Little Black Dress

Spazio dedicato alla Gara stagionale d'inverno 2024/2025.

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Yakamoz
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Little Black Dress

Messaggio da leggere da Yakamoz »

leggi documento Spiacente ma, in questo browser, la lettura a voce non funziona.

Ricordo la prima volta in cui sono uscita davvero con un ragazzo. Si chiamava John e aveva diciassette anni; io quattordici, compiuti da meno di due settimane. E forse ero un po' piccola per accettare l'invito di un ragazzo più grande; e anche la mamma e la nonna ne avrebbero avute da ridire se l'avessero saputo e non mi avrebbero mai dato il permesso di uscirci assieme. Mi pareva inoltre incredibile pensare che un ragazzo bello come John, studente senior alla Ramapo High School e quarterback della squadra di football, popolarissimo nella sua scuola e circondato da amici e belle cheerleaders provenienti quasi tutti da famiglie benestanti, potesse interessarsi a una ragazza come me, che non mi sentivo nulla di eccezionale e appartenevo a un contesto sociale decisamente più modesto rispetto al suo; tanto da non potermi permettere neanche un misero cellulare, magari di seconda mano, come molte mie coetanee si vantavano di possedere. Anche se ho il sospetto che proprio qualcuna di loro, ipocrita e bugiarda, avesse sparso in giro pettegolezzi su di me, etichettandomi come una ragazzina facile da adescare e altrettanto pronta a "fare certe robe". Ma in realtà, tutte le smancerie e moine con cui all'epoca mi atteggiavo verso i ragazzi, anche più grandi, erano solo un modo per emularle e mascherare la mia timidezza, perché di sesso, a livello pratico, non ne sapevo in effetti un granché.

Pianificai ogni dettaglio di nascosto dai miei, e in quel tardo pomeriggio dell'ultimo sabato di maggio 2004, con il cuore che già mi sussultava in modo insolito per via della tensione e l'emozione di quell'attesa, andai, con la solita scusa dei compiti di scuola, a casa della mia amica del cuore, l'unica a cui potessi confidare tutto e realmente fidarmi: Camilla, compagna di banco ed entrambe "freshman" nella più modesta e popolare Clifton High School, abbastanza cicciottella, coi capelli rosso acceso e un viso punteggiato di lentiggini. Piuttosto buffa a vedersi, ma molto sveglia e simpatica, e un po' sfigata con i ragazzi. E verso ora di cena, sempre fingendo, avrei telefonato da un apparecchio pubblico per avvisare i miei che sarei rimasta a dormire da lei quella notte. Andai a casa sua, poiché fortuna volle che sua madre, la signora Charlotte, separata dal marito come la mia, aveva un impegno urgente di lavoro, per l'appunto quella sera, e perciò sarebbe stata fuori dai piedi fino a tardi, dandomi tutto il tempo di muovermi con calma e un comodo alibi a cui tutti avrebbero facilmente abboccato. Con un risolino malizioso, scaravoltai dallo zaino il vestito, gli altri indumenti e tutto il resto delle cose che ero riuscita a procurarmi, e iniziai, aiutata da Camilla, a prepararmi per quella serata che sentivo come la più importante della mia vita.

Indossai un Little Black Dress, così lessi che si chiamava il modello sul cartellino, con una gonna plissettata in ampi strati di tulle trasparenti e neri, una balza bianca e decorato dappertutto con piccolissimi punti di paillettes luminosissimi, tanto da sembrare un piccolo cielo stellato tutto per me se ruotavo su me stessa. Vero, la scollatura del bustino a V era un po' audace e schiacciava sul petto lasciando intravedere la conca dove si accostavano i miei esili seni. Nulla però di troppo sconveniente da non poter essere indossato. Perché assolutamente glamour! Tenuto in condizioni perfette e mi sembrava un sogno averlo trovato, con i risparmi delle paghette messi da parte, a un costo così basso in un thrift shop, a cui abbinai dei collant ambrati e velatissimi, che quasi si fondevano con la mia pelle creando un disinvolto effetto nude, e scarpette nere in pelle lucida, lo stesso economiche, ma di buona fattura e adatte per il ballo.

«Forse è un po' troppo attillato, non credi?», chiesi a Camilla, voltandomi di spalle per farmi allacciare la zip.
«Ma no! Ti sta benissimo! Inoltre, sei tu a portarlo, non io! Perché se fosse stato della mia misura, avrei poi potuto benissimo anche riciclarlo come tenda da campeggio per una spedizione antartica!», scherzò lei, scoppiando a ridere e alzando gli occhi al soffitto per scuotere la testa in modo giocoso. Per nulla dispiaciuta che io fossi di circa tre taglie più piccola di lei. E, dopo una breve pausa, con un complice sorriso, aggiunse: «Ricordi l'ultimo film che abbiamo visto assieme? La protagonista aveva un vestito proprio simile!»
Annuii, cercando di non arrossire, e frattanto che lei mi aiutava anche a infilare i collant e le scarpette, risposi: «Sì, era fantastica!»
Mi sistemai poi bene i miei lunghi capelli, stirandoli con la piastra. Qualche colpo di mascara sulle ciglia, kajal a delineare gli occhi, un velo di gloss sulle labbra, una leggera spolverata di blush sulle guance, due gocce di YSL Libre, e completai il mio look con un sottile braccialetto d'argento e degli orecchini di perle, sbrilluccicanti appena sotto i capelli, e una pochette nera, non mia, ma rubandola temporaneamente dal guardaroba della mamma di Camilla.
«Pronta per la magia?», domandò Camilla esaminandomi coi suoi grandi occhi nocciola da capo a piedi.
«Più che pronta!», rintuzzai, sentendomi già una star.
E lei, silenziosa, mi accompagnò, mano nella mano, lasciandomi sola davanti allo specchio. Mi guardai perplessa, perché il riflesso che mi restituì era incredibile. La ragazza che mi fissava non sembravo più io. Diversa eppure la stessa. Sembravo un'adulta. A quel punto, un sorriso si aprì sulle mie labbra e bisbigliai piano tra me: «Sono bellissima!»

John arrivò quella sera sotto casa della mia amica clacsonando a bordo di una roboante cabriolet rossa fiammante, rossa come i capelli e la faccia di Camilla, in quel momento verde d'invidia, presa a noleggio – come lui mi raccontò in seguito – proprio per quella occasione, e portandomi un mazzo di fiori, un mix di margherite e gerbere, molto allegro e colorato. Andammo a una festa da ballo a Passiac, al The Garden Vista Ballroom. Un palazzo imponente con la facciata in mattoni rossi e una maestosa scalinata per accedere all'ingresso; all'interno, invece, luci soffuse ovunque creavano un'atmosfera intima e accogliente, mentre note flautate sembravano come sospese nell'aria. E il salone era più splendido di quanto io avessi mai potuto immaginare: un soffitto altissimo e affrescato con magnifiche decorazioni e rilievi, sfolgoranti lampadari di cristallo e pareti rivestite da pannelli di legno e ornate da tendaggi e broccati; e il pavimento, in lucido parquet, si apriva su un'ampia pista circondata da tavoli fastosamente allestiti, dove le coppie si muovevano a ritmo di danza. Mi fermai, girando su me stessa, per ammirare ogni più possibile dettaglio, rapita da così tanta bellezza.
E ballammo, io e John, in un turbine di musica fino alle tre del mattino, passando tra il ritmo di un latino-americano, un rockabilly e uno slow foxtrot. E io mi divertii un mondo! Pure John fu bravo con me perché, a dispetto delle voci malevoli che giravano su di lui, si rivelò essere un timidone taciturno e alquanto impacciato; e non ci fu da parte sua né un palpeggio né una stretta maliziosa. Insomma, nessuna avances. Ma c'era un bel riflesso nei suoi occhi azzurri, e fu fantastico quando, verso la fine, rimasi abbracciata a lui con la testa poggiata sul suo petto e sentii la sua mano carezzarmi i capelli e in uno orecchio mi sussurrò che ero bella, mentre Beth Orton dalle casse acustiche in sottofondo cantava It's not the spotlight. In quegli istanti mi sentii elettrica e felice come non mai mi era capitato di esserlo in vita mia prima di allora. Di una felicità che mi catapultava d'improvviso in una fiaba di una piccola principessa, nella quale ogni cosa che vedevo, ascoltavo e pensavo sembrava risplendere sotto la prospettiva di una luce completamente diversa, e in cui ogni mio sogno, se l'avessi voluto, avrebbe potuto davvero avverarsi.

Poi la favola finì. Era all'incirca l'alba nel momento in cui mi stava riaccompagnando a casa, e probabilmente lui si aspettava che tra noi potesse succedere qualcosa in auto, sperando, può darsi, che iniziassi io, stuzzicandolo, a prendere l'iniziativa. Ma, durante il lungo tragitto da quel locale verso casa, non accadde praticamente nulla. Le uniche cose che capitarono furono che dovette fermarsi due volte: una per farmi fare pipì, abbassata dietro un cespuglio; l'altra per farmi vomitare, perché, nonostante il divieto della nostra giovane età, avevamo bevuto qualche punch e un paio di shortini grazie a una generosa mancia di John, e io non ero abituata a bere alcolici. Mi infilò pure due dita in gola per stimolarmi e col mio vomito gli sporcai le scarpe, la manica della giacca e il polsino della camicia. Una puzza terribile! Che schifo! E quando arrivammo a destinazione e sull'uscio di casa, sempre della mia amica, lui suonò il campanello per farci aprire, stando magari in attesa di un mio invito a entrare o che almeno non lo lasciassi andar via senza neppure un bacio.
Ma appena chiusi gli occhi e lui mi fasciò i fianchi e io protesi le labbra a cercare le sue, avvolta da un intenso calore confuso ai brividi che mi scivolavano lungo la schiena e alla pelle d'oca, come quando fa molto freddo, in un tremore, di paura e d'ebrezza, che mi afferrava tutto il corpo in quella piccola attesa per quello che in assoluto sarebbe stato il mio primo vero bacio dato a un ragazzo, sentii al mio lato la maniglia abbassarsi in un rapido cigolio e la porta spalancarsi di botto. John, di sobbalzo, mi lasciò; io strabuzzai gli occhi dallo spavento e voltandomi vidi Camilla in pigiama, con la faccia più bianca del fantasmino Casper, che mi fissava anche lei sbigottita. Immediatamente dopo, dall'ombra alle sue spalle, sbucò un energumeno alto quasi sette piedi. Era mio zio, il fratello di mia mamma, che era andato a cercarmi perché io, sopraffatta da troppi pensieri, mi ero dimenticata di avvisare i miei che si erano giustamente preoccupati del mio ritardo; e lui, avendo messo sotto torchio la mia amica, aveva scoperto la storia del mio appuntamento segreto e della festa da ballo. Le sue pupille nere scintillavano di rabbia: «Dove diavolo eri finita? Tua madre e la nonna, per colpa tua, sono state male tutta la sera!», mi urlò e con un gesto brusco mi agguantò il braccio e strattonandomi, con una rapidità incredibile, mi inghiottì dentro casa con uno sbalzo, scaraventandomi in un tonfo sordo col culo a terra. E poi, fermandosi sulla soglia con la sua sagoma imponente, si ritrovò faccia a faccia con John, che tentava invece di avanzare, entrare e, balbettando per la paura, cercava di giustificarsi in qualche modo. Ma lo zio, sordo a ogni sua parola, mandandolo affanculo e apostrofandolo brutto stronzo e figlio di puttana, gli sbatté la porta con una tale violenza sul grugno da rompergli l'osso del naso. Ricordo ancora, anche se io nel frattempo, presa dal panico, mi ero precipitata a nascondermi sottochiave nella camera di Camilla al piano di sopra, ma spiavo ogni cosa dalla finestra, l'urlo che diede e tutto quel sangue che gli usciva. Vidi poi John salire in auto, sbattendo la portiera e bestemmiando copiosamente; avviarla, partire, e il rombo del motore che scemando si allontanava; mentre il trambusto delle voci dal piano inferiore andava anche lui sempre più attenuandosi in un silenzio che mi suscitava dentro non poca inquietudine, fino a quando, non oltre dieci minuti, qualcuno bussò alla porta della stanza dove mi ero rinchiusa.
Pensai fosse la mia amica e corsi ad aprire; invece, mi trovai di fronte ancora lo zio, che mi sovrastava molto con la sua statura. Aveva sulla faccia un'espressione furiosa e accanto a lui c'era la signora Davies, la madre di Camilla, in camicione e cuffia da notte per tenere in ordine i capelli. Anche lei mi guardava con un'aria dispiaciuta per quanto accaduto, ma nel contempo più indulgente a giustificare quella che, tutto sommato, era stata solo una bravata da adolescente. Poi, malgrado il viso teso, lo zio si abbassò leggermente sulle ginocchia, mi scosse delicatamente le spalle con entrambe le mani e domandò premuroso: «Quel tipo ti ha forse toccato? Perché se è così…» Non gli diedi il tempo di finire la frase e dissi: «No, niente!»
«Dici questo solo perché gli vuoi bene, e sei tanto stupida da pensare che lui provi lo stesso per te?» La signora Davies a quel punto abbassò la testa, fissando le proprie mani strette sulla pancia; e io, per ritrosia – non verso mio zio, ma più per un mio senso di pudore e impotenza di fronte al sospetto di quelle cattive parole che le sue domande insinuavano – andai a stravaccarmi sul letto di Camilla, abbracciai il cuscino e, stanca, non guardandolo più in faccia e con voce senza tono, risposi di nuovo: «No, niente! Non è successo proprio nulla di quello che immagini tu. Nulla di niente… Te lo giuro…»
«A ogni modo, dirò a tua madre di controllare, anche fisicamente, se è vero quello che dici e di tenerti meglio d'occhio d'ora in avanti.» Quindi si voltò e, mentre la signora Davies lo riaccompagnava al piano terra, la sentii dire: «Signor Roy, Mary è una ragazza d'oro, molto ingenua e sognatrice. La conosco bene, io! E so che non farebbe mai cose del genere.» E sempre lei, fermandosi un attimo sul ballatoio prima di scendere per le scale, esclamò verso di me: «Tienila, la mia borsetta, se ti piace! Ma resti a dormire da noi, vero, Mary?»
«Sì, signora Charlotte!», urlai e confermai d'impulso, perché in quel momento non mi sembrava troppo il caso di ritornare dai miei. Poi, non so cosa mi prese: strinsi con tutta l'energia che potevo il cuscino tra le braccia e mi venne voglia di piangere. Anzi no, piagnucolai e frignai forte e a lungo, come quella sciocca bimbetta mocciosa e lagnosa che ero, o solo perché così mi consideravano gli altri.

Dopo quella notte, John mi diede il taglio e ogni volta che per caso ci incrociavamo in giro da qualche parte, praticamente mi ignorava, come se io non esistessi più per lui. Persino se capitava di passarci accanto per strada, pur essendo completamente soli, lui proseguiva oltre, senza neppure un saluto o rivolgermi uno sguardo. Non so perché si comportò così. Forse per paura di mio zio, o perché si era accorto che eravamo troppo diversi. O magari, influenzato da quegli stupidi pettegolezzi su di me, in quella notte per davvero si aspettava che io facessi con lui chissà cosa e ci era rimasto male. Anche se quella che ci rimase più male fui io; e per molti sabati dei mesi successivi, sola, nel mio tubino nero e la gonna a ruota in tulle decorata dai pois luminosi, le scarpe da ballo e la data di quel sabato incisa a pennarello sul rovescio del mio polso, simile a un tatuaggio sulla pelle, mentre Beth Orton dal vecchio mangianastri della mamma cantava quella canzone, restai nella penombra vicino alla finestra della mia cameretta, gli occhi appuntati al cielo, a guardare lo scintillio delle stelle e ad aspettare, con le mie margherite e gerbere ormai appassite in un vaso, il rombo di quella cabriolet rossa fiammante… che però non arrivava… che non sarebbe più arrivato…
Ultima modifica di Yakamoz il 08/01/2025, 2:21, modificato 3 volte in totale.
Vittorio Felugo
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Racconto a tema adolescenziale, romantico e malinconico. Complimenti per le descrizioni accuratissime, che "immergono" il lettore nella storia come se la stesse vedendo. Certo, a far tenerezza, più che la protagonista è il povero John, che era disposto pure a baciare sulla bocca una ragazza che aveva appena vomitato pur di giungere al dunque, e si trova invece di fronte un colosso (sette piedi sono circa 2, 13 metri) di zio che deve averlo traumatizzato non poco…
Piacevole, davvero.
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Vittorio Felugo ha scritto: 24/12/2024, 11:28 Racconto a tema adolescenziale, romantico e malinconico. Complimenti per le descrizioni accuratissime, che "immergono" il lettore nella storia come se la stesse vedendo. Certo, a far tenerezza, più che la protagonista è il povero John, che era disposto pure a baciare sulla bocca una ragazza che aveva appena vomitato pur di giungere al dunque, e si trova invece di fronte un colosso (sette piedi sono circa 2, 13 metri) di zio che deve averlo traumatizzato non poco…
Piacevole, davvero.
Grazie del bel commento, Vittorio.

A rileggerci…

(Cosa strana: mentre io leggevo te, tu leggevi me.)

Era Tyson Fury, lo zio. :)
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commento : E continuo a credere che tornerà un giorno

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nelle sua scuola - nella sua scuola
e l rombo del motore - e il rombo del motore
testo pulito e ben scritto. Tutto sommato una storia non molto diversa dalle mie. Anche lo stile non l’ho visto molto distante dal mio, come tu mi hai detto. Confesso che l’ho letto d’un fiato (la prima volta) poi l’ho riletto cercando qualche frase che suonava male, ma non ne ho trovata nemmeno una, quindi bravo!
Un po’ eccessiva la reazione dello zio, il povero John ci ha rimediato pure un naso rotto e non mi meraviglia che persino se gli capitava di incrociarla per strada, lui proseguisse oltre, senza neppure un saluto, ma se l’amore è cieco...
Io non amo troppo i riferimenti a luoghi stranieri, ma qui entriamo in faccende di gusti personali.
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Re: commento : E continuo a credere che tornerà un giorno

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Alberto Marcolli ha scritto: 26/12/2024, 11:48 nelle sua scuola - nella sua scuola
e l rombo del motore - e il rombo del motore
testo pulito e ben scritto. Tutto sommato una storia non molto diversa dalle mie. Anche lo stile non l'ho visto molto distante dal mio, come tu mi hai detto. Confesso che l'ho letto d'un fiato (la prima volta) poi l'ho riletto cercando qualche frase che suonava male, ma non ne ho trovata nemmeno una, quindi bravo!
Un po' eccessiva la reazione dello zio, il povero John ci ha rimediato pure un naso rotto e non mi meraviglia che persino se gli capitava di incrociarla per strada, lui proseguisse oltre, senza neppure un saluto, ma se l'amore è cieco…
Io non amo troppo i riferimenti a luoghi stranieri, ma qui entriamo in faccende di gusti personali.
Voto 5
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Grazie del tuo commento, ne sono lusingato, anche della segnalazione dei due refusi; capita. Perché è più facile vedere i piccoli errori degli altri che i propri: si è sempre un po' distratti su un proprio testo rispetto a quello di un altro autore. L'ambientazione straniera è dovuta al fatto che, in origine, questo era un "passaggio" appartenente a un testo più ampio, sempre di mia penna, e rielaborato per farlo diventare un racconto, e stravolgerlo in un contesto italiano sarebbe stato abbastanza difficile e scocciante farlo.

Grazie anche del voto, Marcolli.

Comunque, il racconto, a parte la difficoltà di cercare di immedesimarmi, essendo io maschio, nella testa e nel linguaggio di una ragazza adolescente, contiene una messaggio molto semplice, questo:

"Che l'amore esiste se ci credi, e prima o poi arriverà, o continuerà a essere - sempre! - se è già arrivato." Qui, in particolare, si parla di amore di coppia, ma nel nostro essere uomini (o donne) esistono tantissimi altri modi di amare. D'altronde anche la scrittura è una forma di amore, no?

Saluti,

Antonio

P.S. Ultima cosa: in questo testo non siamo distanti nella prosa/contenuti, ma in altri un po' meno. Sarà che col tempo divento più saggio/buono.
Ultima modifica di Yakamoz il 02/01/2025, 13:48, modificato 3 volte in totale.
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Un racconto piacevole e ben scritto, che solleva alcuni interrogativi: in quale epoca si svolge? Esattamente dove, negli USA? Pare infatti che le adolescenti e pre-adolescenti del XXI° secolo in USA siano le maggiori acquirenti di fazzoletti di carta e di mentine, il che contrasta nettamente con la protagonista del presente racconto :)
Apprezzabile lo svolgimento in prima persona.
P.S. Ringrazio Dio (o chi per lui) di avere un figlio maschio
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Andr60 ha scritto: 27/12/2024, 13:57 Un racconto piacevole e ben scritto, che solleva alcuni interrogativi: in quale epoca si svolge? Esattamente dove, negli USA? Pare infatti che le adolescenti e pre-adolescenti del XXI° secolo in USA siano le maggiori acquirenti di fazzoletti di carta e di mentine, il che contrasta nettamente con la protagonista del presente racconto :)
Apprezzabile lo svolgimento in prima persona.
P.S. Ringrazio Dio (o chi per lui) di avere un figlio maschio
Ciao Andr60, grazie per il tuo gentile commento e per il voto alto…

Il racconto si svolge, nella sua parte essenziale, in un tardo pomeriggio dell'ultimo sabato di maggio 2004 fino all'alba domenica, a Clifton, New Jersey (USA). Questo è suggerito dalla frase: "Camilla, compagna di banco ed entrambe 'freshman' nella più modesta e popolare Clifton High School… ".

Passaic, che esiste, dove si trova il The Garden Vista Ballroom, è a soli 5 km da Clifton; ho amplificato un po' la distanza per esigenze narrative. Anche le scuole citate esistono realmente.

Nella scena finale, Mary ascolta Beth Orton, pure lei esistente come cantante, attraverso il vecchio mangianastri della madre, un dettaglio che dovrebbe evocare nostalgia, ma riflette anche la sua condizione economica, non potendo permettersi un lettore CD. È interessante notare che la canzone è un evergreen, più famosa nella versione di Rod Stewart, ma originariamente scritta da Gerry Goffin nel 1972.

Riguardo ai fazzoletti e alle mentine, non ho colto il riferimento; mea culpa perché sono un po' stupido; scusami di questo.

Infine, la Mary di questo racconto è la stessa di "Te ne sei accorta, sì?", e questo passaggio è una parte tagliata/bocciata/scartata che ho deciso di proporre come racconto perché mi sembrava carina per come era scritta.

Ti auguro un Buon Anno a te e ai tuoi cari,

Antonio Giordano
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Yakamoz ha scritto: 27/12/2024, 22:17 Ciao Andr60, grazie per il tuo gentile commento e per il voto alto…

Il racconto si svolge, nella sua parte essenziale, in un tardo pomeriggio dell'ultimo sabato di maggio 2004 fino all'alba domenica, a Clifton, New Jersey (USA). Questo è suggerito dalla frase: "Camilla, compagna di banco ed entrambe 'freshman' nella più modesta e popolare Clifton High School… ".

Passaic, che esiste, dove si trova il The Garden Vista Ballroom, è a soli 5 km da Clifton; ho amplificato un po' la distanza per esigenze narrative. Anche le scuole citate esistono realmente.

Nella scena finale, Mary ascolta Beth Orton, pure lei esistente come cantante, attraverso il vecchio mangianastri della madre, un dettaglio che dovrebbe evocare nostalgia, ma riflette anche la sua condizione economica, non potendo permettersi un lettore CD. È interessante notare che la canzone è un evergreen, più famosa nella versione di Rod Stewart, ma originariamente scritta da Gerry Goffin nel 1972.

Riguardo ai fazzoletti e alle mentine, non ho colto il riferimento; mea culpa perché sono un po' stupido; scusami di questo.

Infine, la Mary di questo racconto è la stessa di "Te ne sei accorta, sì?", e questo passaggio è una parte tagliata/bocciata/scartata che ho deciso di proporre come racconto perché mi sembrava carina per come era scritta.

Ti auguro un Buon Anno a te e ai tuoi cari,

Antonio Giordano
Caro Antonio/Yakamoz, ti ringrazio della spiegazione esauriente. Sì, probabilmente gli/le adolescenti di 20 anni fa erano meno "scafati" di quelli di oggi, anche se ho qualche dubbio in proposito. Sicuramente i social (soprattutto TikTok) hanno cambiato il quadro, accelerando il crollo verticale di molte abitudini e di "valori" (qualunque cosa si attribuisca alla parola). Il riferimento a fazzolettini e mentine si riferisce a varie pratiche sessuali, che poco hanno a che fare con l' amore e i sentimenti e molto al soddisfacimento di un piacere momentaneo, l' hic et nunc tipicamente contemporaneo, che alla fine ti lascia senza nulla, pronto/a ad altre esperienze che ti lasceranno ugualmente insoddisfatto/a. Saluti, e buon anno.
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Marino Maiorino
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Messaggio da leggere da Marino Maiorino »

Ciao Antonio,
Buone Feste.
Il titolo e la chiusura del racconto non concordano: ci spera ma non accadrà (quindi non ci spera più)?
Perché ti sei immedesimato ("ficcato", stavo per usare) in una ragazzina così piccola? Già a 16 anni avresti avuto seri problemi, a 14, poi... Perché una scenografia all'americana del 2004? Li ricordo, i cellulari del 2004 (citi il dettaglio al principio del racconto), e anche di seconda mano... Non erano la stessa cosa di oggi. Il tuo linguaggio tradisce invece una familiarità che sarebbe venuta solo in seguito.
Il resto c'è tutto: un'esperienza emozionante di gioventù. Il problema è che a 14 anni non puoi nemmeno tu scrittore sperare che diventi qualcosa di più, a meno di non renderla traumatica (nel male o nel bene), e allora ecco il titolo e la chiusura: un'attesa. Con o senza speranza.
Ma i tuoi lettori non sono 14enni, e credo sia opportuno qualcosa di più definito. Si arriva a un punto della vita nel quale queste attese non le sopporti più, quelle disperate ancor meno. Persino io, che sono sempre stato un attendista immaginando che un giorno sarebbe finalmente arrivata la giusta ricompensa per lo spirito di sacrificio, il giusto lavoro, la dedizione indefessa... "Fesso": la vita può finire domani, no, oggi stesso, e di tutto questo non rimarrà un bel niente!
Non ha a che vedere con la tua protagonista, ma col modo di presentare il racconto al lettore.
Insomma, ora esigo, scusa la protervia. Decidi come accordare titolo e finale del racconto.
A presto.
«Amare, sia per il corpo che per l'anima, significa creare nella bellezza» - Diotima

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Yakamoz
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Marino Maiorino ha scritto: 28/12/2024, 11:06 Ciao Antonio,
Buone Feste.
Il titolo e la chiusura del racconto non concordano: ci spera ma non accadrà (quindi non ci spera più)?
Perché ti sei immedesimato ("ficcato", stavo per usare) in una ragazzina così piccola? Già a 16 anni avresti avuto seri problemi, a 14, poi… Perché una scenografia all'americana del 2004? Li ricordo, i cellulari del 2004 (citi il dettaglio al principio del racconto), e anche di seconda mano… Non erano la stessa cosa di oggi. Il tuo linguaggio tradisce invece una familiarità che sarebbe venuta solo in seguito.
Il resto c'è tutto: un'esperienza emozionante di gioventù. Il problema è che a 14 anni non puoi nemmeno tu scrittore sperare che diventi qualcosa di più, a meno di non renderla traumatica (nel male o nel bene), e allora ecco il titolo e la chiusura: un'attesa. Con o senza speranza.
Ma i tuoi lettori non sono 14enni, e credo sia opportuno qualcosa di più definito. Si arriva a un punto della vita nel quale queste attese non le sopporti più, quelle disperate ancor meno. Persino io, che sono sempre stato un attendista immaginando che un giorno sarebbe finalmente arrivata la giusta ricompensa per lo spirito di sacrificio, il giusto lavoro, la dedizione indefessa… "Fesso": la vita può finire domani, no, oggi stesso, e di tutto questo non rimarrà un bel niente!
Non ha a che vedere con la tua protagonista, ma col modo di presentare il racconto al lettore.
Insomma, ora esigo, scusa la protervia. Decidi come accordare titolo e finale del racconto.
A presto.
Il fatto che lei resti a guardare il cielo, aspettando un ritorno che non arriverà mai, è struggente, bello, enormemente romantico. È un'immagine potente della speranza, soprattutto di resilienza, che persiste anche quando la ragione sa che non c'è più nulla da sperare. Forse è proprio in quella attesa, vista come un lunga "epifania" che c'è una parte della bellezza della storia: la capacità di continuare a credere, nonostante tutto. Inoltre, la malinconia che pervade il finale non è necessariamente negativa. Al contrario, può essere interpretata come una forma di bellezza, un sentimento profondo e complesso, come piacere nel provare dolore, come sosteneva Seneca, che sempre arricchisce l'esperienza umana. La storia potrebbe anche essere interpretata, nel suo complesso, come una sorta di metafora del ciclo/senso della vita, con la giovinezza che rappresenta l'estate (la preparazione per la festa, simile a un idillio di un insieme di sentimenti "storici dell'animo"), essendo che "Noi siamo fatti della stessa sostanza dei sogni", Shakespeare. Seguito dall'autunno, il confronto col mondo adulto e cattivo che vuole distruggerli, annientarli, infangarli; ecco perché lo zio di Mary appare come un gigante, intrusivo e maldicente. Dall'illusione al vero, quindi, come direbbe Leopardi. Poi, una stagione di riflessione, raffronto e raccoglimento. Da qui l'inverno d'attesa, come preparazione per un nuovo inizio, che precede la primavera e poi una nuova estate, da affrontare con maggiore maturità, consapevolezza e saggezza. E questo racconto, in cui John non è un "vero" protagonista, perché John è solo un simbolo di un amore idealizzato, ossia la voglia di amare ed essere amati, simile a un artefatto d'amore: qualcosa di complementare e diverso che sta dentro di noi e che cerchiamo fuori di noi. Perciò, tutta quanta la faccenda non va letta in modo letterale, tipo semplice "storiella", ma nel senso di crescita, difficoltà a far coincidere i propri sogni, aspetto molto tipico dell'adolescenza, con il mondo vero che esiste fuori, perché la vita non può essere davvero un sogno, ma deve essere inquadrata in un percorso di maturazione. Bisogna capirla, la vita, e tutta la vanità, verità e scopo e distruzione di ogni cosa, fino alla fine. Fino appunto alla morte! Quindi il titolo non lo cambio e neppure il finale! Il racconto poteva essere pure una storia d'amore tra gatti; non sarebbe cambiato assolutamente nulla. Perciò non capisco il quasi divieto a immedesimarmi in quello che voglio e mettere il titolo che più mi piace, essendo entrambi gli aspetti funzionali alla storia stessa.

Buone feste, Marino,

Antonio
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Re: E continuo a credere che tornerà un giorno

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Ciao Antonio,

e grazie per dar retta a 'stu cacaca...
Non nego che "Il fatto che lei resti a guardare il cielo, aspettando un ritorno che non arriverà mai, è struggente, bello, enormemente romantico." Non discuto questo. E dopo aver letto il resto, nemmeno mi arrogo il diritto di chiederti di scegliere tra titolo e finale.
Forse mi sono immedesimato più di quello che credi, forse mi ha preso il mio aspettare, che fa male. Fa male, Anto'.
Buone Feste
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Re: Di gioventù, d’amore e di altre sciocchezze...

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Cambiato! "Solo il titolo." Lavoro di notte io… e molte volte sono sveglio.
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Re: Di gioventù, d’amore e di altre sciocchezze...

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Ciao Antonio,
"solo il titolo"... Non lo so, il titolo è persino peggiorato (sapendo da dove partivi): "sciocchezze"!
Perché, Anto'? Che t'ha fatto, l'amore, per trattarlo così?
Buon 2025
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Re: Di gioventù, d’amore e di altre sciocchezze...

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Marino Maiorino ha scritto: 03/01/2025, 15:27 Ciao Antonio,
"solo il titolo"… Non lo so, il titolo è persino peggiorato (sapendo da dove partivi): "sciocchezze"!
Perché, Anto'? Che t'ha fatto, l'amore, per trattarlo così?
Buon 2025
Ricambio gli auguri, Marino! :) Felicissimo 2025…

Di male in peggio, e al peggio non c'è mai fine! Riflettendoci, ho pensato che tu avessi ragione a proposito del titolo, e ne ho scelto un altro, che è più brutto di quello di prima; e pure su questo ti do ragione. Hai qualche suggerimento da proporre? "Little Black Dress" potrebbe andare bene, ma se poi cambio un titolo al giorno, non è più un racconto e sembra la testata di un giornale, col rischio che Max mi piglia a calci! Che faccio ora? Metto l'annuncio? AAA Cercasi titolo per racconto! In fondo, il titolo non è necessariamente importante; serve a catturare l'attenzione "come il nome di qualsiasi cosa", e idem per la copertina. Ho letto la tua risposta dall'altra parte: bravo! Tutto pertinente o logico quello che hai scritto. Ma io ho un po' il vizio di fare l'avvocato del Diavolo, mai con cattiveria e solo per stimolare la conversazione. Poi sono di animo curioso, un po' su tutte le cose, e mi piace sempre chiedere/approfondire. A tal proposito:

"Mi si grida da Seir:
«Sentinella, a che punto è la notte?
Sentinella, a che punto è la notte?»
La sentinella risponde:
«Viene la mattina, e viene anche la notte.
Se volete interrogare, interrogate pure;
tornate un'altra volta»", Isaia.

Perché la Sentinella non lo sa, ma chiede a chi ha chiesto di ritornare e chiedere ancora. Siamo tutti in attesa di qualche risposta che non sempre arriva come dovuto. Fuori adesso piove. Che bella la pioggia! Mi piace il rumore. Ora vado a metterti il voto: cinque. Poi dovrei rispondere a Ombrone, che ha scritto un racconto "entertainment", carino/vivace ma discutibile per una questione di "mentalità".

"Oro, oro, oro
Quanto oro ti darei
Oro, oro, oro
Per averti così
Distesa, pura, ma tu ci stai
Perché accetti e ci stai?

Perché non ti elevi su di noi
E resti lì celeste così?
Io ti vorrei immune dal sesso
Perché ti daresti anche adesso?", dice Mango, e non si sbaglia.

Esiste una bella poesia di Khalil Gibran sull'Amore, e penso che come testo si avvicini molto al "concetto di cosa è l'amore".

Ah, sull'amore di coppia, ma questa è una cosa che ho scritto io, in quel "romanzone" che sto cercando di revisionare bene:

«Cos'è per te l'amore?»
«L'amore è come una carezza che esprime tutto quello che hai dentro. Scopare, invece, è solo voglia, attrazione, divertimento, ma se c'è di mezzo pure l'amore, allora le due cose si uniscono per essere qualcosa di perfetto.»
"Amore e desiderio, con una sottile connessione tra i due: volevo far intendere in questo piccolo discorso."

Ombrone, questa è per me la "perfezione".

A rileggerci presto, caro Marino…

E se per caso ti trovi a passare da queste parti, Ombrone, la mia risposta è qui.

"Ultima cosa ancora! Ma se per leggere te devo ascoltare il "Trillo del diavolo", per leggere Ombrone che devo fare? Metto un "pornazzo" per creare l'atmosfera giusta?"

Mi scuso per il divago in ragionamenti sparsi…
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Re: Di gioventù, d’amore e di altre sciocchezze...

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Ciao Antonio,

io il voto ancora non te l'ho dato: l'eclettismo (tuo) va goduto e stimolato fino in fondo!
"Toujours l'amour"... A te sembrerà una carezza, a me sembra che sia data con la forza di un uragano, e non riesco a pensare di sco...re senza amare (limite mio e di Venditti, diceva, poi ognuno si conosce nella sua intimità).
No, non è che devi ascoltare il "Trillo" per leggermi: la mia domanda era se qualcuno l'avesse fatto perché il testo segue la musica e la musica accompagna il testo. Piccolo tentativo di sinestesia per chi avesse cercato di sperimentarla.
Per farla breve, credo che tu abbia rivisto un po' anche il testo, oppure in seconda lettura ha perso qualcosa che mi aveva intrigato di più alla prima, non potrei giurarlo, e non voglio assegnare un voto affrettato. Il titolo originale ("E continuo a credere che tornerà un giorno") era più determinato, tralasciando il fatto che fosse in evidente contrasto con l'epilogo del racconto. Il nuovo titolo è più "leggero", e all'amore non piace essere trattato con leggerezza, nemmeno quello di una 14enne che aspetta illusa il ritorno del suo primo moroso.
Ma ti fai manipolare (peggio, lasci manipolare i tuoi racconti) da estranei troppo facilmente! Io ho espresso una mia personalissima opinione, mica è la bibbia dell'Inquisizione, che cerchi di togliere il racconto da qualche "indice" cambiandone titoli o contenuti! Parlane col tuo racconto più che con me, perché lui sa cosa vuole esprimere, e io, come qualunque altro lettore, posso solo leggere ciò che sono in grado di comprendere. Che tu sappia scrivere l'abbiamo assodato, ma scrivi sempre con piena coscienza del racconto? O ti lasci "distrarre" da te stesso?
Per il resto, rinnovo gli auguri di un Felice 2025. Speriamo.
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Al solito nn ti smentisci
Bella atmosfera di turbamenti e sogni adolescenziali.
Con quelle dolcim malicnoniche allo sguardo retrospettivo, , che rimangono sogni (ero talmente ubriaca che alla fine ho vomitato quando ha provato a baciarmi è una situazione da vita reale).
L'unico punto è la fine un po' in calando e l'ambientazione americana i, che non sempre amo,
Ma ho visto negli altri commenti che appunto è un estratto da un opera più grande (mi ricordo il tuo racconto della ragazzina che si prostituiva nel motel)
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Re: Commento

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Ombrone ha scritto: 04/01/2025, 11:58 Al solito nn ti smentisci
Bella atmosfera di turbamenti e sogni adolescenziali.
Con quelle dolcim malicnoniche allo sguardo retrospettivo, , che rimangono sogni (ero talmente ubriaca che alla fine ho vomitato quando ha provato a baciarmi è una situazione da vita reale).
L'unico punto è la fine un po' in calando e l'ambientazione americana i, che non sempre amo,
Ma ho visto negli altri commenti che appunto è un estratto da un opera più grande (mi ricordo il tuo racconto della ragazzina che si prostituiva nel motel)
Grazie di avermi letto, Ombrone. Poi è bello ricevere un riscontro positivo da te, che scrivi altrettanto bene. Il problema, penso io, è il numero di battute che limitano un po': è un aspetto che vale un po' per tutti qui. Perché scrivere qualcosa d'interessante in poche battute è difficile e, viceversa, se ne usi troppe, corri il rischio di non essere "troppo" letto. È una questione di equilibrio tra concisione, creatività e altre cose, come comprensibilità e chiarezza, ecc.

Ti rinnovo gli auguri di un felicissimo 2025,

Antonio
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Ciao, Antonio. Il racconto consiste in un lungo ricordo della protagonista appena adolescente che rivede il suo primo appuntamento con un ragazzo. Forse avresti dovuto contestualizzare il ricordo. Perché Mary ricorda? È sola quando ricorda? Il ricordo, che si trasforma in racconto, ha uno scopo? Ecco, forse potresti legare il racconto al ricordo in modo da renderlo più credibile, ma anche più solido. Mary ricorda perché ha visto John. Non so se hai mai visto Come Eravamo la pellicola del 72, mi pare, con Robert Redford e Barbara Streisand. Katie vede Hubbel seduto su uno sgabello di un bar appena finita la guerra e ricorda il loro primo incontro, quando erano due ragazzi al college. E scatta un flashback riuscitissimo, che è un capolavoro, e che serve da motore al proseguire della storia tra i due, che arriva al matrimonio, al successo di lui, alla figlia e al divorzio. Quel Come eravamo che dà il la anche a quella bellissima canzone che è The way we were.
Ecco, forse al tuo racconto manca quel Come eravamo, che è duale, perché i ricordi non sono solo di Mary, ma anche di John.
E invece ti sei concentrata solo su Mary, mentre il povero John è rimasto al rango di comparsa. E forse potevi sviluppare il tema della differenza sociale e altro ancora.
Quindi, è un buon racconto, riuscito, che funziona abbastanza bene e che ha potenzialità per crescere. Naturalmente so anche che un racconto di poche migliaia di battute non può pretendere di mettere molta carne sul fuoco. Va cercato un punto di caduta.
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Re: Little Black Dress

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Little Black Dress:

Titolo definitivo, sperando che a Marino Maiorino possa piacere :)
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Re: Commento

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Namio Intile ha scritto: 07/01/2025, 16:17 Ciao, Antonio. Il racconto consiste in un lungo ricordo della protagonista appena adolescente che rivede il suo primo appuntamento con un ragazzo. Forse avresti dovuto contestualizzare il ricordo. Perché Mary ricorda? È sola quando ricorda? Il ricordo, che si trasforma in racconto, ha uno scopo? Ecco, forse potresti legare il racconto al ricordo in modo da renderlo più credibile, ma anche più solido. Mary ricorda perché ha visto John. Non so se hai mai visto Come Eravamo la pellicola del 72, mi pare, con Robert Redford e Barbara Streisand. Katie vede Hubbel seduto su uno sgabello di un bar appena finita la guerra e ricorda il loro primo incontro, quando erano due ragazzi al college. E scatta un flashback riuscitissimo, che è un capolavoro, e che serve da motore al proseguire della storia tra i due, che arriva al matrimonio, al successo di lui, alla figlia e al divorzio. Quel Come eravamo che dà il la anche a quella bellissima canzone che è The way we were.
Ecco, forse al tuo racconto manca quel Come eravamo, che è duale, perché i ricordi non sono solo di Mary, ma anche di John.
E invece ti sei concentrata solo su Mary, mentre il povero John è rimasto al rango di comparsa. E forse potevi sviluppare il tema della differenza sociale e altro ancora.
Quindi, è un buon racconto, riuscito, che funziona abbastanza bene e che ha potenzialità per crescere. Naturalmente so anche che un racconto di poche migliaia di battute non può pretendere di mettere molta carne sul fuoco. Va cercato un punto di caduta.
Ho bisogno di un po' di tempo per risponderti bene, caro Namio. Sono un po' raffreddato e non riesco a scrivere il "papiello". Scusami!

Ti dirò solo questo:

Little Black Dress è un'appendice introduttiva di un capitolo, come una sorta di diario. Poi il testo continua così:

"Passò ancora una buona mezz'oretta di viaggio tranquillo in cui restammo entrambi zitti, poi successe una cosa che mi lasciò sconcertato, ma più perplesso che sconcertato. La biondina mi poggiò una mano su una coscia e scivolando, lentamente, la portò verso la giuntura dei cavallo dei pantaloni per sentire se mi veniva duro. Era davvero impazzita?
No! Non credo, probabilmente si era solo resa conto che l'unica arma che in quel momento aveva, e poteva usare contro di me, era lei stessa, anche in considerazione del fatto che era una ragazza più che graziosa e con un suo discreto fascino. Perciò, dovevo stare attento e fidarmi poco di lei perché non era tanto debole di cervello come avevo creduto all'inizio.

«Leva quella mano da lì!»
«Perché?», fece lei.
«Perché mi distrai dalla guida.»
«Se ti abbassi i pantaloni, posso farti qualcosa di più piacevole, rilassante ed eccitante, se vuoi.»
«Mentre guido?»
«Sarebbe ancora più divertente, no?», e rise. «Ma se fermi l'auto, posso farti anche una pompa se vuoi.»

Intanto che parlava, l'occhio mi cadde sulla mano sinistra con cui reggevo il volante, dove, tra il sangue raggrumato, c'era ben incisa la chiostra dei suoi denti del suo morso di prima; e nello specchietto retrovisore guardai pure il mio naso, perché mi faceva male, rotto e tumefatto, e mi venne logico pensare: "Altro che pompa! Questa sarebbe capace di staccarmelo a morsi!"
«Non possiamo fermarci, perché siamo già in ritardo sulla nostra tabella di marcia», risposi nel frattempo che lei con la sua mano con più insistenza mi strofinava l'uccello. «Smettila ora! Togli quella mano da lì!»"

"Sì, parla di altri personaggi, lo si evince, in scene molto crude, sia in questo capitolo che in quello che precede. L'idea di mettere un ricordo "carino e da diario", come una "zeppa", tra due eventi molto drammatici non mi sembrava una scelta molto inappropriata. Quindi, un suo punto di caduta esiste."

Grazie della tua preziosa osservazione, Namio.

Questo racconto, LBD, è un estratto: e fuori dal suo contesto non figura, purtroppo, come dovrebbe.

A presto…
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Re: Little Black Dress

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Me piace, 'o presepe! :D
Ancora Buon Anno!
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Re: Little Black Dress

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Marino Maiorino ha scritto: 08/01/2025, 17:27 Me piace, 'o presepe! :D
Ancora Buon Anno!
Mi ricordo che durante le notti di San Lorenzo, di fronte al balcone di casa mia, c'era una ragazzina di circa 13 anni, mia coetanea a quel tempo, che aspettava, seduta su una piccola sedia dal suo balcone, le stelle cadenti per esprimere i suoi desideri. Non sapevo chi fosse né come si chiamasse. Ma ogni anno, in quelle notti, la vedevo rimanere lì per ore con gli occhi rivolti al cielo. Io non mi mettevo di certo fisso a guardarla, capitava solo ogni tanto che la sbirciassi, e non perché fossi cotto di lei. Era soltanto pura curiosità la mia. Questo rituale si ripeté per tre o quattro anni, tanto che anche mia mamma notò quella ragazzina che si appostava sul suo balcone di fronte al nostro: non troppo vicino ma lei si vedeva bene. E una volta le chiesi: "Non si stanca di guardare stelle che non cadono mai?", dato che e raro vederne una. Mamma rispose: "Non si stanca perché aspetta la stellina cadente che le porti l'amore". Che dolcezza in quella ragazzina! E pensare che all'epoca la consideravo "una mezza scema". Ora, da anni, non c'è più nessuno che nelle calde notti d'agosto stia appostata a guardare le stelle da lì. Chissà dove sarà finita la mia "guardastelle", e chissà se l'ha mai vista una stella cadente e se qualche suo desiderio si è avverato davvero. Io lo spero per lei. Non lo saprò mai. Ahimè! E questo testo nasce dall'immagine di lei: pura, innocente e sublime, che guarda in alto, lontano, verso le stelle.

Tutto vero, giuro!

Grazie del voto, Marino :)
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Re: Little Black Dress

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So che è tutto vero: anch'io l'ho fatto! E non è l'unica cosa da mezzo scemo che ho fatto.
Magari anche quella ragazzina poi ha imparato tutto quello che c'è da sapere sull'amore, le attese, le aspettative, il riconoscersi, sulle stelle cadenti che cadono per un fenomeno meteorologico e quelle che cadono per annunciare davvero qualcosa.
E poi ci si ritrova di nuovo a fissarlo, quel cielo, o a non volerlo fissare più, nemmeno se è stato il tuo sogno d'infanzia.
Alle volte, ci si aggrappa a ciò che non si conosce, quando si navigano acque che non si capiscono. In fondo, anche Colombo ebbe problemi alla bussola mentre "buscava el Levante por el Poniente", eppure si mantenne fedele a quell'ago lì che, all'epoca, chi sapeva come funzionava?
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Re: Little Black Dress

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Leggere il messaggio successivo, grazie!
Ultima modifica di Yakamoz il 13/01/2025, 13:10, modificato 1 volta in totale.
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Re: Little Black Dress

Messaggio da leggere da Yakamoz »

Marino Maiorino ha scritto: 08/01/2025, 17:27 Me piace, 'o presepe! :D
Ancora Buon Anno!
Little Black Dress è più "iconico" come titolo per questo racconto.

So' cuntent ka te piaciut', Mari'.

Cia',

Nntuniu'

Spiego a chi possa interessare:
Nntuniù o Nntuniuccio: è una versione ipocoristica, tra vezzeggiativo e diminutivo, del nome Antonio in napoletano. Si usa per chiamare di solito i bambini ma anche i grandi.
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Autori partecipanti: nwRoberto Bonfanti, nwGiampiero, nwLodovico, nwGiorgio Leone, nwAthosg, nwCarol Bi, Diego.G, nwMassimo Centorame, nwNamio Intile, nwAlessandro Mazzi, Frdellaccio, nwTeseo Tesei, nwStefyp, nwLaura Traverso, nwEliseo Palumbo, nwSaviani,
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Calendario BraviAutori.it "Writer Factor" 2013 - (in bianco e nero)

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(edizione 2013, 7,12 MB)

Autori partecipanti: (vedi sopra),
A cura di Tullio Aragona.
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Per il 40° anniversario della sua chiusura, agli autori abbiamo chiesto opere di genere libero che tenessero conto della semplicità che ha caratterizzato Carosello nei vent'anni durante i quali è andato felicemente in onda. I dodici autori qui pubblicati hanno partecipato alle selezioni del concorso e sono stati selezionati per questo progetto letterario. Le loro opere sono degni omaggi ai nostri ricordi (un po' sbiaditi e in bianco e nero) di un modo di stare in famiglia ormai dimenticato.
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La brevità va a pari passo con la modernità, basti pensare all'estrema sintesi dei messaggini telefonici o a quelli usati in internet da talune piattaforme sociali per l'interazione tra utenti. La pubblicità stessa ha fatto della brevità la sua arma più vincente, tentando (e spesso riuscendo) in pochi attimi di convincerci, di emozionarci e di farci sognare.
Ma gli estremismi non ci piacciono. Il nostro concetto di brevità è un po' più elastico di un SMS o di un aforisma: è un racconto scritto con cura in appena 2500 battute (sì, spazi inclusi).
A cura di Massimo Baglione.

Contiene opere di: Fausto Scatoli. Giorgio Leone, nwAnnamaria Vernuccio, Luca Franceschini, nwAlphaorg, Daniel Carrubba, nwFrancesco Gallina, nwSerena Barsottelli, nwAlberto Tivoli, Giuseppe C. Budetta, nwLuca Volpi, Teresa Regna, Brenda Bonomelli, nwLiliana Tuozzo, nwDaniela Rossi, Tania Mignani, nwEnrico Teodorani, nwFrancesca Paolucci, nwUmberto Pasqui, nwIda Dainese, nwMarco Bertoli, nwEliseo Palumbo, nwFrancesco Zanni Bertelli, nwIsabella Galeotti, Sandra Ludovici, nwThomas M. Pitt, nwStefania Fiorin, nwCristina Giuntini, nwGiuseppe Gallato, Marco Vecchi, nwMaria Lipartiti, nwRoberta Eman, nwLucia Amorosi, nwSalvatore Di Sante, nwValentina Iuvara, Renzo Maltoni, nwAndrea Casella.

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