La voce del mare
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La voce del mare
“E’ un nodulo freddo. I margini sono sbiaditi… fossi in lei non dormirei sonni tranquilli. Sono sempre più frequenti, sa, queste patologie qui da noi… la causa sembra in relazione ai rifiuti tossici e radioattivi. In questo periodo sto giusto seguendo un ragazzo operato di carcinoma tiroideo… deve assolutamente eseguire un altro ago-aspirato, ma questa volta in una struttura adeguata, che dia risultati certi”.
“Mi dica lei a chi mi posso rivolgere” risposi, lanciando la carta appallottolata nel contenitore, dopo essermi ripulita del gel usato per le ecografie.
“Sul nostro territorio non saprei. Non mi fido dei risultati. Le consiglio di contattare un Centro con adeguata esperienza riguardo a malattie della tiroide, evitando di perdere ulteriore tempo. L’Unità Operativa di Endocrinologia dell’ospedale pisano è un’eccellenza per quanto riguarda questo tipo di patologie”.
Contattai l’Istituto pisano e fissai un appuntamento.
Alcuni giorni dopo aver eseguito una visita e alcuni esami: “C’é bisogno del ricovero… ma non si preoccupi, niente di grave, deciderà lei quando… toglieremo solo il nodulo che, pur così piccolo, va assolutamente rimosso”. La voce premurosa che correva lungo il filo del telefono, mi giunse come una carezza appuntita.
Per quanto rassicurante potesse essere, avvertii il punteruolo dello spavento paralizzarmi la mente.
“Mi può spiegare perché dovrò fare terapia radiante se la tiroide sarà tolta completamente?” Chiesi al momento del ricovero. Il dottore che stava redigendo la cartella clinica, cercava i termini giusti per farmi capire che bisognava somministrare Iodio radioattivo come misura cautelativa.
“Le assicuro che si tratta di una semplice precauzione, per bruciare i residui rimasti. Tranquilla, tutto si regolarizzerà. Adesso la togliamo la tiroide, no? Suvvia! Non c’è niente di cui preoccuparsi”.
Tentai di avere altre informazioni, giusto per capire dalle risposte se dovevo aspettarmi altre sorprese. Eh già, perché ti preoccupi? Sarà quel che deve essere, pure Kundera lo dice . Se c’era qualcosa che non riuscivo ad afferrare, non mi restava che attendere.
Entravo, così, in una dimensione nuova, distaccandomi da tutte le preoccupazioni lavorative e familiari che mi avevano tenuta in ostaggio, dalle piccole incomprensioni fino ai conflitti irreparabili. Ora me ne liberavo come un vestito che bisognava mettere da parte per sempre. Lentamente mi rendevo conto che il cancro diventava uno scudo dietro il quale mi proteggevo, una difesa contro obblighi e banalità di tutti i giorni. Era come se la malattia mi concedesse il diritto di non sentirmi più addosso il dovere di alcunché, e nessun senso di colpa. Finalmente libera e felice come in un viaggio imprevisto.
Xxxxxx
Ed eccomi qui sola e quasi disperata.
Mi è stata somministrata la prima dose di Iodio radioattivo, dosaggio minimo e tuttavia mi sento una piccola bomba vagante attenta a dove va, cosa tocca, quanto tempo rimane in un luogo.
Neanche il tempo di prendere coscienza della situazione e mi accorgo di avere il cellulare scarico. Del caricabatterie ne faccio una ricerca estenuante quanto vana: l’ho dimenticato di sicuro in ospedale. Il mondo quasi mi crolla addosso e mi viene da piangere, ma solo un poco, altrimenti domani gli occhi mi diventeranno due uova sode.
Mentre mi preparo una minestrina, mi sento come il protagonista del libro "Venere lesa": anche lui si ritrova, dopo la separazione dalla moglie, in un monolocale solo e quasi disperato, come un carcerato a cui è concessa una sola boccata d’aria al giorno, ma la mancanza di spazio è compensata dalla sensazione di dilatazione del tempo, come l’attesa di una condanna a morte.
Raggiungo la spiaggia di fine ottobre. Un pub recita: "Panini - Gelateria artigianale -".
Inutile richiamo.
Il profumo del mare mi attraversa la pelle come un balsamo miracoloso di cui non posso più fare a meno.
La sua voce eterna è una melodia antica, arriva come una mano a schiudere segreti a lungo custoditi.
Mi lascio ammaliare senza opporre una benché minima resistenza.
L'ultimo giorno mi rimane e avrò coraggio. Alzo i lunghi capelli e m’immergo nel freddo abbraccio delle onde, gustandone a fondo il sapore trasgressivo.
Finalmente mi lascio travolgere dalla pienezza di una sottile sensualità, dopo aver a lungo bramato una bizzarria, un capriccio, e addento con forza la fragranza della libertà. Poi mi abbandono al monotono ciarlare delle acque ripensando a una frase di Kundera: " La vita è uno schizzo che tracciamo nel momento in cui la viviamo".
Avanzando fra le onde ho solo il tempo di scorgere una ferita sanguinante mentre colora le nubi, simile a un ultimo palpito del creato.
Il punto in cui il filo dell’orizzonte salda il cielo col mare, muore coi miei pensieri.
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è uno sfogo?
un ricordo?
o semplicemente presenti una situazione in cui ti trovi?
in ognuno dei casi ritengo sarebbe opportuno dare qualche indizio in più, quanto meno per provare a comprendere cosa intendi
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Ricordo, sono passati quasi vent'anni, quando accompagnai mio suocero a una delle ultime sedute di chemioterapia, prima che morisse. Oh, aveva fatto anche la radioterapia, per settimane.
All'uscita dall'ospedale mi chiese di portarlo al mare. E ci andammo, in spiaggia. Rimase lì a guardarlo, neanche si reggeva in piedi; era una bella giornata invernale, piena di sole.
Io credo che se fosse stato solo, senza la moglie e la figlia a pregarlo di tornare in macchina lui avrebbe fatto come la tua protagonista.
E l'abbraccio del mare sarebbe stato più dolce e meno doloroso.
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Re: Commento
Grazie per le tue osservazioni. In effetti mi sono accorta tardi di aver postato in un contest sbagliato, avrei dovuto partecipare a un concorso che non superasse i 5000 caratteri, e pure scaduto. Insomma, ho fatto un casino.Fausto Scatoli ha scritto: ↑25/11/2020, 21:58 se devo essere sincero, devo dire di non avere capito praticamente nulla.
È uno sfogo?
Un ricordo?
O semplicemente presenti una situazione in cui ti trovi?
In ognuno dei casi ritengo sarebbe opportuno dare qualche indizio in più, quanto meno per provare a comprendere cosa intendi
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Re: Commento
Grazie per il commento, la lettura e l'interpretazione data.Namio Intile ha scritto: ↑26/11/2020, 10:33 Un piccolo gioiello questo racconto. Complimenti. Mi ha suscitato una marea di sensazioni, di ricordi.
Ricordo, sono passati quasi vent'anni, quando accompagnai mio suocero a una delle ultime sedute di chemioterapia, prima che morisse. Oh, aveva fatto anche la radioterapia, per settimane.
All'uscita dall'ospedale mi chiese di portarlo al mare. E ci andammo, in spiaggia. Rimase lì a guardarlo, neanche si reggeva in piedi; era una bella giornata invernale, piena di sole.
Io credo che se fosse stato solo, senza la moglie e la figlia a pregarlo di tornare in macchina lui avrebbe fatto come la tua protagonista.
E l'abbraccio del mare sarebbe stato più dolce e meno doloroso.
In queste situazioni di fragilità totale, si riesce a trovare una sintonia profonda col mare. Un richiamo irresistibile.
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Re: La voce del mare
S'intuisce la vicenda a cui è legato, ma continuo ad avere le stesse perplessità di Fausto Scatoli.
[questa è soltanto una risposta. Non mi sono fatto un'idea precisa e non me la sento di commentarlo ancora]
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Re: La voce del mare
Grazie per aver commentato. In effetti volevo partecipare a un contest che richiedeva non più di 1500 battute, ma sono finita qui. Ormai ci sono.MattyManf ha scritto: ↑26/11/2020, 13:00 L'ho rieltto un paio di volte ed ammetto di essere confuso.
S'intuisce la vicenda a cui è legato, ma continuo ad avere le stesse perplessità di Fausto Scatoli.
[questa è soltanto una risposta. Non mi sono fatto un'idea precisa e non me la sento di commentarlo ancora]
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Re: Commento
Grazie per il commento. Hai ragione, in realtà si tratta di un segmento di un racconto più lungo da cui ho tratto solo questa parte, per via del numero battute.Lucia De Falco ha scritto: ↑27/11/2020, 15:36 Si tratta di un testo molto breve. Anch'io inizialmente non avevo le idee ben chiare, nel senso che non avevo compreso, se non dopo un commento precedente, che la protagonista avesse preferito porre fine così alla sua vita, abbandonandosi al freddo del mare. Forse, nella parte iniziale ci vorrebbe qualche indicazione in più.
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Re: commento
Grazie per i tuoi suggerimenti, ne farò tesoro per altre occasioni.Laura Traverso ha scritto: ↑28/11/2020, 16:26 Eh, anch'io mi associo ai commenti dei più. E' tanto breve il tuo racconto che si fa comprendere con difficoltà. Peccato! Poi voglio dirti una cosa in merito alle 5.000 battute a cui ti riferisci per dire che l'incompletezza del tuo scritto è dovuta a questo limite. Qui, su Bravi Autori, è consentito andare oltre, e non poco, alle 5.000 con una piccola penale sul punteggio che non pregiudica, credo, il buon esito su di un valido racconto (la maggior parte degli scrittori, qui, normalmente supera questo relativo limite). Alla prossima, ciao
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Re: Commento
Grazie per il commento.Angelo Ciola ha scritto: ↑06/12/2020, 10:07 Come segnalato il racconto è troppo breve ma comunque hai ben descritto il dramma e le sensazioni di chi si ritrova in tragica situazione. Il drammatico finale, sebbene accennato, è naturalmente prevedibile fin dalle prime battute.
Ho seguito i consigli dati
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Grazie mille per aver letto e commentato, sono contenta ti sia piaciuto.Roberto Virdo' ha scritto: ↑07/12/2020, 13:35 Bellissimo. Poetico, soave. Sentimento intenso controllato con maestria. Ho letto attentamente tutti i commenti, assolutamente pertinenti, eppure questo collage di "quadri" mi ha colpito, un insieme che riesce a sfociare in un dramma finale sapientemente smorzato dal mare. L'ultima frase, lo confesso, è da brivido lungo la schiena e, forse impropriamente ma istintivamente, la definirei come "poesia in prosa".
Complimenti vivissimi con un solo appunto severo: lasciare questo testo tra i "non in gara" sarebbe davvero un peccato.
E' la prima volta che partecipo e non so come farlo entrare in gara.
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Re: La voce del mare
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La parte finale l'ho apprezzata sicuramente di più.
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Re: La voce del mare
mi saranno utili di certo.
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L’inizio è freddo e asettico come il trattamento che riceve la protagonista dai medici che dovrebbero “curarla”. La reazione della protagonista è come congelata, paralizzata, comprensibile data la situazione.
Belle le citazioni di Kundera; perché preoccuparsi? Un concetto così facile da afferrare a livello razionale, per niente semplice metterlo in pratica. Almeno per me.
Si passa poi da momenti in cui la malattia porta quasi un senso di liberazione a momenti di disperazione. Anche qui tutto è molto realistico, pur non avendo vissuto una situazione simile posso immaginare che, in una malattia grave, gli stati mentali siano molto mutevoli.
Non mi convince: la spaziatura (separando alcuni paragrafi secondo me il testo risulterebbe più chiaro), i dialoghi iniziali (mi sembrano un po’ artefatti.
Il finale è invece forte e bello.
Con piccoli accorgimenti penso possa diventare un lavoro molto bello, così com’è lo trovo comunque un buon lavoro, mi piace soprattutto la capacità di parlare per immagini.
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Ciao, ho seguito i tuoi suggerimenti e ti ringrazio anche per il commento articolato e molto bello.Selene Barblan ha scritto: ↑13/12/2020, 18:59 Ciao! Io in questo tuo racconto vedo diverse cose positive e alcune cose che mi convincono meno.
L’inizio è freddo e asettico come il trattamento che riceve la protagonista dai medici che dovrebbero “curarla”. La reazione della protagonista è come congelata, paralizzata, comprensibile data la situazione.
Belle le citazioni di Kundera; perché preoccuparsi? Un concetto così facile da afferrare a livello razionale, per niente semplice metterlo in pratica. Almeno per me.
Si passa poi da momenti in cui la malattia porta quasi un senso di liberazione a momenti di disperazione. Anche qui tutto è molto realistico, pur non avendo vissuto una situazione simile posso immaginare che, in una malattia grave, gli stati mentali siano molto mutevoli.
Non mi convince: la spaziatura (separando alcuni paragrafi secondo me il testo risulterebbe più chiaro), i dialoghi iniziali (mi sembrano un po’ artefatti.
Il finale è invece forte e bello.
Con piccoli accorgimenti penso possa diventare un lavoro molto bello, così com’è lo trovo comunque un buon lavoro, mi piace soprattutto la capacità di parlare per immagini.
Grazie di cuore.
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Ricordo la confusione che mi ha lasciato l'ultima volta che l'ho letto nella sua veste "primitiva", ma è ormai lontanissima da me.
Torovo il testo, soprattutto nell'introduzione, molto migliorato. Più appassionante, più vivo: quei dialoghi funzionano davvero bene e inducono il lettore a provare il giusto affetto per questa protagonista. Scivoliamo con lei attraverso la speranza, sempre più fioca, che la terapia serva a qualcosa.
Adesso, quando finalemnte la seguiamo nel suo ultimo tuffo appare chiara tutta l'amarezza del gesto e tutta la pace che l'assale mentre la sua mente si spegne con l'orizzonte.
Davvero un bel testo, non è il mio genere, ma sicuramente valido.
Brava/o
PS: adesso, capisco anche finalmente che il caricabbatterie dimenticato di cui "non le importa" è un simbolo di come molte cose utili siano diventate orami per lei insgnificanti: è già passata oltre ben prima gettarsi tra le onde.
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MattyManf ha scritto: ↑14/12/2020, 19:03 Finalmente posso lasciare un commento a questo racconto.
Ricordo la confusione che mi ha lasciato l'ultima volta che l'ho letto nella sua veste "primitiva", ma è ormai lontanissima da me.
Torovo il testo, soprattutto nell'introduzione, molto migliorato. Più appassionante, più vivo: quei dialoghi funzionano davvero bene e inducono il lettore a provare il giusto affetto per questa protagonista. Scivoliamo con lei attraverso la speranza, sempre più fioca, che la terapia serva a qualcosa.
Adesso, quando finalemnte la seguiamo nel suo ultimo tuffo appare chiara tutta l'amarezza del gesto e tutta la pace che l'assale mentre la sua mente si spegne con l'orizzonte.
Davvero un bel testo, non è il mio genere, ma sicuramente valido.
Brava/o
PS: adesso, capisco anche finalmente che il caricabbatterie dimenticato di cui "non le importa" è un simbolo di come molte cose utili siano diventate orami per lei insgnificanti: è già passata oltre ben prima gettarsi tra le onde.
Ti ringrazio per la tua pazienza, hai centrato in pieno il significato del racconto.
A presto
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Fungo più, fungo meno...
Nessuno li ha mai raccontati in maniera avvincente.
Cosa può accadere se una élite di persone geneticamente Migliore si accorge di non essere così perfetta come crede?
Una breve storia di Fantascienza scritta da Carlo Celenza, Ida Dainese, Lodovico Ferrari, Massimo Baglione e Tullio Aragona.
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BiciAutori - racconti in bicicletta
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Un passo indietro
Il titolo di questo libro vuole sintetizzare ciò che spesso la Natura è costretta a fare quando utilizza il suo strumento primario: la Selezione naturale. Non sempre, infatti, "evoluzione" è sinonimo di "passo avanti", talvolta occorre rendersi conto che fare un passettino indietro consentirà in futuro di ottenere migliori risultati. Un passo indietro, in sostanza, per compierne uno più grande in avanti.
Di Massimo Baglione.
Vedi ANTEPRIMA (1,82 MB scaricato 490 volte).
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