Insonnia
Insonnia
Non appena fu mattino, decisi di alzarmi subito dopo il levar del sole, che già occhieggiava attraverso le imposte appena accostate. Guardai fuori: la giornata si annunciava primaverile e limpida. Udii le frotte di passeri che si sfidavano nella consueta tenzone canora. Il silenzio della digradante notte fu interrotto da quel sonoro strepito. "Almeno loro hanno mille motivi per essere contenti: salutano il sole, la primavera imminente, il loro amore ormai prossimo!" "Io, invece, sono giunto quasi al capolinea della mia esistenza, ma ho seminato solo sogni che ho lasciati tutti nel cassetto, senza mai osare di vivere la vita autenticamente." pensai. Mi misi, per un momento, a fantasticare, indietro con la memoria, di un episodio di alcuni anni prima, nel quale avevo stretto un legame sentimentale con una "lei", che, fino a quel momento, credevo di aver dimenticato definitivamente. Si trattava di una donna appena più giovane di me. Ci eravamo conosciuti quasi per caso; in realtà, io ritenevo che ciò fosse avvenuto in seguito alla misteriosa regia di un fato beffardo, che si divertiva a far incontrare due persone, a farle invaghire l'una dell'altra, e poi a separarle di nuovo, questa volta per sempre. Ricordai nitidamente quando la vidi per l'ultima volta: fu pochi giorni prima della serie di lockdown che chiusero il Paese. La moderna pestilenza che poi imperversò, sembrò cancellare del tutto quei momenti. In realtà, in fondo a me stesso, ora vedevo chiaramente che non era così. Tutto quello che sperimentiamo lascia una traccia indelebile in noi, che, talora, riaffiora dal mare inconscio del nostro ricordare. Mi passarono per la mente tutti i più intimi ricordi di quell'esperienza: ancora mi pareva di sentire l'odore buono della pelle di lei, mentre la stringevo a me in un morbido abbraccio. E l'umido suo bacio aveva il sapore salso del mare, il calore bollente del sole che spaccava le pietre, nelle ore più torride. Il suo nome era Elsa, ed era stata la mia donna per quasi un lustro. Poi, il ménage ebbe fine: non ricordavo neppure per quale motivo. Forse perché così era scritto nel fato, ma più probabilmente perché c'eravamo stancati l'uno dell'altra. Lei aveva subito trovato un altro uomo, con cui sostituirmi. Io avevo preferito non mettermi subito con un'altra. Ma poi, avevo finito col rimanere solo, una volta per tutte. Guardai, con una rapida occhiata, la stanza nella quale dormivo, e che fungeva anche da studio: passai in rassegna ogni oggetto. Si notava subito un discreto disordine. "Da persona creativa!" riflettei, con una punta di autoironia. "Sicuramente, da persona pigra!" conclusi, interrompendo il filo dei pensieri per mettermi a guardare dalla finestra quella mattinata di sole. Elsa, l'avevo conosciuta in un modo del tutto imprevedibile: l'avevo tamponata con la mia auto. Mi ero subito offerto di aiutarla a compilare il modulo per la constatazione amichevole, perché, per lo spavento, le tremavano le mani. Visto che l'auto di lei era danneggiata e non ripartiva, la parcheggiai alla bell'e meglio a un lato della strada e andammo in cerca di un meccanico. Nel frattempo conversammo. Quando tutto fu sistemato, la accompagnai a casa. Nacque, repentina, una simpatia e, quando fu il momento del congedo, lei acconsentì a darmi il proprio numero di telefono. Dopo quella volta, la vidi ancora, poi iniziammo ad uscire insieme e, infine, nacque una relazione sentimentale. Elsa era una bella donna. Due occhi magnetici, che attraevano. Un modo di interloquire diretto, una risata accattivante, che colpiva per la sua armonia. Nel ricordarla, mi sentii invadere da un'irrefrenabile malinconia. Era come se, quell'esperienza che ritenevo fosse definitivamente conclusa, si fosse risvegliata in me, dolorosamente. Allora la vita aveva un senso meno circoscritto della mia attuale evasione nelle fantasie di scrittore. Tutto stava ancora al posto giusto: ero più giovane e in piena salute, non pensavo ancora alla morte e alla sua anticamera: la malattia. Ero un uomo di bell'aspetto, di corporatura atletica, che esercitava un suo fascino, anche intellettuale, sulle donne. Io ed Elsa ci amammo sinceramente, ma al nostro rapporto mancava qualcosa di fondamentale: non solo trovarsi nell'intimità, ma anche un'intesa di pensiero. C'erano profonde divergenze di vedute, su molti aspetti della vita. I caratteri, poi, erano mal assortiti, perché troppo simili: nessuno dei due era disposto a concedere terreno all'altro, se pensava di aver ragione, durante una discussione. Spesso, quest'ultima degenerava in una lite. Tuttavia, per il tratto di tempo della nostra relazione, riuscimmo a superare ogni volta quei momenti critici, rappacificandoci, spinti dalla genuinità del sentimento che ci univa. Quando tutto filava liscio, il nostro rapporto mi riconciliava con la vita. Quella mancanza di senso di ogni mia giornata, che, prima mi angustiava, aveva lasciato il posto a una felicità, non più solo animale. Un sentimento nuovo, appartenente a una dimensione mai intuita prima d'allora, mi coinvolse più dentro della mia stessa anima: era l'amore.
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Commento Insonnia
Hai chiuso il racconto come si fa quando si narra la storia a un amico, elencando i fatti, senza accennare a una visione di futuro. Se il tuo intento era esercitare la tua scrittura ok. C'è una solita d eufonica, ma questo è un mio pallino.
In chiusura serve un finale che lasci, diciamo, la bocca buona al lettore, ma, onestamente, con la premessa iniziale, è dura chiudere in bellezza. Se posso suggerire, io toglierei tutta la storia della malattia, non per buttarla via, ma per accantonarla al servizio di un altro racconto.
Per questo racconto ti serviva una introduzione, è chiaro, ma calcare troppo su un male terminale come il Parkinson ti ha chiuso ogni possibilità per un finale non dico positivo, ma perlomeno di speranza.
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La pecca, per così dire, è palese nell'intento che riveli nei commenti: può essere parte di un racconto più lungo o di un romanzo, manca di crescendo e di conclusione, si sente il bisogno di sviluppi, che magari ci sono in embrione, il racconto sui corsari, per esempio.
Buono lo stile, niente di particolare da segnalare, solo da togliere lo spazio prima dei tre puntini di sospensione.
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Un consiglio che mi sento di darti per rendere il racconto visivamente più invitante è quello di andare a capo ogni tanto, altrimenti il tutto appare come un blocco compatto che può scoraggiare il lettore.
Rispetto allo stile niente da segnalare, se non che io avrei fatto delle scelte diverse rispetto ai tempi verbali, non perchè siano sbagliati, ma perché a me personalmente suonerebbero meglio.
Re: Insonnia
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Il racconto è bello e parla della fine di una amore, delle incomprensioni che pongono fine a un amore. Ne ho postato uno simile in un paio o più di gare trascorse senza gran fortuna. Quel che a volte rimane dell'amore mi pare fosse il titolo che gli ho dato per partecipare. E quanto al tuo di titolo, non mi ha proprio convinto perché è d'amore che parla il racconto. Anche la digressione iniziale sulla malattia e sullo scrivere è forse troppo dilatata, come se non ci credessi veramente al tema centrale del racconto.
Il protagonista poi ricorda e racconta e i ricordi sono i ricordi di un vecchio che rammenta la perduta gioventù. E però scrivi che la sua Elsa l'ha vista non da molto prima quello scrivere. Forse su questo potevi spendere qualche riga in più e forse più che la malattia poteva essere un incontro fugace ad accendere la memoria.
Scritto in modo molto accurato, apprezzo molto la tua prosa.
Dal punto di vista formale ti segnalo solo questo tempo verbale che forse potrebbe esser messo con un tempo diverso: "della serie di lockdown che chiusero il Paese. " che avevano chiuso...
A rileggerti
Re: Insonnia
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Necessaria la lunga parte iniziale (metà del racconto) sulla malattia del protagonista, ma la vera storia è quella con Elsa, e si capisce perché non puoi finire il racconto con una "sciocchezzuola" come "era l'amore" e averne parlato sì e no per un terzo del brano...
Piccolissima nota: "Abitavo, con la madre anziana"... "con MIA madre"! Quanto sia anziana si deduce/dedurrà dall'età del protagonista, ma se parli in prima persona non può essere "la madre", è TUA madre. Qui spezzi la sospensione dell'incredulità, fai capire che è un racconto inventato o che avevi cominciato a scriverlo in terza persona.
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Re: Insonnia
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Secondo me già andando a capo in alcuni punti il problema dello "smezzamento" si risolverebbe; ad esempio andrei a capo dopo "inquietudine ossessiva" e "penna virtuale".
Forse perché mi viene l'orticaria solo a sentirne parlare ometterei "COronavirus", basterebbe malattia/pandemia, o quello che vuoi.
alcuni dettagli tecnici legati alla malattia secondo me stonano un pò con lo stile ricercato e sognante che dai al racconto. Evita le sigle (RMN).
Alcune frasi sono davvero molto, molto belle e compensano secondo me quelle lacune che già ti hanno segnalato. Una trama comunque secondo me c'è, forse ci si confonde un pò perché, come è nella realtà, il pensiero ondeggia tra passato e presente, confondendo un pò le idee.
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a mio parere è da rivedere anche la punteggiatura (toglierei molte virgolem più che abbondanti).
un paio di d eufoniche da sistemare e lo spazio prima dei tre puntini da eliminare.
comunque l'ho letto volentieri
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Re: Insonnia
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Re: Insonnia
ahia!
Vai avanti col romanzo! Un'Elsa c'è nella vita di tutti noi, e io ho bisogno di sapere che almeno la tua torna da lui prima della fine.
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A parte questo però io sinceramente l'ho apprezzato, mi è piaciuta la scrittura e soprattutto la scelta di voler illustrare una patologia così invalidante. Un saluto
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Masquerade
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La spina infinita
"La spina infinita" è stato scritto quasi vent'anni fa, quando svolgevo il mio servizio militare obbligatorio, la cosiddetta "naja". In origine era una raccolta di lettere, poi pian piano ho integrato il tutto cercando di dare un senso all'intera opera. Quasi tutto il racconto analizza il servizio di leva, e si chiude con una riflessione, aggiunta recentemente, che riconsidera il tema trattato da un punto di vista più realistico e maturo.
Di Mario Stallone
A cura di Massimo Baglione.
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Nota: questo libro non proviene dai nostri concorsi ma è opera di uno o più soci fondatori dell'Associazione culturale.