Rubis
-
- rank (info):
- Foglio bianco
- Messaggi: 8
- Iscritto il: 09/06/2020, 18:51
-
Author's data
Rubis
Resilienza, quella donna ne era il ritratto perfetto.
Ero del tutto impreparata ad accettare e vivere con lei la fine e mi muovevo come se fossi bendata, facendo spesso molti passi sbagliati. Anche io avevo bisogno di qualcuno che mi aiutasse in quel periodo ad essere migliore ma la verità era che ero sola e per quanto dicessi a tutti che Sally aveva bisogno di tutti noi io mi sentivo di respirare la sua aria, il suo dolore, la sua incomprensione e solitudine. Però so anche di aver fatto tanto, il meglio che potessi, ed è per me l’unica consolazione. Quante volte siamo scese da quell’ospedale, a volte dopo giornate davvero pesanti, con le lacrime agli occhi per aver riso troppo e quanto cavolo era bella in quel tubino nero e gli stivaletti, era una piccola bambolina. Sally era cosi, mi strappava sempre una risata, faceva in modo di aprirmi il cuore e mi diceva soddisfatta “sono contenta che oggi ti ho fatta sorridere”. Quella donna era la sorgente della vita e io attingevo continuamente. Non passava sera senza che non mi dasse la buona notte dicendomi quanto mi voleva bene e più i giorni passavano più coglievo occasione per dirle ti amo. E ahimè, l’ amavo molto. Avrei voluto per lei un mondo diverso, una vita diversa e persone più belle invece di quel vuoto fitto di dolore. Mi sono rivista in tanti suoi pianti prima che quel calvario iniziasse e avevo voglia di darle la mia mano sebbene spesso mi sia costata l’intero braccio ma ora, dopo un anno, io non capivo come viveva e come poteva accettare. Nelle sere seguenti fu un fiume in piena, andare a dormire con la consapevolezza che non sarebbe andata bene toglieva il respiro. Smise di mangiare e cominciò e vagare quasi nell’idea che stare ferma l’avrebbe portata presto alla morte. E io le mie notti le passavo a pensare, a piangere e in quei pochi frangenti di sonno ad avere incubi. La seconda mattina mi chiamò ben presto tra un singhiozzo e l’altro mi disse “ti prego non lasciarmi” come se fosse una cosa possibile, ero io a chiederle di non lasciare me, le sue bimbe e nessuno. Fu una mattina davvero vicina a Dio, andai da lei trovandola a girovagare per casa senza pace. Non avevo parole, spesso non ne ho avute, ma quella mattina percepivo cosi tanto il suo terrore che mi spaventò bloccandomi. L’abbracciai passando una buona decina di minuti a piangere con lei. Mi resi conto che non avrei potuto nulla mai contro il tempo, quello stare ferma li non mi avrebbe permesso di nasconderla agli occhi di Dio e del suo destino. La mia impotenza era disarmante. Ma c’ era un’unica cosa che potevo fare, vivere. Cosi le imposi di infilarsi scarpe e giubbino e uscimmo a respirare aria. Il mondo quella mattina aveva un altro sapore, molto più semplice, essenziale. Un sapore che ho assaggiato poche volte cosi e ogni volta mi stupiva ma ora, forse, ancora di più. Era una mattina soleggiata e percorrere le strade del mio paese con lei accanto, minuta, terrorizzata, mi faceva sentire piccola. Mentre guidavo mi disse “andiamo a confessarci, ora sono pronta, andiamo questo sabato” poi disse voglio chiamare due persone e parlare con loro. Iniziò la prima chiamata raccontando cosa aveva adesso e la concluse dicendo “ amiamoci e rispettiamoci ora che siamo in vita” e li capii che era iniziato un percorso di rassegnazione. Il bene che vogliamo alla gente che ci accompagna nel nostro percorso o solo in alcuni tratti alla fine emerge dimenticando tutto il resto, un po’ come avevo fatto io con lei ora lei perdonava tutti quelli che l’avevano ferita e in quel momento fece pace con se stessa. Non esistono persone perfette ma solo persone migliori di quello che erano prima. E il perdono ci rende migliori. Ma lei per me fu l’ultimo gradino verso una me stessa migliore. Li ho giurato che non avrei perdonato o scusato più nessuno perché investire i propri sentimenti nelle aspettative che abbiamo verso gli altri è quanto di più deleterio ci sia.
Mi fermai al sole, era una mattina di ottobre con un caldo tepore sulla pelle. Lei fissava fuori, ogni tanto scuoteva la testa e piangeva. Le carezzai la mano promettendo che sarebbe andata bene perché non potevo vederla cosi. Le raccontai una bella bugia, sminuii tutto confidando in un medicinale miracoloso.
I giorni passavano, nonostante tutto, nonostante la pesantezza dei minuti e l’insignificante perdere tempo. Sentivo tra le mie mani il lento scorrere dei granelli di sabbia di una clessidra e avevo paura di stringere le mie mani per restare con miseri granelli. Ma ci sarei arrivata a quel giorno in cui tutto ciò che avrei avuto sarebbero stati solo secondi. Ora lo sapevo che significava iniziare un percorso di rassegnazione e capivo anche che infondo Dio stava rendendo tutto più facile a noi che le stavamo vicini. Ma non a lei. Le iniziavo a leggere negli occhi il dolore dell’anima e la disperazione. Come si va incontro alla morte? Come si accompagna una persona che si ama a quel punto? Le mie serate le passavo a chiedere a Google domande simili alternandole a domande sulla possibilità di sopravvivenza che abbandonavo non appena mi rendevo conto che non erano alte.
Ora doveva iniziare un nuovo farmaco, un antitumorale e abbandonare le chemio che a quanto pare non avevano alcun effetto su di lei. Sarebbe stato Natale. A giorni alterni lo spettro della fine si faceva sempre più presente e io sentivo con certezza che sarebbe stato l’ultimo Natale. Uno di quei giorni, in una delle sue telefonate disperate in cui era un fiume in piena mi disse che avrebbe voluto che quel Natale lo passassimo insieme. Mi sembravano gli ultimi desideri ma più la fine si concretizzava più sentivo di non essere pronta. Anche perchè avevo fatto una promessa a me stessa se lei fosse andata via e io non ero pronta a nulla. Mi sono sforzata di essere forte, bugiarda e sicura di me stessa quando sminuivo gli eventi. Di solito la vita è cosi, se entri nella parte e reciti alla perfezione un copione tutto il resto va di conseguenza ma qui avevo fatto i conti proprio male. Poi ad un certo punto qualcosa cambiò dentro di me, dopo essermi dipinta sul viso la maschera della donna forte diventai davvero tale e come per miracolo anche Sally ebbe un periodo di ripresa. Ci influenzavamo a vicenda, eravamo due ballerine sotto la pioggia e a fasi alterne una tirava l’altra. Smisi di piangere, smisi di sentire il macigno sul cuore e sullo stomaco. Si dice che il cancro fa terra bruciata attorno a se, distrugge tutto. Non è mica vero, il cancro aveva aperto i nostri occhi, liberato la nostra mente da inutilità, ci aveva donato una sensibilità che dovremmo custodire gelosamente in una cassa di ferro per tutta la vita, ci aveva presentato il “perdono” come atto di liberazione, come atto dovuto verso se stessi, aveva liberato le nostre vite dalla falsità e dall’odio e anche se non mi aveva colpita direttamente era una situazione che non potevo evitare. Dopo aver concepito la mia vita in modo diverso cominciai a chiedere molto di più alla gente che voleva entrare o restare nella mia vita e se fino ad allora era stata una persona molto selettiva nei rapporti umani ora lo ero ancora di più. Fu per me un importante passo di crescita. Arrivarono i risultati della risonanza e furono impietosi: altre 3 metastasi questa volta ad un nuovo organo. E vabbè oramai si era ben capito che non sarebbe stata una lotta facile ma di certo nessuno aveva la minima intenzione di arrendersi. Sally stava bene fisicamente, all’apparenza intendo, e questo fatto di non sentirlo il tumore era un punto a suo vantaggio.
Come tutti gli anni arrivò il Natale. La piazza del paese luccicava, le case luccicavano. Era Natale ma sotto l’albero non c’era nessun regalo. Ma lei era pronta a farselo da sola. Forte e bella più di sempre riuscì a vivere anche quel giorno con l’estrema voglia di vivere che la contraddistingueva. Ma arrivarono le notti, le sere buie e solitarie e la paura cominciava a prendere il sopravvento, si impadroniva dei cuori come un’ombra che pervade e inonda l’anima. Per me non fu più “ facile “, se mai lo fosse stato. Da quel mese, ricordo benissimo, persi la mia pace, vedevo ovunque morte e malattia, percepivo il mio essere piccola e inutile, una caratteristica di tutto il genere umano che con nessuno faceva eccezione. Quelle stanze di ospedale le rivivevo ogni notte, Rubina nel suo letto a chiedermi aiuto, a cercare e scrutare nei miei occhi supporto e io maledettamente incosciente lo facevo nel modo più semplice in cui potessi farlo ignara del fatto che avrei perso la pace di li a poco. Ancora oggi mi immagino seduta con lei accanto nell’ambulatorio della dottoressa che la seguiva ad ascoltare cose che nessun essere umano dovrebbe mai udire, anche se con il massimo tatto. E ancora oggi piango, piango adesso che mi è rimasta solo la sua foto sul camino, io e lei sorridenti, immortalate nell’eternità. So bene di essere stata solo una spettatrice di quel calvario, che il grande dolore non era affatto il mio ma ho scoperto una cosa: nella vita non si deve essere sempre per forza forti, perché la benedetta storia di dipingersi sul volto una maschera e andare avanti non funziona sempre, i bordi si staccano, alla fine un pezzo di anima fuoriesce e resta in preda del dolore. All’inizio di questa storia mi chiedevo se avrei dovuto imparare qualcosa da tutto questo, perché infondo io e Sally eravamo solo due amiche, non ci legava un dovere familiare, assolutamente no, quello per me non è mai stato vincolante. Sally era diventata la mia amica e io tutto posso accettare ma mai che una persona soffra in solitudine. O meglio, potevo accettarlo. Antonella è morta con Sally, è stata sepolta sotto quel cumulo di terra, sotto terra, li con lei. Rivivo le sue compagne di sventura, di ogni età e di ogni razza, rivivo la scena di una ragazza poco più che ventenne, di origine sudafricana, ricoverata in quel reparto, sola, senza i suoi familiari, seguita da alcune suore e Sally ogni volta che io tornavo a casa andava sempre a farle compagnia. Un giorno morì, sola, giovane e sicuramente molto triste. Rivivo la storia di un ragazzo quasi trentenne, morto dopo infinte terapie e interventi, che caro quel ragazzo, Sally gli voleva molto bene, morì un po’ di tempo dopo di lei. E lo so che c’è gente che queste cose che le vive quotidianamente ma io non potevo farlo più. Percepivo in quei momenti la forte presenza di Dio, Lui si stata mostrando e io invece di capire avevo paura. I mesi dopo quel Natale sono stati di una follia totale tanto da togliermi il fiato, l’aria nella gola perché se c’era un senso a quel dolore io non lo avevo ancora capito e a dirla tutta non l’ho capito ancora adesso.
Arrivò aprile, era il giorno di Pasquetta e Sally mi chiamò per dirmi che il medico l’aveva ricoverata, andai subito da lei e ho impressa nella mia testa il suo viso stanco, distesa sul letto, senza parrucca e sola. Quella donna stava per affrontare la morte, era sola ed io ero incazzata con tutti per questo. Nevicò quella settimana, era aprile da qualche parte ma li era pieno inverno e un Dio impietoso ce lo dimostrava cosi. Fu una settimana orrenda, andò sempre peggio fino agli ultimi giorni quando sembrò migliorare e dentro di me speravo che ce l’avrebbe fatta anche questa volta, ricordo che il medico mi disse quanto la situazione fosse grave e io con il sorrisino di chi è stata spettatrice di un vulcano gli dissi “no, caro dottore, Sally è stata molto peggio di cosi, si sta riprendendo”, lui alzò le spalle e andò via, in quel momento pensai che si fosse reso conto della cantonata che aveva preso e invece capii dopo un paio di giorni che la cantonata l’avevo presa io, dritta sul volto. Il mio appiglio in quei giorni furono le telefonate della dottoressa che seguiva Rubi. Poco tempo prima le avevo chiesto di dirmelo quando sarebbe arrivata alla fine, di essere il più possibile chiara e cosi fu. Ma restava sempre uno spiraglio di speranza per me, Sally amava tanto quella dottoressa e posso capirlo il bisogno di mettersi nelle mani di qualcuno che potrebbe salvarci, lei poi è stata davvero una donna sensibile in quel mondo fatto di pazienti che a volte diventavano solo numeri. Passò una settimana, era domenica, quel pomeriggio decisi di fare un salto in ospedale con la promessa che le avevo fatto che l’avrei portata in giro con la sedia, non era uscita affatto dalla stanza in una settimana ma negli ultimi giorni sembrò riprendersi quindi ero fiduciosa. Appena entrata nella stanza mi resi conto di non aver capito nulla ancora, c’erano sua mamma e sua sorella e lei non molto cosciente ma riuscì a guardarmi e ad accennare un sorriso, i miei occhi si riempirono di lacrime, avevo la nausea ma trattenni tutto e con gli occhi inondati mi avvicinai sorridendole e prendendole la mano. Non riuscivo a parlare, in realtà non riuscivo nemmeno a respirare. Nel giro di pochi minuti arrivarono altre persone e il mio panico saliva. Io avevo chiesto a Dio come si accompagna una persona alla fine della vita ma in realtà non sapevo neanche come comportarmi io. Stavo perdendo la persona che per due anni e mezzo aveva riempito le mie giornate e le mie notti, era una presenza continua e spesso, negli ultimi tempi mi era balenato nella testa la domanda “ come avrei vissuto senza di lei?” Oggi so come, con un vuoto straziante, ancora oggi. Era così confortante vedere tutta quella gente li con lei, finalmente non eravamo più sole. All’improvviso mi guardò e disse “ Antonella, ti voglio tanto bene”. Non trattenni più nulla, cominciai a piangere e a perdere i miei ultimi momenti di finta serenità. Morì nel giro di poche, lunghe, interminabili e sofferenti ore.
Ieri ho trovato un termine che credo sia davvero appropriato per descrivere quello che Sally mi ha lasciato, “lesione”, si mi sento lesionata da quel triste giorno di aprile, la mia ferita non si chiuderà mai e so bene che sono una donna non una bambina, che dovrei razionalizzare e capire a un certo punto ma non ho la più pallida idea di come farlo. Sally mi manca come l’aria, mi manca tutto, ogni minimo dettaglio, ogni particolare e non riesco a farmene una ragione. La nostra foto insieme è sul camino, ormai sbiadita ma non voglio cambiarla nè sostituirla con un’altra, per me lei lì è bellissima e io ero felice, lo eravamo davvero in certi frangenti perché ancora credevamo che tutto sarebbe finito bene, ancora eravamo libere dalla morte e dal dolore. Poi siamo state fatte prigioniere, lei sotto terra e io nel mio corpo e nella mia testa che non accenna a darmi pace. Ci ho provato a cambiare la mia vita, dopo la sua morte ho fatto cose diverse ma Sally me la sono portata sempre con me, basta una minima scusa per farmi riaffiorare il suo ricordo e raccontare a chiunque cosa avevamo vissuto insieme e cosa mi aveva lasciato. Avevo un bisogno enorme di vomitare quello che avevo dentro ma oggi posso accettare che non finirò mai quindi vorrei chiederti aiuto, se esiste un modo, ti supplico dammi il tuo aiuto, ne ho bisogno io adesso.
Dove sei R. mia…
Grazie per essere esistita e per aver incrociato la mia vita.
- Fausto Scatoli
- rank (info):
- Terza pagina
- Messaggi: 791
- Iscritto il: 26/11/2015, 11:04
- Contatta:
-
Author's data
Commento
è una storia carica d'amore sincero, di riflessioni profonde, che offre tanti ottimi spunti a ogni lettore.
forse è un po' troppo lunga, ma è comprensibile, visto lo sfogo che contiene.
mi permetto di dire che ci sono alcune ripetizioni di troppo e che in alcuni punti la punteggiatura è da rivedere, quasi mancante.
per il resto, un abbraccio.
http://scrittoripersempre.forumfree.it/
Autore presente nei seguenti libri di BraviAutori.it:
Commento
-
- rank (info):
- Necrologista
- Messaggi: 225
- Iscritto il: 08/03/2020, 14:37
-
Author's data
Commento
-
- rank (info):
- Apprendista
- Messaggi: 191
- Iscritto il: 30/08/2020, 20:55
-
Author's data
COMMENTO
Per i miei gusti esageratamente triste.
Formalmente, manca solo qualcosa in punteggiatura ma son bazzecole. Stilisticamente nulla da dire: "mano" senz'altro ottima. Anche se va da se che questo pezzo non è stato composto a questo scopo, ma non è certo un pezzo che ti rallegra la giornata.
-
- rank (info):
- Foglio bianco
- Messaggi: 8
- Iscritto il: 09/06/2020, 18:51
-
Author's data
Re: Rubis
È molto triste si ma è quello che sento e scrivere di sentimenti autentici è l'unico modo che conosco per trasmettere qualcosa.
Grazie per "mano ottima "
-
- rank (info):
- Foglio bianco
- Messaggi: 8
- Iscritto il: 09/06/2020, 18:51
-
Author's data
Re: Rubis
-
- rank (info):
- Terza pagina
- Messaggi: 735
- Iscritto il: 11/07/2016, 22:53
-
Author's data
Commento
-
- rank (info):
- Apprendista
- Messaggi: 154
- Iscritto il: 16/12/2019, 1:27
-
Author's data
Commento
Interessanti alcuni spunti riflessivi.
Time City
amanti nel tempo
Con questo romanzo scopriremo in che modo un rivoluzionario viaggio nel Tempo darà il via a un innovativo sistema di colonizzare la Luna e, forse, l'intero Universo. Partendo dalla Terra con una macchina del Tempo, è possibile arrivare sulla Luna? In queste pagine vi sarà raccontato del lato "Tempo" di questa domanda. La parte "Luna" (qui solo accennata) verrà sviluppata più corposamente nel seguito di questo libro auto-conclusivo. L'autore ha cercato a lungo qualche riferimento a opere che narrassero di un crononauta che sfrutti il viaggio nel Tempo per raggiungere il nostro satellite naturale, ma non è riuscito a trovarne alcuna. Lo scrittore Giovanni Mongini (autore, tra le varie cose, dello splendido articolo "Viaggio al centro del tempo") lo ha confortato in tal senso, perciò si vuole concedere il lusso di indicare la sua persona come colei che ha inventato per prima questo tipo di viaggio Terra-Tempo-Luna. Concedeteglielo, vi prego, almeno per un po' di… tempo.
Di Massimo Baglione.
Vedi ANTEPRIMA (1,00 MB scaricato 451 volte).
Nota: questo libro non proviene dai nostri concorsi ma è opera di uno o più soci fondatori dell'Associazione culturale.
Antologia visual-letteraria (Volume tre)
Questa antologia a tema libero è stata ispirata dalle importanti parole di Sam L. Basie:
Dedicato a tutti coloro che hanno scoperto di avere un cervello, che hanno capito che non serve solo a riempire il cranio e che patiscono quell'arrogante formicolio che, dalle loro budella, striscia implacabile fino a detonare dalle loro mani. A voi, astanti ed esteti dell'arte.
A cura di Massimo Baglione.
Contiene opere di: Iunio Marcello Clementi, Noemi Buiarelli, Marco Bertoli, Liliana Tuozzo, Alessandro Carnier, Martina Del Negro, Lodovico Ferrari, Francesca Gabriel, Pietro Rainero, Fausto Scatoli, Gianluigi Redaelli, Ilaria Motta, Laura Traverso, Pasquale Aversano, Giorgio Leone, Ida Dainese, Marino Maiorino.
Vedi ANTEPRIMA (921,21 KB scaricato 99 volte).
A modo mio
antologia AA.VV. di opere ispirate a storie famose, ma rimaneggiate dai nostri autori
A cura di Massimo Baglione.
Contiene opere di: Susanna Boccalari, Remo Badoer, Franco Giori, Ida Daneri, Enrico Teodorani, Il Babbano, Florindo Di Monaco, Xarabass, Andrea Perina, Stefania Paganelli, Mike Vignali, Mario Malgieri, Nicolandrea Riccio, Francesco Cau, Eliana Farotto.
Vedi ANTEPRIMA (1,22 MB scaricato 49 volte).
Gara d'inverno 2019-2020 - La luce dell'Est, e gli altri racconti
A cura di Massimo Baglione.
Scarica questo testo in formato PDF (949,50 KB) - scaricato 125 volte.
oppure in formato EPUB (351,88 KB) (vedi anteprima) - scaricato 53 volte..
Lascia un commento.
Gara di primavera 2021 - A world apart, e gli altri racconti
A cura di Massimo Baglione.
Scarica questo testo in formato PDF (841,40 KB) - scaricato 106 volte.
oppure in formato EPUB (687,21 KB) (vedi anteprima) - scaricato 29 volte..
Lascia un commento.
La Gara 18 - Brividi a Natale
A cura di Mastronxo.
Scarica questo testo in formato PDF (731,48 KB) - scaricato 555 volte.
oppure in formato EPUB (394,72 KB) (vedi anteprima) - scaricato 246 volte..
Lascia un commento.