La prima volta

Spazio dedicato alla Gara stagionale d'inverno 2024/2025.

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Stefano M.
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La prima volta

Messaggio da leggere da Stefano M. »

leggi documento Spiacente ma, in questo browser, la lettura a voce non funziona.

A me piace mettere le cose in chiaro fin dal principio, quindi ve lo dico subito. Ecco: sono un negro. Così, se avete qualche problema con i negri, potete smettere di leggere fin da subito e non lamentarvi che non lo sapevate. Non ho molto da raccontarvi della mia vita, ma una cosa ve la voglio dire.

Ho venticinque anni, è l'estate del '56, non ricordo il giorno preciso.
Però fa caldo, si squagliano le pietre da quanto fa caldo. Sono dalle parti di Mayer, in Arizona, io e il mio zainetto. Ho appena finito di lavorare a giornata, nella mia tasca ci sono due dollari e quaranta cent. "Almeno oggi mangio carne", mi dico.
Arrivo sulla statale 69, bello contento. Troppo tardi: dell'autobus vedo solo il bagliore delle lamiere e un pennacchio di fumo. E così devo tornare in città a piedi. Sono le due del pomeriggio, o giù di lì. Non lo so di preciso: noi negri non possiamo permetterci un orologio, costa troppo.

Faccio dieci, cento, mille passi. La bocca è secca, mi brucia la gola da quanto ho sete. Passo davanti a una fattoria, un piccolo ranch.
«Ehi, amico, mi dai un po' d'acqua?»
«No, quelli come te non li voglio in casa, fila via!»
«Dai, amico, se non vuoi farmi entrare in casa portamela tu… Guarda, ho qui un quartino: te lo do, se mi porti mezzo gallone d'acqua.»
«Da quelli come te non voglio soldi, ne ho già abbastanza di miei. E poi non siamo amici!» Sbatte la porta. È arrabbiato. Arrabbiato perché qualcuno gli ha fatto perdere cinque minuti. Ancor più arrabbiato perché a fargli perdere cinque minuti è stato un negro.

Continuo. Il sole non vuole saperne di scendere, il caldo oggi è davvero insopportabile. La camicia zuppa è appiccicata alla mia pelle scura, ma sono tanto prosciugato da non riuscire più nemmeno a sudare. Ho le labbra così secche che iniziano a creparsi e a sanguinare. Ogni passo è un tormento, vedo le iarde lunghe quanto miglia, ogni miglio lungo quanto una maratona.

Sento borbottare dietro di me una vecchia carretta. Una Ford del '35, a orecchio.
"Bene", mi dico, "Un altro miserabile come me, forse riesco a scroccargli un passaggio."
Butto dentro l'occhio, è una famiglia intera con una vagonata di bagagli.
«Ehi, amico, me lo dai un passaggio fino a Mayer? Sono cotto!»
«No, mi dispiace, non c'è posto.»
«Se vuoi ti pago… oggi mi è andata bene al lavoro, ti posso dare mezzo dollaro, se mi porti fino a Mayer!»
«Non c'è posto, ti ho detto! Né per te né per il tuo mezzo dollaro.»
I poveracci non hanno niente, nemmeno il coraggio. E così non te lo dicono in faccia, però lo pensano: "non ti carico perché sei un negro. Se fossi un sacco di patate, sarebbe un'altra storia. Ma noi, di negri, non ne vogliamo a bordo". Punto. E non sapete, da dietro, quanto è facile confondere un negro con un bianco o con un sacco di patate. Oggi gli è andata male, gli è toccato un negro.

Il sole inizia a calare. Ho camminato per dodici, forse quindici miglia, sono sfinito. Vedo i primi tetti della città a un tiro di schioppo.
"Ormai ci siamo" mi dico. "Adesso vado in negozio, da Daisy, e mi prendo una libbra di salsicce con una bella birra ghiacciata."
Una motocicletta mi romba a fianco. Si ferma, si gira, torna indietro.
«Ehi, lo vuoi un passaggio fino in città? Non c'è la sella dietro, ma sul parafango dovresti starci.»
«Ehi, fratello, non potevi passare dieci miglia fa? Dai, portami da Daisy e ci beviamo una birra insieme!»
«Cosa? Ti sei fatto dieci miglia a piedi nel deserto? Ci saranno almeno cento gradi, oggi! Beh, non ci avrei mai scommesso un nichelino di trovare qualcuno disposto a farlo… ma visto che tu ce l'hai fatta, fratello, è come se la scommessa l'hai vinta tu… quindi la birra te la offro io, ci stai?» Ci facciamo una bella risata, partiamo.
Quella fu la prima volta che andai in motocicletta. Ah, dimenticavo: anche lui era un negro. E se non vi sta bene, cancellate pure le ultime venti righe della storia.

Intervista a Gregory Stewart, nonno di James "Bubba" Stewart, primo motocrossista afroamericano vincitore dei campionati AMA National e AMA Supercross.
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Alberto Marcolli
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commento : La prima volta

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Mi confonde un po' la nota finale. Parli di un'intervista al nonno di James "Bubba" Stewart, e siamo nel '56, ovvero circa quarant'anni prima della nascita del nipote, che non centra niente con la storia narrata.
A parte questo, presumendo che la tua non sia una semplice traduzione, la storia, nella sua semplicità e brevità, mi è piaciuta ed è ben scritta. Nulla da segnalare.
voto 4
Roberto Di Lauro
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Il racconto-intervista è ambientato nel 1956, periodo in cui negli Stati Uniti esistevano frange razziste. Poi il posto, l'Arizona, una terra non proprio facile per viverci.
Se volevi descrivere la forza d'animo di una persona di colore, il racconto-intervista centra l'obiettivo.
Tutto sommato mi piace. Voto 4.
Vittorio Felugo
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È un bel racconto, toccante, che ci riporta a un'epoca lontana (ma non così tanto) in cui la discriminazione razziale era un problema davvero serio. Sa un po' de "La lunga strada verso casa"; non proprio originalissimo, ma è scritto bene e scorrevole, e crea la giusta atmosfera. Concordo sul fatto che la nota finale lasci un po' spiazzati. È la cronaca di un fatto realmente accaduto, o un "potrebbe essere andata così"?
Stefano M.
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Re: commento : La prima volta

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Alberto Marcolli ha scritto: 24/12/2024, 10:09 Mi confonde un po' la nota finale. Parli di un'intervista al nonno di James "Bubba" Stewart, e siamo nel '56, ovvero circa quarant'anni prima della nascita del nipote, che non centra niente con la storia narrata.
A parte questo, presumendo che la tua non sia una semplice traduzione, la storia, nella sua semplicità e brevità, mi è piaciuta ed è ben scritta. Nulla da segnalare.
voto 4
Grazie mille per aver letto il mio racconto e mi fa piacere che lo abbia apprezzato! La nota finale vorrebbe essere un messaggio di speranza: si parte dall'incontro del tutto fortuito con un motociclista per arrivare, una cinquantina di anni dopo, a un grande campione, orgoglio nazionale per gli afroamericani e non. A presto e grazie ancora!
Stefano M.
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Re: Commento

Messaggio da leggere da Stefano M. »

Roberto Di Lauro ha scritto: 24/12/2024, 10:19 Il racconto-intervista è ambientato nel 1956, periodo in cui negli Stati Uniti esistevano frange razziste. Poi il posto, l'Arizona, una terra non proprio facile per viverci.
Se volevi descrivere la forza d'animo di una persona di colore, il racconto-intervista centra l'obiettivo.
Tutto sommato mi piace. Voto 4.
Grazie mille per il tempo dedicato il mio racconto! Vuole essere qualcosa di semplice, sia a livello di trama che di linguaggio, giusto uno spaccato di quel periodo, senza particolari sofismi o moraleggi vari. Grazie ancora e a presto!
Stefano M.
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Re: Commento

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Vittorio Felugo ha scritto: 24/12/2024, 11:18 È un bel racconto, toccante, che ci riporta a un'epoca lontana (ma non così tanto) in cui la discriminazione razziale era un problema davvero serio. Sa un po' de "La lunga strada verso casa"; non proprio originalissimo, ma è scritto bene e scorrevole, e crea la giusta atmosfera. Concordo sul fatto che la nota finale lasci un po' spiazzati. È la cronaca di un fatto realmente accaduto, o un "potrebbe essere andata così"?
Grazie mille! Confermo che la storia è del tutto inventata, un pretesto per ambientare la storia per quel periodo. Il finale voleva essere un messaggio di speranza (si parte da un passaggio, si arriva a un campione), ma anche un modo per suscitare interesse circa un grande pilota, purtroppo sfortunato.
Macrelli Piero
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Quando uno scrive con la voce narrante di un negro e non è negro, si sente? Un po' come quando uno da voce a una voce narrante femminile e invece è un maschio. Dico questo pensando che l'autore non sia negro, naturalmente?
Il racconto per me è riuscito, ma toglierei le autocommiserazioni del protagonista, per lasciare il giudizio al lettore. Come dire: show, don't tell.
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Marino Maiorino
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Messaggio da leggere da Marino Maiorino »

Piaciuto molto e di più, tantissimo!
Però sembra sia finito il tempo in cui noi europei ci sentivamo un pelino più civili dei nostri protettori americani, al contrario ora facciamo a gara a chi si dimostra più str...!
Un solo dettaglio: termini il racconto chiarendo che si tratta di un'intervista. Immagino un'intervista video, quindi il mio dubbio sorge da lì; se è radiofonica, nessun problema. Però io quando leggo, "vedo", perciò ho l'impressione di un'intervista in TV. Orbene, in un'intervista TV l'intervistato non avrebbe bisogno di dire che è negro.
È importante quest'osservazione? Non so, sono curioso dell'effetto che avrebbe fatto se si fosse scoperto durante il racconto questo fatto etnico, invece di buttarlo lì così come a farne IL motivo esplicito del racconto, che al contrario poteva essere la spiegazione di come il nonno di "Bubba" Stewart sia finito a fare motocross.
A rileggerti presto!
«Amare, sia per il corpo che per l'anima, significa creare nella bellezza» - Diotima

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Re: Commento

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Marino Maiorino ha scritto: 07/01/2025, 16:02 Piaciuto molto e di più, tantissimo!
Però sembra sia finito il tempo in cui noi europei ci sentivamo un pelino più civili dei nostri protettori americani, al contrario ora facciamo a gara a chi si dimostra più str...!
Un solo dettaglio: termini il racconto chiarendo che si tratta di un'intervista. Immagino un'intervista video, quindi il mio dubbio sorge da lì; se è radiofonica, nessun problema. Però io quando leggo, "vedo", perciò ho l'impressione di un'intervista in TV. Orbene, in un'intervista TV l'intervistato non avrebbe bisogno di dire che è negro.
È importante quest'osservazione? Non so, sono curioso dell'effetto che avrebbe fatto se si fosse scoperto durante il racconto questo fatto etnico, invece di buttarlo lì così come a farne IL motivo esplicito del racconto, che al contrario poteva essere la spiegazione di come il nonno di "Bubba" Stewart sia finito a fare motocross.
A rileggerti presto!
Ti ringrazio per l'interesse e per l'apprezzamento, Marino! In realtà, pensando all'intervista, mi riferivo più alla trascrizione di una registrazione su nastro, come si usava un tempo, piuttosto che a televisione o radio. Spero inoltre che sia quantomeno servito a suscitare un po' di interesse intorno al motocross e ai suoi campioni, magari meno conosciuti dei piloti di F1 o Motogp, ma altrettanto affascinanti!
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Marino Maiorino
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Re: La prima volta

Messaggio da leggere da Marino Maiorino »

Quello, certamente!
Sembra davvero una di quelle storie di altri tempi americana!
Ben riuscita!
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Athosg
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Messaggio da leggere da Athosg »

Un bel racconto dove la polvere entra nelle narici del lettore. Mi ha ricordato il modo di scrivere un po' antico e polveroso di Caldwell. Mi sfugge un po' la parte finale e comunque lo avrei apprezzato maggiormente se fosse stato più lungo.
Bobinsy
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Messaggio da leggere da Bobinsy »

Breve storia di discriminazione razziale, scorrevolissima, ed accompagnata da belle considerazioni che aiutano ad immedesimarsi, più che sul protagonista, sull'ipotetico intervistatore.
Forse la finalità (analisi critica della situazione sociale) è un po' troppo evidente.
Comunque la costruzione (la storia sta dentro ad un'altra storia, e lo si scopre solo alla fine) la trovo interessante.
Namio Intile
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Messaggio da leggere da Namio Intile »

Allora, è un buon racconto, onesto e gradevole. Ma c'è qualcosa che non quadra. L'incipit è un io narrante che si rivolge direttamente al lettore. Non ne vado pazzo per questo schizzare l'occhio a chi legge, ma va bene. Diciamo che è una debolezza giornalistica, ma va bene.
A questo incipit "A me piace mettere le cose in chiaro fin dal principio, quindi ve lo dico subito. Ecco: sono un negro. Così, se avete qualche problema con i negri, potete smettere di leggere fin da subito e non lamentarvi che non lo sapevate. Non ho molto da raccontarvi della mia vita, ma una cosa ve la voglio dire." segue il racconto vero e proprio.
Prima persona, tempo presente, punto di vista del protagonista, io narrante. Perfetto, funziona molto bene ed è anche avvincente. Nel finale "«Cosa? Ti sei fatto dieci miglia a piedi nel deserto? Ci saranno almeno cento gradi, oggi! Beh, non ci avrei mai scommesso un nichelino di trovare qualcuno disposto a farlo… ma visto che tu ce l'hai fatta, fratello, è come se la scommessa l'hai vinta tu… quindi la birra te la offro io, ci stai?» Ci facciamo una bella risata, partiamo. Quella fu la prima volta che andai in motocicletta. Ah, dimenticavo: anche lui era un negro. E se non vi sta bene, cancellate pure le ultime venti righe della storia." inserisci in questo finale anche un piccolo colpo di teatro, un colpo a effetto che spariglia la scena. Non è efficacissimo ma c'è ed è pure divertente. Quindi il racconto funzionerebbe anche come racconto breve a patto in questo caso di evitare l'incipit che offre troppe spiegazioni fin da principio e rovina il finale.
Ma è l'epilogo (che non a caso dividi dal resto della narrazione) che salterei del tutto. Intervista a Gregory Stewart, nonno di James "Bubba" Stewart, primo motocrossista afroamericano vincitore dei campionati AMA National e AMA Supercross.
L'epilogo dice al lettore che il racconto è un'intervista e per di più tratta fatti riportati. Ma un'intervista non è, perché è un racconto. Il racconto funziona in questo modo, senza sapere chi sia quell'uomo a cui tutti rifiutavano il passaggio.
Altrimenti dovresti cambiare radicalmente il racconto per inserire oltre al fatto (il tema centrale è il rifiuto del passaggio) il chi è il protagonista e perché quel fatto è stato importante per lui.
Non so se mi sono reso intellegibile.
A rileggerti.
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Stefano M.
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Re: La prima volta

Messaggio da leggere da Stefano M. »

Grazie Namio per la disamina molto accurata! Ammetto la mia ignoranza in materia di scrittura, non sono certo un professionista del tuo calibro e pertanto molti aspetti tecnici mi sfuggono. Il racconto, francamente, mi piace per come l'ho scritto, con la "spiegazione" sull'importanza di quel passaggio in moto spiegata nella "chiusa" (non so se è il termine adatto, spero di essere comunque compreso) finale. Pertanto, pur essendo magari scorretta, da un punto di vista formale, non penso di volerla togliere o modificare. Inoltre, come già segnalato anche in altri commenti, me la sono immaginata come un'intervista video o audio (non per intenderci, su rivista o quotidiano), del tipo "raccontami qualcosa di te" e con il protagonista che inizia a raccontare la sua storia. Grazie comunque e a presto!
Yakamoz
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Messaggio da leggere da Yakamoz »

Come racconto è bello, anche nella prosa. Forse risente un po' di qualche luogo comune, essendo ambientato a metà degli anni '50 del secolo scorso, avvertiti perciò meglio negli anni passati rispetto ai tempi moderni. Oggi, ma in parte è sempre stato così, il "razzismo" è più legato alla classe sociale a cui si appartiene: se sei nero, bianco, giallo o verde, cambia poco se hai i "soldini" o sei un cantante famoso, un calciatore, o altro di simile, anche solo uno che non dà troppo fastidio. Il protagonista del tuo racconto è un po' "scanzonato" e sputa facili sentenze, perché conoscendo il contesto in cui vive è più un verificare/mettere alla prova piuttosto che un "vero" chiedere: come in riscontro a qualcosa che già si conosce prima ma che si ha voglia di verificare. Poi incontra il motociclista, nero come lui, che porta al lieto fine e tutto finisce bevendo una bella birra da Daesy. La storia ricorda una sorta di "parabola" con una morale abbastanza chiara: se ti trovi in difficoltà, chiedi aiuto o aspettane da chi può capirti, perché i buoni sono pochi e i pregiudizi molti. Complimenti, Stefano!

Saluti,

Antonio

Voto: 4 (se fosse stato un po' più lungo, pure 5)

Aggiungo una cosa, visto che si parla di sport alla fine del tuo racconto:

Alla voce razzismo di molte enciclopedia, pure quelle di carta, c'è quasi sempre una bella foto "emblematica" che sicuramente conosci: Tommie Smith e John Carlos (Olimpiadi del 1968) che alzano il pugno chiuso guantato in nero contro il cielo. Segno di forza e unità, ma anche, o soprattutto, politico. C'è anche Peter Norman, quello "lavato con la candeggina", che ha suggerito l'idea di come doveva essere quell'immagine di umanità che vale più di monumento.
Stefano M.
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Re: La prima volta

Messaggio da leggere da Stefano M. »

Ti ringrazio per aver letto e apprezzato il racconto: sei stato forse l'unico a capire davvero la "psicologia" che sta dietro il protagonista. Il racconto è volutamente un'esagerazione, quasi una satira del classico disneyano "il buono contro il cattivo", dove in questo caso tutti i bianchi sono cattivi e tutti i neri sono buoni. Per quanto riguarda la lunghezza, ho preferito tenerlo piuttosto breve proprio per non appesantirlo oltremodo: il tuo potrebbe essere tuttavia un incoraggiamento ad ampliarlo, magari! Grazie ancora!
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Antologia visual-letteraria (Volume uno)

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