Descrizione: Disegno a matita 20x30. Interpretazione del disagio, di qualunque natura esso sia. L'individuo rappresentato apre la sua scatola cranica per estrarre il proprio cervello, allo scopo di ripararlo con l'ausilio di un computer al quale lo coll…
Incipit: Usando le parole di Hall 9000, quando capisce cha sarà disattivato da David Bowman: "Ho paura Dave. Dave, la mia mente se ne va. Posso sentirlo." (link).
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Cosa ti manca ancora? A me sembra finito (non sono molto esperto di pittura o robe affini)
Mancano forse quei fili in alto a destra? Vedo che il tratto è molto più leggero — o è la foto venuta male?
Davvero bello. Sembra un tentativo disperato di autoaggiustarsi, una self-therapy per la vita.
Nel bicchiere cosa c'è, olio? Il caffè del creativo forse ucciso dalla sua stessa creatura?
Aspettiamo il lavoro finito.
Cosa sarebbe? è collegato alla sfera, forse un ordigno esplosivo? L'espressione del robot poi è fantastica, sembra sorpreso, stupito, come se l'avessero beccato con le mani nella marmellata.
Bravissimo come sempre, aspetto anche io la versione definita.
Massimo ha colto il significato del disegno. Sai Massimo? Quel caffè è per il disegnatore...
Alessandro ha visto una bomba nel cervello del robot, e forse, in un certo senso, ci ha preso anche lui: i nostri cervelli possono a volte esplodere, ma anche implodere. Dipende...
In effetti però quello non è un timer: il numero è 1530 e il suo significato spero sarà più chiaro quando metterò la scansione del disegno finito.
Intanto si accettano scommesse...
Bonnie
Ma come fai a 'metterci dentro' tutta quella roba? e non mi riferisco solo ai minimi particolari.. ma.. anche all'idea.
Fantastico!
Comunque qui credo che ad essere buona sia l'idea (naturalmente ogni scarafone è bello a mamma sua). Questo disegno vorrebbe essere una rivisitazione del celebre 'grido' di Munch, che ho tenuto davanti mentre disegnavo. Ho voluto ritrarre lo stesso soggetto, usando un linguaggio 'tecnologico': robot, computer, reti neurali...
Per la tecnica mi sono indegnamente rifatto ai favolosi disegni di Escher.
Da notare che il robot ha una espressione fissa, immobile: non la può cambiare poiché il suo viso non presenta snodi, non ha mobilità . Le sopracciglia resteranno alzate per sempre, e la bocca non può smettere di 'gridare'. Questo dovrebbe dare il senso di un ineluttabile sentimento di terrore e di sorpresa sgradevole. Gli occhi hanno le pupille dilatate della paura...
L'apparecchio sul tavolo, al quale è collegato il cervello (fuori sede, ma ancora connesso con il corpo) attraverso delle comuni prese jack, indica 1530 centimetri cubi, cioè la capacità media (un po' di più) di un encefalo umano.
Questo apparecchio è collegato poi al portatile posto sul tavolo in secondo piano. Questo computer(incautamente affidato a Windows) indica un grave malfunzionamento.
Sul foglio spiegazzato, posto sotto al libro di neuroengeneering, sono disegnati dei neuroni, in modo schematico.
Il caffè posto sopra il libro è forse un altro tentativo di questo individuo per recuperare la sua mente che se ne va.
Sulla matita c'è la firma e la data.
Il senso è che il terrore e l'angoscia sono spesso indici di una compromissione del nostro cervello (creato per produrre felicità ); e molto spesso queste avarie sono difficili da curare, nonostante le nostre migliori intenzioni.
Io penso che il grido di Munch voglia proprio rappresentare uno stato di angoscia patologica, uno stato che l'autore, in quanto maniaco-depresso, conosceva bene.
Però, se me lo concedi, facendo finta di non aver letto tutti i commenti qui espressi, io direi che questo disegno si può leggere anche in un secondo modo:
il robot, approfittando dell'assenza del suo creatore, sta tentando di fare qualcosa che non dovrebbe, su se stesso. Il fatto che ci sia una tazza del caffè potrebbe confermarlo, ma quello che più mi suggerisce quest'idea è che un robot, secondo i normali canoni fantascentifici, non avrebbe bisogno di carte e matita per riprodurre le sue ipotesi, gli basterebbe elaborarle nel cervello in maniera molto più efficiente, inoltre sta guardando fisso verso noi, impaurito (imbarazzato?) come se fosse stato colto in castagna. Approfittando dell'assenza del suo creatore, sta tentando qualcosa di più, a cui l'umano non avrebbe mai potuto pensare in quanto tale.
A me piace più questa mia ipotesi.
Pia
Bonnie
Per me sarebbe impossibile elaborare un idea così complessa è questo che mi stupisce più di tutto
Escher.. quello delle 'mani' vero, i tuoi però.. sono molto più 'moderni'
(mi hai fatto voglia di 'rovinare' qualcosa di suo)
In effetti la presenza di una tazza di caffé e di carta e matita, essendo il soggetto un robot, appare strana, insensata, almeno che non si abbia la fantasia di Massimo che ha già costruito una storia (sangue di scrittore non mente!) su quegli indizi. In realtà però, nelle mie intenzioni, quei due elementi dovrebbero portare ad una rivelazione, che poi è il senso del disegno.
Non so come dire. Probabilmente si tratta di una cosa molto banale. Ma è una scoperta che a me stupisce sempre. Secondo voi cosa ci ripetono, in tutte le salse, gli scrittori di fantascienza che affrontano il tema robotico, da Mary Shelley in poi?
Io penso sia chiaro: essi ci pongono di fronte alla dolorosa scoperta che le macchine, i dispositivi, siamo noi. Dispositivi complessi, d'accordo. Ma solo dispositivi.
E in particolare, con questo disegno, volevo ricordare che anche il nostro cervello, origine di emozione e creatività , è solo un dispositivo. E come tale si può rompere e può essere riparato.
Dunque allora, per tornare al principio di questo discorso, la presenza del caffè e della carta scarabocchiata allude prorio a questo: il soggetto ritratto è un uomo. Sì è una macchina, ma è anche un uomo. Perché l'uomo è una macchina.
Un'ultima cosa: questo disegno non vuole essere una rappresentazione verosimile di un soggetto fantascientifico. Per farlo capire ho voluto fare usare al robot, allo scopo di riparare il suo complesso cervello, degli attrezzi banali: dei collegamenti con comuni prese jack, una specie di tester da bancarella, e un comune portatile. E in questa incongruenza si celerebbe un altro messaggio: ovvero che nella medicina odierna si cerca di riparare un congegno di una incredibile tecnologia (il cervello) con una tecnologia banale, quella umana. Si ripara tecnologia 'aliena' con tecnologia umana, molto inferiore.
Giuseppe Novellino
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