Veronica

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Macrelli Piero
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Veronica

Messaggio da leggere da Macrelli Piero »

leggi documento Spiacente ma, in questo browser, la lettura a voce non funziona.

Veronica

Questa mattina quando mi sono svegliato ho deciso che sarei uscito comunque. È domenica e sono tre giorni che sono chiuso in casa a causa di una influenza. Praticamente sono guarito, ma potrebbe passare il medico fiscale a controllare; però se io faccio un salto al bar qui vicino per un caffè, magari non succede nulla. Stare chiuso in casa mi ha rintronato più della febbre e così mi sento un po' confuso, e magari se esco un po' mi fa anche bene, e poi domani devo tornare al lavoro comunque.
Così ho mandato un messaggio a Andy, se voleva venire a prendere un caffè. Gliel'ho mandato una mezzora fa ma non mi ha ancora risposto. Io però mi sono già vestito e esco lo stesso.
Quando arrivo al bar lo vedo che era già lì seduto a un tavolo con Chiara e Veronica. Chiara la conosco già da un po', ma Veronica è una tipa per me nuova, si è unita a noi per fare questa lettura in pubblico di alcuni miei racconti, che ci siamo messi in testa di fare. Siamo in quattro: io, Andy, Manè e questa Veronica. Coordina tutto Andy, che è bravo a fare queste cose ed è stato lui a invitare questa Veronica che farà la voce femminile di uno dei miei racconti.
Questa dello scrivere per me è una cosa nuova, magari ho sempre avuta la voglia di scrivere, ma solo da poco è diventata una cosa reale, quasi una necessità, come se lo scrivere dovesse sostituire il parlare, che ho sempre meno voglia di farlo, e mi sono accorto da un po' di preferire la solitudine o, comunque, lo stare in disparte e parlare poco, e rispondere a monosillabi, con un ammiccare incerto e con sorrisi tirati, perché aprire la bocca e parlare mi diventa sempre più difficile. Come se lo sviluppo della parola scritta avesse provocato una atrofizzazione della parola parlata; come se l'abilità a scrivere avesse superato la capacita di parlare, che mi sembra di mangiarmi le parole, di inciampare nelle sillabe, di sbagliare sempre l'intonazione e quando mi ascolto non sopporto più il suono della mia voce, che sembra così goffa e incerta, che preferisco stare zitto. La parola scritta ha ucciso la parola pronunciata, ha occupato gran parte del mio cervello, come un tumore benigno che mi sta rendendo un muto.
-Ti avevo mandato un messaggio, ma non mi hai risposto.- dico io a Andy.
-Non sapevo che mi sarei fermato, ero in giro con la Chiara, poi abbiamo visto la Veronica.- mi dice lui.
Io non vedo la Chiara, che deve essere andata dentro al bar e quindi quella che mi saluta con, Ciao Piero, deve essere la Veronica e così le dico ciao Veronica e mi metto a sedere con loro.
Cazzo, penso dentro di me, se non c'era Andy, io non avrei riconosciuto Veronica e fatto la mia solita figura di merda. La Chiara oramai la conosco che è un po' che la vedo spesso e oramai ho imparato a riconoscerla, ma questa Veronica è nuova e a me ci vuole un po' di tempo, perché i visi non li so mica riconoscere: si chiama prosopagnosia, se volete saperlo: non è grave, ma devi sempre inventarti qualcosa nel tuo modo di fare con le altre persone.
Il tavolo è ingombro da tazzine usate.
-Avete già preso il caffè.- dico io.
-Noi abbiamo già fatto.- dice Andy -Che dopo dobbiamo andare a fare la spesa.
-Come stai Piero?- dice Veronica -passata la febbre?
-Sì, sto bene.- dico io, ma non la guardo in faccia, perché sarebbe inutile, invece le cerco addosso qualcosa che me la faccia distinguere: le mani, un anello, cazzo, una cicatrice: possibile che non abbia un difetto fisico: non pretendo mica che le manchi un occhio o una mano, a me basta qualsiasi cosa che non sia il viso, che tanto fra cinque minuti non me lo ricorderò più. Niente, non trovo niente, e intanto è tornata Chiara e dice che devono andare e così anche la Veronica si alza.
-Ciao Piero.- mi dice Chiara.
-Ciao Chiara.- le dico io. In realtà io non glielo dico, ma le sorrido e faccio la faccia come per dire ciao, ma senza pronunciare la parola ciao.
Anche con Chiara all'inizio non riuscivo mai a riconoscerla, ma siccome c'era spesso anche Andy, me la cavavo così. Chiara ha un ciuffo di capelli bianchi, non li ha tinti, ma è una cosa naturale quella che chiamano voglia o difetto, ma non è mica un difetto. Questo un po' mi ha aiutato, ma non molto. Con Chiara ho dovuto imparare a conoscere il suo paio di occhiali che sono grandi occhiali quadrati, da vista, che contengono il suo sguardo. Il giorno che dovesse cambiare occhiali, per me tornerebbe a essere una sconosciuta, una sconosciuta con un ciuffo di capelli bianchi.
Quando se ne vanno rimaniamo io e Andy al tavolo e stiamo per un po' in silenzio. Poi io gli dico:
-Vuoi qualcos'altro?
-Acqua, se prendi qualcosa, prendimi l'acqua.
Però io mica mi alzo e invece rimango lì. Appoggio il gomito sinistro sul tavolo e con la mano mi reggo la testa e mi metto a guardare in giro.
Andy siede scostato dal tavolo, la schiena appoggiata allo schienale della sedia e si passa, come suo solito le mani sul viso e anche sulla testa calva. Dice solo che deve andare a fare la spesa, ma non si alza.
Io mi metto a guardare oltre la strada, questo è il mio quartiere, lo è da quando sono nato e la strada di fronte al bar la percorro sempre, direi distratto, ma questa volta è diverso, forse perché sono a sedere nella veranda del bar che non ho mai frequentato, ma adesso, da questa insolita prospettiva, vedo le cose in maniera diversa e vedo l'incrocio con il semaforo e l'edicola sul marciapiede e all'improvviso mi rivedo ragazzino che torna a casa da scuola lungo questa strada e anche quando andavo all'edicola a comprare le figurine dei calciatori. E poi mi esplode in testa un ricordo vivissimo di me ragazzino che con la bici ero andato a comprare un cassone ripieno alla piadineria all'angolo, che adesso non c'è più.
All'improvviso riesco a ricordare ogni cosa, ogni minimo particolare: il caldo che faceva, il rumore della catena della bicicletta; Mi ricordo del profumo della piadineria e del sacchetto di carta bollente, dove era stato messo il cassone appena cotto. Ricordo la sensazione che provavo per essere andato da solo a comprare qualcosa, e ricordo anche il muretto basso dove mi sono seduto a mangiarlo, che è ancora lì; ricordo che mi scottava la lingua e che avevo anche morsicato il sacchetto di carta, e ricordo che soffiavo per farlo raffreddare e con le dita mi toglievo i pezzi di carta dalla bocca; riesco a ricordare ogni cosa, di quel fatto di oltre quaranta anni fa, riesco a ricordare ogni cosa, ogni minimo particolare, ogni più piccola sensazione.
Ma adesso, di questa Veronica, che è andata via da cinque minuti, già non mi ricordo più il suo viso.
Ultima modifica di Macrelli Piero il 04/10/2024, 14:19, modificato 1 volta in totale.
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Marino Maiorino
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Messaggio da leggere da Marino Maiorino »

E quindi, Piero, credi che la tua prosopagnosia sia dovuta a qualcosa che è accaduta dopo la tua infanzia?
Il racconto è ben scritto: il ricordo vivissimo che chiude il racconto dimostra un'ottimo controllo della comunicazione visiva. Manca forse un perché: è un momento normale in una vita normale.
È vero che sono forse le pagine più difficili da scrivere (persino nel Signore degli Anelli trovi questa osservazione), e ci sei riuscito egregiamente, però ovviamente gli manca mordente.
Un errore di ortografia ("amicare" credo fosse "ammiccare", con l'intervento dello stramaledetto correttore), e poi qualche virgola che alle volte diventa questione di gusto personale... Nulla da eccepire.
Ma poi com'è andata la lettura dal vivo?
A presto!
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