Sangue di pietra
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Sangue di pietra
- Sii libero. La tua forza non ci salverà, niente può arrestare la nostra fine. Forse non ci rivedremo più. Addio prodigio vivente.
Petro cadde nel sonno più profondo, sentendo l’aggressività che gli era stata piantata dentro svanire. Un altro anziano vestito di blu promise a Petro che se fosse vissuto abbastanza lo sarebbe venuto a prendere, ma lui dormiva già e non sentì quella promessa. Gli antichi però non tornarono mai e Petro entrò nel letargo senza conoscere il senso della sua creazione. Senza uno scopo dormiva mentre il mare urlava, ed il tempo scorreva.
Molto tempo dopo in quella grotta dischiuse gli occhi, solo e disorientato comprese di essere orfano. Non sapeva cosa fosse il tempo né la vita. Esisteva e basta. La vista gli dava sempre il solito panorama buio fatta eccezione per i pochi e sottili raggi di luce che filtravano dall’esterno. Il mare e il suo ruggito interrompevano di tanto in tanto i suoi ricordi, l’unica cosa che possedeva al mondo. Si chiedeva dove fossero gli antichi, dove fosse la città dalle cupole d’oro e cosa le facesse scintillare dato che adesso era tutto buio. Illuminando le mani con la poca luce a disposizione capì di essere fatto di pietra, la solita materia della quale era fatta la caverna. Quella caverna era come un enorme grembo materno dal quale prima o dopo sarebbe dovuto uscire. In alcuni punti del suo corpo il muschio era cresciuto come una seconda pelle, soffice e scura. L’acqua che gocciolava dal soffitto della caverna lo incuriosiva, non ne afferrava la natura né il senso. Non capiva se fosse qualcosa di vivo dato che aveva una sua dinamicità o se fosse inanimata come la pietra che lo circondava. La luce che andava a stamparsi sulle pareti e l’acqua erano gli unici elementi oltre la pietra. Provò spesso ad afferrare la luce, ma non aveva peso e sostanza. Notò poi che ogni giorno la luce colpiva i soliti punti, lo intuì perché incise il bordo dei raggi solari sulla parete della caverna e si accorse che ogni giorno quei raggi si muovevano andando ad illuminare sempre i soliti posti. Non sapeva cosa fosse il tempo, ma comprese cosa fosse la costanza.
Dopo aver ragionato su questo, decise di andare incontro alla luce. Andandole incontro, la luce si fece sempre più intensa, fino al giorno in cui trovò l’uscita della caverna.
Fuori dalla caverna tutto era luce, tutto era fatto di colori. La prima volta si spaventò. Non aveva mai provato niente del genere. Sentì qualcosa di caldo scorrergli dentro e la sua pelle farsi più pesante. Senza che se ne fosse accorto aveva innescato un meccanismo di autodifesa che lo rendeva ancora più forte e resistente. Quando uscì per la seconda volta il coraggio era saldo in lui, decise quindi di esplorare il mondo circostante. Il mare e il cielo furono la prima cosa che riuscì a vedere e in un certo senso a capire. Si accorse che non erano la stessa cosa e notò che l’acqua era per lui qualcosa di pericoloso. Dei sassi sdrucciolarono in mare andando giù senza riemergere, questo gli creò un po’ di ansia. Il cielo era alto, limpido e innocuo. Gli piacque. Si arrampicò su per la scogliera ed arrivò in un bosco fatto di pini verdi. Toccò gli alberi, anche questi sembravano fatti di pietra ma notò che erano molto più fragili. La loro corteccia si sfaldava con estrema facilità. Non erano simili a Petro in nulla e di questo se ne dispiacque dato che gli piacevano. Vide poi degli animali e sentì che gli piacevano. Trovava belli i serpenti, lucidi e scintillanti. Amava i conigli soffici e timidi. Adorava gli uccelli dinamici e esuberanti. Negli animali vedeva e sentiva qualcosa di strano. La vita e il movimento erano bizzarri per lui. Ma niente di tutto quello che trovava bello e interessante gli somigliava, questo gli fece sperimentare la solitudine e i sentimenti che ne derivavano.
Senza che afferrasse il concetto di tempo iniziò ad interrogarsi su se stesso, riesaminando i suoi ricordi per poi confrontarli con le sue nuove esperienze. Cosa lo teneva in vita? Quali erano i meccanismi che lo differenziavano dal resto delle altre creature? Quali erano i processi che innescavano le sue idee? Cosa scorreva sotto la pietra che lo componeva?
Iniziò a studiare il movimento del sole e delle stelle. Capì che la luce andava e veniva sempre nella stessa maniera. Ma non avendo concezione del tempo non dette troppo peso a ciò, anzi credette che il sole appartenesse al regno animale e come lui anche le stelle. Vedeva ogni giorno il sole e ogni notte la luna e le stelle. Erano lontani e luminosi. Durante le notti dove la luna splendeva pensava spesso agli antichi e alla loro città. Quando di notte pensava a loro il giorno seguente tornava alla grotta. Ma le possenti navi in cedro non c’erano e nemmeno gli antichi dalla pelle bruna e le vesti blu. La nostalgia e la speranza lo attanagliavano spesso facendolo sentire un estraneo, un alieno caduto dal cielo in un mondo bello, ma che non gli apparteneva.
Non era infelice, ma i suoi creatori li avrebbe rincontrati volentieri. Volentieri avrebbe rivisto i loro abiti blu, la loro barba bianca, riascoltato la loro voce. La loro ninnananna che ancora riecheggiava nella sua testa granitica era l’unico gesto di affetto che aveva ricevuto e che mai avrebbe scordato.
Poi un giorno qualcosa nell’aria mentre vagabondava fra i pini lo destò dai suoi pensieri. Inizialmente credette di aver sognato, di essersi immaginato tutto. Ma poco dopo la sentì di nuovo. Sentì la voce di un uomo. Non poteva sbagliare visto che nessun animale poteva replicare un suono come quello. Pensò subito agli antichi, forse erano venuti a prenderlo.
Seguì la voce e seguendola si accorse che il bosco spariva. Ai margini della vegetazione gli si parò davanti uno spettacolo singolare e bizzarro. In un agglomerato di sassi simili a grotte c’erano dei curiosi esseri. Avevano le fattezze degli antichi, delle similitudini nei tratti. Ma il disgusto che sentì non lo aveva mai provato. Quelli non erano gli antichi, quei “cosi” potevano avere due braccia e due gambe come loro, ma non erano loro. La loro lingua era volgare e fastidiosa, il loro tono nel parlare era rozzo. Gli abiti che portavano addosso erano logori e banali. Le loro case, che Petro aveva confuso per grotte, erano squallide. In niente quell’accozzaglia di pietre e ciottoli assomigliava alla città dalle cupole d’oro. In nulla la voce e le parole di chi lo aveva creato erano simili ai volgari rantoli di quelle bestie su due zampe.
La delusione diventò orrore quando li vide mangiare. Uccidevano e mangiavano gli animali che lui amava. Sentì l’impulso di ucciderli tutti, ma poi si domandò “a che fine farlo?”. La loro natura era quella, misera e brutta. Non avrebbe vendicato la sofferenza delle bestie, le quali anche loro mangiavano e uccidevano, né avrebbe istruito quei mostri ad una vita migliore. Sarebbe stata violenza fine a se stessa se li avesse uccisi. Sarebbe di conseguenza diventato come loro, come l’unica cosa che odiava al mondo. I comportamenti degli uomini fecero sì che Petro iniziasse a guardarsi dentro, così da interrogarsi su cosa fosse giusto o sbagliato.
Il giorno si fece notte e le stelle e la luna apparvero. Si rallegrò del fatto che almeno loro non fossero spariti nelle loro disgustose bocche. I grilli frinivano nella testa di Petro, una melodia trita ma rassicurante. Era la musica della terra, utile a cose che lui non sapeva, ma che avrebbe voluto conoscere. Gli interrogativi sul mondo che lo circondava erano tanti. Avrebbe voluto capire tutto, ma senza un maestro, un amico o qualsiasi essere col quale comunicare era tutto complicato. Era come giocare ad un gioco senza saperne le regole. Poteva solo osservare ed ascoltare quello che lo circondava, trarre delle conclusioni che potevano essere giuste o sbagliate e questo solo grazie al suo intelletto continuamente martellato da interrogativi. Poi qualcosa di diverso lo fece sobbalzare. Un suono unico, una melodia che gli entrò nelle orecchie, qualcosa di nuovo, di mai ascoltato. Provò qualcosa di simile alla paura che lo aveva assalito il primo giorno fuori dalla grotta. Ma poi la paura svanì e diventò qualcosa di diverso, che non sapeva spiegare.
Si avvicinò verso quel suono delicato, simile in qualche modo alle parole degli antichi e quando capì da dove venisse fu stupore, confusione e meraviglia. Affacciata alla finestra di una casupola fatiscente una ragazza pregava illuminata da una candela. Era così bella da spaventarlo. Quella ragazza era una di loro, ma non era come loro. Non era viscida, né grezza. Era bella anche se non conosceva il significato di questa parola. Il suo volto non era volgare, come non lo erano le sue mani, né la sua voce delicata. Petro ascoltò le sue note vocali senza capire una sola parola. Ma non aveva importanza per lui. La candela poi si spense e la ragazza sparì nell’ombra. Tornò lì ogni notte e lei ogni notte pregava a voce alta, incantandolo.
Grazie a lei iniziò ad elaborare e capire ed apprezzare il concetto di bellezza. Era qualcosa di più profondo della meraviglia o dello stupore. Quelli li aveva sperimentati velocemente perché ciò che lo circondava, specialmente una volta uscito dalla grotta, era tutto una scoperta, una novità.
La sua intelligenza si era evoluta, portandolo a fare ragionamenti o speculazioni. Ma quella ragazza era qualcosa di più. Davanti a lei non ragionava. Si perdeva. Perdeva la sua abitudine di giudicare, di chiedersi il perché di tutto. Era bella, semplicemente bella. E non lasciava adito ad altro. Non c'era da chiedersi perché. Lui poteva solo star lì a fissarla, senza pensare ad altro.
Ascoltandola iniziò a capirla. Iniziò a tradurre in oggetti e concetti i suoni che lo affascinavano. Quella creatura unica chiedeva non si sa a chi delle ricchezze.
Per scoprire cosa fosse la ricchezza Petro dovette umiliarsi nel dover osservare gli altri uomini e donne. Non fu facile spiarli senza farsi vedere, ma ci riuscì.
Capì che la ricchezza e la felicità erano connesse, ma non erano la solita cosa. La maggior parte degli uomini bramava le ricchezze senza però mai ottenerle. Offendevano i pochi che ne possedevano e si lanciavano in sfuriate patetiche quando a sera si ubriacavano dopo aver faticato tutto il giorno. Altri rubavano, altri si vendevano, molti tradivano per queste ricchezze.
Aveva un opinione degli uomini sempre più bassa. Si domandò perché la ragazza, tanto bella e gentile, aspirasse alla solita cosa di quei ridicoli e gretti esseri. Ogni notte la vedeva e l’ascoltava, avrebbe fatto qualsiasi cosa per lei, per esaudire i suoi desideri. Lei di ricchezza a Petro ne aveva elargita tanta senza saperlo. Si sentiva ricco grazie a lei. Il senso di vuoto era sparito da quando l’aveva vista per la prima volta, avere un esistenza piena per lui era la ricchezza più grande.
Era comunque difficile capire cosa fosse materialmente la ricchezza. Gli uomini del posto barattavano tutto, non usavano ricchezze per sostentarsi. Un giorno però un uomo diverso dagli altri, uno che in quel paesino non aveva mai visto, arrivò da lontano. Gli altri uomini era ammutoliti al suo cospetto, docili e guardinghi. Le loro espressioni di fronte a quello straniero erano contrite, sembrava che lo temessero, ma ciò nonostante erano goffamente servili nei suoi riguardi. Quest’uomo, con sprezzo malcelato, tirò fuori di tasca una pepita d’oro lucente e tutti si misero in moto come burattini al suo servizio. Tutti correvano per accontentarlo, gli sorridevano e si sforzavano di essere meno brutti e rozzi. Lui li derideva e loro facevano a gara nel farsi deridere. Quella pepita riaccese i ricordi più lontani di Petro. Le cupole della città degli antichi erano fatte di quella sostanza luminosa. Gli antichi ne avevano da buttare di quel metallo straordinario. Certo, loro non lo usavano come moneta. L‘oro degli antichi serviva per catturare i fulmini ed innescare enormi macchine di straordinaria bellezza. Petro rise di quell’uomo. Usava un oggetto del genere per avere in cambio gli oggetti e i servizi di quei barbari.
La nostalgia per un momento gli appesantì l’animo, ma poi si rallegrò.
Di oro o ricchezze simili la terra è piena. Gli antichi glielo avevano detto, anzi era una delle sue mansioni trovare l’oro. Avrebbe trovato l’oro e lo avrebbe consegnato alla ragazza rendendola ricca. Sentì la felicità scorrergli dentro, qualcosa di caldo che nella sua vita aveva sperimentato poche volte. Aspettò con ansia il buio, poi avrebbe atteso la luce della candela e infine la voce della ragazza.
Anche quella sera le andò incontro dopo averla sentita pregare. Quella notte avrebbe dato qualsiasi cosa per poterla toccare. Si avvicinò lentamente. Lei non lo sentì né lo vide. Poi lui per la prima volta in vita sua parlò. Il suo fu più in rantolo, non aveva mai parlato in vita sua e nemmeno sentito mai il suono della propria voce. Rimase stupito oltre che imbarazzato, ma non volle farci caso visto che la ragazza lo aveva sentito e aveva smesso di pregare. Sentendo quel suono strano la ragazza si era bloccata, domandò chi ci fosse, ma nessuno le rispose. Un colosso di Pietra le stava di fronte, ma lei non lo vedeva. I suoi occhi, grandi e bellissimi, fissavano il vuoto e le sue mani si agitavano l’una con l’altra. Petro comprese che la ragazza non lo avrebbe visto, come mai avrebbe potuto vedere nulla. Pensò alla ragazza, ai suoi ricordi fatti di soli suoni, senza immagini ne colori. La ragazza domandò di nuovo chi fosse, Petro si sentì triste come mai si era sentito. Si fece coraggio e le chiese il suo nome
- Iris. Rispose lei con un po’ di apprensione.
Vide i suoi grandi occhi verdi socchiudersi, non aveva paura e questo lo intenerì ancora di più . Avrebbe voluto accarezzarla, dimostrale l’affetto che lo scaldava sotto la sua scorza rocciosa. Ma si congedò, promettendo che sarebbe tornato per esaudire i suoi desideri. Lei lo lasciò andare credendo forse che un angelo fosse sceso in terra per ascoltarla.
Petro tornò nella caverna dalla quale era uscito molto tempo prima e iniziò a scavare. La pietra della caverna si sgretolava sotto i suoi possenti colpi. Un metro alla volta Petro aprì una voragine ciclopica, più estesa del villaggio di Iris. Senza vedere più il sole e la luna perse la cognizione del tempo. Scavò sempre più a fondo fino a che una vena d’oro illuminò il buio. Era riuscito nel suo scopo. L’oro era stato trovato e con esso anche molte gemme preziose. Ne raggruppò una quantità non indifferente che a mala pena riusciva a trasportare e una volta presa fra le sue possenti mani uscì dalla grotta. Fuori era buio, s’incamminò verso il villaggio di Iris, ma i punti di riferimento che ricordava erano scomparsi. Il bosco era praticamente sparito, adesso delle lunghe spighe avevano sostituito gli alberi. Con grosse difficoltà ritrovò il villaggio. Non era più squallido e fatiscente, sembrava più ordinato e curato. In giro non c’era nessuno, solo qualche gatto. Non si capacitava del perché ci fossero tanti cambiamenti. Poi vide una ragazza dove una volta Iris pregava. Anche la casa di Iris era cambiata, sembrava più grande e meno brutta. Si avvicinò a quella ragazza che nel buio teneva in mano qualcosa di luminoso. A farle luce non c’era una candela, ma una piccola sfera di luce che lui non aveva mai visto.
Fu invaso dalla gioia e per poco non fece cadere l’oro e le gemme. La ragazza era Iris.
Si avvicinò convinto di non essere visto, ma la ragazza alzò lo sguardo su di lui e rimase impietrita dal terrore. Lui non arrestò la sua avanzata e una volta al suo cospetto le mostrò l’oro e le gemme che aveva estratto dalla grotta. La ragazza rimase interdetta, non disse nulla, fu Petro a chiamarla per nome.
- Iris.
Lei guardò le ricchezze e poi il colosso di pietra che gliele porgeva. Cercò di dominare la paura e con un filo di voce.
- Io non sono Iris. Mi chiamo Rosa. Iris era mia nonna.
Lui rimase ammutolito.
- Purtroppo mia nonna è morta quindici anni fa. Era molto anziana. Mi dispiace.
Quelle parole scossero dentro di lui qualcosa che non si muoveva da molto, forse troppo, tempo. Iniziò a sentir scorrere dentro di se qualcosa di caldo. Quella sostanza gli ricordò istintivamente l’acqua. Riusciva ad avvertirne la consistenza anche se tutto avveniva dentro di lui. Il suo corpo si stava intorpidendo, un po’ come quando gli antichi cantarono la ninnananna che lo fece addormentare. Ma stavolta era diverso. Un pezzo alla volta la sua enorme mole iniziò a sgretolarsi fino a diventare polvere. L’ultima cosa che vide furono gli occhi verdi di Rosa, identici a quelli di Iris, e poi più nulla. Ai piedi della ragazza rimase un piccolo cumulo di polvere nera, simile alla cenere ma con dei riflessi vetrosi. Dalla polvere spuntarono simili a dei funghi le gemme e l’oro che scintillavano sotto la luce della luna. Le gemme brillarono più forti dopo che il vento soffiò via la polvere nera. Quel manto nero volò leggero fino al mare, forse fino alla città dalle cupole dorate.
- Roberto Bonfanti
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Un racconto fantasy, ben scritto, che si presta a diverse interpretazioni. Trovo un po' consueta la contrapposizione fra mostruosità e bellezza, dal romanzo gotico in poi (ma anche prima) è una formula molto usata in letteratura, come il sottinteso messaggio ecologista, l'incapacità degli uomini di vivere in sintonia con la natura.
Nel complesso lo stile è piacevole, fatto di frasi brevi e asciutte; per quanto poco nelle mie corde, l'ho trovata una lettura piacevole.
Due segnalazioni di refusi: "Questo tirò fuori di tasta una pepita d'oro lucente", "L'ultima cosa che vide furono gli occhi verde di Rosa".
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la ringrazio per il commento costruttivo, utlile e interessante.Roberto Bonfanti ha scritto: 14/10/2021, 13:06 Pietro, un Golem misterioso, creato da esseri sovrannaturali ormai scomparsi, ritrova una scintilla di umanità alla presenza della bella e cieca Iris e di sua nipote, debolezza che è capace di consumarlo, cosa che non era riuscita neanche al tempo.
Un racconto fantasy, ben scritto, che si presta a diverse interpretazioni. Trovo un po' consueta la contrapposizione fra mostruosità e bellezza, dal romanzo gotico in poi (ma anche prima) è una formula molto usata in letteratura, come il sottinteso messaggio ecologista, l'incapacità degli uomini di vivere in sintonia con la natura.
Nel complesso lo stile è piacevole, fatto di frasi brevi e asciutte; per quanto poco nelle mie corde, l'ho trovata una lettura piacevole.
Due segnalazioni di refusi: "Questo tirò fuori di tasta una pepita d'oro lucente", "L'ultima cosa che vide furono gli occhi verde di Rosa".
ho bisogno di tutti i pareri possibili per migliorare, mi dispiace solo per gli errori ortografici che mi sono sfuggiti. ho scoperto tardi questo spazio che considero utile ed interessante.
grazie ancora per il voto positivo.
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Re: Commento
Grazie mille per il commento ed il voto, è bello che si percepisca l'impegno messo.Anto58 ha scritto: 14/10/2021, 23:20 Anche per me il racconto è molto originale, ben scritto. Si sente il pathos e di ha voglia di continuare a leggere per sapere come va a finire. Non amo il fantasy ma questo pezzo mi è piaciuto molto per la notevole sensibilità e umanità che lascia trasparire. Voto 4
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Re: Sangue di pietra
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Alcuni piccoli refusi da segnalare: "sentii l'impulso di ucciderli..." dato che il raccontò non è scritto in prima persona, credo sia meglio dire: "sentì...". Poi: "quello che circondava" direi meglio: "quello che LO circondava". Infine, la parola "ricchezza" è un poco ripetuta. Ma al di là di queste piccolezze, il brano è scritto molto bene e la storia narrata è avvincente. Pertanto massimo dei voti, 5.
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Re: Commento
Laura Traverso ha scritto: 15/10/2021, 16:59 Complimenti davvero per questo bel racconto/fiaba che racchiude tutto. Parla della vita, della cupidigia degli umani e delle loro debolezze. Parla della natura, descrivendo al meglio, con molta grazia e sensibilità, la sua meraviglia. Racconta degli animali, della loro unicità e bellezza (e anche dell'orrore provato nel vedere gli uomini mangiarseli). E parla di solitudine, ma anche dell'amore che ha infine conosciuto e vissuto. Si sente, leggendo il tuo racconto, molta empatia nei confronti del solitario uomo di pietra. Bello pure il finale: lascia intendere che Pietro, sgretolato per amore sino a diventare polvere, possa essersi avviato verso la propria felicità.
Alcuni piccoli refusi da segnalare: "sentii l'impulso di ucciderli..." dato che il raccontò non è scritto in prima persona, credo sia meglio dire: "sentì...". Poi: "quello che circondava" direi meglio: "quello che LO circondava". Infine, la parola "ricchezza" è un poco ripetuta. Ma al di là di queste piccolezze, il brano è scritto molto bene e la storia narrata è avvincente. Pertanto massimo dei voti, 5.
grazie mille per il commento e per il voto che sono entrambi preziosissimi per la mia crescita dato che ancora ho tanta strada da fare.
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Re: Commento
Grazie mille per il voto ed il commento. Forse avrei dovuto condensare certe situazioni invece di dilungarmi.Egidio ha scritto: 17/10/2021, 15:47 Mi piace questo tuo testo a metà strada tra la fiaba e il racconto esoterico. È scritto bene e tocca tematiche importanti. Hai davvero sbrigliato la tua fantasia nel costruire la trama. L' unica critica che mi sento di fare è per la lunghezza: una maggior sintesi non avrebbe stonato. Voto 4
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E che, a differenza del golem originale, diventa umano poiché soffre e infine muore, per amore.
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commento a Sangue di pietra
Gli antichi lo avevo scolpito nella roccia -- avevano
soffice ed scura -- e scura
trovò l'uscita dalle caverna. – dalla
ed a iniziare a capire cosa fosse giusto --- e iniziare
modo alla parole degli antichi, --- alle
tirò fuori di tasta--- tasca
lo sentì ne lo vide --- né
Uso della virgola di cui mi sono accorto e che a mio parere modificherei
sdraiarono dentro utilizzando macchine fatte -- dopo "dentro" ci vuole una virgola
Andandogli incontro la luce si fece sempre --- virgola dopo incontro
Dopo aver capito questo decise di andare incontro --- virgola dopo capito
Per capire cosa fosse la ricchezza Pietro dovette --- virgola dopo ricchezza
similitudini nei tratti in effetti. -- Virgola dopo tratti
sdraiarono dentro utilizzando macchine fatte -- dopo "dentro" ci vuole una virgola
Considerazioni sulla bontà testo. Sempre parere personale.
Non mi spiego come mai gli attenti commentatori che mi hanno preceduto non si siano accorti che per ben 22 volte è usato il verbo capire nelle varie declinazioni, eppure è molto semplice trovarle, basta usare ctrl + f.
Rilevo l'uso scorretto della d eufonica che in questo scritto abbonda a profusione.
Vista la sua presenza massiccia in molti altri racconti, ormai mi sono rassegnato, sono io che sbaglio.
Non serve raddoppiare sempre gli aggettivi. Appesantiscono la lettura. Il "bravo autore" ne sceglie uno adatto e questo basta.
È un racconto fantasy, o almeno credo, e qui su Bravi Autori peste colga chi non sa apprezzarne la bellezza.
Mi limito soltanto a esprimere il mio voto sulla qualità della scrittura, ovvero dal 2 al 3. Arrotondo a 3
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Re: Sangue di pietra
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Re: Sangue di pietra
Sì, dovesti avere un'iconcina a forma di matitina, vicino al titolo. Cliccala e riedita il testo.è possibile ricaricare il racconto dopo averlo corretto senza uscire dal concorso?
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C'è fantasia, uno spunto gradevole, elaborato, mistero. Eppure alle volte sembra perdersi, e non solo dietro al testo stesso: davvero sembra che non riesca a decidere se proseguire la vicenda o perdersi in un'ennesima giustificazione, che è poi la trappola peggiore per questo genere di racconti.
Che, purtroppo, a me piace, quindi il voto subisce l'effetto di questa preferenza per il genere.
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Re: Sangue di pietra
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Ci sono però delle cose che non mi convincono tanto, provo a elencarle qui sotto:
- ci sarebbero delle piccole correzioni da fare, ad esempio:
"lo sdraiarono dentro" non si sdraia qualcuno, lo fecero sdraiare? lo posero?
"un alieno caduto dal cielo in mondo bello..." in un mondo bello
"sentii" sentì
"la ragazza poteva dirsi accontentata e lui si sarebbe sdebitato..." avrebbe potuto dirsi accontentata?
- alcune scelte stilistiche secondo me andrebbero riconsiderate:
"inscalfibile"
"scalpellini che scolpivano"
"di illuminare sempre i soliti posti" cambierei soliti
"rincontrati"
"aspirasse alla solita cosa di quei ridicoli gretti esseri" la solita cosa mi suona male
- A volte i tempi verbali mi sembrano strani ma non mi pronuncio perché non saprei spiegarne il motivo.
- troverei dei sinonimi di antichi, la parola si ripete davvero troppo spesso
- nel paragrafo dove trova oro e gemme, dedicherei qualche riga in più per dare maggiormente il senso del tempo trascorso
- alcuni paragrafi sono un pò densi a livello visivo
- il dialogo finale mi sembra un pò "secco" rispetto a tutta la descrizione particolareggiata di ciò che avviene prima, penso potresti svilupparlo meglio, o eventualmente evitare il discorso diretto e inserirlo come ultimo ricordo di Pietro
- ultima cosa, Pietro immagino tu abbia scelto il nome perché si tratta di un essere di pietra, ma a me rimanda immediatamente al Pietro della religione cattolica. Non è sicuramente un errore o una cosa sbagliata, ma se, come ho letto in un tuo commento, vorresti dargli un'impronta esoterica, forse si può trovare un nome che non dà un rimando così immediato a una specifica dottrina
Spero di esserti stata utile e di non essere risultata tediosa, volevo solo far capire il perché del mio voto che è forse un pò basso rispetto al potenziale che ha secondo me il racconto. Per me il voto è 3.
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Re: Sangue di pietra
Non risulta affatto tediosa anzi questi sono tutti consigli utili grazie mille
- Fausto Scatoli
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allora, intanto c'è una marea di d eufoniche da togliere, poi c'è la punteggiatura da rivedere in toto.
ci sno tante, troppe virgole fuori posto o mancanti.
un appunto: la luce è femminile, quindi non "gli" si va incontro, ma "le".
un altro: come può un essere fatto di pietra e cosciente da poco aver dimenticato cos'è la vita? manco la conosceva.
per finire, la storia non è male e alcune descrizioni sono buone, ma necessita di una revisione generale per poter arrivare con piacere alle corde di lettura di tanti.
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Re: Commento
grazie mille per i suggerimenti e per aver letto il racconto. Effettivamente l'utilizzo delle virgole e delle eufoniche, soprattutto ED, è stato veramente improprio. Forse mi sono concentrato troppo sulla storia e nel provare a renderla più breve possibile.Fausto Scatoli ha scritto: 16/11/2021, 13:30 parto con i punti negativi per finire in positivo, se non ti spiace.
allora, intanto c'è una marea di d eufoniche da togliere, poi c'è la punteggiatura da rivedere in toto.
ci sno tante, troppe virgole fuori posto o mancanti.
un appunto: la luce è femminile, quindi non "gli" si va incontro, ma "le".
un altro: come può un essere fatto di pietra e cosciente da poco aver dimenticato cos'è la vita? manco la conosceva.
per finire, la storia non è male e alcune descrizioni sono buone, ma necessita di una revisione generale per poter arrivare con piacere alle corde di lettura di tanti.
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Re: Commento
sicuramente saprai trarre beneficio da ogni suggerimento.Giovanni p ha scritto: 16/11/2021, 16:35 grazie mille per i suggerimenti e per aver letto il racconto. Effettivamente l'utilizzo delle virgole e delle eufoniche, soprattutto ED, è stato veramente improprio. Forse mi sono concentrato troppo sulla storia e nel provare a renderla più breve possibile.
è essenziale rendersi conto di cosa non va e avere il coraggio di modificarlo.
costa, lo so, l'ho provato pure io, ma serve tanto
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Re: Commento
Francesco Pino ha scritto: 19/11/2021, 18:28 Stavo per abbandonare il racconto dopo le prime righe perché il genere non mi piace molto. Poi mi sono detto: "bah, una volta che ho cominciato Andiamo avanti come con gli altri!". Ne è valsa la pena. Mi hai fatto percepire le sensazioni che probabilmente prova una creatura intelligente all'inizio della sua vita: esce fuori dal buio che lo protegge con paura, ma quel mondo esterno fatto di colori gli piace. Non sa spiegarsi nulla di cio' che lo circonda, scopre tutto a piccoli passi. Poi arriva quel momento del primo amore, per il quale si farebbe qualsiasi cosa in cambio dell'essere corrisposti. Qui Petro diventa molto umano nel suo dolore di non trovar più Iris dopo aver raccolto quei tesori solo per lei.
Mi è piaciuto il concetto dell'oro usato nella maniera "sbagliata" rispetto a come se lo ricordava Petro. Viceversa mi ha mandato un po' in confusione il passaggio sugli esseri umani. Cioé: Petro vede delle bestie a due zampe che emettono dei rantoli e rifiuta di riconoscerli come simili degli "antichi". Si indigna perché uccidono e mangiano gli animali che lui ama, ma - dice - anche gli animali sono bestie che uccidono e mangiano gli altri animali. In cosa il sentimento di Petro è diverso in questo caso? Perché avrebbe voluto uccidere quei "cosi" e non gli altri esseri viventi che facevano lo stesso?
Insomma, a parte gli errori che ti hanno già segnalato in tanti la tua prova è senz'altro positiva.
Grazie mille per aver dato fiducia al mio racconto, e grazie per il commento e i suggerimenti o pareri dati. Non ho capito se ha votato oppure no, ma mi ha fatto piacere leggere la parola "positiva" accostata al racconto
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Re: Commento
Se non si ha il coraggio di accettare critiche o suggerimenti non vale la pena iscriversi ad un concorso. Mi sono iscritto a questo concorso proprio per avere dei confronti, altrimenti non si può migliorare. Ringrazio chiunque abbia commentato e ancora di più chi mi ha fatto notare quello che non va.Fausto Scatoli ha scritto: 16/11/2021, 17:07 sicuramente saprai trarre beneficio da ogni suggerimento.
è essenziale rendersi conto di cosa non va e avere il coraggio di modificarlo.
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Per tornare al racconto, a parte qualche 'imperfezione linguistica' che fa inciampare la lettura tutto scorre bene.
Solo una curiosità: nel testo il personaggio si chiama Petro; non è stata una svista, vero? anche perché ho visto che molti commentatori hanno scritto "Pietro"…
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Re: Sangue di pietra
Grazie mille sia per il voto che per il commento che mi è piaciuto molto. Inizialmente si chiamava Pietro ma mi è ststo fatto notare che stona un po' è l ho cambiato in Petro che fra l altro mi piace di più. Grazie ancora
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ho trovato il tuo racconto molto poetico e delicato. Avrei una domanda: qual è la genesi del titolo? Io capisco che ha un significato equivalente a quello di cuore di pietra, anche se ovviamente il senso di questa espressione risulta ribaltata, vista la purezza e la bontà d'animo del protagonista. Oppure va al di là di questa mia interpretazione?
Mi permetto due appunti:
“Sentì l’impulso di ucciderli tutti, ma poi si domandò “a che fine farlo?”. La loro natura era quella, misera e brutta.” Al posto dell’aggettivo brutto ne avrei utilizzato un altro, tipo sgradevole o ributtante, per sottolineare il disgusto del protagonista nei confronti degli uomini (qui si tratta di puro gusto personale)
“Era bella anche se non conosceva il significato di questa parola”. Avrei aggiunto un avverbio per indicare una conoscenza almeno minima, non nulla, del concetto di bellezza, che altrimenti non avrebbe potuto svilupparsi nel suo animo, come è poi accaduto.
Si tratta di inezie, confesso che questo genere di racconti mi piace molto (ancora di più quando sfociano nel thriller e nell’horror…), e per questo, tra 4 e 5, scelgo di votare 5.
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Re: Sangue di pietra
Grazie mille per il commento il voto ma sopratutto i suggerimenti. Sugli appunti fatti non sono inezie, ma suggerimenti giusti e soprattutto utili, quindi grazie mille. Per la genesi il sangue doveva esserci in realtà nella storia, ma avrebbe preso una piega troppo cupa e ho tolto l episodio. Grazie ancora
Masquerade
antologia AA.VV. di opere ispirate alla maschera nella sua valenza storica, simbolica e psicologica
A cura di Roberto Virdo' e Annamaria Ricco.
Contiene opere di: Silvia Saullo, Sandro Ferraro, Luca Cenni, Gabriele Pagani, Paolo Durando, Eliana Farotto, Marina Lolli, Nicolandrea Riccio, Francesca Paolucci, Marcello Rizza, Laura Traverso, Nuovoautore, Ida Daneri, Mario Malgieri, Paola Tassinari, Remo Badoer, Maria Cristina Tacchini, Alex Montrasio, Monica Galli, Namio Intile, Franco Giori.
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BiciAutori - racconti in bicicletta
Trentun paia di gambe hanno pedalato con la loro fantasia per guidarci nel puro piacere di sedersi su una bicicletta ed essere spensierati, felici e amanti della Natura.
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La spina infinita
"La spina infinita" è stato scritto quasi vent'anni fa, quando svolgevo il mio servizio militare obbligatorio, la cosiddetta "naja". In origine era una raccolta di lettere, poi pian piano ho integrato il tutto cercando di dare un senso all'intera opera. Quasi tutto il racconto analizza il servizio di leva, e si chiude con una riflessione, aggiunta recentemente, che riconsidera il tema trattato da un punto di vista più realistico e maturo.
Di Mario Stallone
A cura di Massimo Baglione.
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Nota: questo libro non proviene dai nostri concorsi ma è opera di uno o più soci fondatori dell'Associazione culturale.
La Gara 5 - A modo mio
A cura di Pia.
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La Gara 16 - Cinque personaggi in cerca di storie
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La Gara 54 - Sotto il cielo d'agosto
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