Il verme
Il verme
Nonostante l'alcol già ingerito cercava di camminare con passo composto e spedito. «Il Gin fa davvero schifo», pensava. Odiava quel gusto di resina che lascia in gola. Era uscito da circa un'ora e stava smaltendone gli effetti. Iniziava a recuperare un po' di lucidità ma sentiva le gambe sempre più pesanti.
Stava percorrendo un marciapiede dissestato lungo una stradina secondaria di campagna. In quel minuscolo paese dopo una certa ora, specialmente in quella stagione, non c'era mai nessuno in giro. Il silenzio era totale. La casa più vicina distava almeno trecento metri. Vedeva i moscerini che ronzavano attorno alle luci di quei tristi lampioni che illuminavano la strada con fioca luce giallastra.
Alla sua destra, oltre ad una rete metallica arrugginita, delle piante di rovo crescendo da lungo tempo senza controllo avevano formato delle siepi disordinate e fittissime. Pensò per un attimo alle dolci more che si sarebbero potute cogliere a fine estate.
Notò con la coda dell'occhio che un ramo pieno di spine si mosse come se qualcosa lo avesse colpito. D'istinto volse lo sguardo cercando di capire cosa potesse essere. In mezzo al buio, fra le foglie rugose, per un attimo scorse due riflessi luminosi simili a quelli che creano gli occhi di un gatto nella notte. «Un gatto in mezzo ai rovi?» pensò. «Che strano!». Si fermò e rimase immobile fissando con attenzione lo spazio semivuoto tra le fronde. Con suo stupore i due pallini luminosi si mossero verso l'alto. Erano troppo vicini fra loro per essere gli occhi di un felino. I fumi dell'alcol che annebbiavano la sua mente erano svaniti e si sentiva ormai quasi del tutto lucido, ciononostante non riusciva proprio a capire. Preso dalla curiosità, raccolse un sasso e lo lanciò verso quello strano fenomeno. Centrò in pieno il bersaglio. Un tonfo sordo seguito da una specie di sinistro gemito ne era la prova. Estrasse allora il cellulare dalla tasca e accese la torcia. Sentì un rumore come di un animale che si fosse mosso furtivo in mezzo alle piante. Pensò allora che forse sarebbe stato meglio lasciar stare. Se dai rovi fosse saltata fuori una volpe o un cane con intenzioni bellicose, lì in mezzo al niente, sarebbe stato difficile trovare qualcuno pronto ad aiutarlo.
Riprese quindi la strada che stava percorrendo affrettando il passo in modo da allontanarsi da quel posto inquietante. In pochi istanti quei tristi pensieri che lo opprimevano da settimane si impossessarono ancora una volta di lui. Pensava alle sue figlie. A sua moglie. A come lo avessero abbandonato in quel modo. Non credeva di essersi meritato un simile trattamento.
Per un momento la luce dei lampioni si oscurò. Del resto in quella misera città non funzionava mai niente. La rabbia lo colse e si aggiunse alla tristezza e alla disperazione che avvelenavano la sua mente debilitandolo sempre più. Sentì distintamente qualcosa che si muoveva alle sue spalle in mezzo ai rovi. Si girò. Una creatura a cui non sapeva nemmeno dare un nome si ergeva immobile proprio davanti a lui.
Una specie di verme gigante era sbucato da quel punto in cui un attimo prima aveva lanciato il sasso. La pelle dell'essere era spessa e secca. La sezione era perfettamente sferica. Alla sommità c'era una corona di occhi luciferini che andavano a disegnare una sorta di terrificante cerchio. L'essere misterioso teneva la parte superiore del corpo sollevata come fanno certi serpenti quando puntano la preda. Era davvero imponente e lo fissava rimanendo immobile e minaccioso. Abram rimase pietrificato senza riuscire quasi a muoversi, sopraffatto dall'orrore.
Il verme colossale fuoriuscì ulteriormente da quel nascondiglio arrivando a sovrastarlo di almeno qualche metro. Il pover'uomo non poté fare a meno di notare le escrescenze a forma di V che decoravano il ventre dell'essere e la miriade di piccole braccia o zampe che orribilmente uscivano e rientravano dai fianchi dell'animale.
La creatura gli si avvicinò a poco a poco finché la corona di occhi fu a pochi centimetri dai suoi. Notò con raccapriccio che dietro alle pupille quasi umane del mostro, rotonde e nere, si celava una coscienza senza dubbio malvagia. La sommità del disgustoso corpo cilindrico si rivelò essere dotato di una sorta di ventosa. Con uno scatto il verme calò tale struttura sulla testa di Abram e vi si attaccò.
Sentendosi tirare la pelle della faccia con un'impensabile forza verso l'alto urlò con tutta il fiato che aveva nei polmoni. In preda al terrore si chiese se quella ventosa non fosse in realtà la bocca della belva. Cercò di divincolarsi ma del tutto paralizzato e in balia del suo immondo aggressore.
Sentì con orrore che in qualche oscuro modo la malefica coscienza dell'animale era penetrata nella sua testa per frugare nei suoi pensieri. Tentò invano di opporsi ma lo strano essere utilizzando una sorta di potere telepatico si insinuò ancor più a fondo nella sua mente come se volesse appropriarsene o forse ancor peggio, nutrirsene. Abram si convinse che con ogni probabilità fosse proprio questo lo scopo di tale assalto.
Inerme e suo malgrado assoggettato al suo carnefice, con grande stupore si accorse che il tormento interiore che lo attanagliava da settimane inspiegabilmente stava scemando. Il dolore psichico che lo consumava sembrava abbandonarlo a poco a poco. L'angoscia e la tensione dei suoi nervi si allentarono lasciando il posto a un nuovo incredibile senso di pace e tranquillità. Lo stato di prostrazione che si era impossessato di lui da quando era rimasto solo, con sua grande sorpresa lo abbandonò in poche decine di secondi. Il verme doveva essere entrato in contatto con i suoi pensieri e forse aveva tentato di estrarli per nutrirsene. Magari aveva iniziato a predigerire la sua mente come fanno certi ragni con le loro prede prima di succhiarne i tessuti interni ridotti a una poltiglia. Quasi certamente la creatura era intenzionata a banchettare con la psiche della sfortunata preda e aveva iniziato da lì, da quei pensieri neri che riempivano la coscienza martoriata di Abram. Si poteva presumere, però, che la bestia luciferina non si aspettasse di trovare così tanta sofferenza lì dentro. Forse non pensava che fosse possibile che ce ne fosse così tanta in una persona sola. In ogni caso l'animale dopo qualche minuto si ritrasse disgustato e impaurito come quando si addenta un boccone avariato.
Il mostro, mollò la presa interrompendo il processo in atto e si ritrasse nel suo buco scomparendo mentre emetteva strani e penosi versi.
Abram cadde a terra sfinito ma allo stesso tempo sereno. Cercò dentro di sé la sofferenza che da settimane lo torturava. Con suo stupore non vi trovò più niente. Niente! Scandagliò a fondo gli angoli più remoti della coscienza. Non c'era più traccia nemmeno di un briciolo del suo tormento. Pur ricordandosi ogni cosa fin nei minimi dettagli, ora riusciva a gestire le emozioni senza alcuno sforzo. Non sapeva se preoccuparsi o meno. Calde lacrime di gioia scesero sulle sue guance ferite.
Riusciva a pensare a ciò che gli era successo nella sua lunga e travagliata esistenza, a sua moglie che lo aveva lasciato e alle sue dolci figlie, pur rimanendo sereno e lucido. Aveva ripreso il controllo e anzi non era mai stato così sano di mente come ora. Il verme sembrava aver agito in qualche modo sul suo cervello, estraendo quel grumo di dolore psichico che da settimane lo devastava e forse aveva agito ancor più in profondità sbloccando alcune capacità mentali che nemmeno lui sapeva di avere.
Il mostro d'un tratto rispuntò dal suo rifugio forse per tentare un nuovo attacco. Si lanciò verso di lui spalancando la mortale ventosa o bocca che fosse. Abram ebbe la prontezza di riflessi necessaria per schivarlo. L'essere, esaurite le ultime energie, dopo un istante cadde a terra esanime, molto probabilmente avvelenato da quel pasto indigesto.
Il giorno dopo, tutti i giornali parlavano di una strana ed enorme creatura trovata morta a terra in una zona poco frequentata.
Abram non raccontò mai tali incredibili avvenimenti, a nessuno.
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commento : Il verme
In un primo momento, visto lo stato del povero marito, pensavo si trattasse di una allucinazione, il che tutto sommato ci stava, ma così non è.
Caro autore, aiutini e correzioni di benevoli editor a parte, la scrittura dimostri di padroneggiarla, e perciò non posso evitare di domandarti, perché hai messo in campo tutta la storia iniziale per poi abbandonarla, e virare sul verme? A cosa ti è servita? Cosa volevi trasmettere al povero lettore?
Al contrario del commento che mi precede, purtroppo non mi è venuta nessuna voglia di ispezionare i boschi, alla ricerca di un altro verme. Né tanto meno ne avrei bisogno.
Qualche osservazione sul testo:
Non era neppure sicuro che le avrebbe mai riviste. I direi “se” al posto di “che”
rilevo un eccessivo ricorso agli avverbi in “mente” (ben venti in ottomila battute)
Parere personale: forse qualche tempo verbale da rivedere? Non serve, scorre abbastanza bene anche così.
Il mio voto è un due, ma tranquillo, i "bravi autori" amano questo genere, sorvoleranno sull'inizio senza senso, visto il resto del racconto, e non mancheranno folle di ammiratori entusiasti.
Re: commento : Il verme
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Ho trovato interessante l'allegoria del racconto, che parla del superare un momento difficile magari, come in questo caso, tramite un trauma che lo ridimensiona. Infatti il secondo attacco del mostro trova un Abram ormai più forte e pronto a eluderlo.
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Re: commento : Il verme
Rimango insoddisfatto della tua risposta. Mi spiego meglio. Mi hanno sempre insegnato che un racconto prima deve introdurre perlomeno il personaggio principale, descrivere poi una serie di fatti allo scopo di interessare il lettore e farlo calare nella storia. Catturata la sua attenzione, la maestria dello scrittore può portarlo dove vuole, nel tuo caso appare il verme, ma la regola assoluta (per lo meno per me) è chiudere tutti i fili pendenti, portandoli a una loro conclusione, fantasiosa, strana, inconsueta, ecc, ecc., ma mai abbandonarli.Ibbor OB ha scritto: 27/10/2021, 22:48 E poi se proprio vogliamo trovarci un senso in questo racconto, a dire il vero un senso c'è, ma ognuno ha le proprie idee e magari lo interpreta in modo diverso.
In questo racconto, la lunga vicenda iniziale del protagonista è stata semplicemente abbandonata e chiuderla non costava poi molto a mio parere.
Dire che il lettore si troverà da solo la conclusione che più gli aggrada, non è onesto e temo indichi mancanza di idee da parte dell'autore.
Re: commento : Il verme
Mi sembrava di aver chiuso e collegato tutti i fili pendenti a dire il vero. Se vuoi continuiamo questa discussione in privato. GrazieAlberto Marcolli ha scritto: 03/11/2021, 21:40 Catturata la sua attenzione, la maestria dello scrittore può portarlo dove vuole, nel tuo caso appare il verme, ma la regola assoluta (per lo meno per me) è chiudere tutti i fili pendenti, portandoli a una loro conclusione, fantasiosa, strana, inconsueta, ecc, ecc., ma mai abbandonarli.
In questo racconto, la lunga vicenda iniziale del protagonista è stata semplicemente abbandonata e chiuderla non costava poi molto a mio parere.
Dire che il lettore si troverà da solo la conclusione che più gli aggrada, non è onesto e temo indichi mancanza di idee da parte dell'autore.
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E non un racconto fantastico potrebbe essere dunque, ma allegorico: però nel verme malefico che elide il dolore, una sorta di elisione degli identici, l'allegoria dove sarebbe?
A ogni modo, il soggetto non è male, apprezzo lo sforzo. Forse dovevi ragionare con più vigore sulla trasformazione dolore assenza di dolore e offrire al lettore qualche spunto in modo da trasformare un banale racconto fantastico in un bel racconto allegorico.
Dal punto di vista formale, il testo è scritto in modo corretto. Ti segnalo solo: "la malefica coscienza dell'animale penetrò" in realtà era penetrata.
E forse quel: "nonostante l'alcol che aveva già ingerito..." il che aveva lo toglierei.
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A parte l'atmosfera che oscilla tra il lovecraftiano e lo Stephen King (schifezze nel Midwest ), è sorprendente l'esito dell'incontro, un'eucatastrofe in piena regola!
Se mi dici dove trovare vermoni così, te ne compro una carriola!
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la storia è anche abbastanza originale, tipo fantascienza ironico sarcastica.
far morire un povero verme perché ha assorbito la mente di un disperato è una buona idea, anche se mi spiace per l'essere verde.
lo sfoltirei un poco, tagliando alcune parti superflue, ma tutto sommato è un discreto lavoro.
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Ci sono anche alcune discordanze verbali, tipo: "Notò con la coda dell'occhio che un ramo pieno di spine si mosse"; forse era "si era mosso"? O ancora: "Sentì con orrore che in qualche oscuro modo la malefica coscienza dell'animale penetrò nella sua testa"; forse è "penetrava"? o forse mi sbaglio io?
Insomma mi sembra che ci voglia ancora una rilettura per dare maggiore compattezza alla narrazione, perché gli elementi ci sono tutti per un buon racconto.
Re: Commento
Ti ringrazio del commento.Namio Intile ha scritto: 08/11/2021, 11:24 Non è male, tra Kafka e Gerrold. Nel senso che il verme mi ha ricordato i Chtorr di Gerrold e quella sorta di trasformazione che subisce Abram la metamorfosi di Gregor Samsa. Questa metamorfosi è però invertita rispetto a quella kafkiana e un po' confusa negli intenti. Abram viene liberato dal dolore attraverso il contatto con il verme, definito anche una coscienza malvagia, che nell'affrancarlo dalle sofferenze però muore. Il dolore, il senso di perdita e di alienazione vengono estratte da un elemento esterno, e malefico per giunta, mentre in Kafka è l'individuo che si trasforma. un'allegoria dell'alienazione.
E non un racconto fantastico potrebbe essere dunque, ma allegorico: però nel verme malefico che elide il dolore, una sorta di elisione degli identici, l'allegoria dove sarebbe?
A ogni modo, il soggetto non è male, apprezzo lo sforzo. Forse dovevi ragionare con più vigore sulla trasformazione dolore assenza di dolore e offrire al lettore qualche spunto in modo da trasformare un banale racconto fantastico in un bel racconto allegorico.
Dal punto di vista formale, il testo è scritto in modo corretto. Ti segnalo solo: "la malefica coscienza dell'animale penetrò" in realtà era penetrata.
E forse quel: "nonostante l'alcol che aveva già ingerito… " il che aveva lo toglierei.
Come accade nei sogni o ancor di più negli incubi questi strani mostri possono essere una rappresentazione talvolta oscura e misteriosa di faccende molto umane come i sentimenti o le paure.
Ti ringrazio delle segnalazioni.
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Secondo me l'idea è originale: il non essere effettivamente appassionati del genere non giustifica il dare voti eccessivamente soggettivi in una gara dove partecipano racconti con generi molto diversi tra loro. Penso che oggettivamente sia scritto bene e meriti sicuramente un bel voto. L'introduzione iniziale è funzionale a quello che viene dopo e accompagna in modo consono il resto della trama. Ben fatto.
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Re: Il verme
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Introduzione: ben fatta, dettagliata, descrive bene sia ciò che prova il protagonista sia i luoghi, desolati come la
Sua anima in quel periodo, con però anche dei dettagli più dolci come le more che a primavera daranno dolci frutti. Unico dettaglio qui: Parli prima di un minuscolo paesino poi di una città.
Il passaggio all’incontro col vermone secondo me dovrebbe essere più repentino, secondo me così com’è fa calare un po’ la tensione che immagino volessi suscitare.
In generale anche il dialogo interno mi sembra un po’ troppo razionale, punterei più sulle sensazioni.
La descrizione del vermone trovo sia molto ben riuscita, è davvero disgustoso, al punto giusto!
Io credo che dopo il lancio del sasso, il tonfo e il gemito avrei cominciato a correre a gambe legate, però diciamo che vi può stare, anche in buona parte degli horror i protagonisti fanno sempre scelte discutibili.
Secondo me il ritorno ai pensieri lugubri mentre sono allontana è un po’ superfluo e ripetitivo.
Il fatto che si ritrae dopo qualche minuto mi sembra un po’ strano, nel senso che suppongo che essendo il suo modo di cibarsi già al primo assaggio avrebbe dovuto capire che non era pappa buona per lui.
Anche il secondo attacco messo così non mi sembra avere tanto senso, perché dovrebbe farlo? Se non è cibo buono e in più è morente un animale penso che d’istinto eviterebbe uno spreco di
Quelle poche energie che gli restano.
Il finale secondo me potrebbe essere più incisivo.
L’idea del succhiatore psichico è interessante.
Concludendo è scritto bene e è interessante, però secondo me potrebbe essere
Sistemato un po’, voto 3,5 arrotondato al 4
Re: Commento
Selene, ti ringrazio per il tuo commento molto dettagliato e per aver letto con attenzione il racconto.Selene Barblan ha scritto: 02/12/2021, 12:10
Il fatto che si ritrae dopo qualche minuto mi sembra un po’ strano, nel senso che suppongo che essendo il suo modo di cibarsi già al primo assaggio avrebbe dovuto capire che non era pappa buona per lui.
Anche il secondo attacco messo così non mi sembra avere tanto senso, perché dovrebbe farlo? Se non è cibo buono e in più è morente un animale penso che d’istinto eviterebbe uno spreco di
Quelle poche energie che gli restano.
Per rispondere a quanto sopra, relativamente al secondo attacco, io me lo sono immaginato più come una sorta di ultimo scatto di rabbia fatto da un animale ferito che la vuole far pagare al suo inconsapevole avvelenatore prima di morire. E per fortuna non ci riesce.
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Re: Commento
Grazie del commento Francesco. Inoltre il miglio verde è un film che mi è piaciuto molto.Francesco Pino ha scritto: 15/11/2021, 10:29 Ci sono parti del racconto che, secondo me, mostrano bene la tristezza del protagonista: la passeggiata attraverso il paese buio e solitario e il lasciarsi andare al bere a causa di un evento doloroso. I mostri fantastici non sono il mio genere, quindi ho delle difficoltà a comprendere il significato di questo verme gigante e malefico che sbuca fuori per succhiare la tristezza dell'uomo. Se devo dirla tutta il pensiero mi è andato istintivamente al film "Il miglio verde". Che il protagonista si ubriachi col gin malgrado il sapore non gli piaccia affatto secondo me dà un tocco di ulteriore tragicità a quello che gli sta accadendo nell'anima. Forse due paroline in più sul perché Abram sia stato lasciato dalla famiglia avrebbero contribuito a comprendere meglio il personaggio.
Nonostante la comparsa del mostro che prende la scena, il centro del racconto è proprio la sofferenza del personaggio che è stato abbandonato da moglie e figlie e non riesce a darsi pace. Una sofferenza che alle volte viene dimenticata o sminuita nella costante ricerca di colpe e colpevoli.
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Re: Il verme
Grazie del commento. Sì, il mostro è un modo di raccontare quel dolore e anche l'ineluttabile forza del caso che alle volte, chissà per quale motivo, interviene a rimettere a posto le cose.Nuovoautore ha scritto: 24/11/2021, 9:47 Ciao. Mi sono soffermato sul tuo racconto incuriosito dal titolo. Mi aspettavo un horror, e forse lo è. Ma, forse, racconta anche la storia di un uomo travolto dagli eventi, incapace di liberarsi dal peso oprimente del dolore, che in quel bosco cercava un modo per porre fine ai suoi tormenti e che invece, grazie al vermone, ha trovato la forza per rimettersi in piedi.
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La Gara 36 - De Rerum Scientia
A cura di Monica Porta may bee.
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La Gara 10 - Dreaming of a Weird Christmas
A cura di CMT.
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GrandPrix d'inverno 2023/2024 - Terrazze d'aprile - e le altre poesie
A cura di Massimo Baglione.
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Biblioteca labirinto
Cinque scaffali di opere concatenate per raccontare libri, biblioteche e personaggi letterari
Riportare la lettura e la biblioteca al centro dell'attenzione dovrebbe essere un dovere di ciascuno di noi. Se in qualche misura ci riesce una raccolta di racconti non si può che gioirne, nella speranza che possa essere contagioso, come deve esserlo tutto ciò che ci spinge a riflettere e a interrogarci sull'essenza del nostro esistere.
A cura di Lorenzo Pompeo e Massimo Baglione.
introduzione del Prof. Gabriele Mazzitelli.
Contiene opere di: Alberto De Paulis, Monica Porta, Lorenzo Pompeo, Claudio Lei, Nunzio Campanelli, Vittoria Tomasi, Cristina Cornelio, Marco Vecchi, Antonella Pighin, Nadia Tibaudo, Sonia Piras, Umberto Pasqui, Desirée Ferrarese.
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L'Animo spaziale
Tributo alla Space Opera
L'Animo Spaziale è un tributo alla space opera. Contiene una raccolta di racconti dell'autore Massimo Baglione, ambientati nella fantascienza spaziale. Un libro dove il concetto di fantascienza è quello classico, ispirato al Maestro Isaac Asimov. La trilogia de "L'Animo Spaziale" (Intrepida, Indomita e Impavida) è una storia ben raccontata con i giusti colpi di scena. Notevole la parentesi psicologica, in Indomita, che svela la complessa natura di Susan, elemento chiave dell'intera vicenda. "Intrepida", inoltre, ha vinto il primo premio nel concorso di letteratura fantascientifica "ApuliaCon 2006" (oggi "Giulio Verne"). I racconti brevi "Mr. Sgrultz", "La bottiglia di Sua Maestà" e "Noi, sorelle!" sono stati definiti dalla critica "piccoli capolavori di fantascienza da annoverare negli annali.
Di Massimo Baglione.
Vedi ANTEPRIMA (1,68 MB scaricato 320 volte).
Nota: questo libro non proviene dai nostri concorsi ma è opera di uno o più soci fondatori dell'Associazione culturale.
Luna 69-19
antologia di opere ispirate al concetto di "Luna" e dedicata al 50° anniversario della storica missione dell'Apollo 11
Il 20 luglio 1969 è la data che segna per sempre il momento in cui il primo essere umano ha posato per la prima volta i piedi sul suolo lunare. Quel giorno una parte di voi era d'avanti ai televisori in trepidante attesa del touch-down del lander, altri erano troppo piccoli per ricordarselo e altri ancora non erano neppure nati, tuttavia ne siamo stati tutti coinvolti in molteplici maniere.
A cura di Massimo Baglione.
Contiene opere di: Alessandro Mazzi, Andrea Coco, Andrea Messina, Angelo Ciola, Cristina Giuntini, Daniele Missiroli, Enrico Teodorani, Francesca Paolucci, Franco Argento, F. T. Leo, Gabriele Laghi, Gabriele Ludovici, Gabriella Pison, Iunio Marcello Clementi, Laura Traverso, Marco Bertoli, Marco Daniele, Maria Emma Allamandri, Massimo Tessitori, Namio Intile, Pasquale Aversano, Pasquale Buonarotti, Pietro Rainero, Roberta Venturini, Roberto Paradiso, Saji Connor, Selene Barblan, Umberto Pasqui, Valentino Poppi, Vittorio Serra, Furio Bomben.
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