Un suono bellissimo
Un suono bellissimo
Si era perso spesso negli ultimi mesi e ormai c’era sempre qualcuno ad accompagnarlo nel suo girovagare, oggi era il turno di Luisa, sua madre aveva bisogno di staccare per qualche ora.
I due camminavano affiancati e Carlo sembrava attento a quello che Luisa gli stava raccontando: del suo lavoro, dei nipotini, di quello che avrebbero mangiato la sera a cena.
Carlo sorrideva, annuiva, commentava con coerenza quello che stava sentendo.
Arrivati all’incrocio si fermò di colpo, posò una mano sul braccio della figlia, la fissò e disse timidamente:
“Ti posso chiedere una cosa?”.
“Sì, certo dimmi”, gli sorrise la donna.
“Chi è Luisa? Tutti mi parlano di lei, ma io non credo di averla mai conosciuta”.
La giovane ristette con lo sguardo interdetto e rispose rapida: “Ma papà, sono io Luisa, sono tua figlia, non ti ricordi di me?”. Carlo la guardò imbarazzato, poi distolse lo sguardo e proseguì attraversando la strada con circospezione sottobraccio alla figlia.
La sera Luisa ripensò al dialogo e si rese conto che da quel giorno cominciava qualcosa di inaspettato: la malattia, come un’ombra grigia, stava cancellando anche una parte di lei. Non era più una figlia, l’amore di suo padre dopo tutti questi anni non era più un sentimento scontato, un luogo sicuro in cui rifugiarsi e trovare conforto. Come si fa a non essere figli? Senza radici, senza identità, senza più ricordi condivisi!
Sentì che il vuoto la stava soffocando. La demenza senile non le poteva fare anche questo torto, era pronta ad affrontare il decadimento organico del padre, a vederlo soffrire, ma non si aspettava di svanire come una scritta sulla lavagna. Doveva reagire, lei era la sua bambina adorata! Non poteva scomparire, doveva trovare un modo per farsi ricordare.
Nei giorni successivi Luisa cominciò a parlare con il padre di lei in terza persona:
“Luisa mi ha chiesto di te, Luisa mi ha detto di salutarti”.
Carlo sembrava contento di quelle attenzioni, sorrideva e nel frattempo stringeva le mani della figlia, senza però dare segno di collegare il nome al volto che aveva di fronte. L’anziano parlava di sé come un ragazzo appassionato del suo lavoro a cui non vedeva l’ora di ritornare dopo la vacanza al mare, menzionava spesso i genitori e le sorelle, ma non fece più nessun riferimento al suo ruolo di padre e nonno.
I rapporti tra Carlo e Luisa procedettero nella quotidianità nei successivi mesi invernali, tra gli impegni lavorativi e famigliari della figlia e il peggioramento inesorabile del padre. La donna soffriva vedendo il malato dimagrire e farsi progressivamente più assente, come pure le pesava la consapevolezza di essere per lui solo una badante qualsiasi.
Era un giorno di inizio primavera, Carlo e Luisa osservavano i bambini giocare, seduti su una panchina, la figlia chiacchierava come al solito e il padre non le prestava attenzione. Era da giorni che Carlo non parlava e la sua voce emerse incerta, la donna si avvicinò per sentire meglio quello che stava dicendo:
“Sai, penso di voler bene a quella Luisa di cui mi parli. Il suo nome ha un suono bellissimo”. Lo sguardo dell’anziano era limpido mentre guardava lontano.
Luisa tirò su con il naso, stava sorridendo tra le lacrime, mentre stringeva forte la mano del padre.
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Per coincidenza Carlo assomiglia un po’ a un personaggio del mio racconto di questa gara!
Mi è piaciuto, complimenti Eliana.
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Grazie mille Roberto!Roberto Bonfanti ha scritto: 06/01/2021, 9:32 Bello stile, preciso, senza sbavature; brava, hai saputo descrivere bene la malattia, coglierne gli aspetti che fanno più male a chi vive accanto alle persone che ne soffrono. E poi c’è una notevole intuizione poetica nel finale, quella frase che dà il titolo al racconto.
Per coincidenza Carlo assomiglia un po’ a un personaggio del mio racconto di questa gara!
Mi è piaciuto, complimenti Eliana.
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Grazie mille Marcello!Marcello Rizza ha scritto: 06/01/2021, 14:27 Ciao Eliana. Il racconto è scritto bene, agile e funziona. Con "funziona" intendo che su me funziona, al termine mi sono trovato con gli occhi pronti al pianto e un moto di ringraziamento all'autrice mi è sorto spontaneo. Per questo, per ciò che mi hai provocato, e anche per le qualità intrinseche del racconto stesso, meriti il mio plauso e il voto che corrisponde al plauso.
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grazie Roberto per il commento!RobertoBecattini ha scritto: 07/01/2021, 2:48 Maledizione, mi hai fatto sudare gli occhi ! Un po' per motivi personali, ma anche per un aspetto che giustamente hai evidenziato: non è triste solo il morire senza essere ricordati da qualcuno, ma anche vedere morire gradualmente la memoria di te nei tuoi affetti. Però alla fine nulla si distrugge, i ricordi si ricostruiscono, e l'affetto non muore mai, si trasforma. É un bellissimo messaggio, e merita un bel voto soprattutto per questo.
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grazie Francesco, riconosco che il teme è particolare, sono contenta che tu abbia rivisto il primo giudizioFrancesco Pino ha scritto: 06/01/2021, 19:00 L'avevo letto stamattina e non mi sembrava un granché, ma per questa gara mi sono ripromesso di leggere più di una volta i racconti che a una prima impressione voterei negativamente. Nello specifico poi tratti un argomento che non fa parte del mio vissuto. Ebbene, rispetto alla prima lettura l'ho parzialmente rivalutato. Sebbene il racconto mi sembri un po' scontato mi è piaciuto come hai fatto venir fuori la parte forse più triste di questa malattia: assieme alla memoria vanno via i sentimenti, l'amore viene risucchiato dalla malattia come la luce dal buco nero. Poi descrivi abbastanza bene anche il tentativo di Luisa di ricostruire l'affetto del padre da zero, verso una persona ormai per lui del tutto sconosciuta. Insomma, nel complesso non male alla fine, avrei sbagliato a darti un voto negativo.
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La figlia, però, è eccezionale, perché, dopo un iniziale momenti di smarrimento, trova il modo di far rinascere, in modo nuovo, questo rapporto, con un escamotage.
È un racconto che, pur nella sua semplicità, va dritto al cuore di chi lo legge.
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Re: Un suono bellissimo
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sentirsi accusare, aggredire senza motivo, da fastidio, anche quando sai che di fronte c'è una persona con la demenza.
perlomeno qui Carlo è tranquillo, ed è già qualcosa in più.
storia assolutamente realistica e ben presentata.
una bella prova
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Brava.
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Caspita Namio che gran bel commento! grazie milleNamio Intile ha scritto: 11/01/2021, 18:56 Beh, direi che nel complesso è un racconto perfetto. Storia triste e strappalacrime, in cui tuttavia riesci a non cadere nella retorica buonista e politicamente corretta. Soprattutto grazie alla magnifica chiusa finale, un autentico pezzo di bravura, che con due tratti d'inchiostro restituisce equilibrio all'intero testo.
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Caspita Namio che gran bel commento! grazie milleNamio Intile ha scritto: 11/01/2021, 18:56 Beh, direi che nel complesso è un racconto perfetto. Storia triste e strappalacrime, in cui tuttavia riesci a non cadere nella retorica buonista e politicamente corretta. Soprattutto grazie alla magnifica chiusa finale, un autentico pezzo di bravura, che con due tratti d'inchiostro restituisce equilibrio all'intero testo.
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Re: Un suono bellissimo
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Re: Un suono bellissimo
Se invece state solo rispondendo, non serve specificare.
Ricordatevi anche che il testo del commento deve essere lungo almeno 200 battute.
Vi rimando alle istruzioni delle Gare letterarie.
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A cura di Roberto Virdo' e Annamaria Ricco.
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Trentun paia di gambe hanno pedalato con la loro fantasia per guidarci nel puro piacere di sedersi su una bicicletta ed essere spensierati, felici e amanti della Natura.
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Contiene opere di: Alessandro Domenici, Angelo Manarola, Bruno Elpis, Cataldo Balducci, Concita Imperatrice, Cristina Cornelio, Cristoforo De Vivo, Eliseo Palumbo, Enrico Teodorani, Ettore Capitani, Francesco Paolo Catanzaro, Germana Meli (gemadame), Giovanni Bettini, Giuseppe Virnicchi, Graziano Zambarda, Iunio Marcello Clementi, Lodovico Ferrari, Lorenzo Dalle Ave, Lorenzo Pompeo, Patrizia Benetti, Raffaella Ferrari, Rebecca Gamucci, Rosario Di Donato, Salvatore Stefanelli, Sara Gambazza, Sandra Ludovici, Sonia Piras, Stefano Corazzini, Umberto Pasqui, Valerio Franchina, Vivì.
La spina infinita
"La spina infinita" è stato scritto quasi vent'anni fa, quando svolgevo il mio servizio militare obbligatorio, la cosiddetta "naja". In origine era una raccolta di lettere, poi pian piano ho integrato il tutto cercando di dare un senso all'intera opera. Quasi tutto il racconto analizza il servizio di leva, e si chiude con una riflessione, aggiunta recentemente, che riconsidera il tema trattato da un punto di vista più realistico e maturo.
Di Mario Stallone
A cura di Massimo Baglione.
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Nota: questo libro non proviene dai nostri concorsi ma è opera di uno o più soci fondatori dell'Associazione culturale.