Diario di ricette da poco - (autrice: Susanna Boccalari)
Moderatore: Il Guru
Diario di ricette da poco - (autrice: Susanna Boccalari)
Re: Diario di ricette da poco - commento 1
Non va, mi dispiace. Non ho alcun interesse a leggere le ricette di cucina della nonna e della mamma. La retorica sui “bei tempi andati”, su quanto fosse più bello vivere in maniera semplice e con poco è, appunto, solo retorica.
VOTO: 1
Re: Diario di ricette da poco - commento 2
Un punto e virgola e poi prosegui con “o”, la principale nascosta nei puntini.
“Sia quel che sia, da qualche giorno mi ritrovo a pensare spesso a quando ero bambina, a come le stagioni, ora impazzite, scandissero il tempo, composto di giornate lunghe dove trovavano posto anche ore per annoiarsi.
È proprio la lentezza del tempo che mi manca: sicuramente per i miei genitori, come per me da adulta, le ore non bastavano mai e i giorni volavano, ma quante cose riuscivo a fare anche solo in un pomeriggio!”
Un po’ di banalità? Non ci sono più le mezze stagioni, avrei bisogno di giornate di 48 ore...
“Qualcuno scopriva di aver usato, nella fretta di partecipare al gioco, le pagine del quaderno con i compiti per il giorno dopo e allora… via di corsa a ricopiarli da un amico, prima che la ciabatta della madre se ne accorgesse! Eh, l’educazione aveva i suoi momenti critici.”
Con uno stile così semplice, una sinestesia cala come un maglio.
“Si giocava per strada, per strada si dimenticavano talvolta i giocattoli:”
Perché questa ripetizione nello stesso periodo?
“Ogni tanto i muratori facevano la voce grossa, che avevamo sparpagliato troppo la sabbia, ma il giorno dopo trovavamo le macchinine disperse bene in vista”
Un “che” usato come “perché”? Tipo: “che la diretta via era smarrita”? Chi ha disperso le macchinine? I bimbi perché scappati impaurito o gli operai per lavorare o che altro?
“Le mamme, le nonne e le zie tenevano d’occhio tutti, distribuendo equamente merende, sgridate e qualche scappellotto. Oggi? Ci sarebbe la fila dai carabinieri per le denunce; a quei tempi - mi fa un po’ specie dire a quei tempi, ma tant’è - c’era consapevolezza.”
Eh, i tempi sono cambiati sì. C’era consapevolezza nelle cinghiate date per il bene dei ragazzi, gridando “quando sarai grande mi ringrazierai”.
“Noi di aver combinato qualcosa che non andava e che, se protestavamo, a casa si sarebbe fatto conto tondo.”
Manca il verbo nella principale. Probabilmente è legato in qualche modo a consapevolezza, ma bisogna usare molta fantasia.
“Pane e marmellata, del buon pane e marmellate fatte in casa, oppure pane, burro e zucchero o miele. Anche solo il pane andava bene,”
In una riga e mezza quattro volte la parola pane.
“L’inverno sapeva di buccia di arancia messa sulla piastra della stufa economica, di brodo, di biscotti fatti in casa, del tepore del letto in cui era stata messa la borsa dell’acqua calda, o il prete, uno scaldaletto al cui interno si posizionava lo scaldino riempito con delle braci.”
Dopo “prete” vanno i due punti, visto che stai spiegando cosa è quel termine gergale. Lo stesso termine si capirebbe meglio se fosse contrassegnato in qualche modo.
“Il primo “assalto” era per quella pellicina tipo gelatina che si era formato sul fondo della teglia”
Perché dover costruire la frase in modo da dover mettere la parola assalto tra le virgolette? Credo che la parola “formato” debba andare al femminile.
“Il pane non mancava mai in casa: saziava e completava a dovere il companatico, dalla semplice bistecca al pollo in umido, per fare la scarpetta col sugo della pastasciutta e il panino per la merenda. Era buono anche senza niente.
In paese i “prestinai” cuocevano tre o quattro tipi di pane: il pane comune, il più ricco pane biove, quello all’olio e al sabato dei bei micconi, perché c’era pane doppio: fino al martedì i negozi di alimentari sarebbero stati chiusi.
Al sabato si tornava dalla spesa con chili di pane: la domenica c’era sempre qualcuno a pranzo e in tavola si mettevano delle belle pagnotte sode o spesse fette di pane semplice, magari scaldato un po’ in forno; e se al pomeriggio capitavano amici in visita, si tagliava un buon salame nostrano e il pane non poteva mancare di certo.
Il pane avanzato si sposava bene col caffelatte a colazione”
In dieci righe la parola pane è ripetuta nove volte.
“Una nostra vicina, che non aveva bimbi per casa e un marito ad alta gradazione alcolica, all’acqua dell’ammollo per l’uvetta aggiungeva un paio di cucchiai di liquore, non importava quale.”
Intendi dire che era un ubriacone? Se scrivi “che non aveva bimbi per casa e un marito” la “e” congiunge le due cose e si capisce che non aveva bimbi né marito; se invece vuoi indicare che non aveva bimbi, ma aveva un marito devi usare il “ma”.
“Cucinata di tanto in tanto negli anni, è una torta che ha risentito della diversa qualità del pane.
O forse il pane era più buono perché… perché erano altri tempi, dove il poco era tanto.”
In due righe, ecco di nuovo due volte la parola pane. Si stava meglio quando si stava peggio.
Nel titolo si parla di ricette, ma, per iniziare a vederne una, bisogna attendere mezzo racconto. Dalla prima parola del titolo ci si aspetta di leggere una sorta di resoconto giornaliero, ma qui c’è solo un ricordo continuo, che nulla ha a che fare con un diario. Se fosse stato presentato in forma di annotazioni giornaliere, forse il risultato sarebbe stato più interessante.
È un quadro che dipinge una bella infanzia in una campagna del millennio scorso. Un tema molto bello, ma già letto molte volte. Il rischio di cadere nel banale è alto e difatti qui lo si fa parecchie volte, a mio avviso. Banalità e luoghi comuni. Ogni tanto è presente qualche figura retorica, qualche tentativo di abbellimento che, al contrario dell’intento di chi ha scritto il racconto, non fanno altro che appesantire il testo, essendo fuori luogo.
Innumerevoli ripetizioni di termini, errori grammaticali e di forma, una impaginazione non convincente, la mancanza di corrispondenza tra titolo e racconto, sono riusciti a trasformare una bella immagine bucolica in un banale mappazzone di appunti di ricordi. Mancano la forma e lo stile.
Voto: 2
Re: Diario di ricette da poco - commento 3
Il titolo "Diario di ricette da poco" è uno dei più azzeccati in questo contest, oltre a un altro che però non menziono per correttezza di gara (non parlo del mio).
E' un titolo che racchiude poco e molto al contempo, evocandone la valenza e il valore sia del poco che del tanto. Leggendolo ho trovato disturbante quel continuo punto esclamativo a fine rigo, che non ha ragione di essere, non c'è a rafforzare nulla, dato che nel rigo stesso è già stato evocato gusto, ricordi, differenza di tempi e di generazioni. La scrittura è a tratti imprecisa, ma non di certo "povera", anzi c'è un'ottima padronanza della lingua italiana e dell'uso degli aggettivi, utilizzati anche per creare frasi delicate, ne ho evidenziata una: "Bambinetta che voleva imparare, mi ero segnata i passaggi su un vecchio quaderno di ricette di mia nonna, dove aveva riportato le ricette del lievito Bertolini con la sua scrittura un po’ infantile, da donna che aveva fatto la seconda elementare e detestava gli sprechi".
E' vero che il testo si pone al lettore come un quaderno di ricette, ne descrive i passaggi, quindi proprio per questa caratteristica appare noioso e fastidioso perché in esso c'è l'assenza di trama.
Concordo con l'assenza di trama, eventi, e personaggi portanti, ma la struttura c'è, quella di una diario di ricette (come del resto) ha intitolato chi lo ha scritto.
C'è una vena che percorre tutto il testo, attraverso la narrazione di ingredienti, piatti e altro che poco interessano, invece interessante è quel riportare il lettore indietro nel tempo, ad altri tempi, usi e costumi di una generazione antecedente, presentando anche la fotografia di una comunità rurale con i suoi pensieri e abitudini. E' una vena di pregio, e io la sottolineo, capace di infondere malinconia e riflessione, anche attraverso ricette e ingredienti. E' una vena narrativa pacata, che non offre colpi di scena, ma ugualmente bella e voglio aggiungere "comoda" intesa come confortevole e confortante. Questo racconto letto con attenzione, non ci mostra quello che di solito si cerca in una lettura, movimento, azione, personaggi, ma ci offre uno spaccato di vita vissuta, singola e di comunità, anche se lo fa attraverso dei punti di debolezza nello stile, ma siccome è una narrazione altamente suggestiva io vado oltre i suoi limiti assegnando a questo Diario di ricette da poco...
Voto: 4
Re: Diario di ricette da poco - commento 4
Voto 3
Re: Diario di ricette da poco - commento 5
VOTO: 3
Re: Diario di ricette da poco - commento 6
Voto: 5
Re: Diario di ricette da poco - commento 7
fine. Dichiarato dal titolo, è una pagina di diario. Mi ha scaldato
come quel plaid o quella tisana dell'inizio.
Ricette da poco, nel senso che con poco si faceva. Il gioco o la
torta. L'autore (maschile o femminile) ci apre una porta su quel
mondo.
Il testo mi ha fatto trascorrere pochi minuti in modo piacevole.
Scontato, banale e pieno di luoghi comuni? Non siamo tutti uguali e,
per fortuna, non a tutti piacciono le stesse cose!
Non fosse per quei punti di sospensione..
Voto 4
Re: Diario di ricette da poco - commento 8
Voto 4
Re: Diario di ricette da poco - commento 9
Gradevole, seppur scontata, la narrazione, e d'altra parte non poteva che essere così.
Lo schema narrativo è povero, poverissimo, come il susseguirsi di sequenze: perché l'autore ha inserito un'unica sequenza narrativa e non è stato generoso neanche nell'offrire dei dialoghi al lettore; dialoghi poi in cui sono persino assenti le cornici citanti. Nel finale una sequenza riflessiva in cui si rimpiangono i bei tempi andati in cui il poco era tutto che sa tanto di retorica.
In realtà si rimpiange solo la propria infanzia, o la giovinezza, ma questo è meglio non dirlo.
Voto: 2
Re: Diario di ricette da poco - commento 10
Voto 4
Re: Diario di ricette da poco - commento 11
Ovvio che una storia, o meglio un compendio di storie, del genere abbia il suo senso al netto di una trama (che non esiste) o di picchi di tensione (che al massimo, passatemi il paragone elettrotecnico, raggiungeranno i due volt). Proprio uscendo da queste aspettative si ritrova il pieno senso di questo scritto. Momenti di vita vissuta che vengono proposti come fotogrammi, in alcuni dei quali mi riconosco ancora, in altri ritrovo i miei genitori. Raccontati in tutta semplicità, in tutta calma, come la nonna li racconterebbe ai nipoti. Indugiando su particolari del tutto inutili, alle volte, ma che sicuramente saranno rimasti impressi nella mente di chi li ha vissuti.
Sempre in quest’ottica non è possibile scegliere una scrittura diversa da questa, rustica e semplice, proprio come le ricette che sono presentate: ripetizioni? Ce ne sono, ma anche la nonna ce le mette. Termini dialettali? Idem.
Un racconto che nasce senza alcuna pretesa se non rievocare i tempi passati e… in questo ci riesce perfettamente.
Nel complesso, però, non vedo alcuna forma di originalità e di abilità letteraria: avrebbe potuto comporre questo racconto chiunque sappia correttamente in italiano e non percepisco particolari sforzi per renderlo attraente agli occhi di un lettore medio, magari un po’ stanco di sentirsi dire sempre le stesse cose da chi è più grande di lui. Proprio per questo non riesco a fargli superare la sufficienza, che comunque c’è.
VOTO: 3
Re: Diario di ricette da poco - commento 12
Come ho detto il testo non mi entusiasma ma rileva comunque una buona tecnica narrativa e autoriale.
Vuole trovare una sua forma di semplicità e sotto questo aspetto l’ha assolutamente trovata.
Il problema però più grosso di questo testo sta nelle ripetizioni : pane è ripetuto una miriade di volte e mentre all’inizio può anche sembrare un segno stilistico dopo , come si dice, “il troppo stroppia”.
Poi ci sono frequenti errori grammaticali e qualche volte la forma lascia a desiderare.
Insomma c’è l’idea ma la realizzazione ha dei problemi formali da sistemare.
VOTO: 2
L'Animo spaziale
Tributo alla Space Opera
L'Animo Spaziale è un tributo alla space opera. Contiene una raccolta di racconti dell'autore Massimo Baglione, ambientati nella fantascienza spaziale. Un libro dove il concetto di fantascienza è quello classico, ispirato al Maestro Isaac Asimov. La trilogia de "L'Animo Spaziale" (Intrepida, Indomita e Impavida) è una storia ben raccontata con i giusti colpi di scena. Notevole la parentesi psicologica, in Indomita, che svela la complessa natura di Susan, elemento chiave dell'intera vicenda. "Intrepida", inoltre, ha vinto il primo premio nel concorso di letteratura fantascientifica "ApuliaCon 2006" (oggi "Giulio Verne"). I racconti brevi "Mr. Sgrultz", "La bottiglia di Sua Maestà" e "Noi, sorelle!" sono stati definiti dalla critica "piccoli capolavori di fantascienza da annoverare negli annali.
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Kriminal.e è una raccolta di testi gialli "evoluti", che contengono cioè elementi tecnologici legati all'elettronica moderna.
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La Paura fa 90
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