Manichini
Manichini
Avevo appuntamento al centro con Marina. In genere non amo dedicarmi allo shopping, ma quel giorno c'era un'aria così luminosa e tiepida che faceva venir il desiderio di fare tutto, anche ciò che istintivamente non piace.
La strada era gremita di gente, mi tuffai nel viavai di colori, di suoni e di coni- gelato traballanti.
Si era al rientro dalle vacanze e ciascuno provava a prolungare ancora quella leggerezza e quell'allegria che l'estate aveva regalato, in attesa dell'autunno che di lì a poco avrebbe cancellato l'euforia della bella stagione.
Qualche negozio era ancora chiuso per ferie, e giaceva solitario con la saracinesca abbassata deludendo le persone che vi si avvicinavano.
Marina entrò in un negozio di borse, ma dentro era pieno di gente, preferii rimanere fuori ad aspettare.
Mi guardai intorno e feci qualche passo in avanti per ammirare la vetrina di una bella cartoleria che esponeva dei mappamondi.
Rimango sempre colpita dal mappamondo, ha una forma così perfetta, così tonda e materna, hai voglia di accarezzarlo e di farlo girare all'impazzata, come se volessi mescolare gli eventi del mondo e agitare il pianeta alla guisa di un mazzo di carte sperando che esca finalmente quella giusta e vincente.
Più avanti c'era un negozio di abbigliamento, uno di quelli chiusi per ferie. La serranda abbassata era a vista, avvicinandosi si poteva sbirciare al suo interno. E così feci, attirata da due manichini, uno maschile ed uno femminile, posizionati in vetrina uno accanto all'altro.
Era piuttosto buio e volevo guardare bene gli abiti che indossavano, soprattutto quello da donna, ma, appena mi avvicinai con il naso schiacciato sulla saracinesca per vedere meglio, mi accorsi, strabuzzando gli occhi nell'oscurità interna, che il manichino donna muoveva la testa.
Era bionda, con quei capelli ondulati che sembravano finti e il viso sorridente, piegò il capo e disse qualcosa, ma non riuscii ad afferrare le parole. Poi si voltò verso il manichino uomo, curiosamente calvo, e gli sussurrò all'orecchio, anche queste parole non le compresi. La testa calva ruotò verso di lei, parlavano tra loro ma non riuscivo a capire nulla, forse era un loro linguaggio segreto!
Dentro, tutto era buio. Polvere di luce entrava dalle fessure della saracinesca formando dei colori tenui, simili a quelli dell'arcobaleno. Mi sembrò per un momento che lui avesse posato la sua mano su quella di lei, sempre continuando a sussurrare qualcosa; poi, tacendo, si voltarono verso di me e mi sorrisero, sembravano contenti che io stessi lì a guardarli rapita, forse da giorni desideravano che qualcuno si fermasse a guardarli. I loro movimenti erano calmi, tranquilli, fluidi; chissà perchè immaginiamo che i manichini si muovano a scatti! Osservai rapita la dolcezza dei loro gesti e di quei sorrisi che parevano invitarmi ad entrare, a parlare, a fare loro compagnia. L'interno del negozio mi sembrò avvolto da una sottile nube bianca, come ovatta stracciata, e gli occhi luminosi dei manichini spiccavano in tutto quel biancore lattiginoso, erano così accattivanti, mi attraevano come delle calamite.
"Ma dove eri? Ti cerco da mezz'ora! Guarda cosa ho comprato!"
La voce di Marina risuonò alle mie spalle e mi colpì come una freccia, svegliandomi da quel torpore. Girai la testa per risponderle, le chiesi di avvicinarsi in silenzio affinché anche lei assistesse a quello strano colloquio tra i due manichini, ma quando mi voltai verso la vetrina, tutto era tornato come prima, i manichini erano immobili e privi di espressione, rigidi, avvolti dal buio e dall'indifferenza della gente.
"Cosa c'è da guardare? Non vedi che il negozio è chiuso?" – chiese stupita Marina.
"Dai, sbrighiamoci, si sta facendo tardi" – aggiunse.
Mi staccai malvolentieri dalla vetrina e mi feci riavvolgere dalla confusione generale e dalla luce obliqua del tardo pomeriggio, dove tutto era così banalmente reale.
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l'idea è abbastanza originiale e mi porta a un livello di surrealità che non mi dispiace per niente.
tra l'altro è scritto bene, senza refusi o errori, il che ti da un punto di vantaggio nel mio giudizio.
sono combattuto perché non tutto fila liscio come dovrebbe, a mio parere.
ovvio che non può comprendere le parole che il manichino femmina sussurra all'orecchio di quello maschio.
comunque mi è piaciuto, merita un bel voto
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Non so, magari è sfuggito a me qualcosa. Autore, ti prego, dicci qualcosa, favella a noi poveri lettori come quei manichini nella vetrina. E non uscirtene con quel liberatorio: ognuno ci vede quel che vuole. E l'autore, lui cosa ci ha visto? Qual è il perché del suo scrivere?
Re: Manichini
E non credo che sia liberatorio dire "ognuno ci vede quello che vuole"...ma che sia soltanto vero, ogni racconto è diverso per ciascun lettore . Grazie per i commenti.
Re: Manichini
A questo proposito segnalo "Sillabari" di Goffredo Parise. Una serie di racconti semplici, talvolta assurdi o improbabili, ma piacevolissimi ed intensi, per me è puro lirismo.
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Re: Manichini
Un perché c'è sempre, anche il puro lirismo è un perché. La struttura stessa della narrazione esige un perché, scusa se intervengo in modo tanto assertivo, non è mia abitudine, ma il perché si scrive io lo vedo dappertutto.Anto58 ha scritto: ↑29/07/2023, 16:40 In realtà credo che un racconto , un romanzo, un film, non debbano avere necessariamente un "perché"...il "piacere" della lettura sta infatti nell"interrompere l'ordinario e nel tuffarsi in qualcosa di fantastico, di assurdo, che può, o non può, avere un senso, dipende appunto e per fortuna da chi legge.
A questo proposito segnalo "Sillabari" di Goffredo Parise. Una serie di racconti semplici, talvolta assurdi o improbabili, ma piacevolissimi ed intensi, per me è puro lirismo.
Re: Manichini
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commento Manichini
a guardarli rapita, … Osservai rapita la dolcezza – rapita … rapita
refuso perchè – perché
ondulati che sembravano finti - È normale per i manichini avere capelli finti - la novità sarebbe se sembrassero veri. Quindi si dovrebbe dire "che sembravano veri e non finti" o mi sbaglio?
parevano invitarmi ad entrare - parevano invitarmi a entrare
nel pezzo di testo di 14 righe che inizia da --- Era bionda, …
E finisce con --- … mi sembrò avvolto da una sottile nube bianca,
usi ben 4 volte il verbo “sembrare” – io tenterei di cambiare una frase oppure usare un sinonimo.
I Bravi Autori reclamano un finale con il botto! Per ora non esprimo un voto, ma se tu riuscissi veramente a soddisfarli, non mi basterebbe il misero 5. Qui ci vorrebbe un dieci e lode! Perdiana.
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A me è piaciuto, anche senza finale con altro botto di un rientro drastico alla realtà. Mi ricirda i sogni a occhi aperti e le fantasticherie da giovanissimo su manichini che potessero animarsi e dire la loro, magari anzi insegnandomi qualcosa. Per cui, in una scala da 1 a 5, merita minimo quattro.
Ora, giacché sono il marrano che sono, intanto chapeau a chi qualcosa da migliorare lo abbia trovato - non tanto la conta dei "che" fine a se stessa, se non si avverta stonatura, ma le "d" poco eufoniche, le ripetizioni o una frase da riformulare. Ne segnalo una anch'io, per non essere da meno, che mi pare non sia stata evidenziata:
"attirata da due manichini, uno maschile ed uno femminile, posizionati in vetrina uno accanto all'altro".
Forse quella "d" di troppo è stata segnalata, ma ci sono lo stesso troppi "uno".
Propongo di eliminare i primi due:
"attirata da due manichini, maschile e femminile, posizionati in vetrina uno accanto all'altro".
- Marino Maiorino
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Io credo che un episodio del genere possa suscitare emozioni in chi lo vive, ma il tuo personaggio trasmette una trasognata curiosità, e a me pare un po' poco.
Un altro punto da rifinire è, a mio avviso, il realismo delle luci in scena: al principio scrivi che "Il pomeriggio era assolato", dunque siamo in pomeriggio, anche assolato, e a settembre ci sta. Ma quando la protagonista si avvicina al negozio dei manichini scrivi: "La serranda abbassata era a vista, avvicinandosi si poteva sbirciare al suo interno." Eppure, in un pomeriggio assolato, "Era piuttosto buio", e più avanti "Dentro, tutto era buio. Polvere di luce entrava dalle fessure della saracinesca formando dei colori tenui, simili a quelli dell'arcobaleno."
Tralascio la pignoleria sulla descrizione dei colori simili all'arcobaleno, immagino volessi descrivere la polvere che resta in sospensione nei fasci di luce che tante volte si osservano nelle chiese. In una sua lettera al figlio, Tolkien ne fa una descrizione mistica da togliere il fiato. "Polvere di luce" è un po' azzardato, come descrizione, e forse mal riuscito. Ma torno a bomba: "Dentro, tutto era buio". Coi fasci di luce che entrano attraverso una serranda a vista attraverso la quale si può vedere, in un pomeriggio (non sera) di settembre?
A me il racconto è piaciuto, ma credo che una tua maggiore immersione ti avrebbe permesso di tirare fuori quello che realmente avevi dentro.
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La brevità va a pari passo con la modernità, basti pensare all'estrema sintesi dei messaggini telefonici o a quelli usati in internet da talune piattaforme sociali per l'interazione tra utenti. La pubblicità stessa ha fatto della brevità la sua arma più vincente, tentando (e spesso riuscendo) in pochi attimi di convincerci, di emozionarci e di farci sognare.
Ma gli estremismi non ci piacciono. Il nostro concetto di brevità è un po' più elastico di un SMS o di un aforisma: è un racconto scritto con cura in appena 2500 battute (sì, spazi inclusi).
A cura di Massimo Baglione.
Contiene opere di: Fausto Scatoli. Giorgio Leone, Annamaria Vernuccio, Luca Franceschini, Alphaorg, Daniel Carrubba, Francesco Gallina, Serena Barsottelli, Alberto Tivoli, Giuseppe C. Budetta, Luca Volpi, Teresa Regna, Brenda Bonomelli, Liliana Tuozzo, Daniela Rossi, Tania Mignani, Enrico Teodorani, Francesca Paolucci, Umberto Pasqui, Ida Dainese, Marco Bertoli, Eliseo Palumbo, Francesco Zanni Bertelli, Isabella Galeotti, Sandra Ludovici, Thomas M. Pitt, Stefania Fiorin, Cristina Giuntini, Giuseppe Gallato, Marco Vecchi, Maria Lipartiti, Roberta Eman, Lucia Amorosi, Salvatore Di Sante, Valentina Iuvara, Renzo Maltoni, Andrea Casella.
Human Takeaway
(english version)
What if we were cattles grazing for someone who needs a lot of of food? How would we feel if it had been us to be raised for the whole time waiting for the moment to be slaughtered? This is the spark that gives the authors a chance to talk about the human spirit, which can show at the same time great love and indiscriminate, ruthless selfishness. In this original parody of an alien invasion, we follow the short story of a couple bound by deep love, and of the tragic decision taken by the heads of state to face the invasion. Two apparently unconnected stories that will join in the end for the good of the human race. So, this is a story to be read in one gulp, with many ironic and paradoxical facets, a pinch of sadness and an ending that costed dearly to the two authors. (review by Cosimo Vitiello)
Authors: Massimo Baglione and Alessandro Napolitano.
Cover artist: Roberta Guardascione.
Translation from Italian: Carmelo Massimo Tidona.
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Nota: questo libro non proviene dai nostri concorsi ma è opera di uno o più soci fondatori dell'Associazione culturale.