Il germe
Il germe
Lei è bionda, molto carina, una in gamba come la vedono le colleghe. E’ terribilmente sola. Alle spalle ha un amore finito, totalizzante e romantico che l’ha lasciata senza forze. Potrebbe avere uomini che la desiderano, ma si è fatta ritrosa.
Un giorno ascolta alla radio una trasmissione che mette in contatto le persone. Decide di partecipare, inventa un nickname e inizia.
Al primo tentativo telefonico incontra un lui. Ha la voce forte, baritonale. Scambiano qualche parola e vanno al sodo. Non sa cosa cerca, fissa un appuntamento al bar della stazione. E’ un posto sicuro e si può fidare. Arrivano quasi in contemporanea. La sorpresa non è positiva: lui è altissimo, dinoccolato e troppo diverso da Lei. Anche per lui la sorpresa non è bella, o perlomeno, capisce che quella ragazza è troppo bella e moderna, lui è un uomo più semplice e tranquillo.
Entrambi si guardano negli occhi spaesati, vorrebbero fuggire. Se Lei dicesse, scusa ma non sei il mio tipo, lui le risponderebbe allo stesso modo. Magari scoppierebbe una gran risata e berrebbero un caffè. Invece si sono presentati nervosi per l’urgenza di trovare qualcuno con cui costruire una storia come nei film, e non riescono a essere sinceri. Si stringono la mano, si siedono a un tavolino e ordinano due caffè. Nel frattempo cominciano a parlare, parole vuote per riempire il loro imbarazzo pieno di solitudine.
Raccontano le loro storie modificandole all’esigenza, controllano l’orologio per capire quando arriverà il momento di chiudere l’incontro, e allo scoccare della fatidica mezz’ora si salutano civilmente. Un magari ci risentiamo riempie l’aria, prima di svoltare l’angolo e lanciare un urlo liberatorio. Mai più, pensano entrambi.
Anche a Lui, circa nello stesso periodo e nello stesso luogo, accade una cosa simile. S’incontra in un bar con una donna e subito capisce che non ci sarà storia. Anche lei ha la medesima impressione. Dopo l’urlo liberatorio svoltato l’angolo, torna a lavoro.
In quel giorno qualsiasi di novembre Lui, un po’ scosso per l’incontro del bar, si ritrova a parlare con il suo responsabile. Lavora in un’azienda che produce beni di consumo durevole, e quello è un incontro di routine, la presentazione di alcuni dati di vendita, qualche percentuale e poco più. Lei improvvisamente passa nel corridoio adiacente alla grande sala riunioni e Lui, di scatto, si volta e la vede. E’ bionda e indossa una felpa bianca, ha un’andatura decisa, da camminata in montagna. Indossa un paio di anfibi. Se bastano sette secondi, sette dannati e irrazionali secondi, per capire se è amore o odio, Lui pensa che sia amore.
Lei lavora in un’altra sede, non lontano dal posto di lavoro di Lui. Da lì a qualche giorno Lui scoprirà di doverla chiamare per motivi di lavoro. Si sente turbato, perché è la prima volta che gli capita quella sensazione di amore a prima vista. Interiorizza, si scuote pensando che poi passerà. Troppi problemi sorgerebbero ad avere una relazione con una collega di lavoro.
Un giorno la direzione gli comunica il numero di telefono di Lei. Chiamala, gli dicono, che poi dovrete seguire l’apertura di un punto vendita.
Cuore a mille, vede già il segno del fato e tutto il peso che le cose predestinate procurano.
Le telefona, si presenta. Gli risponde una voce leggermente roca, con una r arrotata e musicale. Organizzano il viaggio in terra straniera, volo aereo con un altro collega, della durata di un paio di giorni. Lei si tratterà qualche giorno in più.
Partono. Lei è bellissima, una decina d’anni meno di Lui. Veste di chiaro con una sciarpa arancione che le illumina il volto. Arriva da una regione diversa, vive sola, ha girato l’Europa. È moderna, efficiente. Le trafile di lavoro scorrono via lisce, loro parlano, si confrontano.
L’ultima sera escono a cena in sette. Ci sono il collega e le maestranze straniere. Mangiano, ridono, scherzano e bevono. Al ritorno Lui si lancia in discorsi alti, astratti, ride e fa battute. Lei lo segue complice. Parlano di film. Scoprono che hanno visto entrambi La pianista, interpretato da una stupenda Isabelle Huppert. Lui le dice che finisce male, un film tragico. Lei serafica gli risponde che le storie d’amore finiscono sempre così. Lui risponde che è una visione pessimistica delle cose. Lei ribatte che all’inizio di ogni storia puoi intravedere il germe che la farà finire. Lui la guarda, questa storia del germe l’ha colpito e intristito. Sa che ogni cosa finisce ma non ci pensa mai. Vive alla giornata. Lei gli risponde che non è così. Le storie vanno costruite e se fai attenzione, vedrai il germe che ne causerà la fine. Lui si sente risucchiare in un gigantesco imbuto, allarga le mani e ne esce. Per quella sera, poi si vedrà. Il collega nel frattempo sta guidando e non parla. E’ più giovane e più saggio.
Passa qualche tempo e Lui è sempre più preso da quella non storia. Ogni tanto la sente ala telefono ma non riesce a farsi avanti. Non accade nulla fino a inizio primavera. Alcune ore prima del fine settimana le manda una mail. La invita a staccarsi dal mondo. Lei accetta. Escono e parlano, parlano e parlano. La mattina dopo Lui trova un lungo capello biondo sul tappetino dell’auto. Lo passa tra le dita. Non è perfettamente liscio, i capelli sono tinti. Un giorno Lei gli dirà che tinge i capelli di biondo per avere più sicurezza e più fascino per ovviare a un seno piccolo. Lui gli risponderà che intende capelli e seno come due elementi separati nel fascino femminile.
I periodi successivi fanno lunghissime telefonate notturne. Parlano di tutto, elucubrazioni che volano nel cielo stellato. Non sono sdolcinati ma calorosi, uniti in virtuale abbraccio sotto la luna. Lei un giorno gli svelerà che quelle telefonate non le dimenticherà mai.
Una sera si ritrovano e si danno il primo bacio. Lui è a mille, pensa di essere il primo uomo a sperimentare quella sensazione così straordinaria. Pensa che tutta la storia dell'umanità sia racchiusa nelle sue labbra. Lei gli dice che bacia male. Lui non reagisce, sente che sta scivolando nel gorgo dell’imbuto. Tende le mani e salta fuori.
Cominciano a vedersi quasi ogni sera. Lui percorre i pochi chilometri dalla casa di Lei guidando come fosse su un'astronave. Si mette la camicia più bella, al semaforo guarda le persone sedute ai tavolini, è sopraggiunta l’estate, e vorrebbe dire loro che la sua vita vola.
Quando sale nell’appartamento, trova sempre la porta socchiusa con Lei che oppone una simpatica resistenza, è giocosa, e poi lo abbraccia, lo stringe, lo bacia. Il mondo non è fuori ma tutto dentro quella stanza.
Una sera, sono passate due settimane, Lei lo prende da parte e gli dice che ha un altro. Una storia finita da cui però non riesce a distaccarsi. E’ straniero, separato e padre di una figlia. Gira per l’Europa per lavoro e Lei lo segue quando capita. Non vuole perderlo, non riesce a perderlo. Lui rimane impietrito, chiede spiegazioni. Non è geloso, è solo deluso. Vuole sapere, fa le domande che porrebbe uno psicoterapeuta. Si ritrova in certi momenti disperato, perché è innamorato. Lei docile risponde e poi lo bacia.
La presenza dell’altro si pianta in mezzo ai due. Lui legge libri sulla coppia per regalarsi un’illusione, Lei cerca di normalizzare il rapporto. Fanno l’amore con dolcezza e con furore ma non sempre funziona. Lui rimane indeciso per poi ritornare sempre da Lei. E’ troppo preso da questa storia, da tutti gli antefatti, le emozioni provate sin dall’inizio, le telefonate, le prime uscite spensierate. Perché distruggere un sogno? Lei è calda, vede l’amore come qualcosa di assoluto, totalizzante. E’ la vita che ho alle spalle che mi fa richiedere esperienze forti, gli dice. Lui si ritrova a correre su un filo teso nel nulla, da cui non può e non vuole scendere.
E’ arrivata l’estate nel suo splendore, loro passano le ore del tramonto abbracciati a godersi il sole calante. Il tempo si ferma. Lui la vive, sente il suo corpo e le lacrime che scendono inaspettate. Lei alterna stati d’animo differenti. Gli confessa che vorrebbe un figlio, non immagina una vita senza figli perché la società lo richiede. Lui le risponde che tante donne sono felici pur non avendo figli. Le spiega che non è un dogma della vita. Lui prende quello che viene. Lei no. E intanto i soli tramontano tra sorrisi, pianti, paure, comprensioni. E dolcezze, tante dolcezze.
Continuano così per qualche mese. Giorni bellissimi si alternano ad altri senza senso, dove entrambi non trovano il filo della matassa. Ora l’imbuto è lì ma Lui non rischia più di essere risucchiato. E’ un po’ più su, sul filo, in perenne equilibrio. Ma è un’altra cosa. Ora pensa che deve uscirne da quella storia, ha capito che il germe lavora a fondo, partendo dalle fondamenta. Lei è alterna, va da uno psicologo per cercare di capire. Quando torna dalle sedute è stremata, mi è passato sopra un autocarro, gli sussurra. Si è riavvicinata alla madre, dopo tanti anni.
Lei pensa di tornare a casa, nella regione natia. Lui è inorridito, vede la fine di tutto, cammina sul filo e vede che non è più sopra l’imbuto, è poco distante da terra. Il salto da lì non è così pericoloso. Lei pensa a se stessa, deve salvarsi.
Non si baciano più, si stringono con affetto, si preparano a un addio dalle reazioni sconosciute.
Prima delle vacanze Lui le regala due libri. In memoria di questa fantastica estate, è la dedica. Lei sorride, lo guarda con sospetto. E’ un epitaffio, risponde accarezzandolo.
Litigano e si allontanano. E’ Lui il regista, crea la situazione per non vedersi per un po’. Lei accetta senza dire nulla. Lui pensa che questo le permetterà di preparare la partenza. Ha conosciuto un’altra donna e spera di scacciare il suo ricordo. E Lei chiama gli amici di un tempo, si prepara al ritorno e a una nuova vita.
Si staccano all’inizio dell’autunno. Causa un viaggio di lavoro Lei gli chiede di andare a casa a bagnare i fiori. Lui inizialmente sorride alla richiesta, poi obbedisce. Entra in quella casa che era il loro piccolo nido, rivede il divano, la cucina, il letto, la doccia. Si commuove. Curiosa qua e là, come un investigatore che cerca di recuperare i fili della storia. Trova degli scritti che legge avidamente. Chiara è la volontà di Lei di ritornare a casa, ti aspetto, le scrive la madre. Pensa che ogni fragilità dimentica il passato.
In quella sorta di diario non trova il suo nome, come fosse stata una figura di passaggio, insignificante. O come fosse cassato per pudore. Tutto scorre impetuoso fino alla calma assoluta.
In autunno inoltrato Lei gli manda un messaggio. Ho letto un libro che mi hai dato, è bellissimo. Lui le risponde con tristezza malcelata.
Si ritrovano. E’ la loro ultima sera. Lui deve restituirle le chiavi dell’appartamento. Ripercorrono le tappe del loro amore, sorridono, scherzano affettuosamente su ciò che è stato. Il germe ha corroso le loro vite. Subdolo, strisciante, lascivo, si è incuneato nelle menti, ha modificato comportamenti, aspettative, speranze. Ha colpito dove la carne era più tenera. Il germe è come la ruggine, non dorme mai.
Un ultimo lungo bacio, interminabile e disperato, li unisce per sempre. Lui la guarda andare verso il cancello del palazzo. Accende l’auto e parte. Non aspetta di vedere se Lei si volterà dopo aver superato la siepe, come faceva sempre. Non lo saprà mai.
Fu la loro ultima volta.
Lui e Lei non si videro mai più.
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Sei passata come una schiacciasassi sul vissuto di qualcuno, perché trattare una storia d'amore come hai fatto tu, parlando del germe, è da schiacciasassi: spiacevole, crudele, freddo, quello che resta dopo la terapia.
E niente, io lo so che un germe così esiste, ma non gliela do vinta: in questo campo il mestiere di ciascuno di noi è quello del giardiniere. Il giardiniere toglie le erbacce, rigira il terreno e lo ripulisce, dà acqua e fertilizzanti quando sono necessari, aggiunge terra, toglie le foglie secche, pota i rami sofferenti, cambia persino di vaso la pianta, la protegge dal sole, dal vento o dalla pioggia troppo forti...
Questo perché la pianta è più importante del germe.
Capisco che tu non abbia voluto usare il discorso diretto: ti ha permesso di passare da una scena all'altra senza far sentire i salti temporali, ma il racconto ne ha perso in vitalità. Quelle parole ci sono, non sono un "Lui ha detto" e "Lei ha risposto", ma vengono accompagnate da emozioni e sentimenti. Io riapproprierei al racconto quelle parole.
E stavo per scendere in qualcosa che ha a che vedere col mio punto di vista, ma questo racconto è il tuo punto di vista, devo ricordarlo e rispettarlo.
Nondimeno... (racconto di vita vissuta) nel 2012 mi trasferii dalla Spagna all'Olanda. Ci portammo dietro quello che avevamo, anche una piccola pianta di limone. Ad aprile arrivò un freddo pazzesco, la notte si scendeva a -20°C, e così fu per almeno un paio di settimane. Il limone, nel giardino, morì. Mia moglie l'avrebbe buttato ma non le prestai ascolto: un vaso con un ramo secco non avrebbe reso quel giardino più lugubre. I rami seccarono quasi tutti, fin quasi al suolo, tranne un paio, e li potai perché avrebbero tolto alla pianta quella poca energia che le rimaneva, se le rimaneva. Alla fine di luglio, il miracolo: piccole foglioline e sottili rametti verdi alla base del tronco. La pianta è stata in Italia dal 2014 al 2018, e questa primavera ha finalmente prodotto fiori, profumatissimi!
Poteva andare male, certo! Ma in ogni caso avrei saputo di aver fatto quanto in mio potere.
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Il testo è così coinvolgente, che l'assenza dei nomi non pregiudica lo sviluppo della storia, non lascia il lettore spaesato.
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commento Il germe
torna a lavoro --- torna al lavoro
Lei pensa a se stessa --- . Lei pensa a sé stessa
Questo racconto è ambientato in un periodo indefinito della storia dell’umanità. --- per i miei gusti le due preposizioni articolate: della … della … appesantiscono la frase e non servono. Io scriverei --- Questo racconto è ambientato in un periodo indefinito.
Noto una “nevicata” di “che” in alcuni paragrafi --- sarà anche un mio pallino, ma “il troppo storpia”!
lontano dal posto di lavoro di Lui. Da lì a qualche giorno Lui scoprirà di doverla chiamare per motivi di lavoro. --- lavoro … lavoro e un terzo “lavoro” tre righe sotto.
di giorni. Lei si tratterà qualche giorno --- giorno … giorni
ala telefono -- al telefono
Commento alla storia
L’idea è originale, o meglio, l’idea del germe lo è.
Lo svolgimento, sicuramente non facile da scrivere, mi ha convinto solo a metà. A tratti il testo perde ritmo e vitalità (ho copiato da Maiorino). Non ti so dire se copiando la tua idea sarei capace di fare meglio, anzi, temo proprio che sarei un disastro.
Secondo me dovresti lavorarci su con passione, ma non è semplice e soprattutto faticoso. Ne varrebbe la pena? Per me sì.
Per ora il mio voto sarebbe un 3, ma come diceva la mia professoressa di italiano salgo a 4 per incoraggiarti a non mollare.
Battuta scherzosa:
“I due protagonisti potrebbero chiamarsi Adamo ed Eva. Come oggi, anche in quel tempo le distrazioni non mancavano.” Vuoi dire che nel paradiso terrestre, oltre ad Adamo, Eva e il serpente, c’erano già gli amanti nascosti negli armadi?
Vivere con 500 euro al mese nonostante Equitalia
la normale vita quotidiana così come dovrebbe essere
Vi voglio dimostrare come con un po' di umiltà, di fantasia e di buon senso si possa vivere in questa caotica società, senza possedere grandi stipendi e perfino con Equitalia alle calcagna. Credetemi: è possibile, ed è bellissimo!
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Metropolis
antologia di opere ispirate da un ambiente metropolitano
Cosa succede in città? - Sì, è il titolo di una nota canzone, ma è anche la piazza principale in cui gli autori, mossi dal flash-mob del nostro concorso letterario, si sono dati appuntamento per raccontarci le loro fantasie metropolitane.
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La Paura fa 90
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