L'assoluzione
L'assoluzione
Giobbe si svegliò infreddolito, osservando il perimetro della stanza da letto come fosse la prima volta. Rimase coricato sotto le coperte tirate fino al collo quando il campanello emise alcuni stanchi latrati. Si alzò stupito vista l’ora mattutina, e a piedi nudi si avvicinò all'occhiello con passo felpato per non farsi sentire dallo scocciatore di turno. Dall'altra parte un tipo pelato in camicia bianca attendeva impaziente. Giobbe rimase zitto e fermo, fino a quando lo vide imbucare la tromba delle scale e sparire dalla sua visuale. Immaginò fosse il ragazzo dell'associazione comunista che ogni mese gli faceva visita per vendergli una copia del giornaletto. Un'edizione a dir poco fantascientifica, tanto era a ritroso nel passato. A leggerlo pensava di essere precipitato agli inizi del novecento quando Lenin, i bolscevichi e Dio sa chi, stavano assumendo il potere. Quei sognatori gli erano simpatici non fosse altro perché negli ultimi tempi il sentimento generale italiano era precipitato a ritroso nel tempo.
Ritornò nella stanza e solo allora vide il biglietto.
- Palestra, lavoro, palestra. UFFI. Ciao Romina -
Il solito post-it frettoloso di sua moglie, un appunto scritto sotto l’effetto adrenalinico della frenesia quotidiana.
Giobbe soffiò con forza, centrandolo in pieno. Il foglio si alzò con uno scatto dolente, sbatté contro la specchiera, s’inarcò ancora per un attimo, fino a perdersi chissà dove sul pavimento. Si rasserenò per la forza dei suoi polmoni, non ancora intaccati dal fumo delle troppe sigarette.
Tornò in cucina e accese la radio.
In programmazione c’erano i Nirvana e la voce di Kurt Cobain si diffuse per il locale. Gli fu utile per ripensare agli ultimi mesi, al rapporto con Romina naufrago in un mare di silenzi. Mangiò due biscotti e si dissetò bevendo dal rubinetto. L’acqua era gelida, e per un po’ ne sentì il peso sullo stomaco. Si accese una sigaretta, appoggiando la schiena al muro.
La casa ora gli sembrava più calda e accogliente, e tra una boccata e l’altra cominciò a pensare a cosa fare. Entro mezz'ora avrebbe dovuto essere in ufficio, ma in base ai suoi ritmi mattutini era già in ritardo. Doveva rispettare i tempi tecnici personali, cui non poteva rinunciare. Trenta minuti nel suo sancta santorum per barba e doccia, poi avrebbe dovuto vestirsi, scendere, aprire il garage, portare fuori la macchina, chiudere il garage, prendere il dispositivo per l'apertura del cancello, attivarlo, riporlo nel vano portaoggetti. Si ritrovò annoiato e si riappoggiò alla parete. Oltre ai tempi tecnici, doveva calcolare il tragitto di una ventina di minuti da casa sino al cancello aziendale. Spense la radio e accese la tv. Dopo aver ascoltato tre parole, abbassò il volume. Indaffarato, nella semplicità di questi movimenti al rallentatore, prese il telefono. Lo guardò una decina di volte, rigirandoselo tra le mani.
Poi chiamò.
Ciao Marcella
Pronto?
Ciao Marcella, sono Giobbe.
Ciao Giobbe.
Marcella era la segretaria del gran patron. Iniziava sempre mezz'ora prima degli altri impiegati.
Senti Marcella, oggi arrivo in ritardo. Giobbe era partito in quarta, poi si fermò, perché non aveva ancora preparato una scusa plausibile.
Va bene, registrato.
Sì, ieri mi si è rotta la lavatrice e sto aspettando il tecnico. Spero di arrivare in tarda mattinata o, al peggio, nel pomeriggio.
Ok.
Ciao e grazie.
Era brava Marcella. Non sempre simpatica, ma tenere la sua posizione non era semplice. Dovevi per forza diventare un mastino di centrocampo, dove non potevi rilassarti neanche un minuto. La scusa inventata non era molto credibile, pensò. Sapeva già che quel giorno non sarebbe andato a lavorare e, l'indomani, non avrebbe neanche tentato di ampliare il corso della storia. Aveva dinanzi a sé tutto un giorno da spendere come voleva. Il traguardo era la sera, dopo le otto, quando Romina sarebbe rientrata a casa e si sarebbero guardati con il silenzio negli occhi. Lei tutta impetuosa dallo sfogo della palestra, ancora con i capelli luccicanti e lui a leggere un libro o a guardare la tv.
Andò in bagno e in un battibaleno si lavò. Tornò in camera, dove aprì l'armadio, prese un bel paio di pantaloni grigi, una camicia bianca a pois blu e un maglione in tinta a rombi.
Salì in macchina e partì. Non aveva ancora deciso la direzione da prendere. Voleva camminare un po’ per rinfrescarsi le idee e andare in una libreria a sfogliare dei libri o a scegliere un DVD da vedere quando Romina andava a letto, stanca della palestra.
Prese infine la direzione per Como, distante circa venti chilometri. Ci sarebbe voluto mezz’ora per arrivare, ma con il traffico del mattino probabilmente avrebbe impiegato più tempo. Poco male, pensò Giobbe, con la sigaretta accesa e Virgin Radio a palla sarebbe potuto arrivare anche in capo al mondo.
Quanno ‘o mare è calmo ogni strunz’è marenaro
Il Dj raccontò quest’antico proverbio napoletano. Quando il mare è calmo ogni stupido è marinaio.
Quanno o'mmareeee
è
è
è
calmooooo
ogni strunz'èèè
marenarooo
La ragazza nella macchina appaiata alla sua sorrise nel vederlo cantare e Giobbe la ricambiò con l'occhio sinistro aperto e chiuso a intermittenza. Si sentiva libero e ispirato. Fermi al semaforo lei lo guardò e i due cominciarono a muovere la testa all’unisono. Dondolandosi al ritmo della musica ebbe l’impressione di volare. Quando scattò il verde salutò la giovane con un bacio gentile.
Arrivò in città e parcheggiò. Scese e inserì due monete nel parchimetro.
Cominciò a gironzolare; persone di tutte le età e ceti sociali camminavano indaffarate, molti erano al cellulare con atteggiamento risoluto a sbrigare chissà quale incombenza e molti si lamentavano della pochezza, a loro dire, del mondo. La gara sociale era in fase di riscaldamento avanzato, e si preparava a entrare nel vivo di una giornata senza esclusione di colpi.
Giobbe osservava camminando questo esercito d’impiegati, casalinghe, pseudo manager, ragazzi bigianti la scuola, pensionati e fancazzisti come lui. Risoluto era il suo passo lungo le alte strade del centro storico. Poco dopo la piazza principale svoltò a destra, in una stradina che portava a una bellissima chiesa del trecento. C'era stato varie volte, perlopiù in compagnia di Romina o di qualche amico. Era la prima volta che ci andava da solo.
Arrivò sul sagrato e lanciò lo sguardo verso l'altissimo campanile. Era una delle opere più importanti in Italia di quel periodo storico.
La chiesa era bellissima, spoglia di quadri e imponente nella sua sacralità. Un paio di statue raffiguravano dei santi e un altare, in marmo grezzo, dominava dal fondo della chiesa. Il silenzio era impressionante al confronto con le attività esterne e un leggero strano odore di muffa cancellava lo scorrere del tempo.
Si sedette su una sedia a metà navata e si guardò intorno. Nonostante amasse entrare in tutte le chiese, non pregava mai. Il nocciolo delle cose, il centro di tutto, dove risiedeva il pensiero dell'uomo, a questo si fermava Giobbe. Ma oltre l'essenza del tutto vi era la fede e lui non riusciva ad andare oltre.
Non vi erano molte persone a quell'ora, e quelle poche erano le più disparate possibili. Le solite vecchine attratte da un futuro celeste prossimo, tre uomini di varia età ed etnia, due belle turiste straniere.
Si sedette tranquillo. Il sole filtrava dai vetri colorati, e nei fasci di luce sbuffi di polvere fluttuavano nell’aria.
Giobbe vedeva in quel monumento un inno all’Uomo che nei secoli lo aveva abitato e preservato per un futuro ignoto.
Si alzò per sedersi all’interno di uno spazio confessionale. Lo fece quasi senza accorgersene, seguendo un impulso irrazionale. S’immaginava la tranquillità e la pace dei frati quando ascoltavano le confessioni della gente comune, di come volassero sopra le loro teste, sopra i problemi quotidiani, sopra i piccoli e grandi peccati.
Tirò la tendina, lasciando un poco aperta la porticina che permetteva l'entrata al confessionale. Quella posizione offriva una visione diversa dell’interno della chiesa, gli ricordava l’Hotel National de Cuba, dalla posizione rialzata sul Malecon. Da lì i rumori e gli odori del mondo arrivavano magicamente rarefatti e armoniosi.
Immerso nei suoi pensieri come un fantasma arrivò un uomo e s’inginocchiò. Una grata li separava.
Padre, posso confessarmi? chiese con voce mesta.
Giobbe, colto di sorpresa, non seppe lì per lì cosa rispondere. Se fosse uscito scusandosi dell’equivoco avrebbe fatto una figura ridicola. Se avesse acconsentito, si sarebbe appropriato di un ruolo non suo. Si affidò al fatto che non conosceva l’uomo, e qualsiasi segreto avesse carpito, non avrebbe varcato la soglia del confessionale.
Dimmi figliolo, rispose con voce calma.
L’uomo si sentì rinfrancato e incominciò.
Padre, non frequento molto la Chiesa, ho solo bisogno di parlare con qualcuno. Oggi più di ieri, mi sembra di vivere in un mondo difficile, dove la gente parla, corre, lavora, si arrabbia e sorride poco. Io sono un gran lavoratore, e a volte ho la triste sensazione che tutto non basti. Soldi, posizione, moglie, lavoro, figli. Sembrerebbe di avere tutto, ma non è così.
È vero quello che dici, cosa importante sarebbe avere un minimo di speranza e guardare intorno a noi. E continuare a credere in noi stessi, rispose Giobbe.
È difficile Padre. Viviamo in un mondo troppo veloce, quasi ne siamo divorati. Ieri ho dato una multa a un mio dipendente perché aveva sbagliato un lavoro. Forse se lo meritava, però oggi son pieno di dubbi. Non so se mi sono comportato bene.
Vai avanti.
Ho guadagnato tanti soldi nella mia vita, lavorando a ritmi forsennati e non guardando in faccia a nessuno. Ora sono quasi vecchio e mi ritrovo a gestire situazioni complicate. Eppure continuo, ancora con maggior grinta e cattiveria. A volte però questo non mi basta più. Mi sento vuoto dentro, debole e indifeso. Stento a controllare la mia famiglia, non riesco più a tenerla unita.
Giobbe rimase in silenzio, poi parlò.
Siamo sempre in tempo per cambiare le nostre idee. Dici di esser ricco, e allora perché non sistemi le tue cose in modo tale da permettere ai tuoi dipendenti più serenità nell’affrontarti. Tanto, tutti i tuoi averi, lo sai, li lascerai qui. Vuoi forse diventare il più ricco del cimitero?
L’uomo tossì.
Padre, è vero, ma ormai questo è il mio modo di vivere, di comportarmi e non riesco a cambiare. Per quanto ne sia rattristato, è una molla dentro di me pronta a scattare davanti alla possibilità di far soldi.
Dimmi quale danno ti ha arrecato quel tuo dipendente, chiese Giobbe sottovoce.
Circa duemila euro, per i miei fatturati sono un’inezia, però lui ha sbagliato ed io gli detrarrò cento euro al mese fino all’estinzione del debito.
Io mi sento di dirti di lasciar correre. Se è una brava persona, abbonagli questa cifra e digli di stare più attento la prossima volta. Se è giovane, il denaro che non ti restituirà potrà spenderlo con la sua fidanzata e venire al lavoro più felice. Se ha famiglia, potrà dare benessere ai suoi figli. Comunque, per lui, sarà un esempio. Se poi questo fatto lo sapranno i tuoi dipendenti, vedrai un netto miglioramento nei rapporti quotidiani. Sarai più rispettato e benvoluto.
L’uomo rimase in silenzio. Le mani si muovevano nervosamente sulla balaustra, testimoni del senso d’inquietudine del poveretto.
Grazie Padre, ha colpito nel centro, disse con voce più ferma. Forse avevo bisogno di ascoltare una voce autorevole. Mi ha fatto molto bene parlare con lei.
Vai figliolo, sistema la questione e questa notte dormirai sereno.
Padre, avrò l’assoluzione?
Figliolo va e non preoccuparti. L’assoluzione arriverà da sé, saranno i tuoi comportamenti e la tua coscienza a permettere ciò.
Con queste parole Giobbe chiuse la confessione. Non avrebbe mai saputo se quell’uomo avesse avuto dei dubbi sulla regolarità di quell’incontro, ma in cuor suo sapeva di avergli fatto bene e, per sommi capi, aveva compiuto una buona azione.
Si sentì felice.
L’uomo lo ringraziò e se ne andò. Giobbe sentì il suo passo leggero e circospetto allontanarsi veloce verso l’uscita.
Passò qualche minuto e arrivò una donna. Giobbe stava per alzarsi ma, come avvenuto mezz’ora prima, ormai era troppo tardi.
La donna s’inginocchiò.
Padre, posso confessarmi?
Dopo un piccolo momento di esitazione le rispose.
Dimmi figliola, ti ascolto.
Ormai aveva quasi preso l’abitudine a questo tipo di dialogo, e solo il pronunziare la parola “figliola” lo elevava sopra gli uomini, come se ammantasse il mondo in una coltre tiepida e protettiva.
Padre, mi trovo in una situazione terribile. Sono sposata da dieci anni e fino a poco tempo fa il mio matrimonio filava liscio. Avevamo i soliti banali litigi di coppia, ma tutto si risolveva con un abbraccio. Poi…
Poi.
Ho incontrato un uomo e me ne sono innamorata. L’ho conosciuto nel posto di lavoro. Un bellissimo giovane, serio e gentile. E dalle parole, dagli ammiccamenti scherzosi, siamo passati a cose ben più serie e gravi. Abbiamo fatto l’amore. Una volta, due volte, tre volte, cento volte. Se non lo vedo e non faccio l’amore con lui, mi sembra di impazzire. Sto peccando in continuazione e non capisco più nulla. Padre, sono disperata.
E tuo marito? È informato della situazione? Sospetta qualcosa? Ti ha detto qualcosa? chiese Giobbe meditabondo.
No, credo non sospetti nulla. Lui è un brav’uomo e mi spiace farlo soffrire con le mie assenze e i miei nervosismi. Sono diventata incostante.
La donna cominciò a singhiozzare, si sentiva il fruscio del fazzoletto con cui si asciugava il viso.
Giobbe rimase silenzioso.
Poi parlò.
Figliola, il matrimonio è un vincolo importante. Oggi per me è una giornata particolare, e come Qoelet dalla Bibbia ti parlerò. Cercherò di farti capire dove sbagli, poi toccherà a te scegliere la via d’uscita. Ti lascio una possibilità d’appello: decidi ciò che ti sembra più giusto. Se ami quest’uomo, seguilo. Ma devi esserne sicura. All’opposto, se pensi sia solo una relazione carnale, un vizio di un momento debole, una porta già chiusa sul futuro, allora fermati e ritorna da tuo marito. Mi auguro lui non sappia nulla e possiate riconciliarvi senza dolore. Il tempo ti farà capire la bontà della scelta. Però, bada bene, che scelta sia! È troppo facile vivere così approfittando e dell’uno e dell’altro.
Padre, Padre, Padre!, gli rispose la ragazza in preda al pianto.
Padre, grazie, di queste parole. Sono confusa, non so dove sbattere la testa. La ringrazio perché mi ha ascoltato.
Sì figliola, il peso della decisione sarà tutto sulle tue spalle. Forse questo fardello non ti lascerà mai, ma dovrai essere forte nel cammino, e un giorno raggiungerai la luce, dove potrai capire se la tua decisione sarà stata giusta o sbagliata. E forse ti ritroverai migliore di come sei ora.
Padre, ancora grazie. Ho tanta paura. Mi da l’assoluzione?
Figliola, perché è così importante l’assoluzione? Saranno i tuoi comportamenti e la tua coscienza a permettere di sentirti assolta. Ora vai e torna alla tua vita.
La donna rimase in silenzio per un paio di minuti, il tempo per riprendersi poi si alzò e uscì alla spicciolata. Giobbe sentì il ticchettio dei suoi passi allontanarsi e uscire nel pomeriggio cittadino.
Era giunto il momento di alzarsi in fretta per non essere scoperto. La chiesa in quel momento era vuota, solo Giobbe si muoveva tra i banchi e gli inginocchiatoi. Uscendo dal confessionale provò un leggero giramento di testa.
Si sedette un momento nella piccola cappella vicino all’uscita, dove una statua di San Michele teneva sotto il piede il drago ormai sconfitto. Era buio, solo la luce tremolante di alcune candele rischiarava l’antro.
Giobbe cominciò a parlare sottovoce.
Dio, io non seguo alla lettera la tua legge ma riconosco l’infinitezza delle cose. I due penitenti chiedevano l’assoluzione. Pazzi! Avessero chiesto una mano amichevole, un piatto di pasta nel mezzogiorno di una vita difficile, lo potevo capire. Qual è il senso di chiedere perdono per dei gesti che, forse, già domani continueranno a compiere? Sesso e soldi. Soldi e sesso. Com’è miserabile la vita di noi umani. Io spero di averli aiutati a capire una cosa sola: non mentire a se stessi. Ed io, invece, ti chiedo scusa se ho occupato un posto che non mi compete. La leggerezza degli uomini è troppo pesante per le mie fragili spalle.
Si passò le dita sugli occhi umidi.
Prese con lentezza la via d’uscita, fermandosi un’ultima volta per fare il segno della croce.
Giobbe non vedeva l’ora di respirare aria fresca.
Uscì stralunato nella piazza. La città era attraversata dal solito fermento di centinaia di persone galleggianti nel loro vociare continuo. Si sentì smarrito in mezzo a tutto quel bailamme. Cominciò a camminare a velocità sostenuta per tenersi in equilibrio, spinto dai mille pensieri che quel giorno gli aveva portato in dote. Ogni tanto, nel suo veloce progredire, urtava un passante. Si scusava, faceva una giravolta su se stesso, e riprendeva il cammino.
Girò a zonzo per la città, visitando una libreria e un negozio di scarpe. Mangiò un panino in un bistrot vista lago.
Erano già le sette di sera quando rientrò in casa. Il silenzio era opprimente. Accese subito la radio. Romina non era ancora tornata. Aveva fame ma si astenne.
Verso le nove rientrò sua moglie. Indossava la tuta da ginnastica, si avvicinò e lo abbracciò. Giobbe rispose con un bacio sulla fronte.
Wow, giornata terribile, sono stanchissima. Questa palestra mi uccide.
Puzzava un po’, un mix nauseabondo di sudore e profumo.
Ahi, tutto ciò che non mi uccide, mi rende sempre più forte, disse Giobbe soffiandosi il naso.
Magari. Sai Giobbe, ho quasi intenzione di mollare per un po’ gli allenamenti in palestra. Ancora quattro sedute, poi mi scade l’abbonamento. Non so se lo rinnovo.
Giobbe si sciolse da quell’abbraccio.
Brava Romina, ora vai, lavati e riposati. Ti raggiungo dopo.
Le diede una perentoria pacca sul sedere. La ragazza rimase stupita da quello sguardo ieratico e febbricitante che la trapassava. Così non lo aveva mai visto e in sovrappiù gli sembrava più alto e magro.
Annuì e si ritirò in bagno.
Giobbe si spostò in sala; si sentiva stanco e prosciugato dal succedersi degli avvenimenti. Un retrogusto dolciastro di noia gli impastava la bocca. Si sdraiò e chiuse gli occhi lasciando il mondo alla sua danza.
Dopo una decina di minuti si ritrovò tonico e si rialzò.
Domani chiamerò Marcella e le racconterò dei problemi allo scarico della lavatrice, una complicazione che mi richiederà un altro giorno di ferie, pensò. Poi continuerò il digiuno perché ho scorie da eliminare. E per ultimo chiamerò la palestra e regalerò l’abbonamento a Romina. La ginnastica le farà bene.
Sorrise guardando il soffitto bianco, dove zampettava una mosca. Sembrava lo stesse ascoltando.
Cominciò a bighellonare per la casa fino a quando decise di vedere un film.
Rovistò nel mobiletto, dove aveva tanti dvd. Scelse Il magnifico cornuto, con Lando Buzzanca.
Lo aveva preso in prestito a inizio settimana dalla biblioteca e aveva una gran voglia di vederlo.
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Le persone che si sono rivolte va lui sono esistete veramente o il suo era solo un dialogo interiore? Denaro e sesso, due macigni che dobbiamo affrontare di continuo. E poi tu, accanito fumatore con una moglie presa dalla palestra in maniera compulsiva, la frattura fra voi è chiara. Tu non lo dici, ma noi lo capiamo. Pazienza Giobbe, se si fosse iscritta a una scuola di balli latino americani, sarebbe stato peggio. Ma pensare di regalarle il rinnovo è una pessima idea.
- Alberto Marcolli
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commento L'assoluzione
uscì alla spicciolata – preferirei non usare questo modo di dire in questo contesto.
Dal momento in cui entra in scena la donna, non ho fatto che aspettarmi l’amara rivelazione, ma non è arrivata. Quando Giobbe decide di regalare l’abbonamento in palestra a Romina perché la ginnastica le farà bene, avrei giurato sul contenuto della frase successiva. La scelta del magnifico cornuto, però, non mi ha lasciato dubbi.
A questo punto il loro incontro in confessionale bisognerebbe renderlo più credibile. Se i due sono davvero Romina e Giobbe, almeno Romina non deve assolutamente essere messa in grado di riconoscere il marito dalla voce.
Seconda ipotesi è che la donna non sia Romina, ma piuttosto un caso rivelatore che apre gli occhi a Giobbe sul comportamento sospetto della moglie. In questo caso Romina va davvero in palestra, ma anche in questo caso mi sorgono dei dubbi. Non ci si fa almeno una doccia dopo la palestra? D’accordo che il tipo di ginnastica praticato è diverso, ma tornare a casa puzzando un po’ con “un mix nauseabondo di sudore e profumo” mi sembra troppo.
Romina, invece, si fa la doccia a casa. Lo faceva sempre o questa è la prima volta che lo fa allo scopo di far capire a Giobbe come stanno le cose?
Terza ipotesi, totalmente diversa: i due si riconoscono perfettamente nel confessionale e, dopo le parole del Padre (alias Giobbe), lei decide di troncare e tornare dal marito, ma ecco il colpo di scena finale: Giobbe “decide di regalare l’abbonamento in palestra a Romina perché la ginnastica le farà bene”.
Come abbia fatto Romina a trovare Giobbe in chiesa è un altro mistero inspiegabile visto che il comportamento di Giobbe, quella mattina, è stato del tutto improvvisato, quindi non prevedibile, ma le cose a volte succedono…
Mi scuso se non sono stato troppo chiaro. Potrai sempre farmi delle domande se vuoi.
La scrittura è ottima. Ho cercato tuttavia di segnalarti le mie impressioni da lettore della storia.
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Scritto come Dio comanda.
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Quindi la parte che ho trovato interessante è quella relativa alle confessioni che salva Giobbe dalla Bibbia e lo mette in una situazione inaspettata.
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"troppo" rispetto a quanto?
Questo sono 18.000 battute, è un racconto breve
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Re: L'assoluzione
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Alcuni dettagli che ho apprezzato di più: il non chiarire se fosse Romina la donna che s'è confessata (sebbene giochi col lettore col film di Buzzanca), il tuo lasciare sospesi in generale tanti interrogativi, ma in una maniera "viva", quella che sembra di vivere ogni giorno. Congratulazioni davvero!
Permettimi solo annotare un mio stranimento al tuo primo uso della parola "ritroso" ("tanto era a ritroso nel passato") che, riferito al tempo, è più spesso usata per indicare uno scorrere all'indietro (e infatti la usi così la seconda volta: "era precipitato a ritroso nel tempo"), ma non una semplice precedenza temporale, che è un momento anteriore ma statico.
A presto.
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Mi è piaciuto molto. Voto 5.
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A parte alcune espressioni che trovo “stonate”, come ad esempio “Così non lo aveva mai visto e in sovrappiù gli sembrava più alto e magro.” Quel “in sovrappiù”.
Globalmente non posso dire che sia un racconto che mi entusiasma, ma ha anche diversi aspetti positivi, perciò do come voto 4.
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Il racconto si chiude con una trovata a effetto, la traditrice era Romina, la moglie di Giobbe, ma Giobbe l'aveva capito subito.
Romina sceglie Giobbe, ma a Giobbe sembra non importare, il suo mondo è già crollato da un pezzo e sa come andrà a finire. Anzi, forse gli importa e per ringraziarla le regalerà un abbonamento alla palestra (altro luogo iconico del capitalismo) e forse in quella palestra incontrerà qualcuno (ma questo Giobbe non lo dice, lo penso io) per peccare di nuovo, mentre lui ripasserà Il Magnifico Cornuto in DVD. Ma Giobbe è Ugo Tognazzi, non Lando Buzzanca.
Magnifico pezzo, pieno di malinconia.
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Almeno quattro, in una scala da uno a cinque.
Poi vabbè, vorrai mica che la punteggiatura mi stia bene? Faccio un esempio, con una sola frase.
"Si alzò stupito vista l’ora mattutina, e a piedi nudi si avvicinò all'occhiello con passo felpato per non farsi sentire dallo scocciatore di turno."
Versione uno
"Si alzò stupito, vista l’ora mattutina, e a piedi nudi si avvicinò all'occhiello, con passo felpato per non farsi sentire dallo scocciatore di turno."
Versione due
"Si alzò stupito vista l’ora mattutina e, a piedi nudi, si avvicinò all'occhiello con passo felpato, per non farsi sentire dallo scocciatore di turno."
Versione tre
"Si alzò stupito, vista l’ora mattutina, e, a piedi nudi, si avvicinò all'occhiello con passo felpato, per non farsi sentire dallo scocciatore di turno."
Versione quattro
"Si alzò stupito, vista l’ora mattutina, e si avvicinò all'occhiello a piedi nudi, con passo felpato per non farsi sentire dallo scocciatore di turno."
(Io preferisco la tre o la quattro)
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Re: L'assoluzione
C'è un personaggio che dice che un altro non c'è.Franco Giori ha scritto: ↑25/08/2023, 7:15 Quando scrivi "Romina non era ancora tornata. Aveva fame ma si astenne." Avresti dovuto specificare il soggetto, sennò sembra che sia ancora Romina ad avere fame e astenersi.
Chi ha fame e si astiene? Quello presente che, dell'assente, non può sapere.
Ahi ahi, Giori...va che ti boccio in "sadismo correttivo", eh?
Ps: dove sta scritto che chi non partecipa non può votare? Che lo faccio cancellare subito. Che io voto a prescindere, severo ma giusto.
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Re: L'assoluzione
Aggiungo: mi si può tirare in ballo senza tema - al limite ci si scherza su insieme.
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Vivere con 500 euro al mese nonostante Equitalia
la normale vita quotidiana così come dovrebbe essere
Vi voglio dimostrare come con un po' di umiltà, di fantasia e di buon senso si possa vivere in questa caotica società, senza possedere grandi stipendi e perfino con Equitalia alle calcagna. Credetemi: è possibile, ed è bellissimo!
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Metropolis
antologia di opere ispirate da un ambiente metropolitano
Cosa succede in città? - Sì, è il titolo di una nota canzone, ma è anche la piazza principale in cui gli autori, mossi dal flash-mob del nostro concorso letterario, si sono dati appuntamento per raccontarci le loro fantasie metropolitane.
A cura di Massimo Baglione.
Contiene opere di: Gianluigi Nardo, Andrea Pozzali, Antonella Jacoli, Roberto Virdo', Francesco Pino, Giulia Rosati, Francesca Paolucci, Enrico Teodorani, Ibbor OB, Umberto Pasqui, Annamaria Ricco, Eliana Farotto, Maria Spanu, Eliseo Palumbo, Andrea Teodorani, Stefania Paganelli, Alessandro Mazzi, Lidia Napoli, F. T. Leo, Selene Barblan, Stefano Bovi, Alessia Piemonte, Ida Dainese, Giovanni Di Monte.
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La Paura fa 90
90 racconti da 666 parole
Questo libro è una raccolta dei migliori testi che hanno partecipato alla selezione per l'antologia La Paura fa 90. Ci sono 90 racconti da non più di 666 parole. A chiudere l'antologia c'è un bellissimo racconto del maestro dell'horror Danilo Arona. Leggete questa antologia con cautela e a piccole dosi, perché altrimenti correte il rischio di avere terribili incubi!
A cura di Alessandro Napolitano e Massimo Baglione.
Contiene opere di: Maria Arca, Pia Barletta, Ariase Barretta, Cristiana Bartolini, Eva Bassa, Maria Cristina Biasoli, Patrizia Birtolo, Andrea Borla, Michele Campagna, Massimiliano Campo, Claudio Candia, Carmine Cantile, Riccardo Carli Ballola, Matteo Carriero, Polissena Cerolini, Tommaso Chimenti, Leonardo Colombi, Alessandro M. Colombo, Lorenzo Coltellacci, Lorenzo Crescentini, Igor De Amicis, Diego Di Dio, Angela Di Salvo, Stefano di Stasio, Bruno Elpis, Valeria Esposito, Dante Esti, Greta Fantini, Emilio Floretto Sergi, Caterina Franciosi, Mario Frigerio, Riccardo Fumagalli, Franco Fusè, Matteo Gambaro, Roberto Gatto, Gianluca Gendusa, Giorgia Rebecca Gironi, Vincenza Giubilei, Emiliano Gotelli, Fabio Granella, Mauro Gualtieri, Roberto Guarnieri, Giuseppe Guerrini, Joshi Spawnbrød, Margherita Lamatrice, Igor Lampis, Tania Maffei, Giuseppe Mallozzi, Stefano Mallus, Matteo Mancini, Claudia Mancosu, Azzurra Mangani, Andrea Marà, Manuela Mariani, Lorenzo Marone, Marco Marulli, Miriam Mastrovito, Elisa Matteini, Raffaella Munno, Alessandro Napolitano, Roberto Napolitano, Giuseppe Novellino, Sergio Oricci, Amigdala Pala, Alex Panigada, Federico Pergolini, Maria Lidia Petrulli, Daniele Picciuti, Sonia Piras, Gian Filippo Pizzo, Lorenzo Pompeo, Massimiliano Prandini, Marco Ricciardi, Tiziana Ritacco, Angelo Rosselli, Filippo Santaniello, Gianluca Santini, Emma Saponaro, Francesco Scardone, Giacomo Scotti, Ser Stefano, Antonella Spennacchio, Ilaria Spes, Antonietta Terzano, Angela Maria Tiberi, Anna Toro, Alberto Tristano, Giuseppe Troccoli, Cosimo Vitiello, Alain Voudì, Danilo Arona.
La Gara 16 - Cinque personaggi in cerca di storie
A cura di Manuela.
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Gara d'estate 2023 - La passe - e gli altri racconti
A cura di Massimo Baglione.
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La Gara 2 - 7 modi originali di togliere/togliersi la vita
A cura di DaFank.
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