I miracoli di Via Pre
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I miracoli di Via Pre
Che poi non si conosceva davvero il suo nome, nessuno l’aveva mai sentito chiamare dal suo custode e padrone, che era certamente muto perché nessuno lo aveva mai sentito parlare. Lo chiamarono così i vicini di casa che a una certa ora lo sentivano guaire, Chopin dei Chiari di Luna. Il vecchio, al secolo Parodi Baciccia, quando il rintocco religioso della Chiesa di San Lorenzo annunciava il calar del caldo, nel mentre che un fresco refolo portava conforto e i passanti diradavano, usciva da quella stanza umida - dove mangiava e dormiva - e si sedeva silenzioso sui gradini d’accesso alla sua abitazione riempiendo la ciotola del cagnolino e una sua tazza col vino sfuso e sciatto della piccola drogheria. Era un negozietto con ancora l’insegna dell’Oro Pilla, con una barra arrugginita ma resistente sullo stipite che mostrava il livello dell’acqua raggiunto dalla terribile alluvione del 1822 e con segni illeggibili di pittura in calce che nel 1915 celebravano le vittorie turche e i funerali della Belle Époque. A Chopin piaceva quel vino, lo lappava con calma, aveva imparato a farselo bastare e quando lo finiva il cielo era diverso. Allora si scostava dal caldo contatto umano, provava a ergersi sulle zampe malferme, ricadeva a terra ubriaco e cominciava a mugolare rivolto al chiaro di luna e a una cagnetta che non c’era.
Il vecchietto, sia d’estate che d’inverno, non era mai stato visto vestito in altro modo. A coprire una postura rattrappita e abbandonata, una pelle scura e cotta d’avventure vissute chissà dove, erano un maglione grigio tarmato, una giacca di cotone che tanti anni prima era stata verde, un pantalone marrone senza pieghe, così corto da mostrare i rilievi preoccupanti delle vene bluastre nelle gambe, e una coppola nera troppo grande e floscia che gli nascondeva ben bene il volto. Era il cappello giusto per quel difetto ereditario che portava a corredo: lo strabismo.
Si racconta che smise di parlare a causa di un trauma, quando se ne andò per sempre Dolores. Era certamente una leggenda, nessuno aveva mai conosciuto una Dolores, perché quando dieci anni prima arrivò era solamente accompagnato dal cucciolo dal nome sconosciuto. E nemmeno viveva di entusiasmi. L’unico momento di interesse dell’anziano, sempre che si possa accomunare all’entusiasmo, si narra che l’avesse mostrato quando chiese alla sua vicina di casa, in un foglietto scritto con una incerta calligrafia e con tre errori ortografici sulle cinque parole, la ricetta del suo minestrone alla genovese. Il profumo che ne veniva fuori ogni domenica da quella casa al primo piano, quando i tanti invitati si sedevano affamati, era delizioso. Ma quale fosse il segreto di una ricetta tutto sommato semplice, quale fosse l’ingrediente speciale Donna Lucia, sempre allegra e generosa, non l’avrebbe mai rivelato a nessuno, ma proprio a nessuno. Men che meno al Baciccia.
Poteva essere una sera come un’altra nello stretto intersecare di vicoli e caruggi, tra malaffare e povertà, dove le prostitute erano state cantate con affetto da De Andrè. Anzi, fu proprio una sera come un’altra, quantomeno per chi conosce la vita trascorsa nei vicoli del porto genovese. Potremmo chiamare ciò che accadde come “piccoli miracoli di ogni giorno in Via Prè."
Solo Chopin a testimone, ma non l’avrebbe mai raccontato a nessuno nemmeno dopo aver bevuto tanto vino. Altri videro qualcosa, movimenti di persone, niente di sconvolgente. Erano comportamenti appena un po’ curiosi in un contesto dove la quiete viene interrotta da urla e abusi familiari o da bisbigli malavitosi che giungono dalle finestre. Dal primo piano della casa dove abitava Donna Lucia erano mesi che la domenica non si faceva più festa, che dalla finestra non usciva più quel caldo profumo di minestrone. La serenità di quel donnone generoso, era evidente, aveva fatto le valigie e se ne era andata. Ora, avvicinandosi alla casa, si sentivano pianti sommessi e in strada si notava la mancanza di un bambino che era solito giocare rumoroso e spaccare vetri e lampioni con la lippa.
Da uno dei vicoli sbucò la testa. Era di un giovane con gli occhi grandi e lucidi febbricitanti di avventura e di dolore, guardingo. Solo dopo essersi sincerato che non ci fosse nessuno sul caruggio, accortosi però del vecchio che contava zero, la sua figura emerse del tutto. Camminava a fatica simulando la normalità, aveva una chiazza rossa sui pantaloni all’altezza della coscia e sapeva dove andare. Non suonò all’appartamento del primo piano, aprì il portone con le chiavi e entrò. La donna - che da mesi piangeva - urlò per venire zittita subito dalla voce del giovane appena entrato. Tutto accadde in un minuto, era inseguito e non poteva rischiare di farsi raggiungere.
“Tienili tutti, nascondili."
Il vecchio da fuori non sembrava ascoltare, la sua espressione era sempre quella, forse era diventato anche sordo dopo che Dolores…
“Dove li hai presi, delinquente! Togliti i pantaloni - fammi vedere - chiamo un dottore!”
“Non ho tempo, devo scappare, li ho dietro… ”
“No! Stai qui! Chiamo il dottore!”
“Vado, non dirgli che sono passato… spendili per curare Marcellino, vedrai che basteranno… e tu non mi hai visto."
“Avrai fame, prendi questo, mettilo in tasca” e poi urla e pianti di mamma, “Salvatore… stai qui, Salvatore! Chiamo il dottore, non andare!”
“Non mi hai visto, capito?”
Il giovane uscì emaciato, più pallido di quando era entrato, si guardò bene intorno e rivide il vecchio:
“Mi spiace nonno.” e gli rubò la coppola.
Il vecchio non mosse un muscolo, non cambiò espressione. Il giovane calzò il copricapo con la visiera a coprire il più possibile il volto, per camuffarsi. Riprese a camminare cercando di dissimulare la zoppia, si sporcò le mani del suo stesso sangue e lasciò un’impronta sul muro a sinistra all’angolo del caruggio che porta al sobborgo tipico del porto, per sviare gli inseguitori. Imboccò invece il vicolo opposto, addentrandosi ancora di più nel dedalo capace di nascondere un mondo e di frenare l’invasione dei Mori saccheggiatori.
Dalla finestra del primo piano Donna Lucia non sembrava più quel donnone che era un tempo; mentre guardava alla strada teneva in braccio il figlio pesante, troppo cresciuto, spaventato:
“Tornerà, Marcellino, tornerà presto… quando sarai guarito.”
Dalla scalinata arrivarono minacciosi i bravi, avevano le pistole in mano, procedevano sicuri, i caruggi erano il loro poligono: “Vecchio, dov’è?”
Peccato non ci fosse nessuno, a parte Chopin e Donna Lucia, per raccontare poi alla taverna i fatti. Avrebbero sentito il vecchio parlare, sì parlare!
”Di là.” mostrando l’impronta col sangue e il vicolo a sinistra che in cinque minuti si affaccia sulla zona turistica.
I malviventi, fiduciosi di raggiungere e finire il giovane, nemmeno lo ringraziarono e ripresero a correre.
Ora qualcuno potrebbe obiettare che se dopo dieci o più anni il vecchio disse solamente “di là” non sia stato poi un granché di miracolo, ma quando Baciccia fu sicuro di non essere visto dai delinquenti accennò anche un sorriso prima di tornare alla solita espressione vacua e i due fatti assieme cambiano completamente il quadro.
Fatto sta che, dopo un’ora e dopo tanto che non accadeva, dalla solita finestra provenne il delizioso profumo di minestrone. Donna Lucia uscì sul caruggio, teneva un cappello a larghe falde in mano e nell’altra una bottiglia di plastica senza tappo con l’etichetta "Latte Sole" da cui fuoriusciva il fumo e il profumo di tutt’altro che latte. Si avvicinò al vecchio, gli calzò quel cappello un po’ troppo grande, l’unico che aveva sottomano in casa (lei non lo sapeva ma era il giusto copricapo per nascondergli il difetto agli occhi) e gli lasciò sui gradini la calda bottiglia. Infine gli parlò all’orecchio per un minuto rivelandogli il segreto, la sua ricetta. La ricetta segreta! L’ingrediente particolare era il sedano di montagna che non si sa come a Genova lei riuscisse a procurarselo, si dice che lo spacciassero a Sottoripa (certamente una leggenda perché a Sottoripa non spaccia nessuno). Il vecchio non si mosse e non parlò, peraltro era diventato muto e sordo da quando Dolores…
Quando la luna e i lampioni illuminarono la strada, una donna sui cinquant’anni, mai vista prima in quei vicoli, a piedi e sostenendo a fatica una valigia che conteneva un’avventura, si avvicinò. A guardarla dritta avrebbe mostrato uno strabismo ereditario. Poteva essere Dolores?
“Ciao Pulce!”
“Woof!"
Baciccia alzò il capo: “Sei tu."
Dopo dieci anni aveva sorriso e parlato per due volte. Non avrebbe più smesso.
Per il vicinato sarebbe sempre stato Chopin dei Chiari di Luna, anche perché Pulce era davvero riduttivo per un tale personaggio. E quel trovatello bastardo, quella sera, non si scompose più di tanto, erano situazioni che aveva già osservato in Via Prè. Non avrebbe mai capito gli umani ma d’istinto li amava. Era già ubriaco, era un cane dalla ciucca triste e cominciò a guaire alla sua luna. In fondo era una sera come tutte le altre e a lui stringeva il bisogno di una cagnetta.
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Ecco, il tuo racconto evoca tutto ciò e mi commuove, vuoi per i personaggi ben delineati, vuoi per la vicenda, e soprattutto perchè mi riportano in un mondo perduto, quello della mia adolescenza.
Un applauso
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Re: Commento
Wow! È un onore ricevere da te il primo commento. E me lo coccolo, ben conscio che i racconti di questa rassegna sono bellissimi e difficilmente avvicinabili. Ho puntato su un aspetto che è poco battuto in questo concorso: la poetica. E vuole anche essere un doveroso omaggio a Giulia Rosati che ne ha tratto, da questo racconto, peraltro oggi un po rivisto da me, un video audio passato purtroppo in sordina qui. Caro Mario, in Via Pre (o Prè) ho trascorso qualche ora e i ricordi sono molto forti. A dodici anni sono stato avvicinato da una prostituta che mi chiedeva se avevo soldi per farmi diventare "una spada così", facendomi diventare rosso come un peperone. E sempre una prostituta, forse un anno dopo, venne a rifugiarsi dietro le mie spalle perché la "difendessi" da un pover'uomo con (mi spiace dirlo) una faccia da topo che le chiedeva di sposarlo e che si allontanava tristissimo e umiliato. E ancora ricordo di aver comprato un maglione di marca di contrabbando che arrivato a casa (botte da mia madre) si era rivelato un pacco pieno di carta e nient'altro. In questo racconto c'è Marcellino (io) con il soffio al cuore, con mia madre Giuseppina che ogni mattina mi accompagnava a scuola portandomi la cartella per non farmi affaticare, c'è mia nonna Lucia, mio zio prete Salvatore, c'è mio fratello più grande a cui voglio bene ma che non riesco a ritrovare nonostante i miei tentativi. Ho messo la mia Genova e il mio cuore qui dentro. Grazie del tuo prezioso commento, ancora più importante perché conosci la realtà di Via Prè e la confermi. Un solo curioso appunto: li chiami "carruggi". Io li chiamavo "carrugi". In internet li ho sempre letti "caruggi". Quale sarà la versione giusta?Mariovaldo ha scritto: 05/01/2021, 12:41 Difficile per me essere obiettivo; descrivi un mondo, quello di via Prè che si dipana nel cuore di Genova, quella vecchia, alla quale mi legano molto ricordi. Da ragazzo ci andavo a cercare le prime, misteriose, radioline giapponesi di contrabbando, e intanto che mi inoltravo, osservavo la vita particolare che , dal porto, si i trasferiva in quella via, stretta e piena di aromi, e nei carruggi che vi confluivano. Sì, personaggi come il tuo, seduti sugli usci, ce n'erano molti, cos' come prostitute e malavitosi, il mondo appunto descritto dal grande Faber.
Ecco, il tuo racconto evoca tutto ciò e mi commuove, vuoi per i personaggi ben delineati, vuoi per la vicenda, e soprattutto perchè mi riportano in un mondo perduto, quello della mia adolescenza.
Un applauso
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Un racconto gradevole, Marcello, a tratti commovente, con uno snodarsi dei ricordi mai banale.
Riesci a caratterizzare i personaggi, e a farli vivere, a renderli empatici, a emozionare chi legge, e ciò va a tuo merito.
Quindi il mio è un bravo, ma solo a metà.
Perché hai avuto per le mani un personaggio straordinario, questo Chopin dei Chiari di Luna, che ti ha permesso una chiusa formidabile: "Era già ubriaco, era un cane dalla ciucca triste e cominciò a guaire alla sua luna. In fondo era una sera come tutte le altre e a lui stringeva il bisogno di una cagnetta."
E dunque forse potevi e dovevi osare di più, e fare tuo il PdV di Chopin per raccontare questa storia. Calvino docet. Avrebbe fatto la differenza a mio avviso.
Dal punto di vista formale ti segnalo un paio di imprecisioni ricorrenti: “Woof” dimentichi il segno di interpunzione alla fine di un discorso diretto o invece, “Tienili tutti, nascondili”. “No! Stai qui! Chiamo il dottore!” apponi il segno di interpunzione fuori o dentro le virgolette. O dentro o fuori, io preferisco dentro.
Per il resto, non mi resta che farti i miei complimenti.
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Re: Commento
Nei discorsi diretti, è semplice, basta seguire le normali regole ortografiche, a parte un paio di eccezioni.Marcello Rizza ha scritto: 05/01/2021, 17:23 Grazie del bel voto e della tua attenzione Namio. In realtà ancora non ho capito bene l'interpunzione nei dialoghi. Dovrò approfondire l'argomento. Perdonami, cosa vuol dire "PdV?"
«Ciao, come stai?» Disse la donna.
«Io bene, grazie.»
Quanto a PdV sta per punto di vista. Ne Il sentiero dei nidi di ragno Calvino adopera la terza persona, ma opta per un narratore esterno con l'ottica di un bambino. Ed è Pin che ti porta a spasso nella Genova ancora in guerra. Un PdV vincente anche con il Barone Rampante, da molti considerato il suo capolavoro.
Se tu avessi adottato il PdV di Chopin, a mio avviso, avresti avuto più libertà nel descrivere i tuoi personaggi e le loro vicende.
Rimane comunque il punto di vista di un dilettante, prendilo per quel che è.
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Re: I miracoli di Via Pre
Francesco, grazie! Forse non è un caso che i primi commenti arrivino tra coloro che stimo per la loro scrittura. Questo racconto, che è nato da una prima suggestione richiamata dal "pescatore" di De André, ha preso una sua strada completamente diversa da come voleva essere scritta. Praticamente si è scritta da sola, mischiando la mia vita, il mio percorso genovese e qualcos'altro che ancora devo indagare. Non volevo partecipare a questo impossibile concorso, veramente pregno di racconti profondi che indagano la storia e la sostanza umana, senza possibilità di far emergere altri racconti. Eppure ho sentito una mancanza, lo spazio alla poesia dei racconti. Pur conscio di essere svantaggiato ho ritenuto di giocare qui inserendo qualcosa di diverso, una favola cittadina dove possa esistere il buono filtrato anche nella desolazione. La mia carriera lavorativa nelle forze dell'ordine mi ha visto obbedire alla legge ma non mi ha impedito di formarmi una idea sulla correttezza della legge. Non approvo in nessun modo la violenza, eppure credo che la violenza debba essere indagata meglio. A rileggerti, due tuoi racconti ho letto e due racconti ho apprezzato.Francesco Pino ha scritto: 05/01/2021, 18:49 Il tuo racconto è pienamente nelle mie corde, Marcello. Una storia di bassifondi che scorre facilmente dall'inizio alla fine. Ottima la scelta dei personaggi e la loro rappresentazione, compreso il cane. Guarda, mi è piaciuta anche la descrizione del negozietto, insomma mi è piaciuto tutto. Mentre scrivo non riesco a togliermi dalla testa La città vecchia di De Andrè (la versione non censurata ovviamente), che tu hai giustamente citato.
Questa gara è pazzesca, piena di bei racconti.
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In parte sono d’accordo con Namio, Chopin meritava di più, ma solo perché è davvero una figura capace di rubare la scena. Anche ai pur notevoli personaggi della tua storia. Che è una bella storia, lunare e poetica, con quei “si dice”, “si racconta…”, come quando si parla di una leggenda, o di qualcosa che gli assomiglia.
Complimenti Marcello, e non dire più che sei intimidito dagli altri racconti!
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Re: Commento
Credimi Roberto. Sto partecipando con una consapevole umiltà e con un atteggiamento giocoso. Sto leggendo qui, tra cui il tuo, bellissimi racconti. La mia timidezza non ha origine dall'insicurezza, non avrebbe senso, non mi sento e reputo scrittore. Ho tempo e voglia di scrivere. Ho solamente notato che nei splendidi racconti di questa rassegna mancava, a mio contestabile parere, una componente emotiva. E poi sono pigro. Non ero pronto a scrivere un nuovo racconto e sentivo di dare un contributo emozionante a questa rassegna. Così ho scelto di "sistemare" un racconto già scritto. Vedo una netta distinzione tra la qualità del precedente concorso e questo e, se non avessi l'unico obiettivo di giocare qui con voi, mi sarei speso questo racconto in cui credo in una competizione più facile. Io ammiro sinceramente i vostri racconti. Ammiro la vostra onestà nel giudicare e commentare un normale racconto. Grazie di avermi letto e commentato.Roberto Bonfanti ha scritto: 05/01/2021, 23:27 Bellissimo racconto, i luoghi e la gente della Genova di De André (non si può fare a meno di menzionarlo e, in fondo, anche tu giochi con Baciccia, a un certo punto lo fai quasi diventare “il pescatore”), una Genova che, forse, non c’è più.
In parte sono d’accordo con Namio, Chopin meritava di più, ma solo perché è davvero una figura capace di rubare la scena. Anche ai pur notevoli personaggi della tua storia. Che è una bella storia, lunare e poetica, con quei “si dice”, “si racconta…”, come quando si parla di una leggenda, o di qualcosa che gli assomiglia.
Complimenti Marcello, e non dire più che sei intimidito dagli altri racconti!
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Ciao Laura. Invece sono io sorpreso di trovare tanti genovesi in questa rassegna. Detto da un genovese, Genovese, che vive ormai lontano dalla sua terra d'origine. La storia di Chopin è volutamente importante eppure anche marginale. Non amo la personalizzazione "umana" dell'animale, credo che la natura animale debba essere compresa come importante e debitrice di tutela da parte dell'uomo. Il pathos che attiene all'uomo, e anche la propria debolezza, merita uno spazio essenziale, anche se non efficace ai fini del racconto. E Chopin entra in campo con una sua dignità, con la sua capacità di guaire poetico, calato in un contesto di malaffare dove vive e quando ha qualcosa da insegnarci a livello istintivo. La sua importanza è innegabile, il racconto inizia e conclude con lui, ma la storia parla di umani alla deriva che meritano poesia, per lo meno è il mio modesto intento. Grazie di avermi letto e gradito. Un abbraccio.Laura Traverso ha scritto: 06/01/2021, 0:35 Bellissimo racconto, veramente molto bello. E poi per una genovese lo è ancora di più. Le tue descrizioni su via Pre sono molto vere, sembra di esserci e viverle le sensazioni che descrivi. La storia è amara ma anche divertente (l'unica cosa che mi ha fatto un po' male e il racconto su Chopin, sempre ubriaco, povero animale... ma ciò è una mia "debolezza" lo so bene), per il resto, tutto è perfetto, dal mio punto di vista. Quindi non posso che dirti BRAVO! e dare il massimo dei voti.
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In realtà, questo punto è sempre molto in discussione.Namio Intile ha scritto: 05/01/2021, 17:51 Nei discorsi diretti, è semplice, basta seguire le normali regole ortografiche, a parte un paio di eccezioni.
«Ciao, come stai?» Disse la donna.
«Io bene, grazie.»
Scolasticamente parlando, è come dice Namio, ma in editoria è sempre meglio chiedere prima: ci sono editori che usano i «sergenti», chi le "virgolette" come ha fatto qui Marcello e chi preferisce, come per esempio me, i — trattini lunghi —, che differiscono dagli altri segni dal fatto che se il trattino di chiusura si trova a fine frase, si omette.
Io addirittura ho tanto da obiettare anche sull'uso delle maiuscole e della punteggiatura nel normale uso dei dialoghi, dubbi che ho riassunto nel BA Style
Qui, nelle Gare, sentitevi liberi di usare il tipo di segni dei dialoghi che preferite, ci mancherebbe.
Altro discorso è la punteggiature. Quella sì, curatela bene, per favore, e seguite qualsiasi segnalazione vi venga offerta da chi vi legge e commenta.
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in quei vicoli di Genova che sanno nascondere ogni cosa e ogni cosa sanno offrire.
bella la storia, ben scritta e con ottime descrizioni.
i poche refusi te li ha segnalati Namio, quindi ti faccio solo i complimenti
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I personaggi sono tratteggiati abilmente, in particolare il vecchio col suo strabismo e il suo mutismo, da cui esce miracolosamente. La scena della fuga poi sembra quella di un film, si riesce ad immaginare il sorriso del vecchio, che in un lampo rivela la menzogna detta. Caratteristica è anche la vicina con il segreto della sua zuppa alla genovese.
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Nella narrazione ci sono veli di poesia, nonostante i personaggi siano in difficoltà, povertà, abbandono. La descrizione della sfortuna, della miseria, degli illeciti lascia il posto a gesti semplici e gentili, volti ad aiutare, a condividere, a sostenere; tutta l'ambientazione, pur non cambiando, assume un velo di fiaba, di timidi sorrisi.
Ogni personaggio si trasforma, mostrando la sua sfaccettatura migliore, donando al racconto un'affascinante atmosfera, su cui brilla il piccolo, ubriaco Chopin.
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illustrazioni aggiuntive realizzate da Furio Bomben;
strisce enigmistiche di Diego Capani.
Contiene opere di: Allison Bersani, Gabriella Pison, Gianni Giovannone, Serena Rosata, Simone De Andreis Gerini, Thierry59, Grey Delacroix, Giovanni Altieri, Marina Priorini, Antonella Rita Provenzano, Furio Bomben, Alessandra Gaggioli, Marina Casali, Mew Notice, Enrica Restelli, Valter Padovani, Alessandro Moschini, Tullio Aragona, Elena Girotti, Edoardo Baietti, Gilbert Paraschiva, Gianluigi Redaelli, Connie Furnari, Flavia Ippolito, Mariella Scarano, Piergiorgio Annicchiarico, Poly, Alessio Boni, Carmine Rosano, Alberto Tristano, Barbara Bertucci, Armando D'Amaro, Livin Derevel, Stefano Masetti, Alfio Faedi, Giovanni Gentile, Bruno Elpis, Riccardo Carli Ballola, Roberta Eman, Anna Pisani, Ser Stefano, Riccardo Sartori, Giovanna Amoroso, Jen Ricci, Michele Cogni, Paolo Ferruccio Cuniberti, Claudio Gavina, Valeria Ferracuti.
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Il sole è nudo
Antologia di opere che mettono a nudo la pratica del nudismo.
Questo libro non vuole essere un dibattito pro o contro; non ci riguarda, abbiamo solo avuto il desiderio di spogliarci con voi.
A cura di Angelo Manarola e Massimo Baglione.
Copertina di Roberta Guardascione.
Contiene opere di: Concita Imperatrice, M. C, Gianni Veggi, 1 s3mpl1c3 nud1sta, Paolo De Andreis, Mario Stallone, Leonardo Rosso, Iconat, Sergio Bartolacelli, Donatella Ariotti, Franca Riso, Lodovico Ferrari, Goldchair60, Emanuele Cinelli, Vittoria Tomasi, Simone Pasini, Anna Rita Foschini, Matteone, Galiano Rossi, Franca Mercadante, Massimo Lanari, Francesco Paolo Catanzaro, Francesco Guagliardo, Giacobsi, Bayron, Marina Paolucci, Guglielmo A. Ferrando, Stefano Bozzato, Marco Murara, Francesca Miori, Lorenzo Moimare, Vincenzo Barone, Rupert Mantovani, Domenico Ciccarelli, Siman, Roberto Gianolio, Francesco Marcone, utente anonimo, Jole Gallo, Giovanni Altieri, Daniela Zampolli, Robi Nood, Mauro Sighicelli, Lucica Talianu, Giovanni Minutello, Naturizia, Serena Carnemolla, Carla Bessi.
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