Venga il tuo regno
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Venga il tuo regno
Il bambino avrà sì e no cinque anni, ed è coperto di sangue. Un pesciolino rosso che risale uno dei tanti vicoli putridi di Isla Mureña, stretti come rigagnoli di acqua sporca. Grumi scuri rappresi fra i capelli e nelle orecchie, ciocche semi coagulate sulla fronte. Occhi neri, completamente neri – pupilla, iride, sclera - ma così lucidi da spiccare ugualmente nella maschera rossa. Il vicolo si apre su una via più larga ma non di molto, semideserta a quell’ora del mattino. La corsa del piccolo continua.
Una donna alla finestra lascia ricadere la tenda. Dopo pochi secondi si affaccia alla porta d’ingresso e chiama il bambino, poi lo insegue per soccorrerlo. Un gesto altruistico destinato a non essere ricompensato perché la donna muove appena pochi passi nella sua direzione e viene investita violentemente da un Suv della Policia Negra. Dopo un volo di quattro metri il corpo si abbatte sul tetto di una Renault parcheggiata, come una bambola disarticolata, la testa spaccata e gli occhi rovesciati. Il fuoristrada rimane fermo in mezzo alla strada. Il militare in borghese si guarda attorno, ma il bambino è scomparso.
Padre Mauro ne avverte il respiro, in sogno, sotto il ventre giallo e nero del temporale che incombe sulla città. La pioggia imminente è sospesa nell’aria in attesa di un segnale qualsiasi, tipo uno schiocco di dita, che possa farla precipitare al suolo tutta in un colpo. Attraverso gli occhi del bambino vede la facciata della sua chiesa, bella come non gli appare da tempo. O meglio, come lui non la guarda ormai da anni. Una facciata gotica come un ponte lanciato nel cielo, un baluardo di pietra scura davanti ai carrarmati dell’esercito e alle file di soldati scesi nella piazza per mettere in atto il golpe militare. Le guglie sembrano ogive di missili pronti al lancio e le statue bianche corrose dallo smog guardano arcigne i carri come se anch’esse fossero in procinto di lanciarvisi contro.
Dopo l’ennesima notte insonne, il prete si è addormentato seduto al tavolo della cucina, ancora prima di toccare la colazione preparata da Zindzhi, la domestica che gli sta facendo il letto nell’altra camera. Quando ritorna in cucina, la donna di colore si ferma a guardarlo e scuote la testa, ma un attimo prima che la sua mano si posi sulla spalla del sacerdote per scuoterlo, l’uomo si desta di scatto e corre via, senza nemmeno indossare la tonaca.
Quando il bambino entra nella piazza, la vastità dello spazio e l’imponente schieramento di forze lo fanno sembrare ancora più piccolo. I soldati si guardano l’uno con l’altro e - vuoi per la natura premonitoria di quella bizzarra apparizione, vuoi per la sensazione di minaccia incombente del temporale - scoprono di avere paura.
L’intero paesaggio architettonico, fino a quel giorno sinonimo di una comune giornata metropolitana agli albori, è funestato dai cadaveri rimasti sul selciato, dalle file di oppositori sdraiati lungo il marciapiede con le mani sulla testa, dalle divise scure antisommossa e dalla presenza sinistra dei mezzi cingolati. Sembra imminente qualcosa di grave, un terremoto, un’alluvione, una qualsiasi altra catastrofe epocale. Invece, semplicemente, comincia a piovere. Piano, all’inizio, e poi via via sempre più intensamente.
Lo spettacolo ha qualcosa di glorioso: la pioggia lava il sangue dal corpo del bambino e scopre lentamente, dall’alto verso il basso, interi segmenti di pelle intonsa, fino a che le concrezioni residue si disciolgono lasciando sul selciato una scia rosata che subito scolora nella pioggia battente. Il demonietto si trasforma gradualmente in un candido putto, fra i ventagli di porfido di piazza S. Allende. Osserva tranquillo la porta della chiesa, chiusa. Il prete la apre e appare trafelato, incredulo come se fino all’ultimo avesse confidato di vedere smentita la premonizione che l’ha condotto fin lì.
Altri bambini sciamano nella piazza, intanto, come insetti bianchi dagli occhi neri, le piccole dita ansiose di insinuarsi negli interstizi delle armature in kevlar dei soldati, i piccoli denti aguzzi di affondare nelle loro gole. In breve diventano centinaia, migliaia, e si chiudono intorno ai militari come neve sopra uno sparuto manipolo di insetti.
«Che succede?» Mormora esterrefatto padre Mauro. «È forse opera di Dio?»
Zindzhi sopraggiunge alle sue spalle con un’andatura flessuosa, lo oltrepassa e si dirige verso il centro della piazza. La donna di colore è completamente nuda e il suo corpo è bellissimo, non fosse per la treccia di escrescenze appuntite che le attraversano la schiena, dalla base del collo fino alle natiche. I suoi occhi neri e lucidi, quando si volta, fanno rabbrividire l’uomo di fede.
«No se engañe, padre. Su Dios ahora observa con los brazos cruzados, como siempre. Esta vez hacemos a mi modo (1).»
1) Non si inganni, padre. Il suo Dio ora osserva senza fare niente, come sempre. Questa volta facciamo a modo mio.
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- Laura Traverso
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Complimenti a Roberto Ballardini e 5 pieno anche per questo racconto.
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Scusa... probabilmente ho divagato, ma io ci leggo questo. Non sto cercando di interpretare le tue intenzioni, che sono solo tue, ma ti rendo semplicemente partecipe dei pensieri che la lettura ha suscitato in me.
Complimenti ancora.
Francesco
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Voto 5 anche per me
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Ecco, sto divagando anch'io ora, uscendo da quelli che sono i limiti naturali di un raccontino di meno di cinquemila caratteri. Grazie e alla prossima!
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Ciao, Selene. Alla prossima.
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Qui il discorso è diverso: il linguaggio metaforico si trova dentro un racconto almeno in parte onirico; e le metafore sono di ben altra consistenza.
Bello quel riferimento a piazza Salvador Allende, che dice molto sulla sostanza delle metafore, e anche quel diavolo donna che sembra ribellarsi a quella morte del divino, un Dio che rimane a braccia conserte e che non ha più nulla da dire all'umanità, che coinvolge l'umanità intera (che con la morte della religione sembra celebrare anche la morte dell'etica e della politica).
Un buon racconto.
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Tutto bene per me, comunque, grazie. A proposito di etica è bello perlomeno constatare che in questi momenti di emergenza ci sono molte persone capaci di mettere i propri interessi in secondo piano e dare il meglio che possono per principio e non per vincoli di parentela o conoscenze. Se non è etica quella. Forse non tutto è morto, anche se finita questa crisi i problemi che c'erano prima ci saranno ancora, decuplicati. Vabbè, sarà quel che Dio vorrà. O chi per lui. Grazie del passaggio. Alla prossima.
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Mi fa addirittura simpaticamente specie constatare come qualcuno, indossando i panni del “solito” feroce e attento critico letterario in un forum, non abbia visto in questo racconto i “certi topos di cultura di massa” di cui egli stesso tira in ballo e che, a mio giudizio, in questo racconto si espandono (eccome) a 360 gradi. Sarà che il punto di vista di chi commenta spesso è animato da certi spiriti alieni, tanto che la penna scrive sotto dettatura di qualche Spirito Informatore. Con questo, per dire che di questo testo non m’è piaciuto praticamente proprio nulla. Titolo compreso.
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Re: Venga il tuo regno
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Re: Venga il tuo regno
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Io leggo di tutto però quando mi imbatto in qualcosa di fantasy/weird non ci capisco più nulla e mi ci perdo. Mi sono divertito a focalizzare le sembianze del bambino, della donna investita, la scia di sangue lavato dalla pioggia. La perpetua con le vertebre acuminate: una perla. (Io ho immaginato le escrescenze come prolungamenti delle vertebre)
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Re: Venga il tuo regno
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Mi ha colpito anche la descrizione finale di Zindzhi, l’ho visualizzata come una pin-up demoniaca di Boris Vallejo.
Bravo.
https://chiacchieredistintivorb.blogspot.com/
Intervista su BraviAutori.it: https://www.braviautori.it/forum/viewto ... =76&t=5384
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descrizioni davvero ottime, sia a livello scenografico che emotivo.
le similitudini che tanti hanno segnalato, a me non infastidiscono per nulla.
certo, si potevano utilizzare parole diverse, ma il risultato è ottimo anche così
non posso che fare i complimenti all'autore
http://scrittoripersempre.forumfree.it/
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Re: Venga il tuo regno
Vivere con 500 euro al mese nonostante Equitalia
la normale vita quotidiana così come dovrebbe essere
Vi voglio dimostrare come con un po' di umiltà, di fantasia e di buon senso si possa vivere in questa caotica società, senza possedere grandi stipendi e perfino con Equitalia alle calcagna. Credetemi: è possibile, ed è bellissimo!
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BReVI AUTORI - volume 3
collana antologica multigenere di racconti brevi
BReVI AUTORI è una collana di libri multigenere, ad ampio spettro letterario. I quasi cento brevi racconti pubblicati in ogni volume sono suddivisi usando il seguente schema ternario:
Fantascienza + Fantasy + Horror
Noir + Drammatico + Psicologico
Rosa + Erotico + Narrativa generale
La brevità va a pari passo con la modernità, basti pensare all'estrema sintesi dei messaggini telefonici o a quelli usati in internet da talune piattaforme sociali per l'interazione tra utenti. La pubblicità stessa ha fatto della brevità la sua arma più vincente, tentando (e spesso riuscendo) in pochi attimi di convincerci, di emozionarci e di farci sognare.
Ma gli estremismi non ci piacciono. Il nostro concetto di brevità è un po' più elastico di un SMS o di un aforisma: è un racconto scritto con cura in appena 2500 battute (sì, spazi inclusi).
A cura di Massimo Baglione.
Contiene opere di: Giorgio Leone, SmilingRedSkeleton, Francesco Gallina, Laura Traverso, Umberto Pasqui, Patrizia Benetti, Luca Valmont, Alessandra Leonardi, Mirta D, Pasquale Aversano, Gabriella Pison, Alessio Del Debbio, Alberto Tivoli, Angela Catalini, Marco Vecchi, Roberta Eman, Michele Botton, Francesca Paolucci, Enrico Teodorani, Marco Bertoli, Fausto Scatoli, Massimo Tivoli, Laura Usai, Valentina Sfriso, Athos Ceppi, Francesca Santucci, Angela Di Salvo, Antonio Mattera, Daniela Zampolli, Annamaria Vernuccio, Giuseppe Patti, Dario Sbroggiò, Angelo Bindi, Giovanni Teresi, Marika Addolorata Carolla, Sonia Barsanti, Francesco Foddis, Debora Aprile, Alessandro Faustini, Martina Del Negro, Anita Veln, Alessandro Beriachetto, Vittorio Del Ponte.
Vedi ANTEPRIMA (215,03 KB scaricato 133 volte).
Carosello
antologia di opere ispirate dal concetto di Carosello e per ricordare il 40° anniversario della sua chiusura
Nel 1977 andava in onda l'ultima puntata del popolare spettacolo televisivo serale seguito da adulti e bambini. Carosello era una sorta di contenitore pubblicitario, dove cartoni animati e pupazzetti vari facevano da allegro contorno ai prodotti da reclamizzare. Dato che questo programma andava in onda di sera, Carosello rappresentò per molti bambini il segnale di "stop alle attività quotidiane". Infatti si diffuse presto la formula "E dopo il Carosello, tutti a nanna".
Per il 40° anniversario della sua chiusura, agli autori abbiamo chiesto opere di genere libero che tenessero conto della semplicità che ha caratterizzato Carosello nei vent'anni durante i quali è andato felicemente in onda. I dodici autori qui pubblicati hanno partecipato alle selezioni del concorso e sono stati selezionati per questo progetto letterario. Le loro opere sono degni omaggi ai nostri ricordi (un po' sbiaditi e in bianco e nero) di un modo di stare in famiglia ormai dimenticato.
A cura di Massimo Baglione.
Contiene opere di: Giorgio Leone, Enrico Teodorani, Cristina Giuntini, Maria Rosaria Spirito, Francesco Zanni Bertelli, Serena Barsottelli, Alberto Tivoli, Laura Traverso, Enrico Arlandini, Francesca Rosaria Riso, Giovanni Teresi, Angela Catalini.
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La Gara 45 - Due personaggi in cerca d'autore
A cura di Ser Stefano.
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Gara d'estate 2020 - Anniversari, e gli altri racconti
A cura di Massimo Baglione.
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La Gara 63 - Treni e stazioni
A cura di Ida Dainese.
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