Notte fonda alla stazione di Milano

Spazio dedicato alla Gara stagionale d'inverno 2022/2023.

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Alberto Marcolli
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Notte fonda alla stazione di Milano

Messaggio da leggere da Alberto Marcolli »

Quando Marco giunge in stazione, è buio da ore.
Il dramma quotidiano del popolo della notte si anima con l’arrivo dei tanti scarti umani che ogni sera qui si rifugiano, respinti da un mondo indifferente ai loro dolori.
Ubriaconi in compagnia del loro bottiglione di vino inacidito. Ragazze in fuga, violate dai padri, vecchi rifiutati dai figli, ragazzi abbandonati sulla strada, sperduti in un futuro da vagabondi.
Presto quelle sale di attesa saranno il palcoscenico di tormentati attori, megafoni di parole e mendicanti d’amore. Affanni e desideri attendono il loro momento per andare in scena.

La prima ad apparire è Giulia. Marco conosce bene le vicende di questa anziana signora.
La sfortuna si è accanita su di lei fin dal principio.
Sposatasi giovanissima, ha perso il marito in un incidente stradale. Giulia era incinta ed è stata dura andare avanti da sola. Non è affogata grazie all’aiuto di Simona, la sorella più giovane, che l’ha aiutata ad accudire la figlia Alice.
Antonio, un amico del marito, le ha offerto un lavoro nella sua aziendina di sartoria, impegnandosi a farle imparare il mestiere. Poco dopo si è invaghito di lei, facendole una corte spietata. Giulia, per paura di perdere il lavoro, è diventata la sua amante, pur sapendo che lui convive con Lorenza ed hanno due figli. Inizia una storia complicata tra tradimenti e amarezze, conclusa malamente quando la compagna li scopre. Una vita rovinata per lui e il licenziamento in tronco per lei.
Giulia ha avuto la forza di ricominciare con Salem, un muratore marocchino. Si sono sposati ed è nata la figlia Aicha. Sono stati a lungo una famiglia tranquilla, ma tutto è cambiato quando Salem, perso il lavoro, è ritornato in Marocco con la figlia, e là abita con una seconda moglie.
La sua Alice si è messa con un ragazzo argentino. Dall’anno scorso sta con lui a Buenos Aires, in casa della mamma.
Nel frattempo la sorella Simona ha scoperto di avere un tumore e le ha chiesto un aiuto. La sanità lombarda ha molti problemi e Giulia ha speso i suoi risparmi per curarla privatamente, fino alla fine. Rimasta con pochissimi soldi, ha dovuto sospendere il pagamento delle rate del mutuo e la banca ha pignorato la sua casa, vendendola all’asta per la metà del suo valore. Da allora lei vive in strada, mangia un pasto caldo alla mensa dei Frati e la notte ripara qui in stazione.
Quanti treni ha visto partire Giulia, smarrita tra macerie di sentimenti traditi. Ha osservato la propria vita fuggirle via e mai ne ha catturato il senso.
Marco la incoraggia a reggere la fatica di marciare come un’arrugginita locomotiva a vapore, incapace di amarsi ed essere amata.

Arriva Aristide. Anche lui è un senza tetto, e qui trova un tiepido cantuccio per dormire. L’hanno cacciato dalla sua casa di periferia con le pareti ammuffite. Il comune aveva approvato un nuovo piano regolatore e quelle vecchie costruzioni dovevano essere abbattute. Ha avuto un compenso di tremila euro, con cui è sopravvissuto per un po’, ospite di un fratello, disagiato come lui. Non ha lavorato con regolarità. Da un anno riceve un minimo sussidio, giusto per non morire di fame, ma mai per pagare un affitto nella Milano di oggi che non ha posto per persone come Aristide. La sua domanda per una casa popolare giace sepolta da un migliaio di altre più urgenti della sua. Aristide è di rare parole, ma questa sera è felice. Si avvicina al distributore di bevande e offre a tutti bicchieri di cioccolata calda, con i trenta euro avuti per un’intera giornata a sgomberare macerie in centro città.

Ecco Luca, Marco lo saluta con la solita frase:
«Ciao barbuto terrone, come va la tua battaglia contro l’intera metropoli fottuta e strafottuta?».
«Malissimo, maledetto il creato», risponde Luca furioso, «Ho le scarpe zuppe d’acqua ghiacciata e ancora non ho capito in quale bagnarola sono andato a cadere!».
«Merda!» Prosegue, «anche il borsone si è bagnato e la pentola con la mia cena si è rovesciata sull’asfalto».
Poi si dirige come un automa verso la sala d’aspetto. Spera di trovare libero il calorifero per asciugare il borsone, togliersi i polacchini e cambiare le calze. È assorto nei suoi pensieri quando arriva sorridendo Aristide con una tazzina di cioccolata fumante, Luca benedice il dono inaspettato, sorseggia con calma e dimentica le sue pene.

La storia di Giovanni è forse la più amara e potrebbe essere quella di molti. Marco l’ha voluta ascoltare diverse volte.
«Mio padre mi aveva lasciato un’azienda in Brianza, ed ero riuscito a farla prosperare», racconta Giovanni, «purtroppo l’improvvisa malattia e poi la morte di mia moglie mi hanno colpito nel profondo. La vita era cambiata, ma il lavoro mi ha salvato. Dio benedica i genitori di mia moglie. Senza il loro aiuto non avrei mai potuto crescere i miei figli».
«Andrea, un amico venuto su dal sud per lavoro, un giorno mi confidò un suo desiderio. Erano in cinque e avevano l’occasione di acquistare una casa più grande. Dopo aver trovato un compratore del suo appartamentino, si era rivolto alla sua banca per avere un nuovo mutuo. Lavoravano entrambi ma la banca, prima di concedere un prestito maggiore, chiedeva la firma di un garante».
«Ovviamente accettai di aiutarlo. Per un decennio non ne seppi nulla, ma quattro anni fa ecco la sorpresa, oltretutto in un periodo di grossa crisi per la mia azienda meccanica. La banca mi avvertiva che le rate del mutuo non erano state pagate da mesi e chiedeva a me di versare il dovuto.
Andrea aveva perso il lavoro, mi dissero, e il piccolo stipendio della moglie serviva alla famiglia per campare. Decisi di provvedere con i miei risparmi e, per non costringere il mio amico a drammi superiori, continuai a pagare. A fatica onoravo tutti i miei impegni, ma il forzato fallimento della mia azienda mi ha costretto a finire in mezzo a una strada».
Giovanni termina amaramente: «Ho perso tutto, ma non la mia dignità».
«E i tuoi figli? Conoscono la tua situazione?» Gli chiede Marco ogni volta.
La sua risposta è sempre la stessa: «Vivono tutti e due in Germania. Fin che posso manterrò il segreto e forse me lo porterò nella tomba».

È notte fonda. In stazione è tornata una certa calma. Nella sala d’aspetto tutti attendono Marco. Lui apre il suo zaino. Posa sul tavolo dei bicchieri di carta, un pacco di biscotti e dei grossi termos. Apre il primo e versa del latte caldo. L’atmosfera si rasserena, tutti si alzano e si servono. Marco si mette la stola, estrae la corona e recita ad alta voce il Rosario.
Il popolo della notte prega con lui.
Marco è il loro sacerdote.
Ultima modifica di Alberto Marcolli il 28/01/2023, 15:12, modificato 2 volte in totale.
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Alberto Marcolli
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Re: Notte fonda alla stazione di Milano

Messaggio da leggere da Alberto Marcolli »

A mia discolpa (si fa per dire) con questo racconto ho partecipato a un premio ed ero vincolato a un numero fisso di caratteri. Concordo sul fatto che il "brodo" avrebbe dovuto essere allungato molto di più e non è detto che lo faccia prima o poi.
Grazie per la lettura
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Laura Traverso
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Messaggio da leggere da Laura Traverso »

Racconto struggente di uno spicchio, nemmeno troppo sottile, di umanità alla deriva. Il testo scorre bene, con una terminologia pulita, priva di artifici. Mi è piaciuto perché racconta la realtà che non vorremmo vedere ma che esiste.
Voto alto
Namio Intile
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Messaggio da leggere da Namio Intile »

Notte fonda sembra il titolo di un articolo di cronaca. Nell'opulenta metropoli lombarda la notte ecco che accade... E proprio come un articolo di cronaca si svolge, con un breve antefatto e uno svolgimento con dei dialoghi in cui i vari protagonisti confessano le proprie miserie. La voce narrante segue Marco, che si occupa degli ultimi e li fa parlare. Dal brano non trasuda alcun sentimento di sdegno, di rabbia, forse perché il protagonista principale è un sacerdote, abituato ad accettare ciò che il Cielo (o l'uomo in Terra?) impone, forse perché il taglio cronachistico della narrazione non permette riflessioni sulle cause, ma solo constatazioni del reale. È un buon racconto, il cui punto di forza è proprio il taglio giornalistico. E forse anche il suo limite.
Ottimo lavoro, a rileggerti.
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Alberto Marcolli
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Messaggio da leggere da Alberto Marcolli »

Francesco Pino ha scritto: 24/01/2023, 18:06 Secondo me ci volevano due parole in più su Giulia, il suo dramma è meno raccontato degli altri.
Scrivi che anche Marco ha il suo fagotto di angosce, ma poi non ci fai sapere nulla in proposito.
Ho completato il racconto con il dramma di Giulia. Grazie per il suggerimento.
Giovanni p
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Messaggio da leggere da Giovanni p »

Buona sera,

racconto bello e toccante che offre spunti di riflessione sulla vita e le condizioni di alcune persone.
Mi è piaciuta molto l'empatia e il rispetto con cui vengono trattati i personaggi.
La scrittura è di altissimo livello, come sempre.

Voto massimo, complimenti.
Giuseppe Gianpaolo Casarini
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Messaggio da leggere da Giuseppe Gianpaolo Casarini »

Ben presentati ambiente e clima, quel luogo dove di notte si rifugiano e si ritrovano reietti ed emarginati dal consorzio umano. Ben delineata la presentazione e l’ ingresso in scena di questi disperati sia nell’incipit che nello svolgersi del racconto, ecco : Marco, Giulia, Aristide, Luca e Giovanni. Marco che è presentato in silenzio per primo, quasi come comprimario, si rivelerà poi l’attore principale, confidente e consolatore materiale e spirituale ( di un particolare sapore quell’ultima scena comunitaria della recita del rosario). Gli altri personaggi con le loro storie sono descritti chi in modo più dettagliato ( Giulia e Giovanni) chi come di volontaria sfuggita ( Aristide e Luca). In conclusione un bel racconto dal potere evocativo di quel che accade nel buio della notte di una stazione. Complimenti voto 4.
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Marino Maiorino
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Messaggio da leggere da Marino Maiorino »

Piaciuto, molto, tocca belle corde.
La cosa che più mi piace è che io non so se queste storie siano vere o meno, ma ho imparato che spesso le storie vere sono più incredibili di quelle che possiamo inventare.
Mi apre a una rifessione amara: diciamo di essere una società laica che vuole prescindere da ogni forma di intromissione di qualunque religione nella vita pubblica, ma l'unico conforto per i tuoi malcapitati protagonisti è un sacerdote. Io sono una persona di fede (sebbene veda tanti "fedeli" a chiacchiere peccare inverecondamente) e ritengo che non sia questo il compito della fede. La carità può essere un aspetto, bellissimo, della fede, ma la com-passione dovrebbe essere insegnata all'asilo, essere uno dei pilastri fondanti di qualunque societas, che altrimenti societas non è.
Un altro aspetto da sottolineare, a mio avviso, è l'esistenza di questi "casi" nei quali la sorte sembra accanirsi contro un individuo. Molti (nei Paesi calvinisti è parte del loro modo di vedere il mondo) ritengono che uno "se la cerchi". Questa è una forma strisciante e velenosa di giudicare il prossimo senza saperne un bel niente. Non so che darei per vederla sparire!
«Amare, sia per il corpo che per l'anima, significa creare nella bellezza» - Diotima

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Alberto Marcolli
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Messaggio da leggere da Alberto Marcolli »

Marino Maiorino ha scritto: 05/02/2023, 18:04 La cosa che più mi piace è che io non so se queste storie siano vere o meno, ma ho imparato che spesso le storie vere sono più incredibili di quelle che possiamo inventare.
Grazie della lettura e del voto.
Ti devo una risposta.
Ho semplicemente raccontato l'esperienza di Don Vincenzo, un sacerdote di strada presentatomi dal mio amico Don Luigi, ancora molto attivo pur se quasi novantenne.
"La mia vita è votata al servizio e continuerò fin che Dio lo vorrà", così mi ripete quando gli chiedo di mollare un po' e dedicarsi alla lettura, sua grande passione.
Ovviamente ho scelto quelle che più erano raccontabili tra le tante storie che mi ha raccontato Don Vincenzo.
L'idea di farli riunire nella sala d'aspetto della stazione di Milano è solo mia, come farli recitare il Rosario.
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Marino Maiorino
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Re: Notte fonda alla stazione di Milano

Messaggio da leggere da Marino Maiorino »

"Ovviamente ho scelto quelle che più erano raccontabili tra le tante storie che mi ha raccontato Don Vincenzo."
Eh... E ci affanniamo tutti per rincorrere il "successo"...
Io credo che queste siano le storie da raccontare, altro che milionari fighettini!
Queste storie vanno raccontate PRIMA di dipingere il mondo con brillantini, se si vuole costruire una società, e non certo per preparare gli avventurosi alla debacle, ma perché non ce la faccio più di vedere sedicenti "geni" (Elon Musk, Jeff Bezos e compagnia cantando) decidere un giorno di mandare in mezzo alla strada decine di migliaia di persone normali, e la stampa che continua a incensarli come fossero Madre Teresa di Calcutta! O il Rockefeller che a 90 e dispari anni si fa trapiantare l'ottavo cuore di un ventenne (se cuori di ventenni preferiscono morirti in corpo io credo che qualcosa di "strano" l'avrai) ma non si fa ricerca su tante malattie per le quali le case farmaceutiche al momento non vedono un'opportunità di ritorno economico, con decine di migliaia di famiglie che ogni anno perdono un loro membro per un tumore, una diagnosi sbagliata, persino un'allergia. O la Von Der Leyen bacchettare di "corruzione" a destra e a manca quando lei è coinvolta in mazzette della Germania per la vendita di elicotteri da guerra a chissà quale Paese!
Allora smettiamola di fare gli ipocriti e impariamo a essere socii! Nella vita ci può andare certamente molto bene e ce lo auguriamo per tutti, come MAI nella storia dell'umanità, ma se dovesse andarci male (e capita), non dobbiamo lasciare da parte la nostra umanità, dobbiamo essere attrezzati per aiutare chi ha l'unica colpa di essere stato sfortunato.
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Teo Tardy
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Messaggio da leggere da Teo Tardy »

testo di livello altissimo, suona un pò come un articolo di cronaca ma ha ben di più: ha la forza dell'empatia e dell'amore, un amore che si esprime in modi diversi (l'amore per i figli che non permette di raccontare loro la verità, ad esempio).
Un testo che ho apprezzato molto e che mi ha fatto molto piacere leggere.
Mi farebbe piacere avere un opinione sul mio scritto in gara da lei, vista la grande capacità che ho visto.
sul voto, credo si capisca da sé:
Voto : 5
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Messaggio da leggere da Anto58 »

Il racconto è buono, mi sarei soffermata di più sull'atmosfera particolare della notte che esaspera tutto quello che invece succede di giorno. Il racconto dei vari personaggi si sussegue come in un elenco, forse manca l'elemento che li lega, in realtà appare più come una cronaca. Voto 3
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Domenico Gigante
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Messaggio da leggere da Domenico Gigante »

Ciao Alberto! Il racconto è certamente bello e piacevole da leggere. Si sente molto il taglio giornalistico anche, e in particolar modo, in quello che sottolinea Anto58: ovvero nella mancanza di un filo conduttore, che avrebbe potuto essere proprio il sacerdote, se non si fosse limitato ad essere una sorta di collettore delle storie. Cmq questo non toglie molto al valore del testo, che è elevato. Un abbraccio!
Vorrei essere il mare che si muove per rimanere se stesso e più di tanto non lo sposta il vento. Fragile ma tenace.
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Per il 40° anniversario della sua chiusura, agli autori abbiamo chiesto opere di genere libero che tenessero conto della semplicità che ha caratterizzato Carosello nei vent'anni durante i quali è andato felicemente in onda. I dodici autori qui pubblicati hanno partecipato alle selezioni del concorso e sono stati selezionati per questo progetto letterario. Le loro opere sono degni omaggi ai nostri ricordi (un po' sbiaditi e in bianco e nero) di un modo di stare in famiglia ormai dimenticato.
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B.A.L.I.A.

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Siamo nel 2106. BALIA accudisce gli uomini con una logica precisa e spietata, in un mondo da lei plasmato in cui le persone nascono e crescono in un contesto utopico di spensieratezza e di bel vivere. BALIA decide sul controllo delle nascite e sulle misure sanitarie da adottare per mantenere azzerato l'incremento demografico e allungare inverosimilmente la vita di coloro che ha più a cuore: gli anziani.
Esiste tuttavia una fetta di Umanità che rifiuta questa utopia, in quanto la ritiene una distopia grave e pericolosa.
BALIA ha nascosto il Passato ai suoi Assistiti, ma qualcuno di questi ha conservato i propri ricordi in un diario e decide di trascriverli in una rischiosa autobiografia. Potranno, questi ricordi, ripristinare negli Assistiti quell'orgoglio di vivere ormai sopito? E a che prezzo?
Di Ida Dainese e Massimo Baglione.

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