Il fiorellino
Il fiorellino
La decisione era presa, doveva fare presto. Ancora gli rimbombava nelle orecchie la sentenza: “Mi dispiace, caro Jean Luc, ma non c'è più niente da fare; ormai il tumore è metastatizzato”.
Marcel Lemond, suo collega e vecchio compagno di università, era stato esplicito.
- Quanto mi resta? - gli aveva chiesto, sgomento.
- Due, tre mesi al massimo. – aveva risposto il neurochirurgo.
Jean Luc Raffiche, neurofisiologo specializzato in computer science applicata, già candidato al premio Nobel numerose volte, si era sentito crollare il mondo addosso.
"Perché proprio ora?" Si era chiesto, alla vigilia di una svolta storica, epocale, che avrebbe dato un altro significato alla vita umana, e anche alla morte?
Sembrava uno scherzo beffardo del destino; ma lui, in fondo, al destino non aveva mai creduto anzi, aveva fatto di tutto per aggirarlo.
E lo avrebbe fatto anche stavolta.
2.
La mancanza di tempo lo obbligava a una scelta dolorosa; il candidato ideale sarebbe stato Pierre, quella capra che aveva scelto come assistente appunto in vista di quella prospettiva. Disgraziatamente quell'idiota si era rotto una gamba sciando, e sarebbe rimasto ricoverato in ospedale per un mese intero, per cui Jean Luc avrebbe dovuto improvvisare.
Ma ecco l'imprevedibile: Nicholas, il nipotino di cinque anni, aveva visto un documentario in tv e, sapendo che il nonno lavorava in quel campo, aveva manifestato grande interesse per visitare il suo laboratorio, a differenza del figlio, Patrick, che si era sempre rifiutato.
Nicholas era un bambino vispo e curiosissimo, una vera gioia per Jean Luc, che era tempestato di domande appena s'incontravano; lui si offrì di accompagnarlo a una visita guidata e no, non c'era bisogno che mamma Silvie lo accompagnasse. Nicholas era un ometto, e col nonno si trovava benissimo.
Il trasferimento quantistico della mente era stato effettuato con successo con topi, cani e scimmie, mai con esseri umani.
Jean Luc preparò il macchinario e decise il giorno; quando entrarono nella sala, Nicholas spalancò gli occhi di meraviglia: - Oooh, che bello, nonno! Da grande, voglio fare il tuo lavoro. Posso?
- Ma certo, caro; – rispose Jean Luc, con una stretta al cuore – adesso ti faccio vedere una bella cosa.
Così disse, mettendogli una cuffia – il cranio del nipote aveva lo stesso diametro di quello del suo ultimo scimpanzé; poi prese un batuffolo di etere dietilico e lo addormentò, posando il suo corpo su una lettiga.
Completò i collegamenti di Nicholas e i suoi, e avviò il macchinario.
Dopo cinque minuti si svegliò; l'etere aveva cessato l'effetto.
Si guardò la mani, piccole e senza una ruga. Il trasferimento cerebrale era completo, apparentemente senza conseguenze. A parte quella di avere sovrapposto la propria coscienza a quella del nipotino, col risultato di annullare quella più debole e in formazione. Ma che colpa ne aveva, lui, se era un malato terminale? C'era troppo lavoro da fare...
Prese per la manica il vecchio se stesso, in stato catatonico, e insieme uscirono dal laboratorio.
3.
- Mamma, il nonno sta male! - disse Nicholas a Silvie, che era venuta a riprenderlo all'Istituto di Scienze Neurologiche.
Jean Luc stava barcollando, mormorando frasi sconnesse, e fu subito ricoverato al vicino ospedale.
Il professor Lemond disse al figlio Patrick e alla nuora: - Purtroppo era una conseguenza prevedibile, alcune cellule metastatiche si sono infiltrate e hanno causato dei piccoli ictus, dando episodi di demenza.
Dopo una settimana, Jean Luc venne trasferito in una struttura protetta fuori città, in attesa della fine.
Intanto la mente di Jean Luc si era adattata velocemente al nuovo corpo: che sollievo poter mangiare di tutto, riuscire a muoversi senza avere fitte dolorose, si sentiva rinato! Ed in un certo senso, era proprio così. Grazie al suo genio, aveva una seconda possibilità.
L'inconveniente era che avrebbe dovuto aspettare anni, prima di riprendere i suoi esperimenti: non poteva certo entrare nel suo laboratorio e presentarsi: “Salve, sono Nicholas Raffiche e sono un enfant prodige delle neuroscienze”.
Avrebbe dovuto sorbirsi anni di scuola dell'obbligo, compagni idioti e discorsi scemi almeno fino all'università. Una volta là, avrebbe avuto buon gioco nel trovare un posto all'Istituto e finalmente riprendere ciò che gli spettava.
Armiamoci di santa pazienza e andiamo avanti, si disse.
- Vieni, Nicholas, è l'ora del bagnetto. – gli disse la nuora cioè, la mamma.
- Mamma, posso farlo da solo. – rispose lui, sorpreso.
- Nient'affatto, non hai ancora imparato a lavarti bene. - fece lei, categorica.
Così fu costretto a denudarsi e a infilarsi nella vasca e, quel che è peggio, a far entrare nella vasca anche la – ex – nuora.
Jean Luc l'aveva sempre detestata: la trovava insulsa e piuttosto frivola, però non l'aveva mai vista in desabillieé e, in quella situazione, accadde l'inevitabile: - Nicholas! Ma cosa fai???
4.
Patrick e Silvie stavano parlando in salotto, e Nicholas era rimasto nella sua stanza. Ma andò a origliare alla porta.
- Lo trovi normale che un bambino di cinque anni abbia un'erezione e mi tocchi in quel modo? - il tono di Silvie tradiva una certa preoccupazione.
- Ma dai, può voler dire soltanto che non è più il caso che facciate il bagno insieme. – Patrick sembrava molto più accondiscendente.
- No, no, secondo me è meglio se lo portiamo da uno specialista. – Silvie insisteva, non sembrava molto convinta.
Alla fine, decisero ciò che voleva Silvie: due sedute alla settimana dallo psicologo infantile, una signora molto compita che fece parlare Nicholas di come si sentiva.
Nicholas diede tutte le risposte che la psicologa si aspettava, e non ci fu nulla di strano, visto che aveva collaborato, anni prima, alla stesura delle linee guida di quei casi – Jean Luc aveva una laurea anche in psicologia.
Trascorsa una settimana senza altri “incidenti” – visto che Nicholas aveva fatto di tutto per evitare situazioni di eccessiva intimità con la madre – Silvie andò a trovare Jean Luc; Patrick, come al solito, era troppo indaffarato. Non aveva mai perdonato il padre di averlo sbattuto in collegio, dopo la morte della madre.
- Possiamo fare una passeggiata nel parco? - chiese lei al medico curante.
- Ma certo, signora; non potrà che fargli bene, è tutto il giorno chiuso nella sua stanza. – rispose lui.
Silvie si era sempre trovata a disagio col vecchio; forse percepiva che non la considerava all'altezza del figlio, o della sua. Fatto sta che ora, curiosamente, questa antipatia epidermica sembrava svanita. "Forse ci voleva un cancro allo stadio terminale", si disse lei malignamente.
Si sedettero su una panchina, a godersi il poco sole della giornata autunnale. Silvie era persa nei suoi pensieri e non si accorse che Jean Luc si era chinato a prendere qualcosa, che poi le porse: - Un fiorellino per la mamma più bella del mondo. – mormorò, con una margherita in mano.
- Grazie, Nicholas. – rispose lei, meccanicamente.
Poi si bloccò. Il figlio era solito fare quel gesto, quando erano al parco giochi, o almeno lo aveva sempre fatto fino a poche settimane prima.
La donna guardò Jean Luc negli occhi: sembravano diversi da quelli di un anziano professore dedito alla ricerca ossessiva e alla carriera, erano così innocenti, come quelli di un bambino…
L'idea improvvisa la colpì con la violenza di un pugno allo stomaco: no, non era possibile, era allucinante anche solo ipotizzare una cosa del genere.
Riaccompagnò Jean Luc nella sua stanza, salutò il personale e si diresse in tutta fretta dal professor Lemond.
5.
- No, lo escludo, signora; – esclamò Lemond, deciso – penso che una cosa del genere non sia mai stata neppure tentata. E poi, a quale scopo?
- Non sono nel campo e sono molto ignorante, – disse Silvie – ma so che sono stati fatti molti esperimenti con animali, e tutti con pieno successo. Pare che il trasferimento mentale sia fattibile.
- Certo, – Lemond sembrava meno sicuro di sé – ma un conto è trasferire la mente di esseri semplici, un altro la mente umana; solo per settare i parametri giusti, ci vorranno giorni, settimane…
- O forse non è poi così complicato, professore: lo può escludere a priori?
- Ehm, no, ma forse è meglio che si rivolga ai collaboratori di Jean Luc, sicuramente ne sanno più di me.
- Già, farò così. Grazie. – Silvie si congedò, con la ferma convinzione di non essere vittima di un'allucinazione. Jean Luc aveva rapito suo figlio, e ora doveva restituirglielo.
All'istituto furono evasivi esattamente come il professor Lemond, soprattutto quell'assistente appena rientrato in servizio – come si chiamava? Pierre Qualcosa, se l'era già scordato – che l'aveva trattata come una pazza visionaria.
Ma Silvie non aveva la minima intenzione di darsi per vinta.
Accolse Nicholas con naturalezza all'uscita della scuola materna: - Com'è andata la giornata, caro?
- Bene, mamma: oggi abbiamo imparato a contare fino a mille. – rispose lui, entusiasta.
Sai fingere molto bene, pensò lei, adesso vediamo chi sei veramente.
Seduti sul divano, Silvie accese la tv sul canale dei cartoni di Peppa Pig, che Nicholas adorava. Il bambino, invece, sembrava più interessato a leggere il libro di scuola.
- Peppa Pig non ti piace più?
- Ma certo, però ora devo fare i compiti.
- Sei proprio bravo, Jean Luc.
- Grazie, Silv… cioè, mamma.
Silvie scattò in piedi e si mise davanti al bambino: - Tu sei Jean Luc! Maledetto, ridammi mio figlio!
- Cosa dici, mamma? Mi sono sbagliato, mi sono confuso, io… non lo so. – il bambino era impallidito, la reazione della donna lo aveva colto alla sprovvista. Un attimo di smarrimento, di confusione mentale, dannazione! Non ci voleva, sembrava che Silvie, chissà come, avesse capito tutto – mammina, io sono sempre il tuo angioletto, vero?
A quella frase, che nelle intenzioni di Nicholas-Jean Luc avrebbe dovuto concludersi con un abbraccio pacificatore, invece Silvie lo prese per il collo e cominciò a stringere: - Lo so chi sei, rivoglio mio figlio!
Nicholas cercò di reagire, ma era troppo debole: le sue piccole mani strinsero per un po' quelle di Silvie, poi caddero.
6.
Pierre non si sconvolse più di tanto alla notizia: si vedeva che quella donna non ci stava con la testa. Eppure, l'esperimento di scambio mentale sarebbe stato più che fattibile; loro erano pronti da un pezzo, ed era solo per i soliti cavilli burocratici che non l'avevano ancora tentato.
Un'altra difficoltà era ovviamente trovare i volontari.
Entrò in quel momento il tizio che faceva le pulizie, un ragazzotto biondiccio insignificante; Rosemarie, la tirocinante che Pierre aveva “puntato” da mesi e che non lo degnava di uno sguardo, si fissò sul tizio. Il ragazzo si girò: i loro occhi si incontrarono e lei arrossì. Pierre osservò la scena senza dire nulla, ma capendo tutto.
Aveva trovato il "volontario".
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Re: Commento
In realtà penso che il trasferimento quantistico della mente (qualunque cosa significhi ) sia molto, molto più complicato di quello che credono i super-miliardari e i loro stregoni, ma magari mi sbaglio...Athosg ha scritto: ↑07/07/2023, 18:19 Un tema di fantascienza,che potrebbe divenire realtà tra qualche decennio, diventa un bel racconto fresco e scorrevole, con momenti di grandi ilarità. Penso ci sia anche un fondo di verità attuale, nel senso che qualche tempo fa ho fatto un sogno dove mi ritrovavo ad avere undici anni, con la mente libera e la mamma che era un appiglio imprescindibile. In quel frangente fortunatamente ero troppo grandicello per fare il bagno insieme!
Anch'io sogno spesso i miei genitori, ora che non ci sono più: è un modo per sentirli ancora vicini, è una consolazione che almeno mi dà un po' di serenità.
Saluti
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commento Il fiorellino
refuso - il vecchio se stesso – sé
“desabillieé – credo si scriva - déshabillé – ma anche desabillè
“A quella frase, che nelle intenzioni di Nicholas-Jean Luc avrebbe dovuto concludersi con un abbraccio pacificatore, invece Silvie lo prese per il collo e cominciò a stringere…” – io scriverei - Nelle intenzioni di Nicholas-Jean Luc, quella frase avrebbe dovuto concludersi con un abbraccio pacificatore, Silvie, invece, lo prese per il collo e cominciò a stringere…”
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Mi servirebbe un chiarimento. Credo di aver intuito il nuovo scambio, ma una tua conferma sarebbe doverosa.
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Re: commento Il fiorellino
La grafia esatta è déshabillée, trattandosi di una donna; non ho controllato, matita bluAlberto Marcolli ha scritto: ↑10/07/2023, 9:49 Refuso - Si guardò la mani,
refuso - il vecchio se stesso – sé
“desabillieé – credo si scriva - déshabillé – ma anche desabillè
“A quella frase, che nelle intenzioni di Nicholas-Jean Luc avrebbe dovuto concludersi con un abbraccio pacificatore, invece Silvie lo prese per il collo e cominciò a stringere…” – io scriverei - Nelle intenzioni di Nicholas-Jean Luc, quella frase avrebbe dovuto concludersi con un abbraccio pacificatore, Silvie, invece, lo prese per il collo e cominciò a stringere…”
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Mi servirebbe un chiarimento. Credo di aver intuito il nuovo scambio, ma una tua conferma sarebbe doverosa.
Voto 3
Su come scrivere se stesso oppure sé stesso ci sono pareri discordanti: a scuola (un secolo fa) imparai che l'accento non è necessario, visto che non si può confondere con la congiunzione.
La frase suggerita è effettivamente migliore, la correggerò in fase di revisione del testo, e ti ringrazio.
Non so cosa intendi con "nuovo scambio": il vecchio professore, malato terminale, per continuare le sue ricerche non esita a sacrificare il nipotino, convinto che lo scambio mentale (trattandosi di un bambino piccolo) sarà in gran parte uni-direzionale: una coscienza di adulto, ben strutturata, prenderà il posto di una coscienza ancora in formazione la quale, dopo
lo scambio, subirà uno shock trovandosi nel corpo di un vecchio. Ma il professore non ha tenuto conto del fatto che è rimasto un residuo ineliminabile, un ricordo incancellabile anche dopo lo scambio: l'amore del piccolo per la madre, testimoniato dal regalo del fiorellino. E sarà proprio questo a far scoprire tutto a Silvie, e a dare origine al gesto folle che la porterà a uccidere l'impostore nel corpo del figlio.
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Il racconto si svolge poi in modo divertente sfiorando in modo simpatico il tema dell'incesto (o del quasi incesto).
Nulla da segnalarti a parte un punto fermo in una scena dialogata dove non andava. La tua prosa è sempre una sicurezza.
Forse l'unica pecca è di carattere logico. All'inizio la voce narrante informa il lettore che l'operazione di trasposizione mentale sia una mera sovrapposizione della mente e della coscienza del nonno su quella del nipote. Con l'evidente conseguenza di annullare quella poco sviluppata del bambino. Ma l'esperimento non informa il lettore di alcuna conseguenza in senso opposto. Il nonno infatti esce dal laboratorio catatonico accompagnato dal nipote. Mentre, quando hai necessità di chiudere la narrazione e a Sylvie fai far visita al suocero, nel comportamento del suocero viene fuori il bambino con l'episodio del fiore. Beh, questo passaggio logico è forse un po' azzardato perché se Nicholas è nel corpo del nonno doveva venir fuori prima e in altro modo, che non così tranquillamente accanto alla madre.
Detto questo il racconto è divertente e intelligente e si fa leggere senza grandi patemi. Ottimo lavoro.
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Innanzitutto presumo (in modo del tutto arbitrario, ma in fondo chi mi può contraddire? ) che il trasferimento mentale sia un trauma per un bambino piccolo che non ha la minima idea di ciò che gli è capitato. Cosa assai diversa invece per un adulto che sa (o, almeno, pensa di sapere) ciò che può accadere ad entrambi. Sempre in modo arbitrario, da una condizione di shock poco per volta la mente di Nicholas riacquista, almeno in parte, determinate facoltà e non è un caso che la prima manifestazione spontanea sia un gesto d'amore verso la propria madre.
Per quanto riguarda le considerazioni sulla scienza, come hai puntualmente evidenziato, è IL problema di oggi (beh, diciamo dal progetto Manhattan in poi): essa procede come un rullo compressore per determinati fini, non sempre confessati o confessabili.
Brama di potere o di ricchezza, per lo più; ansia di conoscenza? Certo, ma in minima parte, ormai.
Il trasferimento mentale, qualora venisse scoperto, sarebbe giustificato come una cura per particolari patologie, limitata a pochi casi (tutti i miliardari) ma, col tempo e con calma, estendibile anche ai comuni mortali (almeno è così che le industrie la reclamizzerebbero). Silenzio tombale sulle possibili conseguenze: pessima pubblicità per gli azionisti, non sia mai!
Grazie del commento, saluti
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scritto bene, senza refusi e con una linearità non da poco.
si lascia leggere perfettamente dal'inizio alla fine, senza creare pause.
buone le descrizioni, ottima l'idea.
certo, forse un po' azzardata, però compatibilissima col genere scelto.
bel lavoro, bravo
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Re: Il fiorellino
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Quindi globalmente darei come voto un 4
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Re: Il fiorellino
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Grazie del commento, saluti
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Nemmeno "certe": basta vedere l'uso che oggi si fa di Internet e della telefonia cellulare.
Il racconto è ben strutturato, presentando il caso del disperato Jean Luc che potrebbe non vedere il successo dei propri studi, e chiudendosi col più "bavoso" Pierre, umanamente assai più limitato (ma che schifo volersi infilare nel corpo di un altro solo per soddisfare una voglia!)
A ben vedere trovo un punto debole nella trama: Jean Luc è disperato perché potrebbe non vedere il risultato dei propri studi (almeno è quello che fai capire al principio), ma la macchina funziona con successo! Da dove nasce, dunque, la disperazione? Capisco che ci sia, ma io non la vedo lì dove sembri individuarla tu.
Nondimeno, il racconto è certamente originale, gradevole, a tratti offre quel tratto "malato" così tipico della vita reale (Jean Luc che tocca la nuora...) da fargli assumere ancor più realismo.
Se ci fosse un voto tra il 4 e il 5 mi decanterei per quello (a causa del punto debole della trama appena descritto), ma siccome tutto il resto è davvero ben impacchettato, meriti il punteggio pieno.
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Re: Il fiorellino
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Re: Il fiorellino
A fare così, anch'io ho tanta scienza alla quale sacrificare...
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Ah, ecco: una storia che si fa leggere, intrigante, dove ti aspetti un finale a sorpresa o in stile "legge del taglione". Tipo: il vecchio bimbo non muore, ma la sua coscienza viene messa nel corpo di qualcuno che sta talmente in basso nella scala sociale da fargli desiderare la morte - chessò, lo scimpanzé del laboratorio, poi mollato a un giardino zoologico...con un potenziale risvolto disneyano se si recupera il bimbo, magari nel corpo di quell'adolescente cuccatore.
Invece così: il vecchio bimbo muore, la mamma prende probabilmente l'ergastolo, il vecchio vecchio finisce i suoi giorni in ospedale e l'assistente poco furbo si prova a prendere il posto dell'inserviente, solo per rubargli la tipa.
Ci sta, lo dico, ma allora serve un seguito - spero che tu lo stia scrivendo.
Da 5, secondo me, anche se quel "già candidato più volte al Nobel" è stato un pugno nello stomaco: i "candidati al Nobel" non esistono (nel senso che nessuno sa se il suo curriculum sia al vaglio) se non nelle agiografie dei fuffari o nelle previsioni di persone che non hanno nulla a che fare con la commissione che assegna i nobel. Ma questo, cioè il fatto che, quando vinci un nobel, che tu fossi candidato a quello lo avrai capito solo dopo, è un dettaglio per specialisti. Io lo so, ne ho vinti diversi: il Nobel del più antipatico, quello del più saccente, quello del più immodesto... ogni volta restando spiazzato dall'aver vinto qualcosa a cui nemmeno mi ero reso conto di partecipare... Ecco, anche il Nobel del più incosciente ho vinto, sì.
Comunque, cinque. Ma voglio un seguito non banale, eh? Con lotte tra scienziati e animalisti, politici che invocano il reset della coscienza dei criminali, fanatici che chiedono di essere recettori di quella del nuovo messia... E intanto, l'assistente, che adesso fa le pulizie, che prova a migliorare la sua posizione perché c'è una nuova gallinella in laboratorio, la quale, però, guarda solo i dottori dei piani alti. Che poi, lei si rivelerà come tutte le migliori: una vera strega...
Una robetta semplice semplice, dai.
Re: Il fiorellino
Ti prometto che ci penserò, comunque grazie del commento, saluti
Re: Il fiorellino
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Re: Il fiorellino
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La Gara 16 - Cinque personaggi in cerca di storie
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Gara d'estate 2023 - La passe - e gli altri racconti
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La Gara 2 - 7 modi originali di togliere/togliersi la vita
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Vivere con 500 euro al mese nonostante Equitalia
la normale vita quotidiana così come dovrebbe essere
Vi voglio dimostrare come con un po' di umiltà, di fantasia e di buon senso si possa vivere in questa caotica società, senza possedere grandi stipendi e perfino con Equitalia alle calcagna. Credetemi: è possibile, ed è bellissimo!
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Metropolis
antologia di opere ispirate da un ambiente metropolitano
Cosa succede in città? - Sì, è il titolo di una nota canzone, ma è anche la piazza principale in cui gli autori, mossi dal flash-mob del nostro concorso letterario, si sono dati appuntamento per raccontarci le loro fantasie metropolitane.
A cura di Massimo Baglione.
Contiene opere di: Gianluigi Nardo, Andrea Pozzali, Antonella Jacoli, Roberto Virdo', Francesco Pino, Giulia Rosati, Francesca Paolucci, Enrico Teodorani, Ibbor OB, Umberto Pasqui, Annamaria Ricco, Eliana Farotto, Maria Spanu, Eliseo Palumbo, Andrea Teodorani, Stefania Paganelli, Alessandro Mazzi, Lidia Napoli, F. T. Leo, Selene Barblan, Stefano Bovi, Alessia Piemonte, Ida Dainese, Giovanni Di Monte.
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La Paura fa 90
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