Il contratto

Spazio dedicato alla Gara stagionale d'autunno 2024.

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Namio Intile
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Il contratto

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Marzo 1980

Quando sbarcò il mondo iniziò a ondeggiargli intorno, come se quella scialuppa lo avesse ospitato in mare per delle settimane.
Si guardò intorno, e gli sembrò che nessuno si fosse accorto di lui.
Dalla risacca ebbe un aiuto a tirare la barca in secco, sopra una spiaggia dai grossi ciottoli, fino a un ripiano erboso, da cui s’inerpicò per il pianoro inclinato dov’era il villaggio, immerso in una folta vegetazione ai piedi della massa scura del vulcano.
Non scorse anima viva tra le case e iniziò a richiamare la sua presenza finché intorno a lui si radunò una piccola folla di bambini biondi, vestiti alla buona e dai visi sporchi, tanto da dargli l’impressione di essere capitato dentro al romanzo di William Golding.
«What ‘re you doing?» Lo interrogò il più piccolo della tribù.
Ci rifletté un attimo, incerto se gli avesse chiesto cosa facesse o chi fosse.
«I’m Durante» disse.
Di botto i ragazzini ne strillarono il nome in coro divertiti, lo afferrarono per le mani e lo trascinarono attraverso il villaggio, un centinaio di case dai tetti spioventi e dai prospetti variopinti con le sfumature del rosso, del verde e dell’azzurro.
Gli adulti giunsero per ultimi.
Uno di loro si fece largo tra i bambini e gli si parò davanti fermando la processione.
«’Re you ok?» Gli domandò uno di loro.
Durante cercò le parole esatte nel suo vocabolario «We shipwrecked...» spiegò, abbiamo fatto naufragio.
L’uomo dalla barba rossa gli fece un segno d’intesa e informò gli altri in una lingua ch’era una combinazione d’inglese e tedesco.
E si meravigliò che nessuno di loro apparisse stupito del suo arrivo, se pure l’attenzione dei bambini lo abbandonò per indirizzarsi alla scialuppa arenata a pochi passi dal bagnasciuga.
Alzò una mano per schermare gli occhi dal sole. «La mia borsa» strillò, quando uno dei bimbi la tirò fuori dall’imbarcazione.
«My bag...» provò a ripetere, e indicò il dinghy sulla spiaggia.
L’uomo colla barba rossa urlò qualcosa, e uno dei ragazzi più grandi li raggiunse con la piccola sacca tra le mani.
«Is it your, Durante?» Domandò serio, mentre gliela porgeva.
«Yes. It’s mine...» e gliela strappò di mano, come fosse l’oggetto più prezioso al mondo.
Gli uomini si scambiarono incomprensibili parole, ma il palmo accostato al mento, tra il pollice e l’indice a imitare la svasatura d’una campana, conferì all’uomo dalla barba rossa un’inconfondibile aria dubbiosa.
«Beatrice... kom hier» la chiamò a gran voce.
Una ragazza minuta dai capelli biondi si fece largo tra la piccola folla assorta.
«Sono Beatrice Ravetto» si presentò. «Ti trovi tra amici, non temere…» disse, in un perfetto italiano.
«Durante Donadìo» si presentò lui, e abbozzò un inchino.
La donna lo prese sottobraccio e lo allontanò dal gruppo conducendolo nell’unico spiazzo lastricato dell’isola, delimitato da un edificio d’un rosso carminio.
Camogli Hospital, suggeriva la piccola targa di marmo all’ingresso.
«Dove sono capitato» le domandò.
«Nell’isola più sperduta al mondo, l’isola dei naufraghi» disse la giovane, con un sorriso a illuminare il bel viso ovale e dei grandi occhi verdi a tradire preoccupazione più che curiosità.
Lo condusse dentro l’ospedale e lo fece sdraiare sopra un lettino.
«Allora, com’è successo?» Chiese, dopo aver terminato la visita. «Il naufragio, intendo.»
Durante si tirò su e iniziò a raccontare la storia che conosceva a menadito per quante volte l’aveva ripassata. Le disse che si trovava sopra una vecchia goletta, il Parsifal. Che faceva parte dell’equipaggio, e indicò l’abito bagnato, simile a una divisa. «Trasportavamo turisti lungo le coste del Karas, nel Protettorato del Sud-Ovest. Navigavamo in altura quando il tempo è girato al brutto, il vento ha cominciato a soffiare rabbioso, il mare è ingrossato a vista d’occhio, e onde gigantesche hanno iniziato a frangere e a spazzare il ponte. A un certo punto è scoppiato un incendio, che ha avvolto il fasciame prima ancora che potessimo tentare di sedare le fiamme. La tempesta ha fatto il resto. È successo con una velocità incredibile, e non ho potuto far altro che salvare me stesso; non credo che altri ce l’abbiano fatta.»
Nascose il volto tra le mani e poi le domandò quando sarebbe arrivata la prossima nave.
Beatrice gli rispose che l’ultima era andata via quindici giorni prima.
«Quindi?»
«Un anno meno quindici giorni.»
«Un anno?»
Durante la guardò incredulo. «Non c’è un posto vicino dove poter andare?»
«Se preferisci tornare in mare Sant’Elena è a 1500 miglia a nord, il Sudafrica 1700 a est, l’Argentina 2000 a ovest» disse ridendo.
«Non so neanche come abbia fatto a navigare… millesettecento miglia dici. Ma come fate così isolati?»
«La nostra normalità è l’isolamento, altrove saremmo dei disadattati in preda al panico» scherzò, e accennò un sorriso che le si spense tra le labbra incrociando il suo sguardo.
«Che ci fa un’italiana nel luogo più sperduto della Terra?»
«Io sono tristaniana,»
«Tristaniana?»
«Tristan da Cunha, l’isola è una delle ultime colonie britanniche. Gli inglesi, con molto humor, hanno battezzato il villaggio con l’altisonante nome di Edinburgh of the Seven Seas; ma per noi è soltanto The Settlement» spiegò. «Mio nonno era ligure: il brigantino su cui viaggiava colò a picco in queste acque mentre era diretto in Argentina. E venne accolto dai discendenti dei passati naufragi. Siamo ancora isolati, a parte una radio a onde corte con cui ascoltiamo più che comunicare. Da Cape Town mandano un cargo l’anno con i rifornimenti essenziali. Non esiste un aeroporto o un vero porto. Viviamo di pesca e agricoltura, e di un piccolo stanziamento della Corona.»
«E tuo nonno, che fece?»
«Sposò Beatrice Novak, naufragata un paio d’anni prima anche lei diretta in Argentina, e rimase a Tristan con lei. E tu, hai lasciato qualcuno in Italia?»

Ottobre 1978

Neanche un filo di brezza muoveva le acque immobili del golfo e il cielo rimaneva sereno a dispetto del calendario.
«Salpiamo il palamito» ordinò Enea.
Il rais del moto pesca Luisa II si sporse dalla battagliola e si allungò fuori bordo; il suo viso, grinzoso come la corteccia del sughero, non riuscì a nascondere la preoccupazione per un’annata iniziata male che prometteva di finir peggio.
Mise le eliche indietro senza dare gas e ruotò la barra al centro.
Sul ponte di poppa Vanni alzò la destra e afferrò il cavo d’acciaio su cui erano innestati gli ami per la pesca: cominciò a manovrare il verricello calandoli in mare.
«Alla via così» li spronò il rais.
Fecero su e giù lungo la costa ripida delle Cinque Terre per tutta la giornata, finché il sole non iniziò la sua corsa verso il tramonto.
Scossi il capo e cercai di scacciare dalla mente gli occhi di Maria, il suo corpo accogliente, i continui inutili tentativi di ancorarmi a quei luoghi.
«Ancora niente?» Domandò Enea.
«Un paio di ricciole e qualche aguglia...» mormorai.
«Troppo poco! Se continua così non rimarrà alternativa tra morire e fuggire...» sbottò il rais, storcendo la bocca.
«Allora è meglio fuggire» mi scappò.
Gli occhi dei miei compagni si riversarono su di me, e un silenzio che sapeva di disapprovazione mi costrinse a precisare: «Ho deciso d’andar via» e abbassai gli occhi serrando con le dita la falchetta verniciata d’un rosso scolorito ad arancio. «Se rimanessi mi sentirei un fallito... e finirei per portare male alla barca» mi scusai, provando a nascondere dietro l’alibi della sventura il mio tradimento.
«Hai un progetto? Sai già dove andare?» Mi domandò Sebastiano.
Tirai su le spalle, ma me ne pentii. Non volevo ferire Enea suggerendo che qualsiasi posto fosse meglio di quello: «Vado in Inghilterra. Cercano uomini per la pesca al merluzzo, e pagano bene. Chissà che non trovi la fortuna che non ho avuto qui.»
Solo allora il rais intervenne e mi chiese se questa era la mia ultima battuta.»
«È l’ultima» gli confermai.

Beatrice fece cenno all’uomo colla barba rossa di entrare.
«Lui è Virgil Groen, ti farà da guida finché non ti sarai ambientato» aveva deciso.
L’uomo dalla barba rossa gli fece segno di seguirlo e lo accompagnò, attraverso una mezza dozzina di stradelle fangose, fuori dal villaggio.
«Chi ci abitava è andato via» disse nel suo inglese dall’accento neerlandese, e indicò la casa. «Puoi usarla finché vuoi: lenzuola e coperte li trovi nell’armadio insieme a dei vestiti che sono sicuro ti andranno bene. Abbiamo messo tutto a posto da poco, per il tuo arrivo.»
«Non ho denaro con me» si scusò Durante.
«Quello qui non ti servirà a niente, e non ringraziare mai quando ricevi quanto ti serve per vivere.»
E lo lasciò accostando la porta.
Indovinata la camera da letto, esausto si sdraiò e iniziò a sognare un sogno che lo portò all’altro capo del mondo sulla spiaggia di un altro mare.


«You’re a fisher» sostenne Virgil uno dei pomeriggi seguenti.
L’estate australe stava finendo e iniziava a far freddo.
«Ti vedo ciondolare tutto il giorno. Wat die heck» esclamò. «Li conosco quelli come te... vogliono oceano sotto i piedi, non terra!»
E gli disse che all’alba sarebbero partite un paio di barche per la pesca. «Passerai un paio di giorni tra veri uomini, tra amici, vieni con noi.»
Non era un invito che si poteva rifiutare.
«Cosa pescate?»
«Oro rosso.»
Si sforzò di rammentare cosa quelle parole fossero in grado di raccontargli, mentre Virgil rimaneva in attesa d’una risposta.
«A che ora?» Domandò.
«Alle quattro. Ti daremo l’occorrente, basta che tu sia puntuale.»
«Ci sarò.»
Rimase sulla soglia, fin quando il sole non completò il suo arco in cielo, poi si sdraiò sul letto, che gli ricordava quello lasciato in Liguria, da tanto tempo che gli sembrava un secolo, e si addormentò.


Stavo seduto a un tavolo del Lisca Bianca con l’idea di prendere una bella sbornia quando entrò Enea, si sistemò di fronte a me e iniziò a parlare del più e del meno, buttando giù un rosso dopo l’altro, come se cercasse nell’alcool il coraggio per vuotare il sacco.
E dopo un litro buono si decise a farmi la domanda.
«Non ti pesa abbandonare quanti credono in te? Ho visto Maria piangere… non si fa soffrire chi ti ama! Vivere senza programmare nulla può essere appagante all’inizio. Può soddisfare il ragazzo che vive in te. Ma ogni uomo desidera una casa a cui tornare.»
Mi fece male quando risposi che non faceva per me, che non avevo bisogno di nessun ritorno.
«Penso che ti racconti un mucchio di stronzate» mi rimproverò.
«Io devo partire, Enea.»
«Adesso senti quel che ho da dirti» mi disse, cambiando espressione.
«Ti ascolto.»
«Non ho figli, lo sai. Ci abbiamo provato con Ada, povera donna, lei desiderava una casa piena di bambini… il Signore ha deciso diversamente. Tra un paio d’anni tirerò i remi in barca. Quel giorno il Luisa II sarà tuo, ma in cambio devi rimanere a Lerici, insieme a me.»
Era un padre stanco che cercava l’aiuto del figlio.
E come un figlio ingrato io gli risposi: «Sembra una specie di ricatto. Mi stai mettendo con le spalle al muro.»
«Punti di vista. Io la vedo come un’opportunità legata a una condizione: prendere o lasciare.»

Si svegliò con quelle parole in mente: prendere o lasciare. Erano ancora le due e quella battuta di pesca gli sembrava fatta apposta per sbarazzarsi di lui e impadronirsi della sua borsa, del suo unico tesoro. Andò a controllarla, nascosta sotto l’impiantito: la toccò e da dentro tirò fuori una vecchia fotografia tagliata a metà. Tornò a letto e l’osservò: c’era Maria, lo sguardo triste bella come la ricordava. L’altra metà l’aveva lasciata a lei insieme a lui e al suo cuore. La rigirò tra le mani e lesse la data, Ottobre 78, rimasta nella sua porzione.
Riandò a quei giorni e richiuse gli occhi.

«Cosa pretendi? Che ti dia la benedizione?» Mi rimproverò Maria, alla fine dell’ennesimo litigio.
«Voglio solo che tu capisca.»
«Che devo capire? Sono quattro anni che viviamo insieme. Fino a stamattina hai detto ti amo.»
«Lo sai che è così.»
«Dimostralo! Resta! Un lavoro ce l’hai… anche un futuro. Enea mi ha detto tutto.»
Scossi la testa e iniziai ad andare su e giù per la stanza.
«Basta rimanere al suo fianco. Hai paura?»
«Che vai cianciando? Se ho intenzione di andare è per il nostro futuro, lo faccio per te.»
«Sei un codardo» gli disse contro.
«Non è insultandomi che mi farai cambiare idea.»
«E allora dimmi cosa devo fare.»
«Io devo partire.»
«E io non starò ad aspettarti.»

Durante ispezionò il fuori con la segretezza d’un animale notturno. Una pioggia fine cadeva senza far rumore sulla strada trasformata in palude.
Quando giunse al molo Virgil era sopra una delle barche con indosso una spessa cerata gialla.
Gli presentò i tre tristaniani a bordo e gli fornì l’occorrente. Mollarono gli ormeggi e si allontanarono verso occidente, finché anche le luci rosse e verdi della stretta imboccatura divennero invisibili e solo le nubi che avvolgevano eternamente il Queen Mary’s Peak potevano distinguersi nell’oscurità.
Fu solo dopo un’ora buona che Durante domandò dove andassero.
«Inaccessible» rispose Virgil.
«Un’isola, a circa venti miglia da Tristan» precisò John, un tristaniano alto e massiccio.
Rimasero in silenzio e fu solo dopo un paio d’ore che l’isola si mostrò ai loro sguardi: la cima d’un vulcano chissà come spuntata dalle profondità dell’Oceano, dal lato a settentrione tagliata a mezzo in modo da formare un altipiano che in un punto declinava dolcemente verso l’acqua.
Su Inaccessible c’era un’unica insenatura, semicircolare, in cui il mare non frangeva e cullava i cormorani come all’interno d’una laguna.
Le imbarcazioni si fecero largo nella baia cavalcando le creste d’una risacca millenaria dal ruggito profondo e regolare, e subito Durante s’avvide, sopra lo specchio d’acqua argenteo, agitarsi appena scossi dal vento diversi galleggianti con una bandiera nera in cima.
«Vediamo se ricordi come si fa» fece uno dei tristaniani. E gli mise in mano un lungo bastone col finale a uncino.
«Tirala su» lo incitò Virgil.
«Oro rosso» urlò Sebastian, da dentro la tuga rialzata.
Quando Durante la mosse l’asta si accese nel rossore del crepuscolo, e con un guizzo esperto afferrò la boa con l’uncino e tirò la cima finché la gabbia metallica non giunse sul pelo dell’acqua permettendo ai due uomini rimasti a guardare d’agguantarla tirandola a bordo. Virgil spezzò l’oscurità con una torcia, e i grandi crostacei che la riempivano per la prima volta nella loro vita videro la luce.
«Oro rosso. Aragoste!» Fece Durante, e iniziò a ridere.
«Sembra che tu non abbia fatto altro per tutta la tua vita» si congratulò John.
«Cosa ne fate? Le mangiate o…»
«Le congeliamo» lo anticipò Sebastian.
E Durante pensò ala grande cella frigorifera giù al molo.
Come se gli avesse letto nel pensiero John aggiunse che l’unico generatore dell’isola serviva solo a lei. «Ogni sei mesi un peschereccio porta tutto via, e ci lascia il denaro.»
«Sarete ricchi.»
«Nessuno è ricco sull’isola, dovresti saperlo» lo ammonì Virgil.
«È il Contratto» spiegò con calma Sebastian. E gli raccontò che era stata un’idea dei padri fondatori di Tristan duecento anni prima.
«Deve firmarlo chi decide di rimanere sull’isola» aggiunse Sebastian.
«E cosa stabilisce, questo contratto.»
«Che non esiste la proprietà privata, e che tutto ciò che si trova sull’isola serve all’uso comune. Non esiste il mio o il tuo, solo il nostro.»
«Ma come fate a dividere…»
«Se tutto appartiene a tutti cos’hai da dividere?» Lo canzonò Virgil.
E a Durante sembrò che lo compatisse, come si fa coi matti. «Qui non ci sono furti, non esiste lo sfruttamento, nessuna sofferenza causata dall’avidità di un singolo individuo. Condividiamo ogni cosa, nel bene e nel male. Collaborando abbiamo superato ogni avversità. E le scelte che riguardano la comunità devono essere condivise da tutti.»
«Siete comunisti?» Suggerì Durante.
«Quelli li trovi in Unione Sovietica, o in Cina. Noi siamo una famiglia.»
«Quindi tutto quello che ho… è anche vostro.»
«Solo a condizione di reciprocità. Se firmi il Contratto decidendo di rimanere con noi.»
«Mi stai facendo una proposta?»
«Ti sto dando una possibilità» disse Virgil.
La mattina trascorse velocemente. Ogni nassa veniva svuotata, ripulita e ributtata in mare, per un nuovo raccolto. Poi, quando il sole ebbe superato lo zenit, Sebastian accese il motore, diede volta alla galloccia di prua lasciando a dritta il corpo morto, e si avvicinò a terra.
«Sbarchiamo» propose Virgil.
La vegetazione era fitta, alta quanto un uomo, e il sole vi penetrava obliquamente, rado e vivo. S’inerpicarono per uno stretto sentiero appena tracciato e giunsero sull’altipiano. Virgil e John si accoccolarono e smossero alcuni cespugli tirando via delle tavole.
«Cos’è?» domandò Durante.
«Acqua» rispose Virgil, e dalla sacca tirò fuori due recipienti di plastica. «Ma tu non puoi berla.»
«E questi?»
«Servono per gli isolani.»
«Ha proprietà diuretiche?» Suggerì Durante.
John e Virgil scoppiarono a ridere, riempirono in fretta i bidoni e tornarono sui loro passi. S’imbarcarono e ripresero la rotta verso casa.
Il vento si era calmato e, cullato dal beccheggio dello scafo e dal ronzio del motore, Durante si addormentò.

La porta della camera da letto era aperta, pure se ricordava d’averla chiusa. Allarmato spostò due assi dal pavimento e frugò dabbasso infilando le braccia: solo la sua vecchia fotografia tagliata a metà gli rimase in mano.
Mentre carezzava il viso del ritratto vide lei entrare.
«Dov’è la mia borsa» Le domandò furioso, sconvolto dal timore di aver perduto l’unico tesoro. «Tutte quelle storie sul Contratto, sulla proprietà comune... e avete rubato la mia borsa. Siete solo dei ladri» accusò Beatrice.
«Dove hai preso quel denaro, Durante?»
Si alzò e le andò incontro, la fronteggiò.
«È una lunga storia.»
«Non manca tempo.»
La osservò perplesso, e pensò che aveva una bella faccia tosta.
«Incontrai un tizio, che mi fornì un contatto a Southampton: e lì mi ingaggiarono, ma non era di pesca al merluzzo che si trattava. Volai in Sudafrica e a Cape Town m’imbarcai sopra una goletta. Trasportava armi…»
«La guerra nel Protettorato.»
Fece cenno di sì.
«E la tempesta?»
«Il mare s’ingrossava, il vento soffiava rabbioso e spingeva il Parsifal verso la costa del Karas, poco a nord di Lüderitz. Axel Beker, il capo dei finti turisti che occupavano il ponte inferiore, da ore stava rintanato in cabina in preda al mal di mare. Erano mesi che sbarcavamo clandestinamente armi a Walvisbaai, per le milizie afrikaaner e per i farmers tedeschi in lotta contro i ribelli della SWAPO. Lo vidi sdraiato sopra la cuccetta, avvolto nel puzzo acido del suo vomito.»
«E cos’hai fatto?»
«Gli dissi che il tempo peggiorava, che proseguire era pericoloso.»
«Allora eri tu al comando…»
Non poté far a meno di ammetterlo.
«E Axel?»
«Mi domandò se potevamo andare a motore. Gli dissi che in un’imbarcazione del genere il motore è solo ausiliario e non avremmo fatto molta strada con questo vento. Gli consigliai di cambiare rotta per assecondare il vento in acque sicure; ma non volle ascoltarmi.»
«Per quale motivo?»
«Fretta… avidità, sconsideratezza. Le solite storie. Gli dissi che non garantivo nulla; allora si innervosì, estrasse la pistola e me la poggiò in faccia. Tu garantisci quello che voglio, con la tua vita. Portaci a destinazione senza far affondare questa bagnarola, mi minacciò»
«E tu?»
«Il vento stava rinforzando, il cielo era denso di nubi, la pioggia cadeva giù a secchiate e io non volevo affondare con quei matti…»
«Prosegui.»
«C’era una cassaforte a bordo, nel quadrato, e sapevo che era zeppa di sterline. Avevo scoperto la combinazione per caso, il mese prima. Misi ko l’energumeno biondo di guardia e m’impadronii del contenuto, ordinai all’equipaggio di terzarolare la velatura e di scendere sotto coperta. Quando rimasi solo bloccai il timone e spinsi il motore a manetta. La terraferma era più vicina di quanto non avessi raccontato ai miei compagni: in meno di un’ora il Parsifal si sarebbe schiantato sui bassi fondali delle Saddle Hills. Afferrai la borsa e calai la scialuppa per seguire il vento meridionale in direzione ovest.»
«Ricordi la combinazione della cassaforte?»
«Che ti interessa?»
«Va bene, ma adesso guarda la foto che hai in mano.»
L’avvicinò agli occhi: «È Maria. Cosa c’entra con questa storia.»
Beatrice si strinse al suo fianco e da una tasca trasse fuori una foto tagliata a metà.
L’accostò a quella di Durante e le due porzioni combaciarono perfettamente.
«L’avevo lasciata a Maria prima di partire» balbettò meravigliato.
«Proprio non ricordi» provò a stimolarlo. «Ce la scattarono a Camogli, sotto la Dragonara.»
La data sul retro s’era finalmente composta.
«Dieci ottobre 1878» lesse, e disse che c’era un errore.
La donna scosse la testa, e gli disse di guardare i loro vestiti.
«Nessuno vive così a lungo, e senza invecchiare. Cosa vuoi darmi a bere» s’infuriò. «Sei una bugiarda, e una ladra! Derubate i naufraghi e li fate sparire… vi interessa solo il mio denaro.»
«Non c’era nulla dentro la borsa, a parte la foto che tieni in mano.»
«L’hai fatto sparire tu.»
«Chi beve l’acqua di Inacessible non invecchia, ma dimentica: i ricordi affiorano frammentati, senza ordine. Per questo abbiamo bisogno di una guida che li rimetta insieme.»
«Lerici, Maria, Enea, il Parsifal, il naufragio…» mormorò.
«Sono ricordi vecchi di quasi un secolo, l’unica realtà sono io, a Tristan. Per sempre.»
«Sempre?»
«Non possiamo lasciare l’isola. Dobbiamo bere quell’acqua per restare in vita.»
«Non ricordo» implorò, e serrò i pugni. «Sto impazzendo! Da dove vengono le immagini che ho in testa?»
«Non è necessario che tu debba subito ricordare. L’importante è che ti possa fidare di me, per farlo insieme.»
Durante annuì e afferrò la mano che Beatrice gli porgeva.
«Adesso cerca di riposare, parleremo un’altra volta di quel denaro che tanto ti angoscia.»


Marzo 2021

«La sua sicurezza viene meno. Ci siamo quasi» osservò la dottoressa Beatrice Novak «Sono riuscita a far breccia, ma non ho insistito.»
Wirgil Van der Heck si avvicinò alla vetrata impaziente.
Il sole scivolava dietro il Tafelberg incappucciato di nubi mentre le luci di Kaapstad iniziavano ad accendersi.
«Ma ancora non ci siamo» disse l’uomo, che lei vedeva per la prima volta. E sorseggiò il suo tè.
«Che devo dire a Manfred Klermont?»
«È solo una questione di tempo perché l’ipnosi dia i suoi frutti. Il mondo artificiale costruito utilizzando parte dei suoi ricordi sembra ora ben strutturato nel suo inconscio. Un paio di giorni e otterremo il numero del conto cifrato.»
«Non fissi termini che non è sicura di poter rispettare, dottoressa. I miei amici Voortrekker sono gente pericolosa, e la posta in palio è altissima, meglio non offrire aspettative che potrebbero andar deluse.»
«Sono sicura del mio lavoro, Van der Heck. Ho individuato io l’infiltrato e ho scoperto come agiva questo italiano all’interno dell’organizzazione. Adesso manca l’ultimo tassello.»
«Il pezzo più importante: senza tutti gli sforzi non varrebbero nulla, e lei rischierebbe quanto il nostro amico nell’altra stanza.»

L’uomo si sentì fiacco all’improvviso e cercò una sedia.
«Si sente bene?»
La fissò.
«Un miliardo di rand» gli disse.
«Cosa?»
«È la cifra che Dante Donadìo ha nascosto in Svizzera facendovi credere che fosse nella Oranije Staat Bank di Bloemfontein.»
«Come fa a saperlo?»
«So molte cose.»
«Cosa ha messo nel tè? Non riesco a muovermi.»
«Un veleno. Non temere, non ti ucciderò io, ma i tuoi amici per il tuo tradimento.»
L’uomo mosse le labbra, e dalla sua bocca uscì un suono indecifrabile.
La donna sussurrò al suo orecchio: «Novak è il nome dei miei genitori adottivi. Io sono Hilde Walkür.»
L’uomo strabuzzò gli occhi e il respirò si fece affannoso, ma non riuscì a muoversi.
«Donadìo venne da me perché soffriva di attacchi di panico… un caso. In una seduta fece il tuo nome, Van der Heck. Un nome che non posso dimenticare. Ho indotto Donadìo a sottrarre il danaro all’organizzazione, ho fatto in modo che ti mettessi in contatto con me. Ma la tua prudenza ci ha fatto incontrare solo adesso.»
La donna si allontanò. «Per i miei genitori e per mia sorella» e infilò nella giacca di lui un foglio e una chiave. «Pochi dettagli che basteranno a farti a pezzi lentamente nel tentativo di sapere dov’è il denaro»
Sicura di aver onorato il contratto che aveva con se stessa, per la prima volta dal giorno in cui era rimasta sola si sentì libera.


Marzo 2025

«Al mio tre si sveglierà: uno, due e…»
«Che avventura» disse entusiasta, mentre la sala si illuminava.
L’uomo seduto al suo fianco gli fece un segno d’intesa.
«La Neuralink è lieta del suo gradimento» commentò la voce in sottofondo. «Le ricordiamo, oltre a Il Contratto, dello stesso autore: Babi Yar, Ritorni, La colonna Diamanti e Antudo. Arrivederci con i nostri migliori prodotti d’intrattenimento.»
«Che meraviglia quest’innesto neurale. Proprio quello che ci vuole in tempi di pandemia: dopo la febbre nera viaggiare è diventato impossibile» disse Manfredi.
«Il guaio è tornare alla realtà» fece Ludovico. «Domani tornarò con mia moglie, per una prova. Perché non porti la tua?»
«Beatrice odia la tecnologia: preferisce leggere quegli inutili vecchi libri di carta lei.»
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Alcuni esempi di nostri libri autoprodotti:


Il Bene o il Male

Il Bene o il Male

Trenta modi di intendere il Bene, il Male e l'interazione tra essi.

Dodici donne e diciotto uomini hanno tentato di far prevalere la propria posizione, tuttavia la Vita ci insegna che il vincitore non è mai scontato. La Natura ci dimostra infatti che dopo un temporale spunta il sole, ma ci insegna altresì che non sempre un temporale è il Male, e che non sempre il sole è il Bene.
A cura di Massimo Baglione
Copertine di Giuliana Ricci.

Contiene opere di: Antonella Cavallo, Michele Scuotto, nwNunzio Campanelli, nwRosanna Fontana, nwGiorgio Leone, nwIda Dainese, nwAngelo Manarola, nwAnna Rita Foschini, Angela Aniello, Maria Rosaria Del Ciello, nwFausto Scatoli, nwMarcello Nucciarelli, nwSilvia Torre, nwAlessandro Borghesi, nwUmberto Pasqui, nwLucia Amorosi, nwEliseo Palumbo, Riccardo Carli Ballola, nwMaria Rosaria Spirito, nwAndrea Calcagnile, nwGreta Fantini, Pasquale Aversano, nwFabiola Vicari, nwAntonio Mattera, Andrea Spoto, nwGianluigi Redaelli, nwLuca Volpi, nwPietro Rainero, Marcello Colombo, nwCristina Giuntini.

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Dentro la birra

Dentro la birra

antologia di racconti luppolati

Complice di serate e di risate, veicolo per vecchie e nuove amicizie, la birra ci accompagna e ha accompagnato la nostra storia. "Dentro la birra", abbiamo scelto questo titolo perché crediamo sia interessante sapere che cosa ci sia di così attraente nella bevanda gialla, gasata e amarognola. Perchè piace così tanto? Che emozioni fa provare? Abbiamo affidato questa "indagine" a Braviautori, affinché trovasse, tramite l'associazione e il portale internet, scrittori capaci di esprimere tali sensazioni. E infatti sono arrivati numerosi racconti: la commissione ne ha scelti 33. Nemmeno a farlo apposta, 33 è la quantità di centilitri di un gran numero di bottiglie (e lattine) di birra; una misura nota a chi se n'intende.
A cura di Umberto Pasqui e Massimo Baglione.

Contiene opere di: nwAndrea Andreoni, nwTullio Aragona, Enrico Arlandini, Beril, Enrico Billi, nwLuigi Bonaro, Vittorio Cotronei, Emanuele Crocetti, nwBruno Elpis, Daniela Esposito, Lorella Fanotti, Lodovico Ferrari, Livio Fortis, Valerio Franchina, Luisa Gasbarri, Oliviero Giberti, Elena Girotti, Concita Imperatrice, Carlotta Invrea, Fabrizio Leo, Sandra Ludovici, Micaela Ivana Maccan, Cristina Marziali, Stefano Masetti, Maurizio Mequio, nwSimone Pelatti, Antonella Provenzano, Maria Stella Rossi, Giuseppe Sciara, nwSalvatore Stefanelli, nwSer Stefano, nwSunThatSpeed, Marco Vignali.

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Luna 69-19

Luna 69-19

antologia di opere ispirate al concetto di "Luna" e dedicata al 50° anniversario della storica missione dell'Apollo 11

Il 20 luglio 1969 è la data che segna per sempre il momento in cui il primo essere umano ha posato per la prima volta i piedi sul suolo lunare. Quel giorno una parte di voi era d'avanti ai televisori in trepidante attesa del touch-down del lander, altri erano troppo piccoli per ricordarselo e altri ancora non erano neppure nati, tuttavia ne siamo stati tutti coinvolti in molteplici maniere.
A cura di Massimo Baglione.

Contiene opere di: nwAlessandro Mazzi, nwAndrea Coco, Andrea Messina, nwAngelo Ciola, nwCristina Giuntini, nwDaniele Missiroli, nwEnrico Teodorani, nwFrancesca Paolucci, Franco Argento, nwF. T. Leo, Gabriele Laghi, nwGabriele Ludovici, nwGabriella Pison, nwIunio Marcello Clementi, nwLaura Traverso, nwMarco Bertoli, nwMarco Daniele, Maria Emma Allamandri, Massimo Tessitori, nwNamio Intile, Pasquale Aversano, Pasquale Buonarotti, nwPietro Rainero, Roberta Venturini, nwRoberto Paradiso, nwSaji Connor, nwSelene Barblan, nwUmberto Pasqui, Valentino Poppi, Vittorio Serra, Furio Bomben.

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Alcuni esempi di nostri ebook gratuiti:


La Gara 29 - Storie parallele

La Gara 29 - Storie parallele

(marzo 2012, 44 pagine, 863,42 KB)

Autori partecipanti: Polly Russel, nwNathan, nwLodovico, Jane90, nwConrad, nwCarlocelenza, Tuareg, nwLuigi Bonaro, nwLorella15, nwRoberta Michelini, nwAntonella P, nwDiego Capani,
A cura di Ser Stefano.
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La Gara 23 - Pochi istanti prima del sogno

La Gara 23 - Pochi istanti prima del sogno

(agosto/settembre 2011, 85 pagine, 1,87 MB)

Autori partecipanti: nwMarco Marulli, nwSilvia Marulli, nwLicetti, nwTania Maffei, Polissena e Sabina, nwLucia Manna, Erania Pinnera, nwNathan, nwRitavaleria, nwCordelia, nwDaniela Piccoli, nwElisar, nwAlessandro, nwConrad, nwMorgana Bart, nwAleeee76, nwSkyla74, nwMastronxo, nwAngela Di Salvo, nwNevestella, nwGiosep, nwParolina, nwSkyla74,
A cura di Ser Stefano.
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La Gara 48 - Stelle

La Gara 48 - Stelle

(settembre/ottobre 2014, 34 pagine, 799,91 KB)

Autori partecipanti: nwMaddalena Cafaro, nwNunzio Campanelli, nwStella_decadente, nwMarina Paolucci, nwUmberto Pasqui, nwPatrizia Chini, nwAnnamaria Vernuccio, nwPaolo Ninzatti, nwLodovico,
A cura di Marina Paolucci (con la supervisione di Lodovico Ferrari).
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