rivista.
Per il resto credo che non ci siano errori di battitura o distrazione a parte il "non" della prima battuta del dialogo, forse va messo maiuscolo.
Commento: La combinazione del Peyote
Unica osservazione: trovo che la citazione (un libro sul Biocentrismo, di un certo Robert Lanza) non aggiunga contenuti e spezzi il ritmo.
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Re: Commento: La combinazione del Peyote
Ciao ELiana, grazie intanto di averlo letto e dell'apprezzamento.
In effetti questa annotazione sul libro del biocentrismo mi è stata già mossa, e probabilmente hai ragione. Il fatto è che quel libro ha a che fare col racconto, ma è pur vero che per chi non lo ha letto (il libro) può sembrare una citazione a casaccio, superflua. Valuterò se renderla significativa o toglierla, intanto grazie.
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Re: Commento
Ciao Selene, no ti assicuro che non ho ingerito nullaSelene Barblan ha scritto: ↑09/02/2020, 12:23 Finito di leggere il racconto, ho pensato che la combinazione del Peyote non l’avesse ingerita il tassista, bensì l’autore ... o di averne presa un po’ io per sbaglio. Mi ha ricordato un telefilm un po’ allucinato degli anni ottanta, twin peaks, ma senza quel senso di mistero magnetico anche perché trovo lo stile poco curato (tempi verbali e lessico), il testo non scorre, resta fermo come il taxi. Per questo il racconto mi è piaciuto pochino.
Grazie per aver letto e valutato il racconto, anche se non gradito.
Non discuto il senso di mistero o il testo che non scorre, essendo cose soggettive, ma sarebbe gradito se potessi indicarmi dove il lessico e i tempi verbali sarebbero poco curati (così posso lavorarci). Grazie mille e buona giornata.
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Re: Commento
meno male. Sì certo, ecco qui:Leonardo74 ha scritto: ↑09/02/2020, 16:04 Ciao Selene, no ti assicuro che non ho ingerito nulla
Grazie per aver letto e valutato il racconto, anche se non gradito.
Non discuto il senso di mistero o il testo che non scorre, essendo cose soggettive, ma sarebbe gradito se potessi indicarmi dove il lessico e i tempi verbali sarebbero poco curati (così posso lavorarci). Grazie mille e buona giornata.
“Almeno così credevo, perché facciamo cento metri e...” metterei almeno così credo, dato che parli al presente o anche: almeno credo che così abbia fatto.
“Sto per domandargli cosa ci fa lì dietro, visto che si era seduto davanti” io metterei cosa ci faccia lì dietro
“Laroba che a volte assumo” è un po’ gergale, anche se ci può stare, eventualmente si può mettere tra virgolette.
“Quando quest’uomo è salito a bordo non era un nano, ed era salito davanti.“ toglierei la virgola
“- Certo, perché no.” Metterei un punto interrogativo
“Rimango a guardarlo aspettando che urli: guardi avanti!“ metterei che urli “guardi avanti!”
“La combinazione sa anche guidare? “ frase poco chiara secondo me
“-cosa...” metterei ?
“Affianco a me la città sfreccia in mille colori stonati, luci allungate dall’eccesso di velocità.” A fianco a me/ di fianco a me
“ Sì, è il futurismo. Oppure è il Peyote, che ha intrugliato troppo. “ frase poco chiara Secondo me
“Poi però guardo di nuovo nel retrovisore, e non so come faccio a esserne certo, ma lo sono, che quell’uomo ha indossato una strana maschera bianca da clown.” Controllerei le virgole
“- Ma quanti siete la dietro?” Là
“- Non c’è nessuno dietro signore. Siamo tutti nella sua mente.” Qui dietro
“Non riesco ad aprire la mano finché non discende dall’auto “ discende mi suona male
Ovviamente sono mie opinioni e probabilmente mi sbaglio; credo che sistemandolo un po’ diventerebbe più godibile .. buona serata
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Re: Commento
Ok.Selene Barblan ha scritto: ↑09/02/2020, 23:37 meno male. Sì certo, ecco qui:
“Almeno così credevo, perché facciamo cento metri e...” .... [...]
Ovviamente sono mie opinioni e probabilmente mi sbaglio; credo che sistemandolo un po’ diventerebbe più godibile .. buona serata
I tempi verbali in realtà non sono sbagliati, il primo "almeno così credevo" si riferisce ad un pensiero che avviene prima del presente in cui è la narrazione, quindi l'imperfetto forse non suona benissimo (ora ho scritto "ho creduto) ma formalmente credo fosse corretto. Non mi pare ci siano altri tempi verbali sbagliati.
Riguardo le altre cose mi sembrano dettagli, su molti dei quali comunque hai ragione.
Grazie comunque.
Ciao.
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Delle imprecisioni ti hanno già detto e mi pare che tu le abbia corrette, quindi sorvolo. Solo una domanda: da cosa si intuisce che le marionette, a un certo punto, siano una famiglia? Ma forse è poco lecito cercare di razionalizzare un incubo lisergico.
Sono tentato di ipotizzare una “morale” del racconto: il dialogo sul senso della vita e il finale mi fanno pensare che tutti siamo marionette, che ci sia qualcosa di superiore e incomprensibile che ci manovra.
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Re: Commento
Ciao Roberto, grazie intanto. In effetti è un tipo di racconto che non andrebbe spiegato, perché avrebbe l'ambiziosa pretesa di essere un racconto onirico, dell'assurdo, di sollevare domande più che trovare risposte, e anche di avere più piani di lettura, o comunque di essere molto soggettivo. Perdonami quindi se le mie risposte ti sembraranno elusive. Quanto alla famiglia è in realtà il tassista che vede una famiglia. Non è detto che lo sia, ma è possibile. La famiglia fa parte del senso della vita? Di quello del tassista certamente. Riguardo la "morale" da te ipotizzata, anche in questo caso è certamente una possibilità. Tutti ni questo mondo rischiamo di essere comparse grottesche, velocissimi ma fermi, marionette e clownRoberto Bonfanti ha scritto: ↑10/02/2020, 22:26 Efficace la descrizione della corsa allucinata in taxi (questa combinazione del peyote dev’essere proprio roba forte). Quella battuta sul futurismo forse è un po’ criptica, ma a me è piaciuta, nel contesto evoca la velocità.
Delle imprecisioni ti hanno già detto e mi pare che tu le abbia corrette, quindi sorvolo. Solo una domanda: da cosa si intuisce che le marionette, a un certo punto, siano una famiglia? Ma forse è poco lecito cercare di razionalizzare un incubo lisergico.
Sono tentato di ipotizzare una “morale” del racconto: il dialogo sul senso della vita e il finale mi fanno pensare che tutti siamo marionette, che ci sia qualcosa di superiore e incomprensibile che ci manovra.
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certo, a mio parere bisogna leggerlo più volte per entrare nella meccanica della storia, però, una volta dentro non ne esci più e sali sul taxi.
il senso della vita... bella domanda. cerchiamo solo di non essere tutti marionette, sarebbe già qualcosa.
i refusi te li hanno già segnalati.
piaciuto.
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Il Bestiario del terzo millennio
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La brevità va a pari passo con la modernità, basti pensare all'estrema sintesi dei messaggini telefonici o a quelli usati in internet da talune piattaforme sociali per l'interazione tra utenti. La pubblicità stessa ha fatto della brevità la sua arma più vincente, tentando (e spesso riuscendo) in pochi attimi di convincerci, di emozionarci e di farci sognare.
Ma gli estremismi non ci piacciono. Il nostro concetto di brevità è un po' più elastico di un SMS o di un aforisma: è un racconto scritto con cura in appena 2500 battute (sì, spazi inclusi).
A cura di Massimo Baglione.
Contiene opere di: Fausto Scatoli. Giorgio Leone, Annamaria Vernuccio, Luca Franceschini, Alphaorg, Daniel Carrubba, Francesco Gallina, Serena Barsottelli, Alberto Tivoli, Giuseppe C. Budetta, Luca Volpi, Teresa Regna, Brenda Bonomelli, Liliana Tuozzo, Daniela Rossi, Tania Mignani, Enrico Teodorani, Francesca Paolucci, Umberto Pasqui, Ida Dainese, Marco Bertoli, Eliseo Palumbo, Francesco Zanni Bertelli, Isabella Galeotti, Sandra Ludovici, Thomas M. Pitt, Stefania Fiorin, Cristina Giuntini, Giuseppe Gallato, Marco Vecchi, Maria Lipartiti, Roberta Eman, Lucia Amorosi, Salvatore Di Sante, Valentina Iuvara, Renzo Maltoni, Andrea Casella.
Human Takeaway
(english version)
What if we were cattles grazing for someone who needs a lot of of food? How would we feel if it had been us to be raised for the whole time waiting for the moment to be slaughtered? This is the spark that gives the authors a chance to talk about the human spirit, which can show at the same time great love and indiscriminate, ruthless selfishness. In this original parody of an alien invasion, we follow the short story of a couple bound by deep love, and of the tragic decision taken by the heads of state to face the invasion. Two apparently unconnected stories that will join in the end for the good of the human race. So, this is a story to be read in one gulp, with many ironic and paradoxical facets, a pinch of sadness and an ending that costed dearly to the two authors. (review by Cosimo Vitiello)
Authors: Massimo Baglione and Alessandro Napolitano.
Cover artist: Roberta Guardascione.
Translation from Italian: Carmelo Massimo Tidona.
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Nota: questo libro non proviene dai nostri concorsi ma è opera di uno o più soci fondatori dell'Associazione culturale.
Calendario BraviAutori.it "Year-end writer" 2020 - (a colori)
A cura di Tullio Aragona.
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Calendario BraviAutori.it "Writer Factor" 2016 - (in bianco e nero)
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Gara d'autunno 2020 - Beu, e gli altri racconti
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