Columbine School
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Columbine School
Il professor Tom Howard piaceva più al preside che ai ragazzi. Era un uomo che gli anni e la noia avevano ingrigito. Curvo e piccolo, doveva allungarsi per scrivere nella parte superiore della lavagna. Ma aveva occhi di falco. Forse ne aveva un paio anche sulla nuca visto che non gli scappava nulla. Nessuno ridacchiava o bisbigliava alle sue spalle. Conoscevano bene l’istinto da cacciatore del professor Howard.
“Signori, l’andazzo deve cambiare. Questa è la Columbine School. Qui le famiglie pagano una retta di ventimila dollari all’anno e si aspettano che i ragazzi raggiungano il diploma senza intoppi” il preside aprì così la riunione.
Aveva una faccia magra e severa, occhialini appoggiati sulla gobba del naso e labbra sottili che cerchiavano una piccola bocca dalla quale nessuno aveva mai sentito uscire parole fuori posto. Una figura austera, perfettamente in linea con la sobrietà dei corridori e delle stanze della famosa scuola che dirigeva da vent’anni. Vent’anni di ordine e certezze, amava dire.
“ Io trovo che non ci sia nulla di strano. Abbiamo solo qualche ragazzo un po’ più vivace degli altri” disse Martha
“Professoressa, per permettere di sfogare la vivacità abbiamo messo a disposizione splendidi campi e palestre” disse il preside
“La vivacità non è solo una manifestazione fisica, un’energia da sfogare” ribatté la donna.
“Martha, il signor preside affida a noi il compito di gestire al meglio gli alunni” disse il professor Howard.
“ Infatti, Tom, quello che facciamo, o meglio, che dovremmo fare, è proprio gestire questa sana vivacità e tradurla in motivazione e creatività” disse la professoressa.
“Martha, noi dobbiamo semplicemente seguire il programma di studi, rispettando i protocolli e la tempistica.” Il professore prediletto del preside fece scivolare fuori dalla sua bocca queste parole con quel tono monocorde che usava per spiegare sia il romanticismo che la beat generation.
Il preside si alzò lentamente dalla sedia e rimise i fogli nella cartellina. Era il suo modo per porre fine alla riunione. “Io vi chiedo solo di dispensare sapere e disciplina” aggiunse col sorriso benevolo del padre che spiega al giovane figlio come bisogna fare.
Le gambe della Brown andavano veloci verso casa. Nonostante la riunione, dove, come sempre, erano stati criticati i ragazzi, era di ottimo umore. La aspettava un piacevole weekend: spiaggia e cena con le sue amiche scatenate.
Il fine settimana del professor Brown forniva la sicurezza di non presentare imprevisti. Una passeggiata, e un sabato sera davanti alla televisione. Tom adorava rispondere alle domande del “ Il Quiz del sabato”.
Ma, a dire la verità, qualcosa di strano l’aveva visto mentre camminava nel parco: il preside che parlava in mezzo a un gruppetto di ragazzi. Facce che non aveva mai visto a scuola. Strano, pensò mentre tornava veloce verso casa, con la spesa necessaria per fare arrivare il Lunedì.
Martha iniziò la nuova settimana con un’abbronzatura dorata che faceva risaltare il suo radioso sorriso. Tom entrò nell’istituto con la solita aria. Su di lui il sole, la nebbia, la pioggia avevano lo stesso effetto. Nullo.
La professoressa stava facendo vivere ai ragazzi l’attacco alla base navale di Pearl Harbor quando sentì il primo colpo. Il rumore secco dello sparo corse per il corridoio ed entrò nella VB. Le palpebre della Brown si allargarono a dismisura, quasi a voler far uscire il bulbo oculare. Le bocche degli alunni si aprirono, ma non uscì una sola parola. Si aprirono in tanti cerchi muti.
Tre ragazzi salirono veloci le scale. Giù in basso il corpo dell’addetto alla sicurezza se ne stava a terra come un sacco che spurga liquido rosso. Le pallottole andavano contro i muri, le fotografie, le statue della prestigiosa scuola, risparmiando il quadro preferito del preside: “Abitudine, consuetudine e tradizione sono più forti della verità”.
Quando le armi entrarono in classe indugiarono un attimo. Le bocche fameliche dei fucili guardavano i volti terrorizzati dei ragazzi, ma quella che sembrava essere un’incertezza venne subito spazzata via dai colpi delle mitragliette. Stramazza al suolo la professoressa, cadono alcuni studenti, altri vivranno, risparmiati dal commando o dal caso.
Non parlano, si intendono con gesti rapidi e impercettibili. Guidati dalla follia, o da una strategia malata. Quando entrarono nella V A, Howard spiegava Hemingway. Per i ragazzi era più potente di due pastiglie di Roipnol.
Sembravano indecisi, come se stessero cercando qualcuno. Gli alunni e il professore sono in piedi, immobili, in silenzio. Aspettano che si risolva questo interminabile momento di impasse. E la soluzione arriva, veloce e impietosa. Proiettili che si infilano nelle prime carni che trovano sul loro percorso. Il professore sembra protetto da uno scudo invisibile e assiste alla mattanza in prima fila, da una posizione privilegiata. E i giovani cadono: Jim, vivace ma con grandi potenzialità; Ross, ribelle, forse troppo; Mike, quante volte hanno detto ai suoi genitori che forse questa non era la scuola adatta.
Il commando incrocia il preside in corridoio. Lo fissano con i fucili in mano. E’ calmo, sulla faccia la stessa non espressione di sempre. Il professor Brown, sporco di sangue non suo, lo guarda dalla soglia della porta della sua classe. Non capisce se sia pietrificato dalla paura o dal peso del fallimento che rappresenta questa mattanza nella sua scuola. La scena irreale venne interrotta dall’arrivo delle sirene.
I giovani vennero condannati a trent’anni di carcere e al preside non fu contestata alcuna inadempienza. Malgrado lo scandalo conserva il suo posto, e incredibilmente, l’anno successivo, nonostante l’aumento delle rette per finanziare il nuovo imponente servizio di sicurezza, le iscrizioni sono addirittura in aumento.
I racconti della professoressa Brown, che riposa in una tomba sempre ornata di fiori colorati e allegri, sono sostituiti dalle lezioni del severo ed esperto professor James.
“Mi avevano parlato di una scuola un po’ in declino, con ragazzi un po’ troppo vivaci” disse James, alla sua prima riunione d’istituto
“E’ cambiato tutto dopo la strage. Ci ho pensato tante volte.” Disse Howard. “Intendiamoci, è stato terribile. Però, non pensate male, è come se il destino avesse eliminato i problemi. Sono caduti, pace all’anima loro, i ragazzi più vivaci, quelli più problematici. La professoressa Brown era brava e simpatica… però sembrava che non si fosse accorta di avere lasciato la sua vecchia scuola di provincia. Comunque dobbiamo andare avanti. E adesso lo stiamo facendo bene. Non ho mai visto classi così silenziose e studiose”
“Si, in effetti adesso non vola una mosca” disse il preside con la bocca che si allarga in un sorriso alla quale non era più abituata.
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comunque il testo è, secondo me, da rivedere. ci sono tempi verbali che non combaciano, un po' al passato e un po' al presente.
c'è qualche refuso, ma credo siano errori di battitura.
buone le descrizioni.
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Re: Columbine School
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Re: Columbine School
Se invece state solo rispondendo, non serve specificare.
Ricordatevi anche che il testo del commento deve essere lungo almeno 200 battute.
Vi rimando alle istruzioni delle Gare letterarie.
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Re: Commento
Ciao Fausto, grazie per il commento. Hai ragione sono stato superficiale nella gestione dei tempi verbaliFausto Scatoli ha scritto: 28/06/2020, 8:16 beh, la storia, presa da un episodio vero, finisce con un cinismo che non mi aspettavo proprio. sono rimasto maluccio.
comunque il testo è, secondo me, da rivedere. ci sono tempi verbali che non combaciano, un po' al passato e un po' al presente.
c'è qualche refuso, ma credo siano errori di battitura.
buone le descrizioni.
Francesco
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Re: Columbine School
Ciao EdmondoEdmondo ha scritto: 28/06/2020, 14:12 Interessante ma il presente storico, per rendere la drammaticità del fatto, non va mescolato con altri tempi o si perde ogni effetto. Quanto ai personaggi non sono abbastanza credibili: troppo manichea la divisione tra apocalittici e integrati. L'insegnamento è un'altra cosa e la vita è assai più complessa. Comunque tu ci hai provato a darne una versione; non mi hai convinto ma brava lo stesso. Sarà forse perché mi tocca di fare l'insegnante per vivere.
grazie per il commento. In effetti ho sbagliato a mescolare i tempi verbali.
Ho una mia visione sul mondo della scuola, visione condizionata, come è normale che sia, dell'esperienza diretta vissuta come genitore. Dalle medie in poi devo dire che ho trovato, non in tutti i professori, una capacità di interagire con i ragazzi veramente bassa. Ma nel racconto non era mia intenzione dare una visione da bianco nero. Ho volutamente cercato gli estremi (gli apocalittici, gli integrati e il preside che assolda il commando di sbandati) per raccontare la storia. Tutto qui.
A rileggerci
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Re: Commento
ho usato il paradosso proprio per parlare del concetto di come alcune persone si attendano, come una cosa scontata, l'ordine e la disciplina dai ragazzi, e da questo criterio derivino poi delle classificazioni opinabili.
Grazie del commento
Francesco
Roberto Paradiso ha scritto: 08/07/2020, 9:32 Mi ha lasciato perplesso. Tralasciando l'aspetto grammaticale-sintattico, il cinismo del finale arriva come uno schiaffone in faccia. Ma, forse, è quello che l'autore voleva. Stigmatizzare il concetto che l'ordine e la disciplina possono essere ristabiliti solo con un'atto violento. Se letto così allora ha centrato nel segno.
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Re: Commento
grazie della recensione.
Francesco
Selene Barblan ha scritto: 11/07/2020, 15:04 Personaggi estremi, situazioni estreme, reazioni e soluzioni ancora più estreme. Quello che è successo alla Columbine è purtroppo solo un esempio degli orrori che ci circondano, lontani e vicini, alcuni palesi, altri più nascosti. Trovo interessante questa trasformazione del fatto in un racconto. Trovo meglio riuscita la parte dove vengono descritti i due professori, la fase d’”azione” mi convince meno, mi sembra meno realistica, meno messa a fuoco. La conclusione invece è, come dicevo, interessante. Si legge globalmente volentieri nonostante il tema.
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Re: Commento
grazie della recensione.
Il mio intento era di parlare, con l'uso evidente del paradosso, delle opinabili, a mio avviso, aspettative degli adulti sui ragazzi. trovo che a volte guardiamo al mondo di oggi con il nostro paio di occhiali che non sempre è adeguato. Quante volte ci capita di sentire, o di dire: "Io alla tua età...", " Ai miei tempi non mi sarei mai permesso di...".
Il mio racconto non voleva essere il ritratto del mondo scolastico, ma un semplice focus su un modo di pensare che a volte si può rilevare. La mia esperienza di genitore con la scuola è stata, come è normale che sia, caratterizzata da alti e bassi. Ho conosciuto, alle scuole medie, professori che per tre anni non hanno trovato nulla di meglio da dire che mio figlio parlava e non stava attento, che la classe era turbolenta, e altri invece che hanno adottato strategie per catturare l'attenzione, per farla sbocciare. Alla fine ho comunque un ricordo positivo di quegli anni.
A rileggerci
Andrepoz ha scritto: 10/08/2020, 8:48 Confesso di essere poco obiettivo nel commentare questo racconto, perchè anche io insegno e non mi riconosco per nulla nel ritratto che emerge del mondo della scuola. Detto questo, l'estremo cinismo del finale ha condizionato la valutazione complessiva che riesco a dare di questo racconto, non mi riesce proprio di cogliere il lato "positivo" di una tragedia come quella della Columbine School (ahimè, non l'unico episodio di questo tipo che si è verificato negli ultimi anni). Se si voleva dare un ritratto negativo del mondo scolastico, forse si potevano trovare altri modi, rispetto a quello di sfruttare un evento che ha causato tanto dolore a molte persone.
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Il dialogo iniziale tra i professori sarebbe da sviluppare meglio.
Penso di aver capito il tuo intento e la scelta di usare il paradosso la condivido. Però quant'è risultato cinico il tutto!!
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GrandPrix d'inverno 2022/2023 - Conchiglie sulla spiaggia - e le altre poesie
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