L'ispettore
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L'ispettore
Impossibile dire quanto dura un sogno, certamente quel particolare sogno era stato come un lampo nell’oscurita’ della notte, ma tanto era bastato per risvegliarmi con quel senso di turbamento e di pericolo incombente.
Per tutto il giorno cercai di rientrare nella realta’, e in parte le occupazioni quotidiane mi aiutarono.
Poi giunse la sera.
Era Venerdi’ e quelle serate erano consacrate alla partita di scopone con gli amici, giu’ al bar del Golem.
Ricordo tutto, ogni dettaglio è inciso nella mia memoria; invece sa il cielo quanto vorrei dimenticare, sono stanco di essere preso per un povero matto dalla mente sconvolta
Lo so, quando parlo di ciò che accadde è difficile credermi senza aprire la mente su scenari da incubo, come ho dovuto fare io, almeno sino ad oggi. Perché ora tutto è cambiato, io ho la prova che supera ogni dubbio, che non ammette discussioni su cio’ che accadde quella maledetta sera.
Come dicevo, eravamo i soliti amici nel bar del Golem: Mugugno, Campacavallo, Stecca e Cacciaballe, che sarei io. Questi i nostri nomi “da battaglia” .
Facile spiegare perché Mugugno si chiamava così, avete presente il nano Brontolo? Ecco, era lui. Campacavallo era una persona eccezionale ma non bisognava mai chiedergli di fare qualcosa alla svelta. Stecca, oltre ad essere magrissimo, al biliardo ci sapeva fare sul serio; quanto al Cacciaballe... beh, magari quando bevo un bicchiere in più tendo a esagerare un poco, ma da mesi andavo a minerale; colpa dell’ulcera e del dottore che mi aveva messo addosso una bella fifa: “Bevi, bevi, che poi le balle le vai a raccontare a Belzebù, è lì che ti aspetta per metterti il forcone su per il sedere, e non manca molto se non mi dai retta”.
Al dottore davo retta perché è prima di tutto un amico e mi aveva fatto quasi da padre dopo che il mio, quello vero, un giorno era sparito.
Si disse che, da bravo giornalista seppure di un foglietto locale che leggevano sì e no un migliaio di persone, avesse ficcato il naso dove non doveva: una faccenda di appalti truccati che coinvolgeva politici locali e malavita organizzata. Ma rimasero solo voci: una sera mio padre usci’ di casa e nessuno lo vide più’, tranne i suoi assassini, naturalmente. Mia madre, povera donna, privata anche del conforto di una tomba sulla quale deporre un fiore, morì pochi mesi dopo… ma queste sono cose accadute tanti anni fà e con quella serata non avevano nulla a che fare.
Ma era una convinzione che stava per crollare miseramente. Mai avrei immaginato che avesse i minuti contati. quando, sotto un vero diluvio, entrai di corsa nel bar.
Magari “bar” è una parola grossa, era una baracca di pescatori adattata alla meno peggio, sulla spiaggia, ma la puzza del pesce c’era ancora; quella, una volta penetrata nelle travi, non se ne va. Col senno di poi, forse sarebbe stato meglio fare qualcosa… ma chi poteva immaginarlo?
Con quel tempo da lupi, gli altri avventori abituali se ne stavano al calduccio nelle loro tane. Ma per noi lo scopone del venerdì era sacro: per farci saltare l’appuntamento con le francesine che ci aspettavano sul tavolino, tutte vogliose di essere smazzate per bene, ci voleva qualcosa più di un acquazzone qualsiasi.
Eravamo lì a giocare sì e no da un quarto d’ora ed io stavo per fare una presa da favola: il settebello con l’asso e il sei di denari, ed ecco il finimondo: un tuono di quelli che sembrano voler buttare giù i muri. Esplose in contemporanea col fulmine che dalla finestra sparò come mille flash tutti insieme. Doveva essere caduto sul lampione stradale a pochi metri da noi.
Le luci si spensero senza pensarci nemmeno un istante, il ronzio del frigo si azzittì e la radio dietro al bancone decise di fare la stessa cosa.
Credo che, per legge, nei locali pubblici ci debba essere una lampada d’emergenza; sino a qualche mese prima c’era sul soffitto una scatola bianca con una lucina rossa, doveva proprio essere quella, poi una sera qualcuno un po’ fuori di testa si era divertito a farci il tiro a segno con un bicchiere. Per il solito culo degli ubriachi aveva fatto centro e da allora nessuno si era preso la briga di ripararla.
Così, buio pesto.
- Stecca, non approfittare per cambiarti le carte. - Campacavallo lo conosceva bene Stecca, erano amici dalle elementari.
- Mavaffanculo, Campa, non vedrei nemmeno il sedere di tua sorella che ce l’ha come una lavatrice, figurati le carte! -
- Golem, ce l’hai una candela? - chiesi ad alta voce. Lo chiamavano così il barista, un omone grosso, tozzo e pelato; pareva un ammasso di argilla bagnata, dove qualcuno si era divertito a fare dei buchi in alto, per simulare una faccia, mentre tutto il resto era informe e ballonzolante. Gli mancava solo la frase “Dio è verità “ scritta in fronte, ma per lui sarebbe stata più adatta “ In vino veritas”.
Senza parlare, asciugandosi il naso col dorso della mano, un Golem maledettamente raffreddato portò al tavolo una torcia elettrica e poi, tornato al suo posto, accese una candela e la posò sul bancone.
Sentimmo cigolare la porta e i passi di qualcuno che entrava insieme al rumore della pioggia e del mare. Stecca prese la torcia e la puntò verso l’ingresso.
- … sera - disse il tizio, con una voce grondante acqua come i suoi vestiti.
- Buonasera a lei - rispose Stecca a nome di tutti, riuscendo appena a nascondere la curiosità.
Già, perché quel tipo poteva passare inosservato come un senegalese nudo al raduno del Ku-Klux-Klan.
Alto sui due metri, tanto che la lampada lercia appesa al soffitto quasi lo sfiorava, non aveva né ombrello né impermeabile e i vestiti bagnati gli pendevano da tutte le parti, come se fossero stati della giusta taglia una ventina di chili prima. Le mani spuntavano dalle maniche del maglione nero a collo alto ed erano ossute, scheletriche; la destra reggeva una borsa di pelle in apparenza vuota. E poi c’era il viso.
Ciò che attirava lo sguardo su quel viso non erano tanto gli occhi, dove spiccavano le pupille rosse da albino. E non era nemmeno la lunga chioma di un bianco quasi trasparente, almeno dove c’era, visto che scendeva sulle spalle partendo solo dai lati del cranio. E nemmeno la pelle flaccida e senza traccia di barba.
Era tutto l’insieme che dava alla figura di quel uomo un’aura d’inquietante diversità.
- Una grappa per favore, anzi mi dia la bottiglia. - disse ad alta voce rivolto a Golem.
Come inizio non c’era male. Ci guardammo in silenzio mentre il barista metteva sul banco un bicchiere e la bottiglia di Nardini.
- Porti dei bicchieri a quei signori al tavolo. Se non vi offendete - si rivolse a noi - offro un giro -.
Io mandai a quel paese, ma sottovoce, il mio dottore e rifiutai, gli altri accettarono allegramente, ringraziando.
Lo sconosciuto si avvicinò al tavolo con la bottiglia in mano e riempì i bicchieri.
- Alla vostra - disse, e trangugiò il suo in un fiato. - Vi disturba se osservo mentre finite la mano? -
Aveva offerto da bere, non che per questo avesse acquisito un diritto, ma insomma, se voleva guardarci giocare non ci disturbava più di tanto, purché non iniziasse a chiacchierare.
Prese una sedia e si piazzò dietro a Stecca, che quella sera era il mio compagno; quindi io lo potevo vedere bene: anche da seduto sovrastava di tutta la testa il mio amico, che pure non era un piccoletto.
Dopo qualche minuto in silenzio, l’uomo si chinò, aprì la borsa e ne trasse un volume rilegato all’antica, di dimensioni tali che pareva impossibile fosse uscito da quella borsa. Mi domandai cosa ne dovesse fare assistendo a una partita di scopone.
Tenendo il libro sulle ginocchia, cercò una pagina, la apri con molta cura e si mise a leggere, almeno così pensai vedendo il suo dito ossuto muoversi sulla carta ingiallita.
Notai anche il suo sguardo: si alzava passando alternativamente dal libro a noi e ciò m’incuriosì. Distolsi l’attenzione dalle carte e mi misi a fissarlo. Gli altri se ne accorsero e si voltarono per osservare cosa stesse accadendo.
Lo sconosciuto si stava concentrando sul libro, poi sembrò rilassarsi, voltò pagina e sorrise tra sé. Finalmente parve accorgersi dei nostri sguardi. Indicando la pagina si rivolse a noi puntando quegli occhi rossi a turno su ciascuno.
- Eccovi, Mugugno, Stecca, Campacavallo, Golem... qualcosa non andava, ne mancava uno ma ora tutto è chiaro.-
A parte che solo tra noi potevano chiamarci con quei soprannomi, cosa voleva dire “ne mancava uno”? Mancava da cosa?
Ci guardammo più incuriositi che arrabbiati, a parte Golem che continuava impassibile ad asciugare bicchieri e a soffiarsi il naso, e si sperava che almeno usasse due stracci diversi.
Alla fine, visto che gli ero di fronte, fui io a parlare.
- Cosa vuol dire esattamente? -
- Quello che ho detto, ne mancava uno… vediamo, chi di voi è Cacciaballe?-
Chiusi le carte che ancora avevo in mano, posai il mazzetto sul tavolo e gli dissi, il più gentilmente possibile: - Sono io, ma nessuno mi chiama così se non è un mio amico, lei non lo è e non credo che lo diventerà; e poi, come li sa questi nomi?-
Non si offese, anzi sorrise, ma di un sorriso a denti scoperti, quasi da teschio, che metteva freddo.
- Ma è ovvio, sono venuto per accertarmi che tutto fosse in ordine, i vostri nomi sono qui, sul mio libro. Tutti insieme tranne il suo, quello ho dovuto andare a cercarlo più avanti, in un altra pagina.-
Essere in una qualsiasi pagina in mano a uno sconosciuto mi dava sui nervi, e credo che i miei amici la pensassero come me.
- E a cosa dobbiamo la sua attenzione, cosa vuole da noi?-
- Vi spiegherò tutto ma ora non c’è tempo. Come le ho detto, lei non è sul mio elenco, è su quello di un altro Ispettore, quindi io e lei dobbiamo uscire, subito.-
Pareva improvvisamente molto nervoso. Ma a me non piaceva ricevere ordini.
- E dove dovremmo andare? Io sto benissimo qui, coi miei amici, all’asciutto. -
- Lei deve uscire e basta! - un attimo di esitazione, probabilmente dalla mia espressione aveva capito che non ero per nulla d’accordo. - Va bene, se le dicessi che io so cosa è accaduto a suo padre, ma che ne posso parlare solo fuori di qui, verrebbe?-
Dovevo essere impallidito e aver perso le mie certezze, lui se ne accorse e mi spinse verso la porta sotto lo sguardo stupito dei miei amici.
Fuori, quasi trascinato dallo sconosciuto, percorsi una trentina di metri prima di accorgermi di due cose: non pioveva più e la luce era tornata ovunque, tranne che nel bar ancora immerso nell’oscurità. Non feci in tempo a ragionare su quella stranezza che il mondo mi esplose intorno. Anzi, il bar esplose proprio come si vede nei film. Mi sentii sollevare da terra per poi ricadere a peso morto sulla strada. Rammento che non persi conoscenza subito, o almeno così credo. Ho il ricordo dello sconosciuto chino su di me, che mi sussurrava qualcosa su mio padre, poi svenni per risvegliarmi soltanto all’ospedale. Un braccio e tre costole fratturate, contusioni ovunque, ma mi era andata bene, soprattutto pensando ai miei amici e al barista: nessuno ce l’aveva fatta.
Da quando mi sono risvegliato ho chiesto a tutti dell’uomo che era con me: i dottori prima, e i poliziotti dopo, mi hanno guardato come fossi matto. Nessuno lo aveva visto, prima o dopo lo scoppio, vivo, morto o ferito che fosse.
Hanno detto gli esperti che c’era stata una fuga dalla bombola tenuta sotto il bancone assieme a quella di riserva, piena, in spregio a ogni norma di sicurezza. L’odore di pesce, e forse il raffreddore di Golem, avevano coperto quello del gas. Poi, la fiammella della vicina candela aveva innescato lo scoppio. Una sciagura facilmente evitabile, se il proprietario del bar non fosse stato così imprudente.
Sarà, io sono Cacciaballe e quando ho detto che tutto era già scritto nel libro di un sedicente ispettore, nessuno mi ha creduto.
Poi è arrivato l’esito dell’esame del DNA sui resti umani, ritrovati proprio dove ho detto di cercare e hanno scoperto che si tratta di quelli di mio padre.
Ora voglio vedere che spiegazione daranno.
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Re: L'ispettore
Nella mia intenzione, il racconto non dovrebbe essere un sogno, se non nel finale, dal risveglio del protagonista in ospedale. Una tua interpretazione diversa significa che ho sbagliato qualcosa, o forse non sono stato abbastanza efficace e me ne dolgo, rilegger0 il tutto con attenzione per individuare eventuali criticita' in questo senso.
Hai indovinato perfettamente la faccenda della lampada, certamente una spiegazione andava data e quella che mi sono inventato mi è parsa in sintonia con l'ambiente.
Visto che il tuo giudizio è, come tu stesso dici, positivo, tanto mi basta per essere in pace con me stesso e te ne ringrazio nuovamente.
- Marino Maiorino
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Sebbene molto ricercato e intricato, tutta la trama si regge benissimo. Ottimo l'equilibrio, i tempi, la suspense!
Un solo nodo da sciogliere (forse): l'analisi del DNA avrebbe rivelato che l'albino era il padre di Cacciaballe (se ho be capito), il quale a questo punto è diventato un "ispettore". Nel sogno, però, il padre è in compagnia di un'altra figura, non diventa quella figura, né si presenta con le fattezze di quella figura (cosa più che fattibile, dato che si capisce che i ricordi di Cacciaballe sul padre sono assai remoti, quindi la figura non ha un aspetto preciso). Al di là del fatto che nei sogni tutto è possibile (e quindi, "quello perciò è un sogno" (cit.)), non mi è chiaro perché l'ispettore debba essere proprio il padre di Cacciaballe.
Per carità, in un racconto così halloweeniano ci sta, ci sta tutto, ma è quel salto di improbabilità che mi ha sempre disturbato in questo genere di racconti fin da quando ero un bambino.
Ah, certo: massimo dei voti!
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Re: L'ispettore
No, l'ispettore non è il padre del protagonista, è invece, se vogliamo metterla sul surreale, un inviato dall'aldilà col preciso compito di evitare errori di destinazione di chi, diciamo cosi' sta per bussare alla Porta dell'aldila'. Il suo librone contiene tutti, e consente all'ispettore di agire per correggere una situazione potenzialmente errata.
Spero ti piaccia anche cosi', almeno non ci sono incongruenze, anche se un racconto fantastico è di per sè basato su situazioni anomale.
Grazie ancora.
- Marino Maiorino
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Re: L'ispettore
A meno di non credere di avere l'ultima parola su ciò che il racconto deve ispirare, ma questa sarebbe eccessiva presunzione.
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Lo so, quando parlo di ciò che accadde è difficile credermi senza aprire la mente su scenari da incubo, come ho dovuto fare io, almeno sino ad oggi. Perché ora tutto è cambiato, io ho la prova che supera ogni dubbio, che non ammette discussioni su cio’ che accadde quella maledetta sera."
La voce narrante qui è un io narrante. "Quella mattina mi alzai..." inizi a raccontare al tempo passato. Nel periodo sopra adotti invece il presente e lo intercali con verbi al tempo passato. In italiano la concordanza tra i tempo non va adottata alla lettera, ma qui per me il presente era evitabile.
Riprendi poi al passato per ritornare da questo punto al presente:
"Da quando mi sono risvegliato ho chiesto a tutti dell’uomo che era con me: i dottori prima, e i poliziotti dopo, mi hanno guardato come fossi matto. Nessuno lo aveva visto, prima o dopo lo scoppio, vivo, morto o ferito che fosse.
Hanno detto gli esperti che c’era stata una fuga dalla bombola tenuta sotto il bancone assieme a quella di riserva, piena, in spregio a ogni norma di sicurezza. L’odore di pesce, e forse il raffreddore di Golem, avevano coperto quello del gas. Poi, la fiammella della vicina candela aveva innescato lo scoppio. Una sciagura facilmente evitabile, se il proprietario del bar non fosse stato così imprudente.
Sarà, io sono Cacciaballe e quando ho detto che tutto era già scritto nel libro di un sedicente ispettore, nessuno mi ha creduto.
Poi è arrivato l’esito dell’esame del DNA sui resti umani, ritrovati proprio dove ho detto di cercare e hanno scoperto che si tratta di quelli di mio padre.
Ora voglio vedere che spiegazione daranno."
Mi dirai che la narrazione si svolge al tempo presente perché hai scelto di iniziare con una lunghissima analessi per narrare esordio e antefatto. Ma la voce narrante serve proprio a uniformare i livelli temporali della trama, altrimenti a ogni analessi o prolessi si dovrebbero cambiare i tempi verbali col rischio di provocare il caos.
Si dice nome di battaglia, e non da battaglia. Come si dice nome di battesimo e non da battesimo.
Le vocali le hai accentate con un apostrofo, soluzione non esatta.
Quanto al racconto in sé si fa leggere, ma alcuni passaggi mi paiono deboli. Il titolo rinvia a un ispettore che non è altro che la dama con la falce che insieme al solito avviso di morte imminente salva la vita al protagonista: Cacciaballe. Il quale, nomen omen, sembra destinato a non essere creduto. L'ispettore salva Cacciaballe e per farlo è costretto a svelargli dove si trova il corpo del padre scomparso da tempo, la cui presenza aleggia sin dall'inizio del racconto. Beh questo è un passaggio debole a mio avviso, perché la sospensione dell'incredulità funziona con l'ispettore, ma se l'ispettore deve, per salvarmi la vita, rivelare dove si trova il corpo di mio padre scomparso da decenni... Ecco, mi chiedi davvero tanto, mi chiedi di unire tanti avvenimenti in poche righe.
La chiusa finale poi rinvia ancora ad altro, a un umorismo che quel Cacciaballe e Brontolo e Mugugno e quella tensione crescente mi avevano quasi fatto dimenticare.
A mio avviso, dati i soprannomi e quella battuata finale e quell'ispettore tra il maldestro e il particolare, io proverei a investire qualcosa in più sulla chiave umoristica. Esiste, siamo daccordo, un umoriso nero, ma qui il nero quale sarebbe?
Perché sin dall'inizio alimenti bene il climax, la tensione, sino allo scioglimento finale con la rivelazione sulla sorte del padre, ma sia i nomi che la battuta finale mi provocano invece un sorriso. Voglio vedere come se lo spiegano adesso.
E non una lacrima per Golem o Mugugno o per gli altri nella lista dell'ispettore.
A rileggerti
E allora mi viene il dubbio che tu non fossi proprio convinto di dove condurre il lettore quando hai scritto l'ispettore.
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Al di là di queste considerazioni, si merita un bel 4.
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Re: L'ispettore
Sara', io sono Cacciaballe quindi inaffidabile, certamente, ma i fatti sono fatti: I miei compagni di tante serate non ci sono piu', e gia' mi mancano. Le solite domande che sorgono spontanee in certi casi: esiste davvero un Fato già scritto per ciascuno di noi? E perchè loro si' ed io no? I miei amici sono spariti con quella fiammata che ha distrutto il bar e il fatto che io mi sia salvato ha del miracoloso, che si creda o no alla misteriosa figura che io affermo mi abbia salvato a vita. Ma se qualcuno resta ancora scettico, dovra' rivedere la sua incredulita' alla luce di un altro fatto indiscutibile: è tornato qui, in ospedale, un maresciallo dei Carabinieri, quello che mi aveva interrogato al mio risveglio. Aveva un'espressione strana, porgendomi un foglio estratto dalla sua borsa. Gia' questo mi ha fatto sussultare, visto cosa era successo l'ultima volta che qualcuno aveva fatto quel gesto. Erano i risultati di un'analisi del DNA, effettuata sui resti umani ritrovati dove mi aveva detto quell' uomo misterioso. A un esame comparativo con il mio, quel DNA apparteneva certamente a qualcuno molto vicino a me: mio padre.
Voglio proprio vedere ora cosa si inventeranno adesso per non credermi.
Re: L'ispettore
Direi che così va decisamente meglio, infatti la "sindrome del sopravvissuto" di fronte a fatti tragici che hanno toccato amici (o compagni d'arme, durante la guerra) è piuttosto comune, e quindi realistica. Confermo il 4, saluti e a rileggerti.Mariovaldo ha scritto: ↑27/10/2022, 16:58 Provo a buttare giu' un finale leggermente modificato seguendo alcune delle critiche costruttive che sono state mosse appunto al finale. Non modifico il testo originale perchè, essendo una gara, non mi pare corretto eliminare a posteriori alcune delle criticita' segnalate, in particolare sul finale.
Sara', io sono Cacciaballe quindi inaffidabile, certamente, ma i fatti sono fatti: I miei compagni di tante serate non ci sono piu', e gia' mi mancano. Le solite domande che sorgono spontanee in certi casi: esiste davvero un Fato già scritto per ciascuno di noi? E perchè loro si' ed io no? I miei amici sono spariti con quella fiammata che ha distrutto il bar e il fatto che io mi sia salvato ha del miracoloso, che si creda o no alla misteriosa figura che io affermo mi abbia salvato a vita. Ma se qualcuno resta ancora scettico, dovra' rivedere la sua incredulita' alla luce di un altro fatto indiscutibile: è tornato qui, in ospedale, un maresciallo dei Carabinieri, quello che mi aveva interrogato al mio risveglio. Aveva un'espressione strana, porgendomi un foglio estratto dalla sua borsa. Gia' questo mi ha fatto sussultare, visto cosa era successo l'ultima volta che qualcuno aveva fatto quel gesto. Erano i risultati di un'analisi del DNA, effettuata sui resti umani ritrovati dove mi aveva detto quell' uomo misterioso. A un esame comparativo con il mio, quel DNA apparteneva certamente a qualcuno molto vicino a me: mio padre.
Voglio proprio vedere ora cosa si inventeranno adesso per non credermi.
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Re: L'ispettore
Vivere con 500 euro al mese nonostante Equitalia
la normale vita quotidiana così come dovrebbe essere
Vi voglio dimostrare come con un po' di umiltà, di fantasia e di buon senso si possa vivere in questa caotica società, senza possedere grandi stipendi e perfino con Equitalia alle calcagna. Credetemi: è possibile, ed è bellissimo!
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Metropolis
antologia di opere ispirate da un ambiente metropolitano
Cosa succede in città? - Sì, è il titolo di una nota canzone, ma è anche la piazza principale in cui gli autori, mossi dal flash-mob del nostro concorso letterario, si sono dati appuntamento per raccontarci le loro fantasie metropolitane.
A cura di Massimo Baglione.
Contiene opere di: Gianluigi Nardo, Andrea Pozzali, Antonella Jacoli, Roberto Virdo', Francesco Pino, Giulia Rosati, Francesca Paolucci, Enrico Teodorani, Ibbor OB, Umberto Pasqui, Annamaria Ricco, Eliana Farotto, Maria Spanu, Eliseo Palumbo, Andrea Teodorani, Stefania Paganelli, Alessandro Mazzi, Lidia Napoli, F. T. Leo, Selene Barblan, Stefano Bovi, Alessia Piemonte, Ida Dainese, Giovanni Di Monte.
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La Paura fa 90
90 racconti da 666 parole
Questo libro è una raccolta dei migliori testi che hanno partecipato alla selezione per l'antologia La Paura fa 90. Ci sono 90 racconti da non più di 666 parole. A chiudere l'antologia c'è un bellissimo racconto del maestro dell'horror Danilo Arona. Leggete questa antologia con cautela e a piccole dosi, perché altrimenti correte il rischio di avere terribili incubi!
A cura di Alessandro Napolitano e Massimo Baglione.
Contiene opere di: Maria Arca, Pia Barletta, Ariase Barretta, Cristiana Bartolini, Eva Bassa, Maria Cristina Biasoli, Patrizia Birtolo, Andrea Borla, Michele Campagna, Massimiliano Campo, Claudio Candia, Carmine Cantile, Riccardo Carli Ballola, Matteo Carriero, Polissena Cerolini, Tommaso Chimenti, Leonardo Colombi, Alessandro M. Colombo, Lorenzo Coltellacci, Lorenzo Crescentini, Igor De Amicis, Diego Di Dio, Angela Di Salvo, Stefano di Stasio, Bruno Elpis, Valeria Esposito, Dante Esti, Greta Fantini, Emilio Floretto Sergi, Caterina Franciosi, Mario Frigerio, Riccardo Fumagalli, Franco Fusè, Matteo Gambaro, Roberto Gatto, Gianluca Gendusa, Giorgia Rebecca Gironi, Vincenza Giubilei, Emiliano Gotelli, Fabio Granella, Mauro Gualtieri, Roberto Guarnieri, Giuseppe Guerrini, Joshi Spawnbrød, Margherita Lamatrice, Igor Lampis, Tania Maffei, Giuseppe Mallozzi, Stefano Mallus, Matteo Mancini, Claudia Mancosu, Azzurra Mangani, Andrea Marà, Manuela Mariani, Lorenzo Marone, Marco Marulli, Miriam Mastrovito, Elisa Matteini, Raffaella Munno, Alessandro Napolitano, Roberto Napolitano, Giuseppe Novellino, Sergio Oricci, Amigdala Pala, Alex Panigada, Federico Pergolini, Maria Lidia Petrulli, Daniele Picciuti, Sonia Piras, Gian Filippo Pizzo, Lorenzo Pompeo, Massimiliano Prandini, Marco Ricciardi, Tiziana Ritacco, Angelo Rosselli, Filippo Santaniello, Gianluca Santini, Emma Saponaro, Francesco Scardone, Giacomo Scotti, Ser Stefano, Antonella Spennacchio, Ilaria Spes, Antonietta Terzano, Angela Maria Tiberi, Anna Toro, Alberto Tristano, Giuseppe Troccoli, Cosimo Vitiello, Alain Voudì, Danilo Arona.
La Gara 16 - Cinque personaggi in cerca di storie
A cura di Manuela.
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Gara d'estate 2023 - La passe - e gli altri racconti
A cura di Massimo Baglione.
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La Gara 2 - 7 modi originali di togliere/togliersi la vita
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