Operazione “Lampreda padana”.
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Operazione “Lampreda padana”.
Così recitava il breve messaggio di testo trasmesso ad ogni convenuto.
Immerso nel buio e nel silenzio profondo, quel luogo, ormai lasciato a sé stesso, cominciò a riprender vita.
Nessun rumore, nessuna luce, salvo quella che brillava negli occhi e nel animo dei convenuti.
Una luce che per ognun di loro era guida e pochi oltre a loro intravedevano.
L’un di fronte l’altro intorno ad un vecchio tavolo in legno che emanava, così come tutto il casolare, un intenso odor di muffa ed abbandono, questi uomini tuffati nel buio d’abisso ed in un silenzio di tomba si riconoscevano e salutavano con un linguaggio misterioso.
Eppure il loro convenire in quel casolare era impercettibile persino al più sofisticato fonometro ed il buio era profondo ed impenetrabile.
Come facessero a riconoscersi e comunicare questi uomini resterà un eterno mistero.
Telepatia, affinità di intenti e pensieri tali da rendere superfluo ogni uso dei sensi? Forse ...
Caso di studio per parapsicologi rampanti? Sicuramente!
Rapidamente, quella casa scolorita, ormai in rovina, quasi un rudere, con una parte del tetto crollata e nella quale nessun entra per pericolo di crolli, aveva preso colore e vita.
Sulla facciata, tra una crepa e la successiva, era ancora possibile individuare un paio di targhe commemorative ed una vecchia corona appassita.
Un vecchio Comandante per il quale le otto campane erano già suonate da qualche tempo. Pure lui con quella luce che brillava tra occhi ed animo, descriveva quel sito con queste parole: “In quel luogo si era creata, in modo vero, profondo e sincero, quella banda di fratelli che costituiva un ideale dei giovani allievi dell'Accademia Marinara. Ed essere uniti come consanguinei non era retorica, come non lo era il voler dare in ogni possibile modo tutto quello che si poteva ad un'Italia che amavamo sopra ogni cosa. Là si creò quello spirito che nessuno di noi ha mai potuto dimenticare”.
Parole sincere di uomo leale, schietto e stimato, già della partita, fin da quei tempi in cui tutto ebbe inizio.
Ad un tratto, secondo tradizione, vennero battuti otto decisi e solenni rintocchi di campana accompagnati da una voce altisonante "Sono le otto e tutto va bene!".
Fin dai tempi della più antica tradizione marinara quella frase si udiva sul ponte di coperta quando avveniva il cambio del turno di guardia.
Dopo quelle parole una candela illuminò con la sua tenue luce le facce dei convenuti:
Una dozzina d’uomini in tuta da combattimento color verde speranza ritti attorno ad un vecchio e puzzolente tavolo, in una cascina diroccata, illuminati da una debole fiammella di candela, nel buio che li avvolgeva.
Occhi più sensibili avrebbero osservato un bagliore intenso uscire da una cascina in perfette condizioni dalla quale provenivano uomini della vecchia guardia con il cuore leggero per aver lasciato quel luogo in fide mani.
Così era!
Nei tabernacoli costituiti dai cuori di quegli uomini, montanti e smontanti, i valori eran rimasti intatti.
Prese la parola il Comandante Perseo:
"Signori, un grave pericolo oggi minaccia la nostra Bandiera. La Patria è in pericolo. Dal lago più grande d'Europa, situato nel nord ovest della Russia europea, è fin qui giunta una specie di lampreda nera che accoppiandosi con la nostra lampreda padana ha dato origine ad una nuova forma di vita.
Come tutti ben sappiamo la lampreda padana non era in principio un parassita e trascorreva tutta la sua vita in acque dolci, non migrando mai verso il mare.
Le novelle lamprede padane oltre a succhiare il sangue degli altri pesci, mutando in voraci parassiti oggi migrano anche verso il mare in cerca di nutrimento".
"Noi che c’entriamo?" Chiesero due operatori.
"Chi meglio tra noi, forgiati al fuoco della folgore, temprati nel mare, conosce le abitudini di quei viscidi succhia sangue? Chi meglio conosce le forze da cui sono mossi. Chi potrà fermarli senza danneggiarli? Per questo hanno scelto noi". Rispose Perseo.
"Dopo le lamprede ci occuperemo anche di derattizzazione?!" Concluse con tono scherzoso Eracle.
Fu così che nei giorni successivi quegli operatori si diedero da fare.
L’intento era chiaro: convincere le lamprede padane a mollare la presa, persuadendole a cercare il loro nutrimento altrove, magari su nuovi banchi di pesci ignari. Così che dopo l'inevitabile caduta in trappola, e dopo il conseguente fallimento pianificato le lamprede nere ritenessero più conveniente e logico tornare da dove erano venute.
L’azione studiata nei minimi dettagli non ammetteva errore.
Si decise di far leva sulla più stordita di quelle lamprede padane: cioè la lampreda leader.
Era questa una lampreda superficiale, poco accorta, con un ego smisurato e che dimostrava estremo compiacimento quando tutti la definivano “capitone”. Gradiva essere così definita non certo a causa della assonanza all’esemplare femmina del pesce teleosteo della famiglia delle anguillidae, considerato che invero, in tal senso, più virilmente avrebbe preferito esser definita buratello.
Capitone, invero era inteso nel senso dello scarso comprendere sul piano intellettivo, cosa su cui giocava chi quel nome gli aveva attribuito, sicuro che visto lo scarso afferrare con la mente di questo esemplare, questi si sarebbe subito fatto convinto che capitone fosse inteso nel senso contrario: di cioè colui che tutto capiva ... in modo repentino e lungimirante.
Tutto era pronto: Un esperto operatore sub scese in acqua, si mise in posizione, impugnò il suo gladio con la stessa perizia di un chirurgo con il bisturi e riuscì, tagliando un sottile strato di pelle dell’ospite, a staccare quel parassita di “capitone” posizionando la testa del medesimo sulla sua stessa coda.
Appena riemerso il sub riferì: “Operazione lampreda padana riuscita, quel vorace parassita è in loop, adesso succhia sé stesso”.
Si narra che ancor oggi quella lampreda padana leader vaghi per i mari chiedendosi cosa sia accaduto e sempre più debole stia andando a fondo, sempre più a fondo. Speriamo che non tutte le lamprede padane lo seguano sul fondo e che le più sagge tornino in acque dolci abbandonando ogni pratica parassita.
https://www.youtube.com/watch?v=HTRHL3yEcVk
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"Come facessero a riconoscersi e comunicare questi uomini resterà un eterno mistero.
Telepatia, affinità di intenti e pensieri tali da rendere superfluo ogni uso dei sensi: forse. Caso di studio per parapsicologi rampanti: sicuramente.
Forse sacrifici, privazioni, stenti e continue prove, durante il loro addestramento, l’intensa e difficile attività quotidiana avevano acuito facoltà già insite negli esseri umani? Forse!"
Ora, nel primo paragrafo dovresti sostituire i due punti con un paio di punti interrogativi. Per quanto invece riguarda il secondo paragrafo, io direi che puoi benissimo tagliarlo. Non toglierebbe nulla al testo.
Più avanti, in "In fondo per loro era semplice: Esistono Leggi scritte col fuoco nel cuore d’ogni uomo." dopo i due punti serve la minuscola.
E infine, qui ho invece riscontrato un problema di coesione, dopo "corona appasita", mi sembra ci sia un cambio di ritmo e prospettiva piuttosto brusco. Il periodo ha pause fortissime e davvero ho avuto l'impressione di trovarmi in un testo del tutto diverso, quasi fosse l'inizio di un altro racconto.
A rileggerti
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Il cambio di ritmo e prospettiva indicato può avere due spiegazioni:
A) Le parole virgolettate non sono mie bensì riguardano una reale citazione.
B) Dopo il virgolettato il cambio di ritmo e prospettiva è voluto.
Spiego meglio il punto B).
Inizialmente ho voluto esaltare il silenzio e l'abbandono di un luogo speciale, oltre a determinate attitudini degli uomini convenuti. Per questo il ritmo era lento e mi sono lasciato trasportare dalla descrizione.
Poi quegli uomini, soliti muoversi in modo defilato e silenzioso, vuoi per non beccarsi qualche palla del fato o d'altri , sono entrati in azione.
Per questo i ritmi sono più sostenuti e la prospettiva diventa quella d'ognuno di loro.
Per capirci: Ipotizza quando dopo un paio d'ore di meritatissimo sonno con le gambe allungate nella cuccetta suona la tromba della sveglia ed in tempo lampo ci si deve trovare vestiti, equipaggiati ed armati di tutto punto sul ponte di coperta dove l'acqua marina nebulizzata bacia in fronte augurando un buongiorno e stimolando un sereno risveglio.
Be, non era proprio questo lo stato d'animo che volevo trasmettere, ma sicuramente era mia precisa intenzione conferire una sorta di stato d'animo più, come dire, marziale al lettore.
Grazie ancora dei preziosissimi consigli.
A rileggerci.
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A me è piaciuto.
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c'è una marea (alta, molto alta) di d eufoniche. magari è una cosa voluta, ma non credo.
qualche errore nei tempi verbali.
e poi... boh, poi la storia non è che l'abbia capita più di tanto. problema mio, di certo, però se tutto mi rimane oscuro non riesco a dare opinioni positive.
alla prossima.
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Trovo meno convincente il terzultimo paragrafo, che trovo slegato al resto del testo. A mio parere andrebbe anche riletto per fare qualche piccola correzione.
- Teseo Tesei
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Re: Operazione “Lampreda padana”.
Trovo questi commenti la parte più interessante e stimolante delle gare.
Appena riesco vedo di rileggerlo in caccia d'errori.
Fausto a me le "d" eufoniche piacciono, fanno parte del mio stile per quanto ammetto poco raffinato e anche un tanto rozzo, non le mollo manco se il Comandante in persona dell' Accademia della Semola dovesse implorare pietà per le sue povere orecchie.
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La metafora però l'ho apprezzata.
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Così recitava il breve messaggio di testo trasmesso ad ogni convenuto.
Immerso nel buio e nel silenzio profondo, quel luogo, ormai lasciato a sé stesso, cominciò a riprender vita.
Nessun rumore, nessuna luce, salvo quella che brillava negli occhi e nel animo dei convenuti.
Una luce che per ognun di loro era guida e pochi oltre a loro intravedevano.
L’un di fronte l’altro intorno ad un vecchio tavolo in legno che emanava, così come tutto il casolare, un intenso odor di muffa ed abbandono, questi uomini tuffati nel buio d’abisso ed in un silenzio di tomba si riconoscevano e salutavano con un linguaggio misterioso.
Eppure il loro convenire in quel casolare era impercettibile persino al più sofisticato fonometro ed il buio era profondo ed impenetrabile.
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Caso di studio per parapsicologi rampanti? Sicuramente!"
Lasciato a se stesso, nell'animo dei convenuti, di fronte all'altro, Forse…
E poi, l'ultima frase, dove mi pare che la voce narrante scivoli e si faccia autore, come nel finale. Non è la voce narrante, ma l'autore a parlare. Generalmente questo non va fatto, o comunque va fatto solo in determinate circostanze.
Per non dire dei segni grafici<> usati come caporali. Quelli veri li trovi nella tabella numerica ad alt174 e 175.
A parte queste cosucce, per cui basterebbe una rilettura, il racconto non mi lascia molto.
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Re: Operazione “Lampreda padana”.
Appena possibile cercherò di dare una sistemata al tutto.
In questo periodo navigo in mari d'acqua salata ove per svariate ragioni è vietata la navigazione in altri "mari" così come è obbligo evitar di finire tra le maglie della rete al pari dei pesci.
Angelo:
Eracle, Perseo e compagnia bella sono pseudonimi o nomi di battaglia se preferiamo.
Raffigurano soggetti in carne ed ossa ai quali altri nomi parevano troppo banali.
Fortunatamente Ippogrifo in questo racconto non è mai comparso, altrimenti la confusione sarebbe stata massima.
Leggerai sempre retorica, esortazione, incitazione, incoraggiamento, sollecitazione nei miei scritti.
A volte potrai scambiarli per sofisma altre per pura retorica fine a se stessa, altre volte ancora magari rifletterai e magari coglierai perfino il senso di quanto era mio dovere trasmettere e che solo alcuni colgono come è giusto accada.
Non reputo corretto essere ironico verso la lampreda padana.
Questa bestia ha libertà d'arbitrio come noi tutti.
Inevitabilmente gli errori si pagano.
Vale per tutti, anche per ognuno di noi.
Va bene comunque, mi riprometto per la gara d'autunno di raccontare la storia, o era un aneddoto ... chissà? Mi riprometto dicevo di raccontar la storia di "Arturo il cadetto canguro".
Quella si che è divertente.
C'era da sbellicarsi davvero.
La storia della lampreda padana viceversa trasmette solo molta pena, ne convengo ed è chiaro che lasci poco, sia pure difficile da capire e lasci un profondo senso di disorientamento in tutti.
Concordo.
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Re: Operazione “Lampreda padana”.
Lo trovo corretto e giusto.
Quando il racconto è stato scritto l'operazione era ancora allo studio sebbene già ben definita.
Per ovvie ragioni il finale era deludente e non poteva certamente svelare quel che oggi è viceversa possibile scrivere.
Si può dire che la cosa sia stata voluta, così come la sentenziosità giustamente fatta notare.
Oggi è possibile scrivere il finale.
Un finale ben noto a quegli operatori fin da principio, ma che per la stessa riuscita dell'operazione era bene rimanesse defilato.
Come detto, essendo possibile, ho rimediato.
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Re: Operazione “Lampreda padana”.
Battute a parte, alla luce di fatti recenti e delle modifiche alla narrazione trovo che la metafora sia ancora più esplicita.
Quando lo hai scritto sapevi cose che noi ignoravamo?
Diavolo di un Teseo!
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Re: Operazione “Lampreda padana”.
Ignorare spesso è condizione necessaria per essere felici.Roberto Bonfanti ha scritto: 10/09/2019, 21:40 Quando lo hai scritto sapevi cose che noi ignoravamo?
Diavolo di un Teseo!
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Masquerade
antologia AA.VV. di opere ispirate alla maschera nella sua valenza storica, simbolica e psicologica
A cura di Roberto Virdo' e Annamaria Ricco.
Contiene opere di: Silvia Saullo, Sandro Ferraro, Luca Cenni, Gabriele Pagani, Paolo Durando, Eliana Farotto, Marina Lolli, Nicolandrea Riccio, Francesca Paolucci, Marcello Rizza, Laura Traverso, Nuovoautore, Ida Daneri, Mario Malgieri, Paola Tassinari, Remo Badoer, Maria Cristina Tacchini, Alex Montrasio, Monica Galli, Namio Intile, Franco Giori.
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Trentun paia di gambe hanno pedalato con la loro fantasia per guidarci nel puro piacere di sedersi su una bicicletta ed essere spensierati, felici e amanti della Natura.
A cura di Massimo Baglione.
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La spina infinita
"La spina infinita" è stato scritto quasi vent'anni fa, quando svolgevo il mio servizio militare obbligatorio, la cosiddetta "naja". In origine era una raccolta di lettere, poi pian piano ho integrato il tutto cercando di dare un senso all'intera opera. Quasi tutto il racconto analizza il servizio di leva, e si chiude con una riflessione, aggiunta recentemente, che riconsidera il tema trattato da un punto di vista più realistico e maturo.
Di Mario Stallone
A cura di Massimo Baglione.
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Nota: questo libro non proviene dai nostri concorsi ma è opera di uno o più soci fondatori dell'Associazione culturale.
La Gara 5 - A modo mio
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La Gara 16 - Cinque personaggi in cerca di storie
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La Gara 54 - Sotto il cielo d'agosto
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