A cena
- Francesco Dell'Accio
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A cena
“Mario, devi pensare che è gente che scappa da guerre, fame e malattie” dice Gianni
“E cosa pensi che possano trovare qui? Eh Gianni… Cosa gli possiamo dare? Non c’è lavoro neanche per noi”
“Gli possiamo dare qualcosa di più del nulla che hanno adesso” ribatte deciso Gianni.
Mario, dopo aver deglutito il boccone di arrosto che è finalmente riuscito a infilarsi in bocca, si concede un momento compassionevole: ”Gianni, Gianni, ma cosa credi? Sono d’accordo con te. Mi piacerebbe che potessimo fare qualcosa per loro. L’unica cosa che non possiamo, e non dobbiamo fare, e dargli delle illusioni”
“Hai ragione amore, dobbiamo aiutarli, si, ma aiutarli a sviluppare il loro senso imprenditoriale. Devono sfruttare le immense ricchezze che gli offre la loro terra” cinguetta Anna mentre sparecchia i piatti per far posto al dolce.
“Ti ricordo, Anna, che le immense ricchezze del loro territorio sono sfruttate dalle multinazionali occidentali” dice Gianni mentre pensa se la moglie di Mario sia stupida dalla nascita o lo sia diventata impegnandosi.
“Posso saltare il dolce e uscire con i miei amici?” Dico nel modo più carino possibile. In realtà ne ho i coglioni pieni di queste frasi. Le stesse, identiche frasi, pronunciate in ogni cena con gli amici, i loro amici, con le stesse espressioni saccenti. Ho voglia di urlare, o di ruttare. Al limite di scorreggiare.
“No Mirko, finisci la cena con noi, e poi esci. Adesso c’è il dolce. Ho fatto la torta pere e cioccolato. La tua preferita”. “Anzi, ci piacerebbe sentire la tua opinione” dice la madre.
Nicola si versa il vino rosso nel bicchiere. Lo riempie fino all’orlo. Lo guarda come se fosse indeciso sul da farsi. Lo beve tutto in tre sorsi, pieni e lenti, con gli occhi socchiusi.
Mario riprende con la sua solita sicumera: “Ancora con questa storia delle multinazionali. Poi scommetto che tirerai fuori il colonialismo… Gianni, sono passati decenni. Questi sono alibi. Loro potrebbero prendere in mano il loro destino, ma non lo fanno e poi…”
Sorpresa: il tranquillo Gianni interrompe mio padre con una certa veemenza “ Mario, non diciamo cazzate dai. L’Eni, le compagnie petrolifere in Niger, le multinazionali dei diamanti. E’ ancora tutto in mano nostra. E dobbiamo risarcirli”
Ed ecco comparire il sorrisino saccente di Mario: “Potresti iniziare tu Gianni, con i fatti”
Nicola prende lentamente la bottiglia di rosso, controlla quanto vino ci sia e se lo versa nel bicchiere, con calma, guardandolo intensamente, come se cercasse chissà quali risposte. Si porta il bicchiere alla bocca e lo svuota.
Gianni riprende con entusiasmo. Non aspettava altro che illustrare il suo impegno sociale. Ma solo perché gli è stato chiesto, beninteso. “Io ho già iniziato con i fatti, Mario. C’è stato un momento in cui il cinismo, quel cinismo che tu manifesti con così tanta tranquillità, stava prendendo il sopravvento. Ma poi…”
Anna si alza con un sorriso tirato, muovendosi come un burattino snodato: “ Basta parlare di politica. Siete noiosi e state infastidendo Nicola.
“Mamma io vado, non lo voglio il dolce”
“Senti Mirko, non insistere. Chiedi il permesso a tuo padre. Decide lui.”
“Papa?”
“Stavo dicendo – riprende Gianni- che poi ho deciso di fare un’adozione a distanza. Tutti dovremmo fare qualche cosa senza affidarci ai massimi sistemi”
Ma cosa sta facendo questo pazzo? Osservo incuriosito Nicola che prende la bottiglia, ormai diventata la sua bottiglia, e se la porta alla bocca per finire a canna l’ultimo sorso. Una scena decisamente a effetto in una tavola perfettamente apparecchiata, con calici in cristallo, posate d’argento e tovaglia di lino. Mentre Nicola si fa scivolare le ultime gocce in gola, tenendo la bottiglia attaccata alla bocca come se fosse una tromba, mia madre guarda Gianni e mio padre, con il viso diviso in due. Gli occhi fingono attenzione per il duello verbale, mentre la piega della bocca manifesta il disagio per la conversazione.
“Papà posso uscire?”
Mario strabuzza gli occhi. “Un’adozione a distanza? Un’adozione a distanza? Ti prego dimmi che non è vero”
“Invece è vero, ed è un’esperienza bellissima”
“Quindi Gianni, tu ti metti a posto la coscienza con 100 euro all’anno, e vieni qui a farci il pistolotto. Ti eleggi padre di un figlio di cui hai a malapena una fotografia, e con il quale scambi qualche lettera ogni tanto”
Mario, implacabile, prende fiato, inclina leggermente la testa di lato e sospira. “ E poi Gianni…” è indeciso se dirlo. E’ indeciso se affondare il colpo di grazia. “E poi Gianni tu sei sicuro che tutti i tuoi soldi vadano al tuo figlio lontano? Non hai il dubbio che una parte, una cospicua parte, non vada a ingrossare quei paraculi delle ong?”
E finalmente Gianni sbotta: “Ma cazzo Mario, perché devi sempre spalare merda?”
Il mio bravo papà accetta la sfida e indossa i guantoni: “Perché mi avete rotto il cazzo voi buonisti, con i vostri sensi di colpa verso questi poveri, poveri, poveri africani. Mi avete veramente rotto il cazzo”
Adesso tocca me. E mi adeguo volentieri al clima della tavolata: “Io mi sono veramente il cazzo… voglio uscire con i miei amici”
“Mirko non dire parolacce” dice Anna, più a suo agio nel ruolo di madre che di arbitro tra Gianni e Mario.
“Eccolo il buon Mario. Ha gettato la maschera. Il buon Mario che tutte le domeniche poggia il culo sulle panche in prima fila nella chiesetta. Eh Mario… Dimmi… Sei lo stesso Mario? Scambiatevi un segno di pace. Pace. Pace. Dimmi, sei lo stesso Mario?”
“Cosa c’entra. Avanti, dimmi cosa c’entra” farfuglia mio padre, per la prima volta in difficoltà.
Nicola va in cucina e sceglie un’altra bottiglia di vino. Apre con sicurezza il cassetto giusto e prende il cavatappi. Si muove perfettamente, come se fosse in casa sua. Apre la bottiglia, annusa il tappo, e si versa un bicchiere di vino. Lo beve negli immancabili tre sorsi. Rimane in piedi e guarda il ring.
“Certo che c’entra Mario. Sei un’ipocrita. E, aggiungo, un grande stronzo. Vuoi fare il perbenista ma sei gretto” affonda il colpo Gianni
Salgo sulla sedia, sicuro che sia una posizione che dia autorevolezza “Voglio uscireeee. Non vi sopporto più. Non capisco di cosa parlate. E non lo voglio capire”
“Siediti subito se non vuoi una sberla”. A Mario non sembra vero poter usare il figlio per riaffermare la propria autorevolezza.
Ecco quel cazzone di mio padre che mi ha rivolto la parola. Il tutto mentre mia madre scambia messaggi con le sue amiche cerebrolesi.
“ E allora Gianni, padre a distanza, dimmi… dimmi cosa sta facendo adesso, in questo momento, il tuo amato figlio. Un buon padre dovrebbe sempre sapere cosa sta facendo il proprio ragazzo”.
“Io mi avvicinerei ai loro barconi facendo finta di soccorrerli e poi li speronerei con la motovedetta” dice improvvisamente Nicola. Lo dice tranquillamente, rimanendo in piedi, appoggiato allo stipite della cucina, con il bicchiere in mano.
Cala il silenzio.
Lo guardo incuriosito. Li affonderebbe? La prima cosa che ha detto in tutta la serata. I nostri occhi si incrociano e la mia curiosità probabilmente lo esorta ad andare avanti.
E Nicola va avanti, lentamente ma inesorabilmente: ” Tutti, ma proprio tutti, attorno a questa tavola, pensiamo la stessa cosa: che se ne stiano a casa loro e non ci rompano i coglioni. Abbiamo solo metodi diversi. Io, diciamo, sono solo un po’ più diretto di voi”
Lo guardo rapito sperando che vada avanti. E Nicola va avanti.
“Io li affonderei. Gianni investe 100 euro all’anno per aiutarli a casa loro, e tu Mario… tu sei un fenomeno… non spendi neanche 100 euro, però rompi i coglioni a tutti.”
Non so perché ma all’improvviso salgo di nuovo sulla sedia e inizio a battere le mani. Sempre più forte. Un battito ritmato. E danzo, alzo le braccia al cielo e urlo di gioia.
Mia madre aumenta il ritmo dei messaggi alle sue amiche, quasi prendesse una medicina. E questa medicina prevede un aumento della dose in caso di attacco di Nicola. Che dopo una piccola pausa, causata dal mio urlo, riprende lento e inesorabile, dopo essersi versato il decimo o undicesimo bicchiere di vino.
“Pensiamo tutti la stessa cosa, tutti e tre, solo che…”
“Anch’io la penso come te, come voi” lo interrompo urlando, in preda a una strana esaltazione. Mi sento per la prima volta parte del mondo degli adulti che avverto finalmente vicino. Finalmente un linguaggio che riesco a capire anch’io. Un linguaggio chiaro, senza se e senza ma, senza digressioni, senza profonde riflessioni. Azioni, azioni efficaci, di facile comprensione. Affondare. Affondare.
“Si cazzo… sono finalmente dei vostri”
E finalmente posso infilarmi in bocca il pezzo di torta. Pere e cioccolato. La mia preferita.
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Nonostante ciò non mi ha entusiasmato in maniera particolare, pur leggendolo volentieri.
Forse, dato che si tratta pur sempre di un racconto di fantasia, oltre alle azioni sconsiderate di Nicola e Mirko riservate solo alla fine, ne avrei aggiunte almeno un paio anche prima. Ovviamente si tratta solo del mio gusto personale visto che ho un debole per le situazioni eccentriche
- Massimo Baglione
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Re: A cena
Se invece state solo rispondendo, non serve specificare.
Ricordatevi anche che il testo del commento deve essere lungo almeno 200 battute.
Vi rimando alle istruzioni delle Gare letterarie.
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Dialoghi efficaci, veritieri, reali. Fino a poco prima della pandemia, questo era l'argomento del giorno, se ne parlava ovunque e in qualsiasi momento.
Mi è piaciuto molto come hai costrutio il personaggio Nicola, e come lo hai fatto entrare lentamente in scena, sferrando alla fine il colpo di grazia, zittendo tutti, e allo stesso tempo mettendoli tutti d'accordo, Mirko compreso.
L'unica cosa che non ho capito come si è passati dal racconto in terza persona a quello in prima persona da parte di mirko, non so se sia stato voluto o se sia una svista.
A rileggerci
- Francesco Dell'Accio
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Grazie del commento, sono contento che il racconto ti sia piaciuto
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Re: Commento
Ciao Athosg, grazie del commento. Si questo che stiamo vivendo condizionerà anche la nostra fantasia. A rileggerci.
- Francesco Dell'Accio
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Re: Commento
Ciao Gino e grazie del commento. Hai ragione, forse avrei dovuto inserire qualche elemento di rottura già nella parte centrale del racconto.
A rileggerci
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Re: Commento
grazie del commento, lo condivido completamente. Volevo esporre proprio questo perbenismo imperante, questo "buon senso" comune che rischia di essere più cinico e violento di posizione dichiaratamente estremiste.
Alla prossima
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Re: Commento
Ciao RobertoRoberto Ballardini ha scritto: ↑25/03/2020, 11:02 Credo sia impossibile, nella nostra posizione (mi viene da dire "privilegiata" in un certo senso, anche se poi personalmente tutto questo privilegio mi pare pausibile solo quando messo a confronto con altre tragiche situazioni) dire qualcosa di utile sull'argomento, e mi pare che il racconto vada a parare proprio lì, offrendo lo spaccato di una cena familiare di ordinaria banalità. In questo senso, mi pare funzioni. Certo, il punto di vista di Mirko suona come quello meno retorico, ma credo sia lecito immaginare che, come tutti i suoi familiari e Nicola, anche lui sia destinato ad apportare ben poche novità in questo povero mondo. Avrei evitato la prima persona e lo avrei messo alla berlina insieme a tutti gli altri. Dialoghi scorrevoli. Buono.
grazie del commento- Volevo proprio far trasparire la banalità di alcune discussioni e il perbenismo di facciata.
Relativamente all'uso della prima persona: volevo dare più forza al conflitto interno di Mirko. Non so se ci sono riuscito.
La nostra "posizione privilegiata rene impossibile dire qualche cosa di utile"... Ognuno ha la sua idea. Non penso che bisogna per forza vivere qualunque situazione per poter offrire un contributo utile. Chiunque può dare il suo contributo utile con azioni pratiche. Comunque da approfondire.
Ciao Roberto
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Corretto nella forma, mi pare un buon lavoro.
A rileggerti
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Anch’io ho notato qualche stranezza nel punto di vista, ma non mi ha disturbato più di tanto.
Secondo me un buon racconto.
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Re: Commento
Alla prossima
Namio Intile ha scritto: ↑12/04/2020, 10:04 Un racconto dei nostri tempi, dove ogni individuo vive solo per se stesso e ha a cuore il proprio benessere solo, dove i genitori sono cerebrolesi, anzi lo sono tutti gli adulti, o ipocriti o ubriaconi, e i ragazzi sono dei narcisisti borderline. Un allegro quadretto.
Corretto nella forma, mi pare un buon lavoro.
A rileggerti
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Hai ragione potevo essere più chiaro nella scelta punto di vista.
Ciao
Stefyp ha scritto: ↑17/04/2020, 19:02 La prima cosa che mi viene in mente dal punto di vista stilistico è che non è ben gestito l'uso della prima persona, a volte sembra scivolare verso la terza persona per poi riprendersi e tornare alla prima. Il personaggio di Nicola è il meglio riuscito, coerente con l'immagine che volevi dargli. Se mi fossi trovata per caso ad una cena come quella penso che me ne sarei andata via subito dopo l'aperitivo. La fiera di banalità infilate tra un arrosto e una fetta di dolce è impressionante, ma la cosa impressionante è che queste banalità sono reali, discorsi sentiti e risentiti e tu li hai ben mescolati. Complimenti.
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forse perché rispecchia situazioni nelle quali mi sono trovato spesso, anche arrivando a gridare per cercare di farmi comprendere.
ecco, la cosa che più mi è piaciuta è la definizione di Mario: non fa niente e rompe i coglioni a tutti.
beh, ci sono tanti Mario nella mia zona, purtroppo. troppi.
la storia è scritta abbastanza bene e i dialoghi la rendono scorrevole.
qualche refuso, ma nulla di particolare.
l'unica cosa che non mi è chiara è se si tratta di una descrizione fatta da Mirko fin dall'inizio o se subentra poi.
http://scrittoripersempre.forumfree.it/
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Una sequela di affermazioni banali, trite e ritrite, fino all'arrivo di Nicola con la sua "verità", che tanto paice al ragazzo: si troverà benissimo nel mondo degli adulti.
Un racconto amaro. No, non distopico, amaro e forse fin troppo realistico, temo.
Però non mi è piaciuto perchè non sono riuscita a capire il messaggio, salvo che il messaggio sia solo amarezza e impotenza, ma non mi pare congruo con l'atteggiamento finale di Mirko e il suo schieramento. A meno che sia proprio lo schieramento del ragazzo a fare di questo spaccato familiare un racconto distopico. Non mi piace la distopia, ma è opinione personale.
Ad ogni modo, il messaggio non mi è chiaro e questo non mi piace.
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B.A.L.I.A.
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Siamo nel 2106. BALIA accudisce gli uomini con una logica precisa e spietata, in un mondo da lei plasmato in cui le persone nascono e crescono in un contesto utopico di spensieratezza e di bel vivere. BALIA decide sul controllo delle nascite e sulle misure sanitarie da adottare per mantenere azzerato l'incremento demografico e allungare inverosimilmente la vita di coloro che ha più a cuore: gli anziani.
Esiste tuttavia una fetta di Umanità che rifiuta questa utopia, in quanto la ritiene una distopia grave e pericolosa.
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Di Ida Dainese e Massimo Baglione.
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Nota: questo libro non proviene dai nostri concorsi ma è opera di uno o più soci fondatori dell'Associazione culturale.
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