Eden

Spazio dedicato alla Gara stagionale di primavera 2025.

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Andr60
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Eden

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1.
Quella maledetta proprio non voleva saperne di mettersi in moto; con lo sguardo implorante, il giovane si rivolse al capo: - Mi puoi aiutare, per favore?
Idris, sbuffando, per l'ennesima volta ricontrollò il lavoro del ragazzo, Mamadou.
Gli ci volle solo un'occhiata per individuare il problema: - Non partirà mai, le candele sono troppo sporche. – bofonchiò, dopo averne smontata una.
Questa è l'ultima volta che faccio un favore a un amico, Idris disse tra sé, dando un'occhiata di compatimento a quel ragazzo, che cambiava lavoro ogni tre giorni, e ora capiva perché.
Mamadou, da parte sua, non era sfaticato, è che proprio non riusciva a concentrarsi; gli sembrava tutto così inutile.
Si era sempre sentito fuori posto, a differenza dei suoi fratelli – e sorelle – già sistemati da tempo, chi con un lavoro stabile, chi sposandosi e sfornando un bambino all'anno.
Se non ci fosse stata maman Khady, se ne sarebbe già andato a Dakar, che almeno era una grande città dove, forse, avrebbe forse trovato la sua strada.

Idris gli aveva dato un altro giorno “di ambientamento” e Mamadou lo aveva ringraziato senza molto entusiasmo. Sulla via del ritorno a casa, vide il capo villaggio strappare con rabbia un manifesto, affisso sul muro.
Dopo che l'uomo anziano si fu allontanato, Mamadou si avvicinò e raccolse i frammenti rimasti sul terreno.
Era una specie di pubblicità, sulle grandi possibilità che l'Europa offriva ai giovani del Senegal; pagando mille euro, si offriva il viaggio in autobus fino in Libia e un posto sicuro su una barca.
Il giovane aveva già sentito parlare di quei viaggi, e capiva la rabbia del capo villaggio: molti erano una truffa.
Tuttavia, a differenza delle altre volte, stavolta ci pensò su seriamente: e se fosse stata questa, la sua occasione?

2.
Arrivato a casa e dopo una cena frugale con maman e i fratelli minori, Mamadou andò a letto, ma non riuscì a dormire. Si era tenuto in tasca un frammento di quel manifesto, quello in cui c'era scritto nome e telefono del responsabile, un certo Johnny.
Se lo rigirò tra le mani, e decise: avrebbe chiamato il giorno dopo, solo per curiosità.

Stavolta non fece errori, e Idris non lo rimproverò anzi, lo incoraggiò: - Bravo, ragazzo. Se continui così, diventerai un bravo meccanico.
Mamadou incassò il complimento con un sorriso forzato: non avrebbe continuato con quella roba, detestava i motori e la puzza di olio bruciato.
Alla pausa pranzo, chiamò quel numero; dopo vari secondi di attesa, rispose una voce maschile giovane e affabile.
Johnny sembrava un tipo simpatico e spigliato, ed era poco più vecchio di Mamadou; si diedero appuntamento a un bar vicino, dopo il lavoro.
Forse complice l'ottimo caffè, l'impressione favorevole crebbe in Mamadou dopo che ebbe conosciuto Johnny di persona.
Il giovane aveva spiegato nei dettagli in cosa consisteva il viaggio, senza nascondere le difficoltà ma attenuandone i pericoli, definendoli “esagerati ad arte” da chi voleva invece trattenere giovani volenterosi e in cerca di opportunità, che in Senegal erano minime ma che invece abbondavano in nazioni ricche come quelle europee.
La prospettiva di dare una svolta alla propria vita era sicuramente allettante per Mamadou, così come quella di mandare finalmente un certo gruzzolo a maman, visto che i soldi non bastavano mai.
C'era un solo, grosso ostacolo: la somma iniziale da investire per il viaggio.

3.
Consiglio di famiglia, con maman a capo tavola e seduti Mamadou da una parte, e Yaya, suo fratello maggiore, dall'altra, visto che il loro padre era scomparso da anni, andato chissà dove.
- Non capisco perché non continui a lavorare da Idris. Ora è contento di te, quindi dov'è il problema?
Mamadou lo aveva già ripetuto, ma ribadì il concetto: - Ti sono grato per avergli chiesto di mettermi in prova, ma non è quello che voglio fare. Preferisco partire per l'Europa.
- Chi ti ha messo in testa questa idea folle? Lo sai che è pericoloso, che molti manco ci arrivano, là! - maman proprio non riusciva a capire che Doudou – come lo aveva sempre chiamato – non era più un bambino, ma un giovane deciso a trovare la sua strada.
Così almeno aveva ribattuto Mamadou, gettando la donna nello scoramento.
Yaya, dal canto suo, era più pratico: - E come pensi di pagarlo, questo viaggio? Io sicuramente non ho soldi da darti, mi servono per la mia famiglia. E per gli altri fratelli, sarà lo stesso.
- Lo so, non preoccuparti, – rispose il fratello minore – venderò le mie cose, e chiederò un prestito che poi rifonderò in seg...
- Te li darò io, i soldi. - affermò maman, perentoria. - Se è davvero quello che vuoi, non voglio che lasci debiti in giro.
- Maman, non credo che... - Yaya espresse il suo disappunto ma la donna, con un gesto, lo zittì e, indicando con un gesto il cesto di vimini che tutta la famiglia conosceva, disse: - Di quello che c'è là dentro posso fare ciò che ritengo giusto, è chiaro?
- Sì, maman.- rispose Yaya, rassegnato, ben conoscendo la testardaggine della genitrice.
Mamadou si alzò e corse ad abbracciarla: - Grazie, maman, ti prometto che non ti deluderò.

4.
Nel giorno prestabilito, Mamadou venne salutato solo da maman e i due fratellini rimasti a casa, gli altri, contrari a ciò che stava facendo, preferirono ignorarlo.
- Promettimi che mi telefonerai, appena possibile. - si raccomandò mamma Khady, abbracciandolo a lungo.
- Sì, maman. - fece il giovane, soffocando a stento le lacrime mentre si allontanava.

- Oh, eccoti qua, finalmente! - Johnny lo accolse con affabilità, come al solito. Gli indicò il vicino autobus, già pieno di gente, parcheggiato sulla piazza del paese. - Sei in ritardo, stavamo partendo senza di te. Temevo che avessi cambiato idea.
- Niente affatto, - replicò Mamadou, ostentando un tono deciso che in realtà non sentiva di avere in quel momento. - solo una madre molto apprensiva.
- Già, capisco. - sorrise l'organizzatore. - Andrà tutto bene, non ti preoccupare.

Le rassicurazioni di Johnny ebbero vita breve; giunti in Niger, il pullman venne fermato dalle guardie che fecero scendere tutti.
Uno a uno, gli occupanti sfilarono e furono alleggeriti di quasi tutti i loro averi. Mamadou salvò solo poche centinaia di dollari nascosti nella cintura dei pantaloni – dietro consiglio di Yaya – mentre il mucchietto che aveva in tasca cambiò velocemente di proprietario.
Johnny stava intanto parlottando col capo delle guardie, e sembrava che i due si conoscessero da una vita.
Dopo un po', a Mamadou sembrò che il militare consegnasse a Johnny una busta, anche se il movimento fu troppo rapido per esserne sicuro.
In ogni caso, l'organizzatore subito dopo si allontanò su un'auto, senza degnare di uno sguardo né di un saluto il gruppo di migranti.
La massa venne spinta a forza verso un altro mezzo pesante, un camion piuttosto malandato; uno dei soldati disse, in francese: - Salite là, alla svelta!
Le persone si avviarono, dapprima titubanti, poi più rapidamente, cercando di accaparrarsi i posti migliori.
Mamadou e altri giovani salirono sul tetto e rimasero lì, tenendosi stretta la tanica di plastica piena di acqua che i soldati avevano distribuito.

5.
- Malik, vieni qua. - intimò il guardiano.
- Eccomi, capo.
- Aiutami a portare via questo sacco di merda. - indicò un uomo, immobile accanto al muro dello stanzone nel quale erano reclusi i migranti dell'ultimo carico.
Mamadou lo prese per i piedi, mentre il libico teneva il corpo per le braccia; dopo una decina di metri lo deposero vicino al camion.
Altri gendarmi lo avrebbero caricato e poi seppellito nel deserto, insieme ai suoi compagni sfortunati quanto lui.
Oppure fortunati? Era forse meglio morire, che continuare a vivere così?

Sembrava passata una vita, invece era trascorso appena un anno, o poco più. I primi tempi, avrebbe potuto esserci lui, al posto di quel sacco di letame.
Lo avevano picchiato tutti i giorni, dal momento del suo arrivo, e Mamadou era arrivato quasi al limite.
Poi era accaduto un fatto; una volta recuperate le forze, lo avevano scaraventato in un altro gabbione, insieme ad altri, nuovi profughi.
Il capo guardiano aveva detto qualcosa in arabo – all'epoca, il giovane conosceva poco la lingua – e gettato un pezzo di pane raffermo.
Mamadou non mangiava da giorni, però era guarito dalle ferite; si avventò sul cibo e lo difese, con le unghie e con i denti, menando calci e pugni finché gli altri non desistettero.
Dopo che ebbe terminato il suo magro pasto, da dietro le sbarre il capo guardiano gli sorrise e gli fece cenno di avvicinarsi: gli aprì la porta della cella e disse, in wolof: - Bravo, hai imparato.
Lo ricondusse alla sua gabbia, ma promise: - Tornerò.
Fu di parola, il giorno dopo Mamadou venne liberato e condotto al cospetto del capo, il quale gli propose di entrare a sua volta nel corpo di guardia ma che, se avesse sgarrato, sarebbe tornato di corsa tra i reietti.
Mamadou non se l'aspettava, poi però si ricordò di aver visto anche alcuni guardiani neri come lui, non solo quelli di origine araba.
Accettò la proposta. Il capo la prese bene, infatti fece: - Ottimo! Dovrai imparare anche un po' di arabo, te lo insegnerò io. Ti chiamerò Malik. - gli tese la mano.
Il giovane rispose: - Mi chiamo Mamadou.
Il libico smise di sorridere ma, sempre con la mano tesa, replicò: - Da oggi, ti chiami Malik.
Dopo un attimo di esitazione, Mamadou gli strinse la mano.

6.
Da quel momento, la vita di Mamadou-Malik era cambiata; da una parte, era migliorata.
Ora mangiava tutti i giorni, nessuno lo picchiava.
Dall'altra, era costretto a fare cose sgradevoli, come caricare cadaveri, o bastonare gente che, fino a pochi giorni prima, aveva condiviso la sua stessa prigione.
Si fa tutto, pur di vivere, si ripeteva spesso.
E poi, nella sua nuova condizione, forse avrebbe avuto modo di scappare, di trovare un posto su una barca e affrontare il mare aperto, per raggiungere l'Europa...

Arrivò un nuovo carico di migranti, stavolta dalla Guinea; alcuni, i più robusti, furono subito smistati e mandati a lavorare nei pozzi di petrolio. Gli altri rimasero in custodia, coi documenti sequestrati, per richiedere il riscatto alle loro famiglie di origine oppure per essere consegnati alle ONG. Ciò dipendeva dalle condizioni del momento, ormai Malik lo aveva capito che tra i sequestratori – libici ma non solo, insieme a loro c'era gente che di arabo non aveva nulla – e le organizzazioni non governative c'erano accordi, e probabilmente anche gli stati europei erano coinvolti nella detenzione dei profughi.
Tra i guineani scaricati c'erano anche donne, una incinta all'ottavo mese e una giovane, davvero bella.
Fu subito adocchiata dal capo delle guardie, Mohammed: - Tu, vieni qui! - le intimò.
Lei si ritrasse, ma venne subito afferrata dai suoi sottoposti e trascinata verso la casupola del centro di smistamento. Iniziò a urlare.
Mohammed la prese per un braccio e la fece entrare di forza all'interno, poi chiuse la porta.
Dopo dieci minuti la riaprì: - Ora potete divertirvi anche voi. - rivolto ai suoi sottoposti.
I quali non se lo fecero ripetere, avvicinandosi velocemente alla casetta; uno di loro diede un colpetto al braccio di Malik: - E tu, non vieni?

7.
La ragazza era adagiata sul tavolaccio di legno, con il vestito stracciato, le gambe aperte e le braccia a coprirsi il volto; sembrava esanime, ma un improvviso singhiozzo rivelò che stava piangendo, in silenzio.
Mohammed era uscito, erano rimasti due libici e Malik. Il primo, poi il secondo diedero qualche colpo di bacino e in seguito, soddisfatti, si risollevarono i pantaloni.
Era arrivato il turno di Malik; uno dei due libici, prima di uscire, gli disse: - Fatti onore, Senegal. - e giù una risata.
Il giovane si mise in posizione, ma la ragazza proprio in quel momento si tolse le braccia dal volto e lo fissò, come se fosse una sfida.
Allora Malik le diede due, tre schiaffi e, a differenza dei suoi colleghi, ci si mise d'impegno col basso ventre.
L'orgasmo arrivò improvviso, e violento; ma invece del reciproco soddisfacimento dei sensi, Malik lesse negli occhi della ragazza tutta la sofferenza, e la vergogna di quella situazione.
Così il giovane si ritrasse, scese velocemente dal tavolo e uscì dalla casetta, senza girarsi neppure una volta.

I giorni si susseguivano uguali, uno dietro l'altro; a Malik pareva non aver mai fatto cose diverse, nella vita. Forse ci era nato, per fare quel mestiere, la sua vocazione era di fare il carceriere e doveva essere grato a Mohammed di averglielo fatto scoprire.
Ormai ci provava gusto, a bastonare i prigionieri recalcitranti, a non dar loro da mangiare e a osservare come si azzannavano come cani rabbiosi per un tozzo di pane.
Sì, è vero, lo aveva fatto anche lui ma ora non più, adesso era un vincente, uno che aveva capito da che parte stare.
Nina invece no; lei si ostinava a condividere, a stare in gruppo. Appena aveva qualcosa in mano, subito lo dava a Fathou, che aveva partorito da poco e ne aveva bisogno per allattare il neonato.
No, decisamente Nina insisteva a non capire.

8.
Era accaduto pochi giorni dopo lo stupro di gruppo.
La ragazza era seduta vicino alle sbarre del gabbione, e Malik si era avvicinato; voleva solo farla ragionare: inutile resistere, bastava farsi trasportare dalla corrente.
Le diede un tozzo di pane, di nascosto dalle guardie: - Tieni, ne hai bisogno. - fece, in lingua wolof.
Lei lo squadrò con disprezzo: - Piuttosto muoio di fame.
- Con l'orgoglio non andrai molto lontano.
- Non m'importa. Ci trattate come animali, ma i veri animali siete voi.
- Tra qualche giorno, cambierai idea.
- Non ci contare. - rispose, perentoria. Poi, però, il suo sguardo cadde su madre e neonato: - Okay, dammelo.
- C'hai messo poco, brava! - la canzonò Malik, consegnandole, tra le sbarre, una pagnotta.
Senza replicare, la ragazza si avvicinò alla donna che aveva in braccio il bambino e, senza farsi vedere dagli altri prigionieri, le diede il pane.
Malik assistette alla scena, scuotendo la testa ma nell'intimo ammirandola.
La ragazza tornò alla posizione di prima, e Malik le chiese: - Come ti chiami?
- Nina. Ma non aspettarti un ringraziamento, per me siete tutti dei bastardi.
- Okay, Nina. - replicò il giovane, allontanandosi dalla cella. Poi, fatti pochi metri, si girò: - Io sono Mamadou, anche se qui mi chiamano Malik.

Trascorsero giorni, poi settimane. I migranti prigionieri andavano e venivano: pochi fortunati erano riscattati dalle famiglie di origine in grado di pagare la somma pattuita, la maggior parte era invece destinata a rimanere in Libia anche per anni, in condizione di semi-schiavitù a lavorare per le milizie nell'industria del petrolio o in altre attività.
Le donne, specie quelle giovani, venivano condotte al mercato sessuale a Tripoli o nei bordelli del nord Africa.
Ormai Malik aveva compreso il meccanismo, e sapeva che, per Nina e la sua amica, la sorte era segnata. A meno che qualcuno non avesse pagato per il loro trasporto verso il Mediterraneo, visto che il costo del riscatto era decisamente troppo alto.
Ne avevano parlato, lui e Nina.
Si era creata una certa confidenza tra i due, e la ragazza pareva aver lasciato alle spalle ciò che il suo carceriere le aveva fatto.
- Sei davvero disposto a pagare per farci imbarcare? - gli chiese Nina, un giorno.
Dopo un attimo di esitazione, il giovane rispose di sì: - Dovremo essere molto prudenti, - aggiunse, rivolto più a se stesso che agli altri - se ci scoprono potremmo finire molto male.

9.
Malik aveva deciso, odiava ciò che era diventato, e Nina gli aveva aperto gli occhi.
Si era procurato un cellulare, e con quello prese contatto con una delle imbarcazioni di ONG che stazionavano a poche miglia nautiche da lì.
Era a conoscenza di accordi e favori poco chiari tra queste organizzazioni e le milizie, tuttavia avrebbe dovuto fidarsi.
Il giovane sapeva di barche che partivano, di notte, cariche di migranti fatti uscire dalle prigioni dietro lauto compenso a guardie compiacenti.
Nel suo campo non si era ancora verificato tutto ciò, Mohammed non l'avrebbe permesso e probabilmente avrebbe ucciso chiunque lo avesse tentato.
Giunti a quel punto, però, rimaneva solo quell'azione da compiere.
Nei giorni successivi, acquistò una scialuppa a motore e la nascose nel punto d'imbarco.
Prese accordi con una guardia – pagandola profumatamente – perché si addormentasse durante la notte di novilunio, e avvertì Nina.

Era una serata tranquilla, senza un alito di vento, e il mare una tavola scura. L'assenza del chiarore lunare favoriva le operazioni clandestine, e le azioni disperate.
Il gruppo, una decina di persone tra uomini, donne e un neonato, si avvicinò al punto d'imbarco; Malik scostò un telo e scoprì il barcone.
Gli uomini lo aiutarono a metterlo in acqua, e lui si raccomandò: - Sarà meglio remare per un po', prima di accendere il motore.
Malik prese il cellulare e contattò il capitano della nave della ONG.
All'improvviso si udì del trambusto, in lontananza, e degli spari: - Temo che abbiano scoperto la vostra fuga. Dobbiamo affrettarci.
Luci in lontananza, che però si avvicinavano velocemente.
Malik spinse la barca verso il mare, ma lui tornò a riva.
Nina disse: - Presto, salta su.
Il giovane rispose: - Stanno arrivando, occorre che qualcuno vi copra la fuga, altrimenti vi riprenderanno, oppure vi sparano e vi ammazzano tutti. - così dicendo tirò fuori dalla tasca una pistola.
- Noo, Malik... Mamadou... vieni con me, ti prego! - lo implorò la ragazza. - Sàlvati, insieme a noi!
- Mi dispiace, Nina, ma è meglio così. - le mandò un bacio in lontananza e si nascose dietro alcune barche in secca, in attesa del gruppo degli inseguitori.
Non sapeva se Nina e gli altri sarebbero finalmente approdati in paradiso, oppure in un altro inferno, diverso ma altrettanto spietato. Si augurò che le storie di migranti di successo di Johnny fossero vere, anche solo in minima parte, anche se quel bastardo li aveva venduti, alla frontiera.
Decise di fare, finalmente, quella telefonata che aveva sempre rimandato, non sapendo bene cosa dire, come giustificarsi ai suoi occhi.
- Doudou? Ma sei proprio tu? Avevo perso le speranze, Dio mi ha ascoltato... - mamma Khady era incredula.
- Sì, maman, sono io. Volevo solo sentire la tua voce, per... l'ultima volta.
- Perché, Doudou? Dove stai andando? Sei arrivato in Europa?
- No, maman, andrò più lontano. Però voglio che tu sappia che sono salvo.
Yakamoz
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Messaggio da leggere da Yakamoz »

Appena finito di leggerlo:

Un vero e proprio reportage narrativo, molto bravo, Andr60. Piaciuta molto la scena finale: commovente, umana: "forzata" (è virgolettata) ma plausibile/possibile.

Nove brevi parti (mini-capitoli) che parlano di Mamadou, un giovane senegalese alla ricerca di un futuro migliore che si trasforma in un incubo (altro che Eden!) di sfruttamento, disumanizzazione e violenza, per poi culminare in un atto di redenzione (ma direi più di affrancamento o presa di coscienza) e sacrificio. Prosa ottima, trama lineare, stile semplice, adatto al genere di racconto, e quindi molto efficace. Che dire di più? Ti faccio solo i mie complimenti per aver scritto questo bel racconto compiuto/esauriente di "realismo sociale contemporaneo" intriso di povertà, speranza, resilienza, dramma, redenzione. Ma anche di "inciuci" tra buoni e cattivi: dove non sempre i buoni sono davvero buoni e anche l'opposto. Questo racconto è la rappresentazione di una "dicotomia" (scusa il parolone, ma non mi veniva termine migliore per esprimere il concetto) tra il sogno (Eden) migratorio e la cruda realtà (Incubo/inferno).

Bravissimo! Andr60,

Antonio

Voto 5 (meritatissimo!)

Aggiungo una cosa:

di solito non parlo mai di politica quando commento. Guardo più ad altri aspetti di un racconto, quelli tipici. Ma il tuo testo solleva anche, in modo abbastanza esplicito (indirettamente esplicito), il grosso problema della gestione dei flussi migratori e della mancanza (sembro un politico ora) di una gestione seria e adeguata a una situazione reale.
Andr60
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Re: Eden

Messaggio da leggere da Andr60 »

Caro Antonio/Yakamoz, ti ringrazio per la recensione fin troppo benevola. Avrei voluto intitolare il racconto "Kapò 2025" poiché la trama si rifà al film di Pontecorvo, poi ho optato per un altro, più beffardo, anche se per molti migranti l'Europa è (era?) vista come la speranza di un futuro migliore.
I migranti/extracomunitari sono una vera manna per molti attori: 1) gli imprenditori (mano d'opera facilmente ricattabile); 2) politici di dx (votatemi, e farò finire la delinquenza di questi negri e/o musulmani!); 3) politici di sx (votatemi, e favorirò accoglienza e inserimento dei suddetti, se con contributi pubblici è meglio); 4) giornalisti che hanno costruito le loro carriere andando dietro a 2) e 3); e altri, da aggiungere a piacere.
Tutto ciò evitando accuratamente di parlare di come risolvere il problema, ovvero favorendo lo sviluppo economico dell'Africa; già, ma se ne favoriamo lo sviluppo, poi come facciamo a sfruttarla noi?
Saluti, e a leggerti sempre con piacere
Namio Intile
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Messaggio da leggere da Namio Intile »

Benritrovato, Maestro Loach.
Kapò, certo, come riferimento, ma anche Io Capitano di Garrone. Il viaggio di Mamadou somiglia molto a quello tranne che per il finale. Ma anche l'ultimo vero Loach di Old Oak, che affronta il tema della guerra e della migrazione, dell'accoglienza.
Sei riuscito a raccontare una storia complessa e commovente in una manciata di caratteri, senza far apparire la narrazione affrettata o raffazzonata. Ti invidio, Andr. Sei bravo sul serio. E quel finale, quella telefonata con quel sono salvo, non temere, è veramente riuscita e strappa pure la lacrimuccia. Li dovresti scrivere tu i testi a quelle teste vuote del PD.
Sto leggendo La sconfitta dell'Occidente di Emmanuel Todd. Alcune cose vere, molte stronzate, ma un paio di cose mi hanno fatto riflettere circa la sparizione dei partiti di sinistra dal panorama europeo, che reputo verosimili. Non solo l'incapacità, ma anche il sostanziale rifiuto di accettare, e quindi cercare, la rappresentanza delle classi sociali meno agiate che prima costituivano il nerbo dei partiti comunisti, socialisti, socialdemocratici e laburisti. E lo slittamento di queste forze politiche verso le istanze neoliberiste e globaliste, che invece rappresentano pienamente. Quindi una volontaria conversione alle istanze delle elite. I ceti sociali popolari per Todd si dunque rivolti al populismo in cerca di rappresentanza e l'hanno trovata lì. Va da sé che quella populista è una rappresentanza vera solo nei toni e negli slogan, mentre le politiche populiste ricalcano quelle della sinistra. Per Todd questa divergenza tra richiesta di rappresentanza da parte del popolo e incapacità dei partiti di offrirla segna la fine delle democrazie rappresentative, insieme ad altri fattori naturalmente. L'elemento che mi ha fatto riflettere è quello non di una incapacità dei partiti di sinistra di non cercare la rappresentanza delle classi popolari, ma il non volerlo fare. È come se le elite dei partiti prima comunisti e socialisti si siano trasformati in elite di partiti liberisti ed elitisti. Le elite per Todd oggi non cercano più di guidare le altre classi sociali, ma in definitiva se ne vogliono sbarazzare. E da qui la sua sconfitta dell'Occidente.
Sono andato mostruosamente OT. Non me ne volere, i tuoi racconti mi ispirano sempre infausti pensieri.
Bravissimo e a rileggerti.
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Vittorio Felugo
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Messaggio da leggere da Vittorio Felugo »

Un bellissimo racconto, ben scritto, semplice e commovente, con un finale non scontato. Dopo i commenti precedenti, che condivido, ho poco da aggiungere perchè sarebbero solo ripetizioni.
Molto bravo, voto massimo.
Andr60
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Re: Commento

Messaggio da leggere da Andr60 »

Namio Intile ha scritto: 29/03/2025, 11:22 Benritrovato, Maestro Loach.
Kapò, certo, come riferimento, ma anche Io Capitano di Garrone. Il viaggio di Mamadou somiglia molto a quello tranne che per il finale. Ma anche l'ultimo vero Loach di Old Oak, che affronta il tema della guerra e della migrazione, dell'accoglienza.
Sei riuscito a raccontare una storia complessa e commovente in una manciata di caratteri, senza far apparire la narrazione affrettata o raffazzonata. Ti invidio, Andr. Sei bravo sul serio. E quel finale, quella telefonata con quel sono salvo, non temere, è veramente riuscita e strappa pure la lacrimuccia. Li dovresti scrivere tu i testi a quelle teste vuote del PD.
Sto leggendo La sconfitta dell'Occidente di Emmanuel Todd. Alcune cose vere, molte stronzate, ma un paio di cose mi hanno fatto riflettere circa la sparizione dei partiti di sinistra dal panorama europeo, che reputo verosimili. Non solo l'incapacità, ma anche il sostanziale rifiuto di accettare, e quindi cercare, la rappresentanza delle classi sociali meno agiate che prima costituivano il nerbo dei partiti comunisti, socialisti, socialdemocratici e laburisti. E lo slittamento di queste forze politiche verso le istanze neoliberiste e globaliste, che invece rappresentano pienamente. Quindi una volontaria conversione alle istanze delle elite. I ceti sociali popolari per Todd si dunque rivolti al populismo in cerca di rappresentanza e l'hanno trovata lì. Va da sé che quella populista è una rappresentanza vera solo nei toni e negli slogan, mentre le politiche populiste ricalcano quelle della sinistra. Per Todd questa divergenza tra richiesta di rappresentanza da parte del popolo e incapacità dei partiti di offrirla segna la fine delle democrazie rappresentative, insieme ad altri fattori naturalmente. L'elemento che mi ha fatto riflettere è quello non di una incapacità dei partiti di sinistra di non cercare la rappresentanza delle classi popolari, ma il non volerlo fare. È come se le elite dei partiti prima comunisti e socialisti si siano trasformati in elite di partiti liberisti ed elitisti. Le elite per Todd oggi non cercano più di guidare le altre classi sociali, ma in definitiva se ne vogliono sbarazzare. E da qui la sua sconfitta dell'Occidente.
Sono andato mostruosamente OT. Non me ne volere, i tuoi racconti mi ispirano sempre infausti pensieri.
Bravissimo e a rileggerti.
Caro Namio, i complimenti fanno sempre piacere ma detti dal Real Madrid delle gare lo sono ancora di più :)
Sulla (triste) parabola della sx "ufficiale" sono completamente d'accordo con te; la metamorfosi del PCI dopo la caduta del Muro
prima e poi con la fine dell' URSS ha indotto i suoi dirigenti ad abbracciare totalmente l'ideologia che fino al giorno prima avevano combattuto, almeno a parole, e a diventare nel corso degli anni i rappresentanti italici del partito democratico statunitense. Quindi le masse si sono trovate orfane, a meno di continuare a votare partiti che non facevano più i loro interessi bensì quello di élites che odiano quelle masse, e le sfruttano senza pietà. I partiti di dx hanno avuto buon gioco nello sfruttare il malcontento generale, ma sappiamo perfettamente che non fanno altro che replicare lo stesso schema che c'è in USA, da sempre: ti pisciano in testa, e dicono che piove.
L' ultima emergenza in ordine di tempo, quella dalla quale dobbiamo guardarci tutti, è ovviamente quella russa, dopo che per
decenni (mica solo dal 2022...) la Nato ha abbaiato ai suoi confini. Meno male che abbiamo comici, intellettuali e giornalisti, tutti rigorosamente di sx, che ci ricordano i nostri doveri patriottici, rispolverando dall' armadio il famoso "Armiamoci e partite": sappiamo com'è finita.
Un caro saluto, a rileggerti
Namio Intile
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Re: Eden

Messaggio da leggere da Namio Intile »

Sì, con la Russia si è fatto un disastro e si continua imperterriti, mi pare. Non so da dove provenga tutta questa russofobia europea, e sinistroide per giunta, dato che fino a tre anni fa con la Russia si facevano affari e tutto andava bene e dell'Ucraina non fregava niente a nessuno, figuriamoci del Donbas (che poi è proprio Russia).
E nominare Kaja Kallas portavoce per gli esteri dell'unione, ma diosanto, quando l'ho sentito sono saltato sulla sedia. Suo nonno ha praticamente fondato la repubblica estone nel 1918, da capo della polizia ha perseguitato la metà della popolazione che non era estone, e quindi russa, e dopo la guerra la nonna è finita in Siberia con la madre di lei piccola. Il padre della Kallas è stato uno dei fondatori della Repubblica nata dal disfacimento dell'URSS, e nonostante questo, un paese con appena un milione di abitanti, quanto Palermo o poco più, le si danno le chiavi dei rapporti con la Russia in un momento così difficile in cui si dovrebbe ricucire anziché continuare a strappare. E dopo trent'anni di mantra sul risparmio e sul debito e dopo trent'anni di tagli di tutti i tipi e a tutti i livelli sul welfare perché il debito cade sulle future generazioni, che fanno? Debito per armarsi e riconversione dell'industria auto in industria bellica e da sinistra è tutto un hip hip hurrà e armiamoci e partite. Sono allibito e disgustato.
A proposito, ho terminato La Storia del Popolo Americano di Howard Zinn. Se non l'avessi già fatto, procuratelo.
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Re: Eden

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Namio Intile ha scritto: 29/03/2025, 18:19 Sì, con la Russia si è fatto un disastro e si continua imperterriti, mi pare. Non so da dove provenga tutta questa russofobia europea, e sinistroide per giunta, dato che fino a tre anni fa con la Russia si facevano affari e tutto andava bene e dell'Ucraina non fregava niente a nessuno, figuriamoci del Donbas (che poi è proprio Russia).
E nominare Kaja Kallas portavoce per gli esteri dell'unione, ma diosanto, quando l'ho sentito sono saltato sulla sedia. Suo nonno ha praticamente fondato la repubblica estone nel 1918, da capo della polizia ha perseguitato la metà della popolazione che non era estone, e quindi russa, e dopo la guerra la nonna è finita in Siberia con la madre di lei piccola. Il padre della Kallas è stato uno dei fondatori della Repubblica nata dal disfacimento dell'URSS, e nonostante questo, un paese con appena un milione di abitanti, quanto Palermo o poco più, le si danno le chiavi dei rapporti con la Russia in un momento così difficile in cui si dovrebbe ricucire anziché continuare a strappare. E dopo trent'anni di mantra sul risparmio e sul debito e dopo trent'anni di tagli di tutti i tipi e a tutti i livelli sul welfare perché il debito cade sulle future generazioni, che fanno? Debito per armarsi e riconversione dell'industria auto in industria bellica e da sinistra è tutto un hip hip hurrà e armiamoci e partite. Sono allibito e disgustato.
A proposito, ho terminato La Storia del Popolo Americano di Howard Zinn. Se non l'avessi già fatto, procuratelo.
Ho sentito parlare di Zinn all' epoca della guerra contro Saddam Hussein, lui scriveva su Counterpunch articoli di fuoco contro Bush & c. e sull'eccezionalismo americano. Ti ringrazio del consiglio, saluti
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Vittorio Felugo ha scritto: 29/03/2025, 11:47 Un bellissimo racconto, ben scritto, semplice e commovente, con un finale non scontato. Dopo i commenti precedenti, che condivido, ho poco da aggiungere perchè sarebbero solo ripetizioni.
Molto bravo, voto massimo.
Tu ringrazio del commento e del voto. Aggiungo solo una precisazione: come ho scritto sopra, questo racconto si rifà al film di Pontecorvo (quello di Garrone non l' ho ancora visto), questo solo per dire che i lager ci sono anche oggi e, esattamente come ieri, lo sanno tutti e nessuno fa nulla (anzi...). Saluti
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Re: Eden

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Non ho visto i film da te citati, ma la situazione che hai descritto nel tuo racconto mi è purtroppo ugualmente nota, anche solo per la cronaca. Nel mio piccolo, nei miei racconti ambientati in mondi di fantasia popolati da supereroi, alludo spesso alle storture del mondo reale, di tutti i generi.
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Bello ed intenso.
Come molti altri hanno notato richiama molto Io, Capitano, che sto vedendo in questi giorn tra l'altro, specialmente l'inizio a casa col desiderio di partire.

Ma ritengo che siano storie che hanno necessariamente delle somiglianze (molto bello, con scene simili, anche il romanzo Sangue Giusto di Francesca Melandri)

Bella l'idea anche il finale. Molto molto toccante.

L'unico vero lato negativo sono alcune asprezze della prosa che danno l'impressione di poco rifinito, come se la seconda stesura fosse stata un po' affrettata.

La tua storia meriterebbe di essere rivista sotto due punti:
1- Dagli più spazio, prenditi più spazio perché merita
2- Questa è una storia di sentimenti, sentimenti forti, sentimenti veri. NON ce li raccontare facceli vivere! FALLI vivere a Mamadou: la speranza, il dolore, la violenza (Subita e inflitta!), il suo avvicinamento a Nina, la sua decisioe di sacrificarsi.
Vivili. Verrebbe fuori una bomba assoluta.

PS piccolo suggerimento di stile negli ultim capitoli continui a chiamare il protagonista Malik... io li proprio tornerei assolutamente al suo vero nome. Malik è il "Kapo" (uso il tuo giusto termine) dei trafficanti... ma quello che decide di dare una speranza a Nina e agli altri è Mamadou quello vero.
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Ombrone ha scritto: 02/04/2025, 16:52 Bello ed intenso.
Come molti altri hanno notato richiama molto Io, Capitano, che sto vedendo in questi giorn tra l'altro, specialmente l'inizio a casa col desiderio di partire.

Ma ritengo che siano storie che hanno necessariamente delle somiglianze (molto bello, con scene simili, anche il romanzo Sangue Giusto di Francesca Melandri)

Bella l'idea anche il finale. Molto molto toccante.

L'unico vero lato negativo sono alcune asprezze della prosa che danno l'impressione di poco rifinito, come se la seconda stesura fosse stata un po' affrettata.

La tua storia meriterebbe di essere rivista sotto due punti:
1- Dagli più spazio, prenditi più spazio perché merita
2- Questa è una storia di sentimenti, sentimenti forti, sentimenti veri. NON ce li raccontare facceli vivere! FALLI vivere a Mamadou: la speranza, il dolore, la violenza (Subita e inflitta!), il suo avvicinamento a Nina, la sua decisioe di sacrificarsi.
Vivili. Verrebbe fuori una bomba assoluta.

PS piccolo suggerimento di stile negli ultim capitoli continui a chiamare il protagonista Malik... io li proprio tornerei assolutamente al suo vero nome. Malik è il "Kapo" (uso il tuo giusto termine) dei trafficanti... ma quello che decide di dare una speranza a Nina e agli altri è Mamadou quello vero.
Caro Ombrone, ti ringrazio del commento. E' vero, alcuni capitoli sono tagliati con l'accetta e avrebbero meritato maggiore spazio ma l'ho fatto anche per mantenere il racconto su una lunghezza accettabile per le gare. Potrei provare, in seguito, ad ampliarlo seguendo i tuoi consigli, per evidenziare meglio la presa di coscienza di Mamadou/Malik e la sua decisione finale.
Saluti
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In realtà non mi è piaciuto molto. Contiene tutti gli elementi del racconto edificante, ma questo è il difetto. Elementi prevedili. I dialoghi sono edulcorati e lontanissimi da quelli reali. Scritto bene, per carità, ma non mi ha preso.
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Macrelli Piero ha scritto: 07/04/2025, 22:33 In realtà non mi è piaciuto molto. Contiene tutti gli elementi del racconto edificante, ma questo è il difetto. Elementi prevedili. I dialoghi sono edulcorati e lontanissimi da quelli reali. Scritto bene, per carità, ma non mi ha preso.
In realtà credevo di essere stato molto crudo, specie nella scena dello stupro, o nel considerare una mexxa il cadavere di un povero migrante morto di stenti. Proprio vero che il mondo è bello perché è vario :)
Grazie del commento, saluti
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In questa storia l'immigrato è uno che il lavoro nel suo paese c'è l'ha, ma non si impegna, e cerca chissà cosa in occidente. Se la cava meglio nello stupro di gruppo ed a bastonare su comando.
Le ONG sono i tassisti del mare: basta una telefonata e vengono a prenderti.
Mah...
A casa nostra ospitiamo due immigrati, e quali siano le vere storie di chi rischia la vita (e pesantemente) ne abbiamo esperienza diretta
Dire che la tua narrazione non mi piace, perdonami la schiettezza, è dire poco.
Mi si dirà che è un racconto, non un reportage.
Ok.
La scrittura è sicuramente fluida; nella storia però trovo solo luoghi comuni, ed i personaggi sono "macchiette".
Il finale strappalacrime, poi, con redenzione e mamma ... no, quello non sono proprio riuscito a digerirlo.
Sono sicuro che ci farai leggere storie migliori di questa.
Dai, alla prossima!
Ultima modifica di Bobinsy il 12/04/2025, 11:20, modificato 1 volta in totale.
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Re: Eden

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Bobinsy ha scritto: ieri, 9:38 In questa storia l'immigrato è uno che il lavoro nel suo paese c'è l'ha, ma non si impegna, e cerca chissà cosa in occidente. Se la cava meglio nello stupro di gruppo ed a bastonare su comando.
Le ONG sono i tassisti del mare: basta una telefonata e vengono a prenderti.
Mah...
A casa nostra ospitiamo due immigrati, e quali siano le vere storie di chi rischia la vita (e pesantemente) ne abbiamo esperienza diretta
Dire che la tua narrazione non mi piace, perdonami la schiettezza, è dire poco.
Mi si dirà che è un racconto, non un reportage.
Ok.
La scrittura è sicuramente fluida; nella storia però trovo solo luoghi comuni, ed i personaggi sono "macchiette".
Il finale strappalacrime, poi, con redenzione e mamma ... no, quello non sono proprio riuscito a digerirlo.
Sono sicuro che ci farai leggere storie migliori di questa.
Dai, alla prossima!
Più che altro volevo evidenziare il fatto che il problema migranti abbia molte sfaccettature, ma i media si focalizzano solo su alcuni aspetti, comodi da evidenziare sia a partiti di dx che di sx (o meglio, quelli che per convenzione vengono definiti tali).
Mamadou non è né un santo né un diavolo, è solo un ragazzo come tanti, che viene adescato e poi truffato, ridotto in schiavitù e poi indotto a diventare un carceriere in uno dei tanti lager finanziati dalla UE (nel racconto non è detto esplicitamente, ma lo si fa intendere). È nel complesso una situazione tragica, che nessuno vuole risolvere poiché in molti fa comodo che continui così. Puoi chiedere ai due immigrati del loro soggiorno in Libia, magari loro sono stati più fortunati. Saluti, alla prossima
Bobinsy
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Re: Eden

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Andr60 ha scritto: ieri, 11:07 Più che altro volevo evidenziare il fatto che il problema migranti abbia molte sfaccettature, ma i media si focalizzano solo su alcuni aspetti, comodi da evidenziare sia a partiti di dx che di sx (o meglio, quelli che per convenzione vengono definiti tali).
...
Ti ringrazio per le precisazioni (nonostante il mio giudizio severo). Concordo che il tema ha molte sfaccettature, ed anche che il ruolo dell' UE è quanto meno ambiguo. I miei ospiti sono Siriani. Scappano dalla guerra, e non sono passati dalla Libia. Di orrori ne hanno visti ugualmente, da lasciare tracce indelebili.
Capisco che non è facile rappresentare, in un racconto, la gravità della situazione. Ok, ci hai provato. Non vorrei che il mio giudizio sia interpretato come censura. È solo la trascrizione di ciò che ho provato leggendo. Un grosso "No". Ma forse si tratta solo di stare molto attenti ad evitare i luoghi comuni. Che quasi sempre sono a sfavore di questi derelitti, molto più sfortunati di noi.

Grazie ancora, ed a rileggerci
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